[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 0.3.0). In particolare i capitoli: 1 e 2.
In questi giorni parlando con un'amica ho avuto un'intuizione e, siccome mi pare interessante, voglio cercare qui di riassumerla.
In realtà ho deciso di usare per questo pezzo il marcatore “Teoria” invece di quello “Intuizione”. In genere la mia distinzione fra i due è abbastanza arbitraria. Di solito la mia “teoria” è un'inveterata intuizione alla quale, nel corso del tempo, ne ho aggiunte e sovrapposte molte altre. La teoria quindi tende a essere più complessa e articolata della semplice intuizione.
Il motivo per cui l'intuizione di qualche giorno fa è già divenuta una teoria è che, poco dopo averla avuta, ci ho “attaccato” la mia epitome. Il primo capitolo ([E] 1) è infatti un miscuglio di psicologia che mi serve come base per giustificare una concezione della mente umana, basata sui protomiti ([E] 2), a metà strada dalla filosofia.
Semplificando brutalmente la mente umana non è biologicamente in grado di considerare contemporaneamente più di tre-quattro idee. Ma il mondo è ben più complesso e quindi si ricorre a uno stratagemma: usare delle semplificazioni della realtà combinandole fra loro via via che se ne presenta la necessità.
L'intuizione di qualche giorno fa era più “concreta”: quando si cerca di comprendere un'altra persona cerchiamo di interpretarne la psicologia riportandola alla nostra: cerchiamo di immaginarci il nostro comportamento in circostanze analoghe e quindi, osservandone le differenze, identificare a cosa esse corrispondano sul piano psicologico.
La persona particolarmente paurosa quindi interpreterà il comportamento altrui come se fosse dettato da misteriose paure. L'invidioso vedrà negli altri l'invidia. L'avido vi leggerà l'avidità: cercherà di interpretare le motivazioni altrui chiedendosi continuamente “cosa ci guadagna?”.
Chi ha avuto un'infanzia difficile che ne ha segnato la psicologia riterrà che ogni comportamento abbia all'origine dei traumi infantili.
Il razionale si aspetterà che tutti agiscano in maniera logica una volta in possesso di “tutte” le informazioni.
E così via: ogni tipo psicologico ricerca (e spesso si illude di trovare!) se stesso negli altri.
Il motivo sono le semplificazioni: ognuno (o almeno tutti coloro che non hanno avuto una preparazione specifica sulla materia) ricorre al materiale che ha, ovvero, agli elementi propria psicologia per ricostruire, come fossero dei mattoncini, quella altrui.
Ovviamente questo sistema ha due grosse carenze: 1. non tutti sono in grado di autoanalizzarsi e di capire bene i propri processi psicologici e le proprie motivazioni: tali persone hanno pochi elementi, pochi mattoni, con cui cercare di ricostruire forme più svariate e complesse della propria; spesso semplicemente non ne avranno la capacità. La persona che non conosce se stessa difficilmente potrà comprendere gli altri. 2. alcuni processi psicologici, alcune motivazioni, sono completamente incompatibili con quelli di altre persone ed è quindi impossibile usarli per “simulare” (e comprendere) il comportamento altrui; tali persone si dovranno arrampicare sugli specchi per giustificare certe motivazioni altrui solo per arrivare, dopo un periodo di tempo variabile, alla conclusione di non capire “veramente” quella specifica persona (*1).
Un paio di ulteriori riflessioni:
Nel mio vecchio pezzo Amore scrivevo che nei rapporti ciascuno, banalmente, cerca e desidera nell'altro ciò di cui ha più bisogno.
È interessante notare che quando ciò che si ricerca è la comprensione allora non basta la sincerità né, temo, la volontà: è necessaria anche una compatibilità di fondo fra le relative psicologie.
Quando tanti anni fa lessi Freud rimasi perplesso: ero d'accordo che il sesso avesse un ruolo centrale ma mi sembrava una forzatura voler sempre e comunque ricondurre ogni comportamento a esso. Adesso mi è chiaro che era lo stesso Freud a essere ossessionato dal sesso e questo lo portava a ricondurre ogni comportamento dei suoi pazienti a motivazioni sessuali: spesso probabilmente aveva ragione ma... non sempre.
Ci possono essere poi delle psicologie abbastanza flessibili da essere in grado di interpretarne più o meno correttamente molte altre: perché, ad esempio, effettivamente nelle nostre azioni quotidiane ci può essere un po' di sesso, tutti da bambino abbiamo vissuto degli episodi che ci hanno colpito profondamente e tutti hanno delle insicurezze. Chi quindi interpreta gli altri ricercando motivazioni sessuali, basate su episodi dell'infanzia o su insicurezze riuscirà quasi sempre a farsi un modello “funzionante” della psicologia altrui ma non è detto che sarà anche sempre “efficiente”: talvolta non prevederà o spiegherà il comportamento dell'altra persona...
Conclusione: ricordo che è una teoria, come tutte le mie, basata sul nulla e che, ovviamente, non è completa né pretende di esserlo. Il succo è che vediamo gli altri come se fossero riflessi più o meno distorti di noi stessi.
Nota (*1): questa incomprensione “fisiologica” non è detto che sia simmetrica: può accadere benissimo che la persona A comprenda la persona B ma B non comprenda A.
lunedì 3 luglio 2017
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