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mercoledì 26 maggio 2021

14 a 5

[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.7.1 "Sherlochulhu").

Come ho scritto in un pezzo di qualche giorno fa sto leggendo un libro sulle relazioni fra Cina e USA piuttosto aggiornato (*1). Da una parte sono contento perché la mia comprensione della situazione pre Xi Jinping era praticamente perfetta e, contemporaneamente, avevo intuito altrettanto bene i possibili sviluppi delle relazioni fra queste due superpotenze (*2).

Niente. Dal mio punto di vista è tutto sconcertante. Già negli anni ‘90, all’epoca frequentavo l’università, alcune tendenze mi erano evidenti ma né Clinton (1993-2001) né Bush Jr. (2001-2009) né Obama (2009-2017) si sono accorti di niente: c’è voluto “l’incapace” Trump (2017-2020) per rendersi conto di quanto succedeva ed era successo.
Vabbè: Clinton è scusato in quanto all’epoca era ancora plausibile una democratizzazione e conseguente “normalizzazione” (*3) della Cina. Bush Jr. è stato “distratto” da Bin Laden… ma Obama?
Obama ha dormito il sonno degli innocenti o, più probabilmente, dei burattini.
Ma oggi non voglio parlare delle strategie di geopolitica americane: ne scriverò probabilmente a lettura del libro ultimata.

Invece volevo esprimere, tanto per cambiare, la mia ultima intuizione di un’oretta fa.

Una domanda prima: sapete quanti sono stati i presidenti degli USA a partire dalla fine della seconda guerra mondiale (1945)?
Se ho contato bene 14, Biden incluso, e molti di questi hanno fatto il doppio mandato.

E sapete, nello stesso periodo, quanti sono stati i presidenti del partito comunista cinese (poi “segretari generali”)?
Cinque: Mao Zedong (1945-1976), “de facto” Deng Xiaoping (1978-1992), Jiang Xemin (1992-2002), Hu Jintao (2002-2012) e dal 2012 Xi Jinping (*4).
Ma quelli “importanti” sono tre: Mao Zedong la cui strategia economica (molto comunista) ebbe esiti disastrosi; Deng Xiaoping che aprì la Cina alle industrie occidentali e propugnò la strategia del “basso profilo” e infine Xi Jinping che in pratica già dal 2012, e ufficialmente dal 2017, è passato ad adottare una strategia geopolitica molto più attiva e aggressiva (*5).
Non è un caso che la risposta degli USA alla Cina sia arrivata solo nel 2018 con l’inizio di una nuova “guerra fredda”: in pratica gli USA per reagire hanno aspettato che la Cina annunciasse ufficialmente di voler divenire la prima potenza mondiale economica, scientifica e militare…

Comunque c’è da dire che Xi Jinping è molto diverso dai suoi predecessori: a parte la nuova politica estera molto aggressiva (*6) anche in patria è stato molto attivo restringendo sensibilmente le libertà individuali e implementando una sorveglianza ipertecnologica con tutti i mezzi possibili (AI, riconoscimento facciale delle telecamere piazzate ovunque) e soprattutto con la scheda a punti per ogni cittadino. Altro che Orwell. Ah! È riuscito a eliminare anche l’opposizione all’interno del partito comunista. E sicuramente ho dimenticato qualcosa...
Ah! Xi ha anche abolito il limite dei mandati e potrà rimanere in carica a tempo indeterminato!
Insomma Xi ha tutte le carte in regole per essere un bel dittatore orientato a una politica nazionalistica e aggressiva: vi ricorda qualcuno?

Ma il mio punto è un altro: in Cina la continuità del potere politico, e quindi della strategia economica ed estera, è molto più stabile che in USA. Negli Stati Uniti vi è l’alternanza fra democratici e repubblicani e, comunque, l’operato del presidente è condizionato dall’opinione pubblica. Insomma Trump aveva avviato una strategia ben precisa verso la Cina ma, inevitabilmente, nel bene e nel male Biden la cambierà, così come avrà consiglieri diversi con idee diverse su come muoversi (*7).

Ecco l’intuizione è tutta banalmente qui: la continuità dell’azione politica dà un significativo vantaggio strategico alla Cina e non è chiaro se e quanto i politici statunitensi siano in grado di superare la competizione interna (senza considerare le pressioni delle miopi lobbi economiche preoccupate di divenire le vittime di una guerra economica) per concentrarsi su quella che è una vera e propria nuova guerra fredda.

Leggendo il libro ho poi scoperto molte informazioni interessanti ma anche allarmanti (*8).
Gli USA in pratica in questi anni hanno lasciato fare probabilmente perché le loro multinazionali avevano tutto fa guadagnarci a sfruttare la Cina come fabbrica mondiale: in un’ottica più ampia, come ho scritto nella mia Epitome, gli USA sono l’equivalente di un impero commerciale ([E] 15.2) con i relativi limiti (principalmente non vedere nel medio-lungo termine accecati dal profitto nel breve). Tutto quello che ho letto ha confermato questa mia intuizione.

Conclusione: beh, questo pezzo mi è venuto decisamente sottotono: in realtà avrei molte cose da scrivere ma non so neppure da dove iniziare. E poi sono idee abbastanza complicate, che necessitano cioè di molte premesse e dati precisi per essere comprensibili. Comunque ho quasi finito di leggere il libro: è in prestito e gli ho dato quindi un’alta priorità...

Nota (*1): per adesso ho visto citati accadimenti della fine del 2018.
Nota (*2): in pratica ho descritto delle tendenze che, a mia insaputa, stavano avendo luogo più o meno in contemporanea con la stesura della mia Epitome.
Nota (*3): ovvero “occidentalizzazione”.
Nota (*4): come si intuisce dal “de facto” e dal buco di due anni fra il 1976 e il 1978 è meno semplice seguire la staffetta del potere cinese…
Nota (*5): Jiang a Hu sono stati sostanzialmente dei continuatori della politica di Deng.
Nota (*6): La Belt and Road Initiative o Made in China 2025…
Nota (*7): Comunque, in teoria, anche i democratici sono adesso su posizioni di contrasto alla Cina…
Nota (*8): Chi è curioso può leggere questo articolo dell’anno scorso che mostra chiaramente come la Cina abbia infiltrato la WHO con i propri uomini: What the Coronavirus Pandemic Tells Us About the WHO’s Ties to China di Nour Attalla su Medium.com
Aggiungo solo, non mi pare che sia specificato nell’articolo, che l’Etiopia è invischiata nella Belt and Road Initiative e, grazie alla trappola del debito, Pechino è in grado di influenzarne le decisioni politiche. Qualcosa di simile è accaduto nel WTO…

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