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venerdì 25 marzo 2016

Ipocrisia e Turchia

In questi giorni ho seguito una vicenda normalmente un po' troppo ai limiti della cronaca per i miei gusti: l'arresto in Turchia di una giovane italiana, Giovanna Lanzavecchia, che si era permessa di pubblicare in rete dei commenti favorevoli ai curdi. Eppure tanto le è bastato per essere arrestata dalla polizia turca e poi, direi fortunatamente, espulsa dal paese.

Cioè in realtà non ho idea di cosa avesse scritto ma dalle scarne indicazioni della cronaca non sembrerebbe niente di particolarmente estremistico: per la precisione si parla vagamente di “materiale di propaganda a favore del PKK curdo” (v. Italiana fermata per propaganda filo PKK).
Io, ammaliato dalla foto con i suoi occhioni blu (v. foto in Rientrata l'italiana arrestata per propaganda filo PKK), ho letto gli articoli su ANSA.it e oggi (ma magari la notizia era di ieri) ho avuto la conferma del suo rientro in Italia.

Quindi tutto è finito bene, ma la vicenda mi ha lasciato molto perplesso. Per due motivi: uno filosofico e l'altro più personale.
Da una parte la censura turca dà una chiara indicazione della direzione in cui anche l'Europa si sta muovendo: prima si limita fortemente la libertà d'opinione, poi col completo controllo della rete, si arresta chi non la pensa come stabilito dal potere (*2). A voi piace un'Europa di questo tipo? A me no, ma la tendenza pare proprio questa...

Mi chiedo se sia ancora possibile scrivere un articolo favorevole all'ISIS (*1) o se, magari, sarebbe considerato incitamento/favoreggiamento al terrorismo o come lo vogliono chiamare...

Voglio chiarire che personalmente non ho niente da scrivere a favore dell'ISIS: ma è il principio ciò che conta. Mi dispiace anzi di non poter leggere niente al riguardo: sarei curioso di sapere come vengono motivati e giustificati gli atti di terrorismo.
Da una parte ci si riempe la bocca su quanto il dialogo sia importante per la comprensione fra i popoli ma poi, quando si dovrebbe passare ai fatti, si censura ciò che non ci piace perché, magari, ritenuto troppo estremo. Questa io la chiamo ipocrisia: ipocrisia miope e sciocca.

L'aspetto “personale” della vicenda che mi ha colpito sono state le parole del padre: mi sono parse insolitamente dure e ingiuste. Il padre spiega che Giovanna sapeva benissimo che in Turchia “il vilipendio allo Stato o alla persona di Ataturk sono considerati reati gravi” (e già questo non mi pare rilevante visto che secondo l'articolo lei avrebbe pubblicato materiale a favore del popolo curdo, ma magari lui ha notizie più precise su cosa fosse stato effettivamente scritto). Ma soprattutto non mi va giù il suo “la perdono”: cosa avrebbe fatto da dover essere perdonato? Esprimere il proprio parere? E per quale autorità morale sta a lui perdonare l'errore, se poi di errore si tratta? Forse intendeva dire che, conoscendo le potenziali conseguenze, avrebbe fatto meglio a tacere: comunque si tratta di parole che non mi piacciono. O magari le ho interpretate male io visto che sono estrapolate dal contesto di un'intervista ovviamente più lunga e articolata. O forse sono parole dette prima del ritorno in patria della figlia, magari tese ad ammorbidire le autorità turche e favorendone così il rilascio? Possibile...

Non mi chiamo però KGB per nulla: difficile indovinare il rapporto padre figlia da queste poche informazioni, che apparentemente sembrerebbe un po' teso, ma ho anche notato che Giovanna, una volta arrestata, ha telefonato alla sorella e non al padre. Anche in questo caso le spiegazioni potrebbero essere molteplici ma è un particolare da tenere presente.
Invece il fatto poi che il padre dica che lei abbia 22 anni mentre l'articolo parla di 24 non mi pare importante: suppongo che semplicemente Giovanna si sia data un paio di anni in più su FB per apparire più matura...

Conclusione: brutta storia ma, fortunatamente, finita bene.

Nota (*1): a difesa di Giovanna c'è anche da sottolineare che il PKK non dovrebbe essere considerato un'organizzazione terroristica (v. Il PKK non è un'organizzazione terroristica e la pagina su Wikipedia del Partito dei lavoratori del Kurdistan), ma è considerato tale in Turchia, in EU (dal 2001 su pressione degli USA...) e vari altri stati ma, in realtà, si tratta di un'organizzazione paramilitare: la differenza sta nel fatto che il PKK non attacca la popolazione civile ma solo l'esercito turco. La storia però ci insegna che nessuno vuole una stato curdo e quindi, la ragione politica senza morale né pudore, lo ha ingiustamente equiparato a organizzazioni terroristiche con le quali ha poco o ninte da spartire. Sempre rimanendo in tema di ipocrisia...
Nota (*2): oltretutto un'autorità sempre più distante dal popolo e vicina invece ai poteri forti che sempre più fortemente l'influenzano.

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