Nei giorni passati mi è capitato di ripensare ai tempi del liceo. Non ricordo la catena di ricordi/ragionamenti: sicuramente qualcosa di complicatissimo e molto pindarico.
Sia come sia ripensai al mio compagno di banco dell'ultimo anno, Jacopo R., e alla più grande lezione che imparai a scuola. Anzi, fu una lezione doppia...
Ma la duplice scoperta non fu fatta grazie alla professoressa di italiano o al professore di filosofia bensì proprio grazie al mio amico. Non ricordo che lezione avevamo (religione forse?) ma, invece di stare zitti e attenti, si ebbe la bella idea di stilare una classifica: la classifica dell'intelligenza dei nostri compagni di classe.
Per “compagni” non intendo genericamente “compagni e compagne” ma solo i maschi. Questo è importante nel prosieguo.
Per evitare imbarazzi decidemmo di autoescluderci da tale lista e iniziammo a confrontarci sui vari nomi. Non sempre eravamo d'accordo nelle nostre valutazioni ma, su ognuno, avevamo le idee molto chiare: non c'erano cioè compagni sui quali avevamo dei dubbi o incertezze sulle loro capacità. Insomma ciascuno di noi due era in grado di ordinare la dozzina abbondante di nostri compagni in maniera ben precisa.
Dal confronto delle nostre rispettive opinioni venne fuori la prima lezione che definirei “politica”.
Dovevamo stabilire la sesta posizione: io volevo inserire un mio amico e a sua volta Jacopo pressava per metterne uno dei suoi. Discutemmo a lungo dei pregi e dei difetti dei due candidati ma non riuscimmo a trovare un accordo. Alla fine risolvemmo lo stallo con una soluzione bizzarra: retrocedemmo il ragazzo che occupava la quinta posizione in settima e inserimmo i nostri due amici in quinta e sesta. Matematicamente (*1) questa operazione non ha senso eppure entrambi fummo molto contenti della nostra decisione (oltretutto il quinto che avevamo retrocesso stava antipatico a entrambi!). In pratica la lezione era questa: un accordo “politico” non è necessariamente il migliore raggiungibile ma semplicemente quello su cui le parti trovano un accordo anche secondo criteri non logici.
Forse, ai più, l'affermazione precedente può suonare banale ma per la mia mentalità, all'epoca molto più matematica di adesso, fu una vera e propria rivelazione.
La seconda lezione fu ancor più sconcertante. Poiché ci eravamo divertiti molto, si decise di stilare una lista analoga per le ragazze. E qui cascarono gli asini: io e Jacopo ci rendemmo immediatamente conto che per le femmine non avevamo assolutamente le idee chiare riguardo all'intelligenza delle varie signorine. Al massimo potevamo dividere le nostre quindici (circa) compagne in tre gruppi: intelligenti, normali e stupide con tre eccezioni (due ragazze molto intelligenti e una molto stupida).
Insomma non avevamo da disquisire divertendoci a soppesare piccoli dettagli come avevamo fatto con i nostri compagni perché le nostre idee riguardo l'intelligenza delle nostre compagne era troppo vaga.
Al contrario non avremmo avuto nessun problema a ordinarle in base alla bellezza (e infatti proposi di farlo ma Jacopo no volle per motivi “morali”...).
Qual è la conclusione? Possibile che le ragazze avessero tutte dei livelli di intelligenza così simili da risultare indistinguibili?
Ovviamente no! Il problema stava nel sesso degli osservatori (io e Jacopo) e delle osservate (le nostre compagne di classe). La mia conclusione fu che istintivamente gli uomini tendono a rapportarsi agli altri maschi valutandone l'intelligenza con estrema accuratezza. Nel rapportarci con le ragazze invece l'intelligenza è assolutamente secondaria mentre prioritaria diventa la loro bellezza. Suppongo che per le donne valga il contrario ma non ho mai potuto fare la riprova.
Ancora oggi sono sconvolto dall'importanza di questa lezione: non importa quanta buona volontà ci mettiamo ma per un uomo è estremamente difficile valutare oggettivamente e con precisione l'intelligenza di una donna; al contrario non ci sono problemi a valutare un altro uomo.
Alla luce di questa “scoperta” è facile capire le dinamiche delle “ingiustizie”, ad esempio, negli ambienti di lavoro (*2)...
A dire il vero, sempre tramite Jacopo, imparai un'altra lezione sul rapporto uomo-donna ma questo accadde un altro giorno e, forse, sarà materia di un altro post...
Nota (*1): ho volutamente scritto “matematicamente” perché ho la netta sensazione che si possa dimostrare che, qualunque fossero i nostri criteri di scelta, la classifica risultante dal nostro “rimaneggiamento” sia peggiore delle due alternative “normali” (il mio amico sesto e quello di Jacopo settimo o viceversa)
Nota (*2): se il capo è un uomo che deve decidere a chi dei suoi 20 collaboratori (maschi e femmine) dare una promozione (senza dati oggettivi a disposizione!) è probabile che opti per un altro uomo semplicemente per il fatto di riuscire a giudicarlo più accuratamente.
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