Stamani, mentre riguardavo l’Epitome (sono al 10° capitolo), ho avuto un’ottima intuizione che sicuramente inserirò nella nuova versione (*1).
Ma, nonostante la tentazione, non voglio scrivere di questa nuova idea bensì della riflessione seguente a essa.
Mi sono infatti oziosamente chiesto come fossi arrivato alla mia conclusione: ho brevemente fatto mente locale agli svariati libri e agli articoli che sto leggendo od ho letto.
In particolare mi sono soffermato a riflettere se un articolo che ieri ho letto ben due volte e con molta attenzione dato che l’argomento che trattava mi interessava molto.
Ma anche in questo caso non vi ho visto collegamenti evidenti.
Ed è qui che ho avuto la mia seconda intuizione della mattinata: non importa che io non vi veda una connessione diretta è comunque probabile che le riflessioni indotte dall’articolo (o magari da Hobbes letto qualche minuto prima) abbiano comunque “smosso” qualcosa nel mio cervello che mi ha poi permesso di giungere alle mie conclusioni.
Qualche giorno fa per aiutare una mia amica (v. Esempio di tecnica mnemonica) riguardai con molta attenzione gli appunti sul corso “Learn to learning” seguito anni fa. Mi sono (ri)reso conto dell’importanza dell’intuizione. Il cervello ha due modalità di funzionamento: quella concentrata, analitica, conscia, sequenziale e mirata e quella diffusa, disordinata, parallela, inconscia, senza un obiettivo da raggiungere.
È nella modalità concentrata che scriviamo un nuovo teorema ma è in quella diffusa che raggiungiamo le intuizioni necessarie per dimostrarlo.
Come funzioni la modalità concentrata è facile immaginarselo: usa la memoria delle esperienze passate relative al problema affrontato e cerca di combinarle insieme. Se è un problema noto (tipo qualcosa di lavoro affrontato già molte volte) la soluzione è praticamente immediata: nei casi più noti si può addirittura procedere col “pilota automatico”.
Il funzionamento della modalità diffusa è più misterioso e sembra comprenda un elemento di casualità: io mi immagino la mente che vaga nella cantina della memoria e si imbatte casualmente in scatoloni pieni di informazioni alla rinfusa, raccatta qualcosa da uno e qualcosa da un altro fino a quando non riconosce nella combinazione di oggetti che ha in “mano” qualcosa di noto e familiare: è allora che fa un “fischio” al gemello cosciente (la modalità concentrata) e gli chiede se gli interessa (*2).
Ammucchiare scatoloni di informazione in cantina è quello che faccio io leggendo dalle mie molteplici fonti. Probabilmente anche le mie riflessioni abbozzate equivalgono ad altri scatoloni di informazioni varie.
Ecco quindi che anche quando sembra non vi sia una relazione diretta fra quanto letto/appreso/riflettuto e una nuova intuizione non è così.
Io continuo a pensare che l’articolo letto ieri sia stato determinante (dimenticavo che neurologicamente è fondamentale il sonno, durante il quale gli scatoloni sono riorganizzati e, magari, buttati via) perché c’erano numerosi aspetti sui quali non ero d’accordo. Questo mi ha costretto a riflettere a confrontare le mie opinioni con quelle dell’articolo per validarle e valutare quali argomentazioni erano più forti.
Fra parentesi questo è uno dei motivi per cui John Stuart Mill è contrario alla censura: anche le idee errate sono utilissime perché permettono di comprendere meglio la verità, di farla risaltare.
Oppure, stesso concetto, “ciò che è vivo è tale solo in conseguenza di un contrasto” (Eraclito) e questo vale anche per la verità.
A maggior ragione se ci si confronta con buone argomentazioni allora la riflessione è ancor più fruttuosa.
Per la cronaca l’articolo in questione è Democrazie nell’era della (dis)informazione di Danilo Breschi su IlPensieroStorico.com
Non lo so, continuo a pensarci ma non ci vedo relazioni dirette con la mia intuizione ma, come ho spiegato non è detto che il rapporto sia di immediata causa ed effetto: la modalità diffusa non segue un percorso prestabilito magari semplicemente “aver ingombrato” la cantina con troppi scatoloni ha forzato la mia modalità diffusa a cambiare percorso arrivando così, senza apparente sforzo, a nuovi risultati.
Conclusione: avrei voglia di spiegare in cosa consista la mia intuizione e di riepilogare, almeno a grandi linee, l’articolo citato: magari facendolo riuscirei a vedere il collegamento che ora mi sfugge. Per fortuna dei miei lettori però, ciò mi costringerebbe in pratica a scrivere un nuovo pezzo e non mi sembra il caso di farlo, almeno non qui di seguito...
Nota (*1): per adesso sono entusiasta della nuova versione: in realtà non ho scritto niente ma sto semplicemente correggendo la copia cartacea che ho fatto stampare. Le correzioni sono molteplici (cinque per pagina in media?) così come le nuove idee. Ho la sensazione che verrà fuori un ottimo lavoro!
Nota (*2): ci tengo a precisare che questo esempio è mio: si tratta della mia sensazione di come le cose funzionino. Non mi pare che nel corso venga affermato qualcosa di così specifico anche se, probabilmente, me lo ha suggerito.
alla prima stazione
1 ora fa
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