Tanto per cambiare ho dato un'occhiata all'HuffingtonPost.it, ripromettendomi di evitare gli articoli politici, per passare qualche minuto distraendomi con quelli di colore. E, devo ammettere, ne ho trovato uno piuttosto interessante di per sé o, almeno, ricco di spunti per me: Le persone intelligenti hanno meno amici di Ilaria Betti.
L'esperienza comune ci dice che più amici si hanno e più felici dovremmo essere ma, secondo una ricerca inglese, questo non è vero per le persone “più intelligenti” per le quali, al contrario, troppi amici potrebbero causare infelicità.
L'articolo propone poi due spiegazioni per questo paradosso: secondo gli autori della ricerca nel nostro passato remoto gli uomini dovevano collaborare insieme per cacciare il cibo ma poi, le persone più intelligenti, impararono a cavarsela da soli; secondo una ricercatrice americana invece la spiegazione sarebbe diversa: le persone più intelligenti hanno meno tempo da dedicare agli altri perché profondamente impegnate nel raggiungimento dei propri obiettivi.
In base alla mia esperienza personale trovo credibile il risultato della ricerca ma non condivido nessuna delle due spiegazioni. Ma, prima ancora delle spiegazioni, c'è una grossa ambiguità in un elemento chiave della ricerca: cosa si intende per persone “più intelligenti della media”? O, meglio, QUANTO più intelligenti della media? L'articolo si riferisce a chi ha un IQ>130 oppure un IQ>140, etc?
Credo che si tratti di un elemento estremamente significativo: grosse variazioni nella percentuale di persone per le quali le amicizie provocano infelicità potrebbe infatti giustificare risposte diverse.
Al riguardo ho infatti un'idea interessante che potrei cercare di esplorare con un modello su NetLogo (v. Corso sulla modellizzazione) e che potrebbe essere un divertente esercizio di programmazione in questo nuovo ambiente...
Comunque della prima spiegazione non mi convince il legare in senso utilitaristico la necessità di amici all'intelligenza. E poi, pur ammettendo che cavarsela da soli sia possibile (*1), non sarebbe ancora più efficiente aggiungere alle proprie capacità "superiori" l'aiuto degli amici?
Ma la seconda spiegazione mi convince ancora meno: che le persone più intelligenti siano così prese dal raggiungimento dei propri scopi da non aver tempo da dedicare agli amici mi farebbe dubitare di quanto siano effettivamente intelligenti! Ma magari questa ipotesi (formulata da una donna) nasconde una differenza sostanziale nel vivere l'amicizia fra i sessi: ho un'amica molto intelligente che adduce proprio la mancanza di tempo alle scarse interazioni sociali...
Io credo invece che la socialità richiede uno sforzo per chi non ne sia particolarmente dotato: lo sforzo consiste nell'andare incontro al proprio amico per portarsi su un terreno comune, vuoi di interessi, vuoi di umorismo, vuoi di sensibilità. È logico pensare che, in un rapporto a due, la persona più intelligente debba fare più strada per “scendere” al livello del proprio interlocutore visto che “salire” è molto più complesso e faticoso se non impossibile. Il risultato è che, in certi casi, lo sforzo fatto dalla persona più intelligente non valga il piacere della compagnia e provochi quindi più fatica, ansia e insoddisfazione che felicità.
Nel modello che ho in mente proverò questa mia teoria o, in alternativa, proverò che le risposte date dai modelli, come le statistiche, vadano prese con le molle!
Conclusione: in qualsiasi caso cascherò in piedi...
Nota (*1): e non ne sono assolutamente certo, anzi...
L'esempio di Benjamin Franklin
9 ore fa
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