Ieri ho iniziato a leggere un nuovo libro (lo so: prima avrei dovuto finire almeno uno di quelli già ammezzati!): “The Framers’ coup” di Michael J. Klarman.
Il libro tratta di come si arrivò alla stesura della costituzione degli USA e, quindi, si sovrappone fortemente al corso sulla rivoluzione americana della Freeman che ho finito qualche giorno fa (*1)
Per adesso non ci sono contraddizioni: ovviamente il libro, che praticamente inizia dalle fasi conclusive della rivoluzione (dal 1780 in poi), entra di più nei dettagli (è un mattone di oltre 800 pagine!). In particolare il primo capitolo è sui limiti degli articoli della Confederazione Continentale: principalmente non poter imporre tasse né regolare il commercio sia estero che interno. La Freeman aveva accennato a entrambi questi aspetti.
Al momento la lettura mi ha portato a una conclusione di quelle banali una volta espresse ma che in realtà si tende a trascurare se non ci si focalizza l’attenzione.
Premessa:
1. gli articoli della Confederazione Continentale (l’organismo sovranazionale creato per gestire la guerra contro l’Inghilterra) per essere modificati necessitavano della ratifica all’unanimità di tutti e tredici gli stati.
2. tradizionalmente gli stati del “nord” erano 8 mentre quelli del sud 5 (*2).
Dopo la guerra l’Inghilterra stava impedendo il lucroso commercio fra USA (*3) e le Indie Occidentali e aveva il monopolio del trasporto delle merci dall’America all’Inghilterra (cioè solo navi inglesi potevano trasportare merci americane in UK). Poco dopo anche Francia e Spagna presero provvedimenti analoghi.
Idealmente gli USA avrebbero voluto poter prendere provvedimenti analoghi anche semplicemente per trovare accordi intermedi ma la Confederazione Continentale (CC) non aveva poteri al riguardo. I singoli stati invece non potevano agire in maniera autonoma: per esempio è evidente che se uno stato imponeva dei forti dazi sulle merci inglesi ma quello vicino no allora tutte le merci sarebbero passate da questo secondo stato. Probabilmente qualcosa di questo genere accadde col risultato che i singoli stati imponevano dazi anche sulle merci provenienti da altri membri della confederazione.
Tutti e tredici gli stati americani erano penalizzati da questa guerra commerciale degli UK sebbene gli stati del nord ne fossero colpiti maggiormente.
Apparentemente sarebbe stato normale che tutte e tredici le ex colonie si accordassero rapidamente per dare al CC il potere di gestire la politica commerciale ma non fu così.
Gli stati del sud erano contrari: questi erano principalmente esportatori di tabacco, riso e indaco (non ancora di cotone), non avevano una propria marina per trasportare direttamente le loro merci ed erano importatori di tutti gli altri generi di consumo.
Essi temevano che il CC avrebbe protetto il commercio delle navi degli stati del nord aumentando il costo del trasporto delle proprie merci e, secondariamente, che avrebbe imposto dazi sui prodotti inglesi con la conseguenza che gli stati del sud li avrebbero dovuti pagare di più (*4).
Le preoccupazioni degli stati del sud erano legittime: probabilmente sarebbero divenuti le maggiori vittime della guerra commerciale fra USA e UK mentre al momento erano gli stati del nord coloro che ci rimettevano. La conseguenza fu che i delegati del sud, ben consci della situazione, non ratificarono questa modifica agli articoli del CC.
Ed ecco quindi la mia considerazione: stati con strutture economiche diverse hanno anche esigenze diverse.
Banale e ovvio no?
Direi di sì... però anche no!
Lo vediamo con la UE che non tiene in nessun conto di queste differenze col risultato di adottare politiche economiche utili solo alla Germania (e ai Paesi Bassi che vanno a rimorchio) ed estremamente dannosi per tutti i paesi più periferici. Gli UK si sono salvati da questo gioco al massacro uscendone e, comunque, avevano evitato di cadere nella trappola dell’euro. La Francia probabilmente pensava di guadagnarci sopravvalutando il proprio peso. Le conseguenze disastrose per l’Italia le subiamo da vent’anni sulla nostra pelle.
A questo problema di fondo va ad aggiungersi l’incapacità culturale e politica dei rappresentanti italiani di difendere gli interessi del nostro paese: da questo punto di vista i tredici stati americani avevano le rispettive élite con un’istruzione simile e, presumibilmente, con capacità simili.
Per rimanere nell’analogia i rappresentanti italiani equivalgono ai nativi americani e scambiano monili d’oro massiccio in cambio di biglie di vetro…
Almeno i capi indiani ammettevano di essere stati ingannati e dicevano che i “bianchi” avevano la lingua biforcuta, ovvero che dicevano una cosa ma ne intendevano un’altra.
I nostri politici invece, per non ammettere di essere stati fregati in quanto impreparati (se non traditori), ci raccontano, sfruttando il servilismo dei media, di essere stati bravi: che gli accordi fatti erano i migliori possibili, che l’UE ci ha donato mille anni di pace e una prosperità senza limiti, che senza l’euro saremmo morti di fame e tutta una serie di altri fantasiosi vaneggiamenti per giustificare, a dispetto dell’evidenza quotidiana, la propria totale incapacità.
Quindi che economie diverse abbiano esigenze diverse sarà anche una banalità ma nel quotidiano, quando pensiamo al funzionamento della UE, non ce ne ricordiamo...
Conclusione: talvolta leggendo la storia del passato si capisce meglio il presente.
Nota (*1): per la cronaca ci ho messo molto ma ho anche riempito un quadernone fitto di appunti. L’ho seguito cioè con estrema attenzione…
Nota (*2): talvolta il Delaware è però considerato del sud portando il rapporto a 7 contro 6.
Nota (*3): a dire il vero non ho fatto caso se questa è già le denominazione corretta: comunque intendo ovviamente le 13 ex-colonie del nord America.
Nota (*4): non è da escludere che l’UK non avesse effettivamente adottato questa politica non solo per motivi economici ma anche per rompere la coesione fra i diversi stati americani. Madison, mi pare, lo sospettava.
alla prima stazione
1 ora fa
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