Lo scorso agosto, approfittando di una svendita causa ristrutturazione, ho comprato le “Cronache del Mondo Emerso” di Licia Troisi, Ed. Mondadori, 2010 col 30% di sconto.
In genere sono molto diffidente con i libri fantasy scritti da donne (il fatto è che da ragazzino rimasi traumatizzato dal rosa shocking delle “Nebbie di Avalon” di Marion Zimmer Bradley...) ma questa trilogia (il libro è una raccolta) mi era stata tiepidamente consigliata da un'amica.
Per la precisione mi aveva detto che era un libro “da autobus” intendendo, credo, che fosse di facile lettura. Insomma non un commento entusiasmante ma visto che era in offerta...
Il primo libro mi è piaciuto: i personaggi principali son ben delineati, la “terra del vento” dove si svolge la trama è credibile e il supercattivo di turno è una minaccia lontana. Insomma l'inizio è molto lineare ma piacevole e, soprattutto, non vi ho trovato quello scarso “realismo” (vedi Sospensione dell'incredulità e del giudizio) che mi piace così poco...
Nella seconda parte del primo libro, la terra del vento è attaccata a sorpresa dai cattivi e la vita della protagonista (Nihal) subisce un brusco cambiamento.
È costretta a fuggire nella vicina “terra dell'acqua” e poi nella “terra del sole” dove, dopo una difficile prova di ammissione, viene accettata nella scuola dei cavalieri drago.
Inizia così l'addestramento di Nihal che viene mandata poi a fare il tirocinio finale presso un cavaliere gnomo. Questa è stata forse la prima piccola grande seccatura: perché chiamare “gnomo” quello che nella tradizione fantasy è chiamato “nano”? Se si vuole usare uno stereotipo della fantasy non c'è niente di male a farlo ma perché far finta che non sia così chiamando una cosa per un'altra?
Poco dopo c'è la prima grossa contraddizione del libro. Premetto che il mondo è diviso in svariati regni di cui 5 sono in mano al supercattivo e solo 3 sono ancora indipendenti.
La contraddizione è che nella lunga guerra col Tiranno (questo è il soprannome del supercattivo) si è creato un fronte. Inizialmente avevo interpretato il termine in maniera generica come “luogo dei combattimenti” ma lentamente mi sono reso conto che l'autrice l'intendeva esattamente nel significato della prima guerra mondiale: un lungo confine con trincee e fortificazioni che avanza e arretra lentamente in funzioni delle battaglie (in genere poco risolutive).
Cosa c'è che non va? Il problema è che l'ambientazione è fantasy! È completamente inverosimile pensare che in una tale ambientazione ci siano gli uomini, i mezzi e il coordinamento necessario per costruire e mantenere un fronte come quello indicato dall'autrice.
Perché, non dico nel nostro medioevo ma ancora in epoca napoleonica, non ci sono guerre con un fronte analogo a quello della Grande Guerra? Il fatto è che all'epoca gli eserciti erano composti da decine di migliaia di uomini non da milioni: se si dispongono 50.000 uomini su un fronte lungo 2000Km si hanno 25 uomini a sorvegliare ogni Km. Di confine: un po' pochini (visto che poi non saranno tutti disponibili contemporaneamente etc). E se in un punto del confine c'è un attacco in forze del nemico come fanno ad affluire rapidamente i rinforzi (senza grosse strade, camion o treni)? E come fanno anche solo a mobilitarsi i rinforzi, magari in una base a 100Km di distanza, senza il telegrafo? Bene che vada arriverebbero sul confine due giorni dopo l'attacco del nemico!
E la trincea, senza nessun macchinario, come viene scavata? Con pale di legno?
Certo in questa ambientazione fantasy esiste la magia ma i maghi sono pochi e, dal testo, non risulta assolutamente che abbiano parte nella “costruzione” del fronte...
Insomma l'idea di un fronte tipo prima guerra mondiale è totalmente irrealistico in questo tipo di ambientazione fantasy.
Giudizio complessivo sul primo libro: 6,5 (7 la prima parte e 6 la seconda).
Nel secondo libro le cose si complicano: il coprotagonista, il mago Sennar, parte in missione per raggiungere il misterioso mondo sommerso e cercare di ottenere rinforzi. Nihal, ormai cavaliere, ha delle avventure minori: durante una missione incontra per caso il suo unico amico dei tempi dell'accademia e, contemporaneamente, si trova alle prese con incubi e mostri interiori (problemi psicologici!).
La missione di Sennar è deludente: il mondo sommerso sono delle “bocce” di cristallo sottomarine interconnesse fra loro. Sennar incontra una ragazza e quasi nasce una storia d'amore ma poi lui si rende conto di amare Nihal (e quindi non succede niente). Alla fine riesce a ottenere l'aiuto sperato che però, militarmente, sembra essere completamente ininfluente. Contemporaneamente Nihal affronta un nuovo nemico che riesce a sconfiggere solo con l'aiuto della magia “proibita”: questo comporta un peggioramento dei suoi incubi e lo scoprire il segreto del suo maestro lo gnomo/nano Ido.
Sul finire del libro Nihal incontra una maga che le spiega l'origine dei suoi incubi e le indica l'unico modo per sconfiggere il Tiranno.
A parte l'insensatezza e sostanziale inutilità delle avventure narrate in questo secondo libro, si inizia a osservare un nuovo fenomeno: il ritmo non corrisponde all'azione. Anche le scene d'azione vengono raccontate stancamente e diventano sempre meno coinvolgenti. Ecco, si mantiene lo stesso ritmo lento del primo libro anche quando l'azione si fa più serrata. Spesso si ha l'impressione di leggere dei riassunti che, ovviamente, destano ben scarse emozioni...
Giudizio complessivo: 5 (tante noiose avventure non funzionali alla trama...)
Nel terzo libro Nihal, accompagnata dal mago Sennar e dallo scudiero Laio, lascia il “fronte” e inizia la missione, il quest, che la porterà a girovagare per tutto il mondo emerso: le è stato infatti vaticinato che l'unica maniera per sconfiggere il Tiranno è quella di raccogliere otto pietre magiche disseminate una per ciascuno degli otto regni.
Le pietre sono custodite in dei tempietti e e sono sorvegliate da dei guardiani magici. Una volta che Nihal avrà le otto pietre potrà lanciare un incantesimo così potente che toglierà i poteri al Tiranno per un'intera giornata.
Questa missione ci porta direttamente alla seconda grande incongruenza: ciascuno degli otto regni è infatti caratterizzato fino all'assurdo! Cioè la terra dell'acqua è tutta fiumi e paludi, quella del vento è una grande prateria, quella della roccia è composta da montagne altissime, quella del fuoco da “centinaia” di vulcani, quella della notte da un buio perenne...
La sensazione che avevo leggendo la descrizione di questi regni e cercando di immaginarmi la mappa relativa era quella di una pizza alle “otto stagioni”. Insomma uno spicchio col prosciutto, uno con i funghi, uno con gli spinaci etc...
Poi, quando ormai avevo quasi concluso la lettura, ho trovato una mappa in fondo al libro: avevo ragione! si tratta proprio di una pizza alle 8 stagioni con in mezzo la “Rocca del Tiranno” che è grande quanto un intero regno!
Molto prudentemente l'autrice non ha inserito nessuna scala per la mappa. A volte questi territori sembrano molto estesi ma, ad esempio nella battaglia finale, un esercito attraverso combattendo un intero regno in mezza giornata!
Comunque la contraddizione maggiore non sta nella geografia infantile quanto nello scarso realismo della strategia militare: come ho già spiegato gli eserciti buoni sono divisi dai cattivi da un fronte; ora, osservando la mappa, si può facilmente constatare che i cattivi potevano aggirare il fronte in decine di maniere diverse...
A parte questa strana anomalia militar-geografica la narrazione scivola via in un tono monotono e completamente piatto: le avventure sembrano venir riassunte piuttosto che descritte!
Ad esempio un momento (potenzialmente) topico del racconto, quando il capo dei cavalieri drago (che aveva sempre osteggiato Nihal) si sacrifica per salvare l'eroina facendole da scudo con il proprio corpo, viene liquidato così:
“Raven, ..., vide l'arco lontano puntato contro la loro unica speranza e non esitò. Si lanciò in direzione della freccia e si frappose al suo cammino. Nihal ebbe solo il tempo di voltarsi e vedere la freccia destinata a lei penetrare con facilità la corazza del Supremo Generale e conficcarsi nel suo petto. La mezzelfo capì cos'era accaduto e rimase ferma a guardare la morte di un vecchio nemico che le aveva salvato la vita.”
Non so, forse dipende anche dall'uso del passato remoto... Ma tutte queste situazioni vengono descritto in maniera così piatta che diventano addirittura noiose.
Inoltre non mancano svariate piccole contraddizione come se la revisione del libro fosse stata molto superficiale. Ad esempio in un periodo di 4 righi si contraddice riguardo il filo della spada:
“La lama non era più liscia e affilata come un tempo, ... ma era tagliente come la prima volta che Nihal l'aveva presa in mano...”
Il finale fa poi quasi sorridere: in un lungo dialogo fra il Tiranno e Nihal si viene a scoprire che egli è un nichilista. Non agogna al dominio del mondo per brama di potere ma solo perché vuole spazzare via ogni forma di vita. A questo scopo infatti sta preparando un incantesimo che ucciderà tutti gli abitanti del mondo emerso... Incidentalmente mi chiedo: che bisogno ha di conquistare tutto il mondo? Perché non si limita a lanciare l'incantesimo finale? E, già che ci sono, perché accetta di affrontare Nihal disarmato e senza poteri magici (e infatti lei l'uccide!) quando gli sarebbe bastato nascondersi per poche ore per ritrovare i propri poteri magici?
Giudizio terzo libro: 4 (noiosissimo!)
Giudizio sulla trilogia: 5+
Conclusione: meno male che l'ho pagato poco!
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