Quanti sono i problemi che non mi sono mai posto! Ad esempio non avevo mai pensato alla questioni delle madri surrogato...
Alla decima lezione del corso di filosofia della morale/giustizia il professore ha introdotto il seguente dilemma morale basato su un caso reale: una coppia sposata in cui la moglie non avrebbe potuto avere figli (se non a rischio della propria vita) si era rivolta a una donna, già madre di due figli, affinché si facesse inseminare artificialmente con lo sperma del marito e, una volta portata a termine la gravidanza, consegnasse il bimbo alla coppia. In cambio la sarebbero state pagate le spese mediche e avrebbe avuto un premio “alla consegna” di 10.000$. Al parto però la donna cambiò idea e decise di tenersi il bambino: il caso approdò quindi in tribunale. In un primo tempo il tribunale locale dette pienamente ragione alla coppia ma poi la corte suprema del New Jersey ribaltò la sentenza dichiarando totalmente nullo il contratto stipulato dai tre.
Non ho voglia di ripetere le motivazioni della corte suprema (cs) del New Jersey: mi sembrano abbastanza ovvie e, con qualche imperfezione, sono le stesse a cui ero arrivato dopo una riflessione di 5/10 secondi...
Le mie obiezioni (minori) sono tre: la prima è tecnica (e non interessante), la cs avrebbe dovuto rinviare la decisione sull'affidamento del bimbo al tribunale inferiore; la seconda è che la cs non avrebbe dovuto ammettere madri surrogato solo in assenza di compenso: piuttosto io avrei lasciato la possibilità alla madre naturale, una volta partorito, di decidere se tenere il figlio o rispettare l'accordo, ma non so quanto senso legale avrebbe questa incertezza; la terza obiezione, che è poi quella che più mi interessa, è l'appello vago e generico della cs contro lo sfruttamento (potenzialmente anche pericoloso) del corpo della donna in cambio di denaro.
Ormai diversi anni fa un mio amico mi raccontò un buffo aneddoto che gli era capitato: era in un grande ufficio e, fra una scrivania e l'altra, era in corso una spiritosa conversazione sul fatto che le belle signorine hanno sempre una maniera piuttosto semplice per fare qualche soldo; una ragazza protestò che ciò equivaleva a “vendere il proprio corpo” ma a questo punto intervenne il mio amico dicendo che loro già vendevano il proprio c##o all'azienda per la quale lavoravano: invece delle risate che il mio amico si aspettava scese il silenzio, capì così che alle sue spalle era apparso il loro capo... oops! (*1)
La verità dietro l'essenza della battuta del mio amico mi colpì profondamente: che differenza c'è fra il vendere il “proprio corpo” e qualsiasi altro lavoro? Cioè cambiano le parti “interessate”: alcuni lavori si fanno con la forza delle membra, altri sono più concettuali e richiedono l'uso del cervello o della tastiera... Perché discriminare quelli che richiedono l'uso degli organi genitali? Per una questione di “moralità” in senso lato?
A me pare più immorale il pubblicitario che vende la propria creatività per incrementare le vendite di un prodotto... Se è nella mente e non nel corpo che risiede l'essenza di una persona allora vendere il proprio cervello è più grave che vendere il proprio corpo. E a parità di vendita di prestazioni intellettive mi pare più grave venderne le qualità più alte: la fantasia, la creatività, l'intuizione.
O forse è il fine che fa la differenza? In parte è così: il lavoro del chirurgo o dell'insegnante è nobilitato dal suo scopo. Ma da questo punto di vista lavorare per il piacere altrui non mi pare certo il peggiore degli scopi (*2)...
Scusate la divagazione: il punto è che, se si assume che “vendere il proprio corpo” è sbagliato di per sé, allora anche il concetto di lavoro retribuito andrebbe in crisi!
Conclusione: credo che quando si analizzano certe tematiche il peso delle convenzioni sociali sia ingiustificatamente alto. Comportamenti codificati da secoli di usi e costumi non sono giudicati in maniera obiettiva e si viene accecati dal fattore epoca: la liceità di un comportamento varia così in base al tempo e allo spazio.
Nota (*1): in realtà la storia non era proprio così (non ricordo più i dettagli) ma l'essenza della battuta e il colpo di scena finale sono veri!
Nota (*2): sì, è così: se potessi essere sicuro che le donne coinvolte non venissero sfruttate o costrette contro la loro volontà, non avrei assolutamente niente in contrario alla prostituzione.
L'esempio di Benjamin Franklin
9 ore fa
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