[Ho deciso di iniziare una nuova serie di corti (e non) basata sugli spunti tratti dalle riviste di storia dello zio: il titolo è ottenuto per contrazione da Ultimissime + storia. Spiritoso nevvero?
Unici elementi fissi saranno i riferimenti alla rivista (numero/mese/anno) e all'autore dell'articolo.]
Storia Illustrata n. 245 Aprile 1978 – L'avventura dei Gracchi – Paolo Baldacci
Spesso ho citato una considerazione storica di mio zio: la repubblica romana, dopo la sconfitta di Cartigine, cambiò lentamente la propria natura e adottò una politica imperialista.
Questo articolo chiarisce molto bene un aspetto di questo passaggio analizzando nel dettaglio la politica romana dagli anni 133 al 123 a.C. caratterizzati dal tentativo di riforma agraria dei Gracchi. Sarebbe troppo lungo entrare nei dettagli quindi provo a riepilogare schematicamente.
Premessa: le legioni erano formate da soldati in base al censo; chi aveva abbastanza denaro doveva fare il legionario pagandosi l'attrezzatura, chi invece era troppo povero ne era escluso (ma non aveva neppure tutti i diritti civili) → il “ceto medio” costituiva quindi l'ossatura dell'esercito romano.
Sconfitta di Cartagine 1→(*1) legioni dislocate per periodi più lunghi e più lontano dall'Italia 2→ i legionari del “ceto medio” non possono più prendersi cura delle proprie terre 3→ le terre del ceto medio vengono abbandonate o acquistate dai latifondisti che le fanno coltivare ai propri schiavi 4→ i latifondisti diventano sempre più ricchi e l'esercito romano non ha abbastanza reclute 5→ riforma agraria dei Gracchi per la ridistribuzione delle terre 6→ continuerebbe...
Il passaggio fondamentale è il 3, quello che provoca il cambiamento della struttura sociale: da una società relativamente omogenea si passa a una caratterizzata dallo squilibrio di pochi ricchissimi e moltissimi poveri.
E questo squilibrio porta con sé ingiustizia sociale e politica. Quelli che erano i valori comuni condivisi da tutti, caratteristici del popolo romano, si differenziano nei ricchi e nella massa dei poveri. I legionari finiscono per rendersi conto che non combattono più per se stessi e le proprie famiglie ma soprattutto per l'interesse di pochi (*2). Scollamento fra linea politica e interesse pubblico (nel senso della maggioranza).
Conclusione: volevo scrivere un corto ma mi è venuto un “medio”... Interessante però!
Nota (*1): il Bismarck avrebbe commentato questo passaggio così: “Con i giavellotti delle legioni si può far tutto fuorché dormirci sopra”...
Nota (*2): Le parole di Tiberio Gracco secondo Plutarco: «Le fiere che abitano l'Italia hanno ciascuna una tana, un covile in cui riposare; coloro che per l'Italia combattono e muoiono, non hanno che la luce, l'aria e nient'altro. … … combattono e muoiono per difendere l'altrui ricchezza, il lusso altrui, e vengono chiamati padroni del mondo ma non hanno una zolla di terra che sia loro.»
sabato 27 febbraio 2016
venerdì 26 febbraio 2016
Le SSS
Svelo subito che SSS sta per Storia, Scacchi e Sogno: tre argomenti che, nel pezzo odierno, sono legati insieme da un unico filo conduttore...
Ieri mi sono dopo anni ricordato di non avere solo i libri di storia di mio zio ma anche la sua collezione di “Storia Illustrata” e “Historia”.
Ho così preso un fascicolo a casaccio, letteralmente il primo di uno delle varie pile di queste riviste: si trattava del numero 129 dell'agosto del 1968. Se fosse stata una rivista di moda sarebbe, probabilmente, un po' superata ma, trattandosi di storia, 48 anni in più o in meno non fanno troppa differenza...
Così ieri sera, prima di dormire mi sono messo a leggere questo numero. Ho letto molte delle domande dei lettori: alcune interessanti e altre più strane. Un esempio interessante: “Il cavallino di Baracca e le Ferrari”; un esempio inquietante: “Quando fu in Francia la divisione SS Nibelungen”.
Poi ho letto un interessante articolo sulla cavalleria italiana: ho scoperto la differenza fra cavalleggeri e dragoni; ho scoperto chi fosse il capitano Federico Caprilli (anche se temo me ne scorderò rapidamente...); e ho letto con interesse dell'ultima “vittoriosa carica dei nostri squadroni contro le mitragliatrici russe” a Isbuscenski nel 1942...
Ho saltato un articolo sugli amori di Carlo Alberto che non mi interessava e mi sono limitato a guardare le foto di un articolo che descrive la situazione “attuale” di Formosa (Taiwan).
Ho poi letto l'articolo sulla Graf Spee una cosiddetta “corazzata tascabile” della marina tedesca durante la seconda guerra mondiale. Ed è proprio su quest'ultimo pezzo che mi voglio concentrare.
La marina tedesca era sostanzialmente impreparata allo scoppio della guerra e sicuramente non in grado di competere con quella inglese. In pratica solo i sommergibili furono usati massicciamente tranne qualche eccezione. Una di queste eccezioni fu proprio la Graf Spee che operò come nave “corsara” dalle coste dell'Africa a quelle dell'America meridionale (dove, per non venire catturata, si autoaffondò nel Mar della Plata). In pratica questa piccola corazzata attaccava i mercantili inglesi per tutte le acque dell'Atlantico. Chiaramente la marina inglese le dava la caccia ma, all'epoca, era come cercare un ago nel pagliaio. Alla fine però, anche a causa delle troppe azioni di guerra (*1), gli inglesi riuscirono a indovinare la sua posizione e a intercettarle con una piccola task force: ci fu una battaglia che finì “pari” ma la Graf Spee non aveva basi d'appoggio dove poter fare le riparazioni necessarie, così cercò rifugio a Montevideo: in teoria l'Uruguay era neutrale ma in pratica favoriva l'Inghilterra. Così la Graf Spee ricevette solo il permesso per tre giorni mentre le riparazioni ne richiedevano una quindicina. Bloccata in porto e nell'impossibilità di fuga, il capitano decise per l'autoaffondamento.
Quello che più mi ha colpito è stato il commento dell'autore dell'articolo (Toti Celona) che giustamente osservava un grosso errore nella strategia del capitano tedesco: il danno causato agli inglesi non consisteva tanto nelle navi mercantili affondate quanto nelle moltissime navi da guerra impiegate per pattugliare le rotte commerciali e sottratte quindi ad altri scopi. Il capitano tedesco avrebbe quindi potuto limitarsi a procurare il minimo danno che costringesse però gli inglesi a distogliere navi militari da altri scenari di guerra: in questa maniera la Graf Spee sarebbe stata intercettata più difficilmente riuscendo così a procurare maggiori danni nel lungo periodo.
Questa osservazione mi ha ricordato una delle massime scacchistiche che più preferisco e che cito molto spesso: “La minaccia è più forte della sua attuazione” di Aron Nimzowitch
In questo caso la semplice minaccia di attaccare navi da trasporto sarebbe stata nel lungo periodo più perniciosa che affondare qualche bastimento in più!
E passiamo al sogno...
Stanotte ero un agente segreto in fuga, però non ero dei buoni ma dei cattivi. [L'analogia con la Graf Spee è evidente!]. Anzi, dal seguito del sogno si capisce che facevo il doppio gioco: fingevo di essere dei “buoni” ma ero dei “cattivi”.
Stavo scortando una donna (che non capiva bene la situazione), diciamo una “risorsa”, giù per una torre gigantesca (a ogni livello c'erano giardini e boschi!). Sapevo di essere inseguito ma avevamo un grosso vantaggio quindi non ero troppo preoccupato.
Quando eravamo quasi riusciti a scappare riconosco un segnale speciale trasmesso in una canzone sentita attraverso un altoparlante: 11-10-11 (o 10-11-10? non ricordo più...)
Era il segnale che una mia spia/collega e amante era in pericolo. Prendo allora la fatale decisione di lasciar perdere l'attuale missione e me ne torno frettolosamente indietro pur sapendo di andare a imbattermi in forze soverchianti.
Finalmente riesco a raggiungere il livello stabilito e incontro la mia amante che però è stupita di vedermi: non era stata lei a lanciare il messaggio. È una trappola! Gli agenti nemici ci piombano addosso: inutilmente io dico di essere dalla loro parte (sospettano di me) e mi portano via. Invece la mia amata, insieme ad altre spie, piuttosto che tradirmi si suicida con del cianuro nascosto in capsule dentarie. Ricordo anche che una delle spie non aveva il veleno e per questo la mia amata lo bacia dopo aver rotto la capsula e lui fa in tempo a dirle che, grazie a quel bacio, morirà felice...
Conclusione: che c'entra questo sogno? Beh, ho la sensazione che, a parte l'intrigo sentimentale, l'ispirazione al sogno sia derivata direttamente dall'articolo letto...
PS: per la cronaca lo “Storia Illustrata” proseguiva con un articolo sui “grognards” di Napoleone (scritto da Piero Angela!) che non ho letto; un articolo su Avignone rifugio dei Papi, non letto (ma accompagnato da belle foto!); un articolo sulla vita di Hitler prima di prendere il potere del quale ho letto qualche paragrafo qua e là: sembrerebbe che il 39enne Hitler fosse innamorato di una sua nipote 17enne (da una foto sembrerebbe piuttosto bruttina) poi morta suicida; un articolo sull'affondamento della “Valiant”: sorvolato perché ne avevo già letto altrove; due paginette di curiosità sui mongoli: letto!; un articolo che riepilogava i fatti più importanti del 1952 (perché proprio il 1952?!) accompagnato da foto: letto... in pratica erano solo didascalie...; “Il motore a scoppio”: saltato ma carine le foto: colpiscono i nomi dei protagonisti: Gottlieb Daimler e Rudolf Diesel; infine ho spilluzzicato un articolo su un'industria italiana di cuscinetti a sfera che all'epoca aveva ben 8 grandi stabilimenti e che adesso, immagino, non esista più...
Nota (*1): o magari grazie a Enigma?
Ieri mi sono dopo anni ricordato di non avere solo i libri di storia di mio zio ma anche la sua collezione di “Storia Illustrata” e “Historia”.
Ho così preso un fascicolo a casaccio, letteralmente il primo di uno delle varie pile di queste riviste: si trattava del numero 129 dell'agosto del 1968. Se fosse stata una rivista di moda sarebbe, probabilmente, un po' superata ma, trattandosi di storia, 48 anni in più o in meno non fanno troppa differenza...
Così ieri sera, prima di dormire mi sono messo a leggere questo numero. Ho letto molte delle domande dei lettori: alcune interessanti e altre più strane. Un esempio interessante: “Il cavallino di Baracca e le Ferrari”; un esempio inquietante: “Quando fu in Francia la divisione SS Nibelungen”.
Poi ho letto un interessante articolo sulla cavalleria italiana: ho scoperto la differenza fra cavalleggeri e dragoni; ho scoperto chi fosse il capitano Federico Caprilli (anche se temo me ne scorderò rapidamente...); e ho letto con interesse dell'ultima “vittoriosa carica dei nostri squadroni contro le mitragliatrici russe” a Isbuscenski nel 1942...
Ho saltato un articolo sugli amori di Carlo Alberto che non mi interessava e mi sono limitato a guardare le foto di un articolo che descrive la situazione “attuale” di Formosa (Taiwan).
Ho poi letto l'articolo sulla Graf Spee una cosiddetta “corazzata tascabile” della marina tedesca durante la seconda guerra mondiale. Ed è proprio su quest'ultimo pezzo che mi voglio concentrare.
La marina tedesca era sostanzialmente impreparata allo scoppio della guerra e sicuramente non in grado di competere con quella inglese. In pratica solo i sommergibili furono usati massicciamente tranne qualche eccezione. Una di queste eccezioni fu proprio la Graf Spee che operò come nave “corsara” dalle coste dell'Africa a quelle dell'America meridionale (dove, per non venire catturata, si autoaffondò nel Mar della Plata). In pratica questa piccola corazzata attaccava i mercantili inglesi per tutte le acque dell'Atlantico. Chiaramente la marina inglese le dava la caccia ma, all'epoca, era come cercare un ago nel pagliaio. Alla fine però, anche a causa delle troppe azioni di guerra (*1), gli inglesi riuscirono a indovinare la sua posizione e a intercettarle con una piccola task force: ci fu una battaglia che finì “pari” ma la Graf Spee non aveva basi d'appoggio dove poter fare le riparazioni necessarie, così cercò rifugio a Montevideo: in teoria l'Uruguay era neutrale ma in pratica favoriva l'Inghilterra. Così la Graf Spee ricevette solo il permesso per tre giorni mentre le riparazioni ne richiedevano una quindicina. Bloccata in porto e nell'impossibilità di fuga, il capitano decise per l'autoaffondamento.
Quello che più mi ha colpito è stato il commento dell'autore dell'articolo (Toti Celona) che giustamente osservava un grosso errore nella strategia del capitano tedesco: il danno causato agli inglesi non consisteva tanto nelle navi mercantili affondate quanto nelle moltissime navi da guerra impiegate per pattugliare le rotte commerciali e sottratte quindi ad altri scopi. Il capitano tedesco avrebbe quindi potuto limitarsi a procurare il minimo danno che costringesse però gli inglesi a distogliere navi militari da altri scenari di guerra: in questa maniera la Graf Spee sarebbe stata intercettata più difficilmente riuscendo così a procurare maggiori danni nel lungo periodo.
Questa osservazione mi ha ricordato una delle massime scacchistiche che più preferisco e che cito molto spesso: “La minaccia è più forte della sua attuazione” di Aron Nimzowitch
In questo caso la semplice minaccia di attaccare navi da trasporto sarebbe stata nel lungo periodo più perniciosa che affondare qualche bastimento in più!
E passiamo al sogno...
Stanotte ero un agente segreto in fuga, però non ero dei buoni ma dei cattivi. [L'analogia con la Graf Spee è evidente!]. Anzi, dal seguito del sogno si capisce che facevo il doppio gioco: fingevo di essere dei “buoni” ma ero dei “cattivi”.
Stavo scortando una donna (che non capiva bene la situazione), diciamo una “risorsa”, giù per una torre gigantesca (a ogni livello c'erano giardini e boschi!). Sapevo di essere inseguito ma avevamo un grosso vantaggio quindi non ero troppo preoccupato.
Quando eravamo quasi riusciti a scappare riconosco un segnale speciale trasmesso in una canzone sentita attraverso un altoparlante: 11-10-11 (o 10-11-10? non ricordo più...)
Era il segnale che una mia spia/collega e amante era in pericolo. Prendo allora la fatale decisione di lasciar perdere l'attuale missione e me ne torno frettolosamente indietro pur sapendo di andare a imbattermi in forze soverchianti.
Finalmente riesco a raggiungere il livello stabilito e incontro la mia amante che però è stupita di vedermi: non era stata lei a lanciare il messaggio. È una trappola! Gli agenti nemici ci piombano addosso: inutilmente io dico di essere dalla loro parte (sospettano di me) e mi portano via. Invece la mia amata, insieme ad altre spie, piuttosto che tradirmi si suicida con del cianuro nascosto in capsule dentarie. Ricordo anche che una delle spie non aveva il veleno e per questo la mia amata lo bacia dopo aver rotto la capsula e lui fa in tempo a dirle che, grazie a quel bacio, morirà felice...
Conclusione: che c'entra questo sogno? Beh, ho la sensazione che, a parte l'intrigo sentimentale, l'ispirazione al sogno sia derivata direttamente dall'articolo letto...
PS: per la cronaca lo “Storia Illustrata” proseguiva con un articolo sui “grognards” di Napoleone (scritto da Piero Angela!) che non ho letto; un articolo su Avignone rifugio dei Papi, non letto (ma accompagnato da belle foto!); un articolo sulla vita di Hitler prima di prendere il potere del quale ho letto qualche paragrafo qua e là: sembrerebbe che il 39enne Hitler fosse innamorato di una sua nipote 17enne (da una foto sembrerebbe piuttosto bruttina) poi morta suicida; un articolo sull'affondamento della “Valiant”: sorvolato perché ne avevo già letto altrove; due paginette di curiosità sui mongoli: letto!; un articolo che riepilogava i fatti più importanti del 1952 (perché proprio il 1952?!) accompagnato da foto: letto... in pratica erano solo didascalie...; “Il motore a scoppio”: saltato ma carine le foto: colpiscono i nomi dei protagonisti: Gottlieb Daimler e Rudolf Diesel; infine ho spilluzzicato un articolo su un'industria italiana di cuscinetti a sfera che all'epoca aveva ben 8 grandi stabilimenti e che adesso, immagino, non esista più...
Nota (*1): o magari grazie a Enigma?
giovedì 25 febbraio 2016
L'oche e gli studenti
Ho seguito altre due lezioni del corso di filosofia morale/politica/giustizia (v. anche L'obiezione di KGB) e devo dire che continua a essere molto interessante.
Premetto che ho “costruito” questo pezzo in maniera un po' contorta, iniziando con una lunga introduzione che potrebbe sembrare irrelata con l'argomento della lezione del professor Sandel ma, se avrete la pazienza di terminare la lettura, vedrete che tutto ha senso...
Nella prima lezione il professore, Michael Sandel, accennò e rispose a quella che fu la mia obiezione sulla filosofia ai tempi del liceo. All'epoca mi chiedevo che senso avesse studiare tutti questi filosofi che si contraddicevano e smentivano l'un con l'altro: non era forse proprio questa loro apparente litigiosità e incapacità di mettersi d'accordo la dimostrazione che i problemi che affrontavano non erano solubili?
La risposta del professore (Sandel) è stata qualcosa di questo genere: è vero, forse a certe questioni non troveremo mai una risposta definitiva ma il fatto che continuiamo così insistentemente a porci certe domande significa anche che è importante riflettere su di esse. Aggiungo io: non è tanto importante la risposta ma il ragionamento, non la meta ma il viaggio (v. Itaca - Cavafy (1911)).
E io ho riflettuto, e il frutto delle mie riflessioni lo si può leggere nei pezzi L'obiezione di KGB, Il libertarianismo e L'oche (poetico)...
In particolare credo che la riflessione più importante sia stata la mia obiezione fondamentale al libertarianismo: in pratica affermo che la diversa distribuzione di ricchezza provoca di per sé dell'ingiustizia in quanto per un ricco è molto più facile aumentarla che per un povero. Anche supponendo che ipoteticamente, in un dato momento, la distribuzione di ricchezza fosse “giusta” (secondo i criteri del libertarianismo) non lo sarebbe già più il giorno dopo...
Una conseguenza molto importante di questo principio è che qualsiasi istituzione od organizzazione che si basi sul denaro è inerentemente ingiusta (*1) perché favorisce chi ha più denaro e, chi ne ha di più, non lo l'ha per meriti propri ma in virtù della maggiore disponibilità di denaro che già aveva.
Alla nona lezione siamo ancora su Locke e, in particolare, si vuole cercare di verificare i principi della sua morale applicandoli a un caso concreto. Come spiegato precedentemente per Locke l'uomo ha dei diritti inalienabili fra cui quello di gestire in libertà la propria vita. Ma a questi principi, solo in apparenza assoluti (*2), Locke mette un limite: il governo al quale i cittadini hanno dato liberamente il proprio consenso può decidere, in nome della maggioranza, quali siano i limiti precisi di tali libertà purché non lo faccia in maniera arbitraria.
Il caso concreto analizzato dal professore è quello della coscrizione con cui si obbliga una persona a combattere in un esercito mettendo così a repentaglio la propria vita: addirittura anche un semplice sorgente ha infatti il potere di mandare un soldato a morte certa e, se questo si rifiuta, di giustiziarlo come disertore. È chiaramente un caso limite che mette a dura prova questo principio di Locke.
Il professore ha così posto ai suoi studenti la seguente domanda: “Premessa: attualmente l'esercito degli USA è costituito da volontari. Supponiamo però che per una guerra siano necessarie più reclute di quante sono quelle disponibili; cosa dovrebbe fare il governo? 1. aumentare lo stipendio e i benefici dei soldati per incentivarne il reclutamento; 2. fare una coscrizione basata su una lotteria (si estraggono a sorte i nomi di giovani da coscrivere fino al raggiungimento della quota di reclute necessaria); 3. rivolgersi a dei mercenari.”
La stragrande maggioranza degli studenti si è espressa a favore della prima opzione. Io invece ho “votato” per la seconda.
Il professore ha poi fatto un excursus: ha spiegato che durante la guerra civile americana il nord non aveva la coscrizione obbligatoria e così, trovandosi a corto di uomini, ne organizzò una basata su un sistema di sorteggio. Chi veniva sorteggiato non doveva però partire obbligatoriamente: poteva invece ingaggiare (a proprie spese) qualcuno che andasse al proprio posto.
Si racconta che anche Andrew Carnegie fu sorteggiato ma che questi mandò un suo sostituto pagandolo un po' meno di quanto spendesse in sigari in un anno.
Supponiamo che qualcosa del genere fosse fatto anche da noi: se per trovare un sostituto bastassero 500€ probabilmente nessuno avrebbe da obiettare perché si tratta di una cifra che la maggior parte di noi può permettersi di pagare e, quindi, partecipare o no alla guerra rimarrebbe comunque una libera scelta. Ma se la cifra richiesta fosse 5.000€? Facendosi magari prestare qualcosa da amici e parenti sarebbe ancora una spesa sostenibile da tutti; ma se invece si trattasse di 50.000€ (da pagare in contanti)? In tal caso molte persone sarebbero costrette a rischiare la propria vita anche senza averne l'intenzione. Certo che se invece ti chiamassi Berlusconi o Agnelli anche 500.000€ non sarebbero un problema...
Il professore ha quindi chiesto agli studenti se questa “coscrizione ibrida” dei tempi della guerra civile gli sembrasse giusta.
La maggioranza degli studenti ha risposto di no e, alla richiesta di spiegazioni del professore, sono arrivate sostanzialmente due motivazioni: 1. mettere questa clausola di denaro (necessario per pagare il sostituto) costringe i poveri a combattere e favorisce i ricchi che possono esentarsi; 2. chi combatte per denaro è motivato solo da esso e in determinate situazioni potrebbe non eseguire il compito assegnato.
A questo punto c'è stato il passaggio chiave: il professore ha invitato gli studenti a riflettere se il caso dell'esercito composto da volontari fosse realmente diverso dalla “coscrizione ibrida”: dopotutto anche nell'esercito di volontari si arruola prevalentemente chi non trova alternative economiche migliori mentre i più ricchi, in genere, trovano di meglio da fare...
Qui gli studenti hanno un po' mugugnato dividendosi in due gruppi d'opinione: c'era infatti chi sosteneva che nell'esercito ci si arruolasse anche per motivi patriottici e non solo economici.
La replica del professore è stata fulminante: ha infatti chiesto a chi avesse fratelli o sorelle nell'esercito di alzare la mano. Solo un paio di persone, in un aula di almeno 500, lo hanno fatto. Il professore non ha avuto bisogno di aggiungere altro ma forse vale la pena ricordare che l'aula in questione è quella di Harvard un'università piuttosto costosetta da frequentare: in altre parole significa che la stragrande maggioranza delle famiglie molto benestanti, cioè quelle che si possono permettere di mandare i figli ad Harvard, non ne hanno altri nell'esercito.
Questa è la dimostrazione che l'attuale esercito composto da volontari e il sistema ibrido della guerra civile, esonerando i più i ricchi e indirettamente obbligando i più poveri, sono sostanzialmente equivalenti.
Il professore non lo ha detto, suppongo voglia che gli studenti ci riflettano da soli autonomamente, ma alla luce della morale di Locke, dove nell'obbligo non ci deve essere arbitrio (e dividere fra ricchi e poveri lo è), la risposta “giusta” alla domanda iniziale era la seconda (coscrizione con sorteggio) e non la prima (aumento stipendio e benefici per i soldati).
E ora posso finalmente chiudere il cerchio della logica di questo pezzo!
La filosofia, o almeno riflettere su di essa, è importante perché ci prepara ad affrontare problematiche e dilemmi anche molto complessi in maniera cosciente e non guidati da superficiali giudizi di pancia.
Il mio caso ne è la dimostrazione: grazie alla mia riflessione sulle discriminazioni indotte dal denaro, non ho avuto esitazioni a riconoscere la costrizione arbitraria, sebbene implicita, causata da un esercito di soli “volontari”.
In altre parole, di fronte a un problema morale, avevo già pronti gli strumenti per analizzarlo.
I lettori più scettici potrebbero obiettare “Sì, bravo, ma che utilità pratica ti ha dato?”. In questo caso nessuna, ma supponiamo che mi capiti di ascoltare il confronto fra due politici che propongano soluzioni diverse per un determinato problema. Avere una preparazione di questo tipo potrebbe servire a scegliere (votare) il politico che maggiormente segue i nostri principi.
Conclusione: da quest'ultima riflessione consegue che la filosofia è in realtà la scoperta dei nostri principi e della nostra personale visione del mondo: se ci adageremo pigramente sull'esatta costruzione morale immaginata da Bentham o da Locke (o da qualsiasi altro filosofo) non avremo capito nulla, saremo solo dei pappagalli. Invece si dovrà prendere ciò che più ci convince di questi filosofi e, magari, integrarlo con le nostre personali opinioni.
Nota (*1): sarebbe invece possibile se potesse esistere una ricchezza “giusta” ma ho dimostrato che così non può essere.
Nota (*2): uno dei motivi per cui in L'oche (poetico) ho giudicato Locke piuttosto ambiguo.
Premetto che ho “costruito” questo pezzo in maniera un po' contorta, iniziando con una lunga introduzione che potrebbe sembrare irrelata con l'argomento della lezione del professor Sandel ma, se avrete la pazienza di terminare la lettura, vedrete che tutto ha senso...
Nella prima lezione il professore, Michael Sandel, accennò e rispose a quella che fu la mia obiezione sulla filosofia ai tempi del liceo. All'epoca mi chiedevo che senso avesse studiare tutti questi filosofi che si contraddicevano e smentivano l'un con l'altro: non era forse proprio questa loro apparente litigiosità e incapacità di mettersi d'accordo la dimostrazione che i problemi che affrontavano non erano solubili?
La risposta del professore (Sandel) è stata qualcosa di questo genere: è vero, forse a certe questioni non troveremo mai una risposta definitiva ma il fatto che continuiamo così insistentemente a porci certe domande significa anche che è importante riflettere su di esse. Aggiungo io: non è tanto importante la risposta ma il ragionamento, non la meta ma il viaggio (v. Itaca - Cavafy (1911)).
E io ho riflettuto, e il frutto delle mie riflessioni lo si può leggere nei pezzi L'obiezione di KGB, Il libertarianismo e L'oche (poetico)...
In particolare credo che la riflessione più importante sia stata la mia obiezione fondamentale al libertarianismo: in pratica affermo che la diversa distribuzione di ricchezza provoca di per sé dell'ingiustizia in quanto per un ricco è molto più facile aumentarla che per un povero. Anche supponendo che ipoteticamente, in un dato momento, la distribuzione di ricchezza fosse “giusta” (secondo i criteri del libertarianismo) non lo sarebbe già più il giorno dopo...
Una conseguenza molto importante di questo principio è che qualsiasi istituzione od organizzazione che si basi sul denaro è inerentemente ingiusta (*1) perché favorisce chi ha più denaro e, chi ne ha di più, non lo l'ha per meriti propri ma in virtù della maggiore disponibilità di denaro che già aveva.
Alla nona lezione siamo ancora su Locke e, in particolare, si vuole cercare di verificare i principi della sua morale applicandoli a un caso concreto. Come spiegato precedentemente per Locke l'uomo ha dei diritti inalienabili fra cui quello di gestire in libertà la propria vita. Ma a questi principi, solo in apparenza assoluti (*2), Locke mette un limite: il governo al quale i cittadini hanno dato liberamente il proprio consenso può decidere, in nome della maggioranza, quali siano i limiti precisi di tali libertà purché non lo faccia in maniera arbitraria.
Il caso concreto analizzato dal professore è quello della coscrizione con cui si obbliga una persona a combattere in un esercito mettendo così a repentaglio la propria vita: addirittura anche un semplice sorgente ha infatti il potere di mandare un soldato a morte certa e, se questo si rifiuta, di giustiziarlo come disertore. È chiaramente un caso limite che mette a dura prova questo principio di Locke.
Il professore ha così posto ai suoi studenti la seguente domanda: “Premessa: attualmente l'esercito degli USA è costituito da volontari. Supponiamo però che per una guerra siano necessarie più reclute di quante sono quelle disponibili; cosa dovrebbe fare il governo? 1. aumentare lo stipendio e i benefici dei soldati per incentivarne il reclutamento; 2. fare una coscrizione basata su una lotteria (si estraggono a sorte i nomi di giovani da coscrivere fino al raggiungimento della quota di reclute necessaria); 3. rivolgersi a dei mercenari.”
La stragrande maggioranza degli studenti si è espressa a favore della prima opzione. Io invece ho “votato” per la seconda.
Il professore ha poi fatto un excursus: ha spiegato che durante la guerra civile americana il nord non aveva la coscrizione obbligatoria e così, trovandosi a corto di uomini, ne organizzò una basata su un sistema di sorteggio. Chi veniva sorteggiato non doveva però partire obbligatoriamente: poteva invece ingaggiare (a proprie spese) qualcuno che andasse al proprio posto.
Si racconta che anche Andrew Carnegie fu sorteggiato ma che questi mandò un suo sostituto pagandolo un po' meno di quanto spendesse in sigari in un anno.
Supponiamo che qualcosa del genere fosse fatto anche da noi: se per trovare un sostituto bastassero 500€ probabilmente nessuno avrebbe da obiettare perché si tratta di una cifra che la maggior parte di noi può permettersi di pagare e, quindi, partecipare o no alla guerra rimarrebbe comunque una libera scelta. Ma se la cifra richiesta fosse 5.000€? Facendosi magari prestare qualcosa da amici e parenti sarebbe ancora una spesa sostenibile da tutti; ma se invece si trattasse di 50.000€ (da pagare in contanti)? In tal caso molte persone sarebbero costrette a rischiare la propria vita anche senza averne l'intenzione. Certo che se invece ti chiamassi Berlusconi o Agnelli anche 500.000€ non sarebbero un problema...
Il professore ha quindi chiesto agli studenti se questa “coscrizione ibrida” dei tempi della guerra civile gli sembrasse giusta.
La maggioranza degli studenti ha risposto di no e, alla richiesta di spiegazioni del professore, sono arrivate sostanzialmente due motivazioni: 1. mettere questa clausola di denaro (necessario per pagare il sostituto) costringe i poveri a combattere e favorisce i ricchi che possono esentarsi; 2. chi combatte per denaro è motivato solo da esso e in determinate situazioni potrebbe non eseguire il compito assegnato.
A questo punto c'è stato il passaggio chiave: il professore ha invitato gli studenti a riflettere se il caso dell'esercito composto da volontari fosse realmente diverso dalla “coscrizione ibrida”: dopotutto anche nell'esercito di volontari si arruola prevalentemente chi non trova alternative economiche migliori mentre i più ricchi, in genere, trovano di meglio da fare...
Qui gli studenti hanno un po' mugugnato dividendosi in due gruppi d'opinione: c'era infatti chi sosteneva che nell'esercito ci si arruolasse anche per motivi patriottici e non solo economici.
La replica del professore è stata fulminante: ha infatti chiesto a chi avesse fratelli o sorelle nell'esercito di alzare la mano. Solo un paio di persone, in un aula di almeno 500, lo hanno fatto. Il professore non ha avuto bisogno di aggiungere altro ma forse vale la pena ricordare che l'aula in questione è quella di Harvard un'università piuttosto costosetta da frequentare: in altre parole significa che la stragrande maggioranza delle famiglie molto benestanti, cioè quelle che si possono permettere di mandare i figli ad Harvard, non ne hanno altri nell'esercito.
Questa è la dimostrazione che l'attuale esercito composto da volontari e il sistema ibrido della guerra civile, esonerando i più i ricchi e indirettamente obbligando i più poveri, sono sostanzialmente equivalenti.
Il professore non lo ha detto, suppongo voglia che gli studenti ci riflettano da soli autonomamente, ma alla luce della morale di Locke, dove nell'obbligo non ci deve essere arbitrio (e dividere fra ricchi e poveri lo è), la risposta “giusta” alla domanda iniziale era la seconda (coscrizione con sorteggio) e non la prima (aumento stipendio e benefici per i soldati).
E ora posso finalmente chiudere il cerchio della logica di questo pezzo!
La filosofia, o almeno riflettere su di essa, è importante perché ci prepara ad affrontare problematiche e dilemmi anche molto complessi in maniera cosciente e non guidati da superficiali giudizi di pancia.
Il mio caso ne è la dimostrazione: grazie alla mia riflessione sulle discriminazioni indotte dal denaro, non ho avuto esitazioni a riconoscere la costrizione arbitraria, sebbene implicita, causata da un esercito di soli “volontari”.
In altre parole, di fronte a un problema morale, avevo già pronti gli strumenti per analizzarlo.
I lettori più scettici potrebbero obiettare “Sì, bravo, ma che utilità pratica ti ha dato?”. In questo caso nessuna, ma supponiamo che mi capiti di ascoltare il confronto fra due politici che propongano soluzioni diverse per un determinato problema. Avere una preparazione di questo tipo potrebbe servire a scegliere (votare) il politico che maggiormente segue i nostri principi.
Conclusione: da quest'ultima riflessione consegue che la filosofia è in realtà la scoperta dei nostri principi e della nostra personale visione del mondo: se ci adageremo pigramente sull'esatta costruzione morale immaginata da Bentham o da Locke (o da qualsiasi altro filosofo) non avremo capito nulla, saremo solo dei pappagalli. Invece si dovrà prendere ciò che più ci convince di questi filosofi e, magari, integrarlo con le nostre personali opinioni.
Nota (*1): sarebbe invece possibile se potesse esistere una ricchezza “giusta” ma ho dimostrato che così non può essere.
Nota (*2): uno dei motivi per cui in L'oche (poetico) ho giudicato Locke piuttosto ambiguo.
mercoledì 24 febbraio 2016
Wiki-piove su Berlusconi
Oggi ho per caso sentito la notizia (v. Wikileaks: la NSA spiava anche Berlusconi dal FattoQuotidiano.it) che Berlusconi, nel 2011, veniva spiato dagli USA.
Beh, e dove sarebbe la novità? Possibile che solo io non me ne stupisca?
Già altrove (v. ad esempio KGB sullo stato del mondo 1, 2 e 3) ho spiegato che gli USA, con la sconfitta dell'URSS e l'ascesa al potere delle multinazionali, hanno assunto le caratteristiche di un impero commerciale. Due delle caratteristiche di tali imperi sono il declino degli ideali e la miopia politica incentrata solo su interessi economici a breve e medio termine; la loro conseguenza principale è che si finisce per considerare gli alleati solo come partner economici e, ancor più paradossalmente, vice versa.
L'Italia, come gli altri stati europei, sono stati quindi declassati da alleati a semplici soci d'affari di secondo piano: come tali non si gode più del rispetto reciproco che vige fra Stati che si considerano da pari a pari.
È talmente ovvio che sono sicuro che i governi di Francia e Germania (altri paesi i cui vertici politici sono stati spiati) abbiano preso opportune precauzioni per le comunicazioni importanti: solo l'ingenua Italietta, con i suoi protagonisti politici dagli angusti orizzonti mentali, possono aver parlato con noncuranza al telefono pensando di non essere intercettati da potenze estere (*1).
Onestamente non ricordo se lo scrissi (*2) ma da tempo sospettavo ingerenze estere nella caduta di Berlusconi. Come ho scritto (e questo sono sicuro di averlo fatto!) Berlusconi, pur con tutti i suoi indubbi limiti, non governava contro l'Italia: sarebbe stato contro i suoi stessi interessi economici visto che le sue aziende guadagnano sulla pubblicità: un'Italia in declino avrebbe fatto calare i profitti, come infatti è successo...
Al suo posto fu messo il “non eletto” Monti (*3) che, seguendo istruzioni e “ricette” provenienti da poteri esteri, avviò subito tutta una serie di riforme nefaste che non solo non hanno “salvato” l'Italia ma, anzi, l'hanno fatto sprofondare sempre più...
Sempre rimanendo sull'argomento mi sono imbattuto in un articolo, sempre del FattoQuotidiano.it, che sembra, almeno parzialmente, darmi torto: Wikileaks, gli USA: Berlusconi danneggia l'Italia.
In questo articolo vengono riportate, tramite Wikileaks, alcuni cablogrammi dell'ambasciatore americano in Italia particolarmente critico, ma anche cinico, verso Berlusconi.
Incuriosito ho letto tale articolo con interesse notandovi contraddizioni evidenti. Vediamole un po'...
Da una parte si accusa Berlusconi di non avere una visione politica a lungo termine (vero, ma quale politico italiano la ha?) e poi di cercare nuove strade o soluzioni diplomatiche su difficili controversie internazionali. A mio parere è evidente che la vera colpa di Berlusconi è il suo tentativo di avere una politica estera indipendente e la sua amicizia con Putin.
Poi si accusa Berlusconi di essere stato condiscendente verso le richieste militari USA: ma di nuovo mi chiedo quale governo italiano abbia avuto il coraggio di dire no agli USA. Vedi Renzi con la Libia, ma anche i governi precedenti, bo... tipo D'Alema con la Serbia...
Solo Craxi, a mia memoria, rivendicò l'indipendenza e sovranità italiana durante la crisi di Sigonella (v. La crisi di Sigonella) e, guarda caso, qualche anno dopo fu eliminato politicamente da “Mani Pulite”: una coincidenza?
Poi si spiegano le pressioni fatte su Berlusconi e altri politici a lui vicini affinché venisse ritirato un decreto legge contro l'agricoltura “biotech” che avrebbe sfavorito un'importante, anzi strategica, multinazionale americana del settore. Ma sarebbe cambiato qualcosa con altri politici? Ad esempio il trattato TTIP è mille volte peggio ma Renzi, guarda caso, si è già dichiarato un suo sostenitore entusiasta...
Un cablogramma del 2008, prima delle elezioni, riassume bene la situazione: “Se vince Veltroni la situazione sarà eccellente. Se ritorna Berlusconi sarà molto eccellente”. A me pare significhi che l'uno vale l'altro: vedi anche il mio Douche & Turd...
Insomma da una parte ci si vanta di poter manovrare Berlusconi facilmente (visto che concede agli USA le stesse cose che avrebbero concesso altri governi) ma dall'altra ci si lamenta della sua troppa indipendenza in politica estera. Non è una contraddizione?
Probabilmente, visto che la fonte dell'articolo è Repubblica/L'Espresso, non dovrei stupirmi...
Conclusione: pensavo a quanto e quando sia attendibile Wikileaks. Cosa impedisce, ad esempio agli USA (ma anche ai servizi segreti russi o cinesi) di far trapelare notizie o documenti artefatti in maniera da provocare specifiche reazioni nell'opinione pubblica mondiale e non? La mia conclusione è che, paradossalmente, solo i documenti che mettono in cattiva luce gli USA siano credibili!
Nota (*1): non necessariamente solo dagli USA...
Nota (*2): talvolta per non apparire troppo paranoico mi trattengo ma poi la realtà finisce per superare la mia fantasia: vedi il caso Volkswagen...
Nota (*3): e la stessa politica distruttiva, sebbene con accenti diversi, è stata poi proseguita da Letta e Renzi.
Beh, e dove sarebbe la novità? Possibile che solo io non me ne stupisca?
Già altrove (v. ad esempio KGB sullo stato del mondo 1, 2 e 3) ho spiegato che gli USA, con la sconfitta dell'URSS e l'ascesa al potere delle multinazionali, hanno assunto le caratteristiche di un impero commerciale. Due delle caratteristiche di tali imperi sono il declino degli ideali e la miopia politica incentrata solo su interessi economici a breve e medio termine; la loro conseguenza principale è che si finisce per considerare gli alleati solo come partner economici e, ancor più paradossalmente, vice versa.
L'Italia, come gli altri stati europei, sono stati quindi declassati da alleati a semplici soci d'affari di secondo piano: come tali non si gode più del rispetto reciproco che vige fra Stati che si considerano da pari a pari.
È talmente ovvio che sono sicuro che i governi di Francia e Germania (altri paesi i cui vertici politici sono stati spiati) abbiano preso opportune precauzioni per le comunicazioni importanti: solo l'ingenua Italietta, con i suoi protagonisti politici dagli angusti orizzonti mentali, possono aver parlato con noncuranza al telefono pensando di non essere intercettati da potenze estere (*1).
Onestamente non ricordo se lo scrissi (*2) ma da tempo sospettavo ingerenze estere nella caduta di Berlusconi. Come ho scritto (e questo sono sicuro di averlo fatto!) Berlusconi, pur con tutti i suoi indubbi limiti, non governava contro l'Italia: sarebbe stato contro i suoi stessi interessi economici visto che le sue aziende guadagnano sulla pubblicità: un'Italia in declino avrebbe fatto calare i profitti, come infatti è successo...
Al suo posto fu messo il “non eletto” Monti (*3) che, seguendo istruzioni e “ricette” provenienti da poteri esteri, avviò subito tutta una serie di riforme nefaste che non solo non hanno “salvato” l'Italia ma, anzi, l'hanno fatto sprofondare sempre più...
Sempre rimanendo sull'argomento mi sono imbattuto in un articolo, sempre del FattoQuotidiano.it, che sembra, almeno parzialmente, darmi torto: Wikileaks, gli USA: Berlusconi danneggia l'Italia.
In questo articolo vengono riportate, tramite Wikileaks, alcuni cablogrammi dell'ambasciatore americano in Italia particolarmente critico, ma anche cinico, verso Berlusconi.
Incuriosito ho letto tale articolo con interesse notandovi contraddizioni evidenti. Vediamole un po'...
Da una parte si accusa Berlusconi di non avere una visione politica a lungo termine (vero, ma quale politico italiano la ha?) e poi di cercare nuove strade o soluzioni diplomatiche su difficili controversie internazionali. A mio parere è evidente che la vera colpa di Berlusconi è il suo tentativo di avere una politica estera indipendente e la sua amicizia con Putin.
Poi si accusa Berlusconi di essere stato condiscendente verso le richieste militari USA: ma di nuovo mi chiedo quale governo italiano abbia avuto il coraggio di dire no agli USA. Vedi Renzi con la Libia, ma anche i governi precedenti, bo... tipo D'Alema con la Serbia...
Solo Craxi, a mia memoria, rivendicò l'indipendenza e sovranità italiana durante la crisi di Sigonella (v. La crisi di Sigonella) e, guarda caso, qualche anno dopo fu eliminato politicamente da “Mani Pulite”: una coincidenza?
Poi si spiegano le pressioni fatte su Berlusconi e altri politici a lui vicini affinché venisse ritirato un decreto legge contro l'agricoltura “biotech” che avrebbe sfavorito un'importante, anzi strategica, multinazionale americana del settore. Ma sarebbe cambiato qualcosa con altri politici? Ad esempio il trattato TTIP è mille volte peggio ma Renzi, guarda caso, si è già dichiarato un suo sostenitore entusiasta...
Un cablogramma del 2008, prima delle elezioni, riassume bene la situazione: “Se vince Veltroni la situazione sarà eccellente. Se ritorna Berlusconi sarà molto eccellente”. A me pare significhi che l'uno vale l'altro: vedi anche il mio Douche & Turd...
Insomma da una parte ci si vanta di poter manovrare Berlusconi facilmente (visto che concede agli USA le stesse cose che avrebbero concesso altri governi) ma dall'altra ci si lamenta della sua troppa indipendenza in politica estera. Non è una contraddizione?
Probabilmente, visto che la fonte dell'articolo è Repubblica/L'Espresso, non dovrei stupirmi...
Conclusione: pensavo a quanto e quando sia attendibile Wikileaks. Cosa impedisce, ad esempio agli USA (ma anche ai servizi segreti russi o cinesi) di far trapelare notizie o documenti artefatti in maniera da provocare specifiche reazioni nell'opinione pubblica mondiale e non? La mia conclusione è che, paradossalmente, solo i documenti che mettono in cattiva luce gli USA siano credibili!
Nota (*1): non necessariamente solo dagli USA...
Nota (*2): talvolta per non apparire troppo paranoico mi trattengo ma poi la realtà finisce per superare la mia fantasia: vedi il caso Volkswagen...
Nota (*3): e la stessa politica distruttiva, sebbene con accenti diversi, è stata poi proseguita da Letta e Renzi.
martedì 23 febbraio 2016
Rotola...
Ovvio che il mondo vada a rotoli: è tondo...
Pioggia, vento e ADSL - 1/3/2016
La pioggia e il vento di questi due ultimi giorni sembrano aver avuto la meglio sulla mia linea ADSL.
Nel corso degli anni, fra alberi caduti e fili del telefono riconnessi con lo sputo e il nastro adesivo, le interferenza di fondo erano lentamente cresciute ma, nonostante il rumore, il mio router riusciva comunque a connettersi quasi sempre alla massima velocità.
Poi poteva capitare l'eccezione, il giorno no, in cui la velocità calava vistosamente ma, appunto, era un'eccezione.
Adesso sono invece più di 24 ore che la velocità di scaricamento è sui 40Kb, poco meglio di un vecchio modem...
Ancora nutro la speranza che il problema si risolva da solo (ogni tanto è già successo ma per periodi più brevi) e mi sfogo solo sul viario: se domani il problema persiste dovrò però avviarmi sul calvario della TELECOM e dei suoi operatori...
Paranoid of Steel - 3/3/2016
È da un po' che non pubblico le mie esecuzioni dei brani che studio tanto che ne è ho accumulati ben due! Il primo brano è Paranoid: come spiegai in Lezione LXXXIV l'idea era quella di risollevarmi il morale e, in effetti, da questo punto di vista ha funzionato. Non solo l'ho trovato molto facile ma mi sono pure permesso di aggiungerci l'armonica (che prima non eseguivo) e degli hammer on che non facevo...
Ecco QUI il risultato...
Poi ho ripreso Heart of Steel e anche qui ho notato grossi progressi: ricordo che avevo difficoltà a seguire il ritmo perché le parole della canzone non sono perfettamente allineate con le battute e questo mi confondeva. Questa volta invece non ho avuto problemi di sorta e mi sono pure permesso di aggiungere lo “scivolo” (*1) cosa che prima neppure provavo a fare...
Ecco QUI il risultato (*2)...
Nota (*1): non so quale sia il nome tecnico: si tratta di far scorrere un dito su tutte le corde dalla cima della chitarra al ponte e vice versa. L'unica difficoltà è che questo movimento mi fa perdere la concentrazione e quindi il ritmo. Anche nella registrazione si sente che lo finisco un po' in anticipo sull'accordo successivo...
Nota (*2): una delle battute finali è venuta male ma non per colpa mia! Cioè non per colpa della mia esecuzione ma per gli effetti che avevo utilizzato: in particolare avevo usato un effetto di riverbero prima della distorsione col risultato che in tale battuta, dove eseguivo degli staccati piuttosto ritmati e ravvicinati, si è un po' tutto sovrapposto trasformandosi in una cacofonia...
KGB precede Kant che precede KGB - 7/3/2016
Dopo aver scritto la prima lezione del mio corso di programmazione (v. Lezione 0) ho letto Kant: un frammento di Groundwork for the Metaphysics of Morals (1785). Kant suddivide la filosofia in tre parti: logica, fisica ed etica. Le ultime due hanno sia una parte sperimentale che una razionale che ne causano due ulteriori suddivisioni: la fisica sperimentale e la fisica razionale; l'etica sperimentale (o antropologia) e l'etica razionale (o morale). Kant spiega poi che, come nel lavoro la specializzazione è maggiormente produttiva, così dovrebbe essere anche per lo studio della filosofia.
Letto ciò non ho potuto fare a meno di ripensare alla mia suddivisione fra programmazione (creazione algoritmi) e linguaggio di programmazione (codice effettivo). Se fossi Kant avrei scritto: programmazione razionale (algoritmo) e programmazione sperimentale (specifico linguaggio di programmazione)! Ma, a parte le definizioni, entrambi saremmo d'accordo nella fondamentale importanza di distinguere fra questi due aspetti!
Conclusione: KGB ha preceduto Kant o Kant ha preceduto KGB? Io credo KGB...
- Locke + Kant - 7/3/2016
Per la cronaca ho deciso di lasciar perdere la lettura di Locke che, a parte l'inglese faticoso in cui è scritta, è per me totalmente priva di interessa visto che si tratta di argomentazioni costruite su una base che considero fallace.
Mi concentrerò invece nella lettura di Kant che, sebbene faticosa, è molto più interessante e ricca di spunti.
Pioggia, vento e ADSL - 1/3/2016
La pioggia e il vento di questi due ultimi giorni sembrano aver avuto la meglio sulla mia linea ADSL.
Nel corso degli anni, fra alberi caduti e fili del telefono riconnessi con lo sputo e il nastro adesivo, le interferenza di fondo erano lentamente cresciute ma, nonostante il rumore, il mio router riusciva comunque a connettersi quasi sempre alla massima velocità.
Poi poteva capitare l'eccezione, il giorno no, in cui la velocità calava vistosamente ma, appunto, era un'eccezione.
Adesso sono invece più di 24 ore che la velocità di scaricamento è sui 40Kb, poco meglio di un vecchio modem...
Ancora nutro la speranza che il problema si risolva da solo (ogni tanto è già successo ma per periodi più brevi) e mi sfogo solo sul viario: se domani il problema persiste dovrò però avviarmi sul calvario della TELECOM e dei suoi operatori...
Paranoid of Steel - 3/3/2016
È da un po' che non pubblico le mie esecuzioni dei brani che studio tanto che ne è ho accumulati ben due! Il primo brano è Paranoid: come spiegai in Lezione LXXXIV l'idea era quella di risollevarmi il morale e, in effetti, da questo punto di vista ha funzionato. Non solo l'ho trovato molto facile ma mi sono pure permesso di aggiungerci l'armonica (che prima non eseguivo) e degli hammer on che non facevo...
Ecco QUI il risultato...
Poi ho ripreso Heart of Steel e anche qui ho notato grossi progressi: ricordo che avevo difficoltà a seguire il ritmo perché le parole della canzone non sono perfettamente allineate con le battute e questo mi confondeva. Questa volta invece non ho avuto problemi di sorta e mi sono pure permesso di aggiungere lo “scivolo” (*1) cosa che prima neppure provavo a fare...
Ecco QUI il risultato (*2)...
Nota (*1): non so quale sia il nome tecnico: si tratta di far scorrere un dito su tutte le corde dalla cima della chitarra al ponte e vice versa. L'unica difficoltà è che questo movimento mi fa perdere la concentrazione e quindi il ritmo. Anche nella registrazione si sente che lo finisco un po' in anticipo sull'accordo successivo...
Nota (*2): una delle battute finali è venuta male ma non per colpa mia! Cioè non per colpa della mia esecuzione ma per gli effetti che avevo utilizzato: in particolare avevo usato un effetto di riverbero prima della distorsione col risultato che in tale battuta, dove eseguivo degli staccati piuttosto ritmati e ravvicinati, si è un po' tutto sovrapposto trasformandosi in una cacofonia...
KGB precede Kant che precede KGB - 7/3/2016
Dopo aver scritto la prima lezione del mio corso di programmazione (v. Lezione 0) ho letto Kant: un frammento di Groundwork for the Metaphysics of Morals (1785). Kant suddivide la filosofia in tre parti: logica, fisica ed etica. Le ultime due hanno sia una parte sperimentale che una razionale che ne causano due ulteriori suddivisioni: la fisica sperimentale e la fisica razionale; l'etica sperimentale (o antropologia) e l'etica razionale (o morale). Kant spiega poi che, come nel lavoro la specializzazione è maggiormente produttiva, così dovrebbe essere anche per lo studio della filosofia.
Letto ciò non ho potuto fare a meno di ripensare alla mia suddivisione fra programmazione (creazione algoritmi) e linguaggio di programmazione (codice effettivo). Se fossi Kant avrei scritto: programmazione razionale (algoritmo) e programmazione sperimentale (specifico linguaggio di programmazione)! Ma, a parte le definizioni, entrambi saremmo d'accordo nella fondamentale importanza di distinguere fra questi due aspetti!
Conclusione: KGB ha preceduto Kant o Kant ha preceduto KGB? Io credo KGB...
- Locke + Kant - 7/3/2016
Per la cronaca ho deciso di lasciar perdere la lettura di Locke che, a parte l'inglese faticoso in cui è scritta, è per me totalmente priva di interessa visto che si tratta di argomentazioni costruite su una base che considero fallace.
Mi concentrerò invece nella lettura di Kant che, sebbene faticosa, è molto più interessante e ricca di spunti.
Salgari vs Manzoni
Mi pare di aver già scritto il mio giudizio su Manzoni e Salgari ma, visto che ho appena finito di leggere I misteri della jungla nera (di Salgari, Ed. Newton Compton Editori, 2011 (*1)) ritorno sull'argomento.
In realtà il confronto fra Manzoni e Salgari non è fra i più adatti: erroneamente pensavo ci fosse circa una generazione di differenza fra i due ma, al contrario, il Manzoni anagraficamente avrebbe potuto essere stato il nonno o, addirittura, il bisnonno di Salgari...
Eppure la distanza temporale non mi pare poi così importante perché le differenze sociali evidenziate dalle rispettive vite hanno paralleli in ogni epoca.
Il Manzoni poté dedicarsi alla scrittura da una posizione di privilegio, grazie alle origini famigliari: viaggiò per l'Italia, studiò in Francia e frequentò i “salotti buoni” dell'epoca. Ebbe pure modo di scocciare il Papa per ottenere l'autorizzazione a un nuovo matrimonio cattolico (il primo era stato calvinista) con la moglie: permesso che, ovviamente, arrivò prontamente.... Andate su Wikipedia per farvi un'idea più dettagliata ma è chiaro che il suo prestigio e valore fu prontamente riconosciuto anche grazie ai suoi agganci nel mondo culturale (e non) dell'epoca. Non va poi dimenticato che ebbe modo di dedicarsi alle opere che preferiva per tutto il tempo che riteneva necessario...
Emilio Salgari, benché vissuto quasi un secolo dopo, è l'opposto. Il padre è un commerciante, della madre si sa (fonte Wikipedia) che era veneziana. Non è chiaro quali fossero le risorse economiche famigliari ma a 19 anni Salgari abbandona gli studi e diventa giornalista affiancando a tale attività anche la pubblicazione dei suoi primi romanzi.
La storia di Salgari è poi risaputa: le sue opere piacevano moltissimo al grande pubblico ma l'autore ne ricavò solo guadagni miserrimi e nessuna considerazione dal mondo culturale dell'epoca.
Costretto a scrivere pagine su pagine per sopravvivere, dopo anni di vita grama, cadde in depressione e si suicidò.
Intendiamoci: i romanzi di Salgari che ho letto, e specialmente I misteri della jungla nera, sono solo dei romanzi di avventura, godibilissimi e ben documentati (l'autore prendeva il tram per andare a raccogliere informazioni in biblioteca) ma tutt'altro che indimenticabili. Ho cercato di ricordarmi la trama delle Tigri di Mompracem (letto solo qualche anno fa) ma non vi sono riuscito...
Il punto della questione non sono infatti le opere che Salgari ha scritto ma quelle che non ha potuto scrivere!
Non ho prove, né saprei come trovarle, ma sono sicuro che se Salgari avesse potuto dedicarsi a scrivere con la dovuta calma ci avrebbe lasciato dei veri e propri capolavori. Per qualche motivo che non saprei dire mi immagino Salgari come il potenziale equivalente italiano di Charles Dickens...
Evidentemente la sfortuna dovette giocare un ruolo importante nelle vicissitudini dell'autore ma è altrettanto ovvio che pari colpa fu dell'ipocrisia italica: pronta ad ammirare e adulare chi sta in alto ma sprezzante verso le opere e le qualità di chi sta in basso.
Conclusione: per una volta non chiuderò il pezzo con la mia solita riflessione finale che, nonostante la buona volontà, difficilmente renderebbero giustizia all'autore: piuttosto copio e incollo da Wikipedia (Emilio Salgari) le seguenti parole dell'autore lasciate scritte ai propri editori prima di suicidarsi:
«A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna.»
Nota (*1): oggi sono proprio scemo: ho perso dieci minuti a sfogliare il libro cercando di capire chi fosse il traduttore...
In realtà il confronto fra Manzoni e Salgari non è fra i più adatti: erroneamente pensavo ci fosse circa una generazione di differenza fra i due ma, al contrario, il Manzoni anagraficamente avrebbe potuto essere stato il nonno o, addirittura, il bisnonno di Salgari...
Eppure la distanza temporale non mi pare poi così importante perché le differenze sociali evidenziate dalle rispettive vite hanno paralleli in ogni epoca.
Il Manzoni poté dedicarsi alla scrittura da una posizione di privilegio, grazie alle origini famigliari: viaggiò per l'Italia, studiò in Francia e frequentò i “salotti buoni” dell'epoca. Ebbe pure modo di scocciare il Papa per ottenere l'autorizzazione a un nuovo matrimonio cattolico (il primo era stato calvinista) con la moglie: permesso che, ovviamente, arrivò prontamente.... Andate su Wikipedia per farvi un'idea più dettagliata ma è chiaro che il suo prestigio e valore fu prontamente riconosciuto anche grazie ai suoi agganci nel mondo culturale (e non) dell'epoca. Non va poi dimenticato che ebbe modo di dedicarsi alle opere che preferiva per tutto il tempo che riteneva necessario...
Emilio Salgari, benché vissuto quasi un secolo dopo, è l'opposto. Il padre è un commerciante, della madre si sa (fonte Wikipedia) che era veneziana. Non è chiaro quali fossero le risorse economiche famigliari ma a 19 anni Salgari abbandona gli studi e diventa giornalista affiancando a tale attività anche la pubblicazione dei suoi primi romanzi.
La storia di Salgari è poi risaputa: le sue opere piacevano moltissimo al grande pubblico ma l'autore ne ricavò solo guadagni miserrimi e nessuna considerazione dal mondo culturale dell'epoca.
Costretto a scrivere pagine su pagine per sopravvivere, dopo anni di vita grama, cadde in depressione e si suicidò.
Intendiamoci: i romanzi di Salgari che ho letto, e specialmente I misteri della jungla nera, sono solo dei romanzi di avventura, godibilissimi e ben documentati (l'autore prendeva il tram per andare a raccogliere informazioni in biblioteca) ma tutt'altro che indimenticabili. Ho cercato di ricordarmi la trama delle Tigri di Mompracem (letto solo qualche anno fa) ma non vi sono riuscito...
Il punto della questione non sono infatti le opere che Salgari ha scritto ma quelle che non ha potuto scrivere!
Non ho prove, né saprei come trovarle, ma sono sicuro che se Salgari avesse potuto dedicarsi a scrivere con la dovuta calma ci avrebbe lasciato dei veri e propri capolavori. Per qualche motivo che non saprei dire mi immagino Salgari come il potenziale equivalente italiano di Charles Dickens...
Evidentemente la sfortuna dovette giocare un ruolo importante nelle vicissitudini dell'autore ma è altrettanto ovvio che pari colpa fu dell'ipocrisia italica: pronta ad ammirare e adulare chi sta in alto ma sprezzante verso le opere e le qualità di chi sta in basso.
Conclusione: per una volta non chiuderò il pezzo con la mia solita riflessione finale che, nonostante la buona volontà, difficilmente renderebbero giustizia all'autore: piuttosto copio e incollo da Wikipedia (Emilio Salgari) le seguenti parole dell'autore lasciate scritte ai propri editori prima di suicidarsi:
«A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna.»
Nota (*1): oggi sono proprio scemo: ho perso dieci minuti a sfogliare il libro cercando di capire chi fosse il traduttore...
lunedì 22 febbraio 2016
Cineserie e storcicature
Avrei varie cose da scrivere ma scelgo questo argomento piuttosto leggero perché mi darà modo di riporre indefinitamente nella libreria Il santuario delle ragazze morte di Stephen Dobyns, Ed. Club degli Editori, 1997, trad. Gianni Pannofino (v. anche Mamma vs Ciccia).
Di questo romanzo ho già scritto ma volevo aggiungere un paio di curiosità: avrei forse potuto farne due corti ma, dato che riguardano lo stesso argomento, penso sia meglio mettere tutto insieme (evitandomi così anche la pena di contare e limare il numero di linee...).
La prima curiosità è quello che ritengo sia un errore di traduzione: ovviamente non avendo a disposizione l'originale inglese la mia è solo una supposizione.
A pagina 316 si legge: «La situazione era imbarazzante. Avrei dovuto servirli [dei biscotti] su un piatto di lusso o su un piatto qualsiasi? Decisi per quest'ultima opzione e tirai fuori una cineseria di Syracuse.»
Che si intende con “cineseria”? No so: direi un prodotto di bassa qualità cinese...
Ma allora perché fatto a Syracuse negli USA?
Insomma, così com'è la frase mi torna poco.
Io credo che “cineseria” sia stato usato per tradurre “china” che però non significa “cineseria” ma “porcellana”!
Molto probabilmente il personaggio del libro offrì i suoi biscotti su un piatto di porcellana di Syracuse e non su una “cineseria”...
La seconda curiosità riguarda invece il vocabolo “stortato” che ho trovato nella frase: «...si era stortato la caviglia giocando a basket.»
Io avrei scritto “si era storto la caviglia”... Ma soprattutto “stortato” mi suona male, è un vocabolo letteralmente “stonato”!
Allora ho fatto una breve indagine con Google che si è subito conclusa al pezzo La tua caviglia si è storta o stortata? dell'Accademia della Crusca.
In breve “stortato” deriva dal verbo “stortare” che è un regionalismo settentrionale sinonimo di “storcere”. Interessante che il suo uso sia spiegato come dovuto a “un'esitazione” sul participio passato di “storcere”: come dovrebbe essere se non “storto”? Forse “storciuto”?! o magari "storcicato"??
Forse, essendo toscano, non percepisco certe difficoltà che, anzi, trovo un po' divertenti...
Conclusione: tutto qui...
Di questo romanzo ho già scritto ma volevo aggiungere un paio di curiosità: avrei forse potuto farne due corti ma, dato che riguardano lo stesso argomento, penso sia meglio mettere tutto insieme (evitandomi così anche la pena di contare e limare il numero di linee...).
La prima curiosità è quello che ritengo sia un errore di traduzione: ovviamente non avendo a disposizione l'originale inglese la mia è solo una supposizione.
A pagina 316 si legge: «La situazione era imbarazzante. Avrei dovuto servirli [dei biscotti] su un piatto di lusso o su un piatto qualsiasi? Decisi per quest'ultima opzione e tirai fuori una cineseria di Syracuse.»
Che si intende con “cineseria”? No so: direi un prodotto di bassa qualità cinese...
Ma allora perché fatto a Syracuse negli USA?
Insomma, così com'è la frase mi torna poco.
Io credo che “cineseria” sia stato usato per tradurre “china” che però non significa “cineseria” ma “porcellana”!
Molto probabilmente il personaggio del libro offrì i suoi biscotti su un piatto di porcellana di Syracuse e non su una “cineseria”...
La seconda curiosità riguarda invece il vocabolo “stortato” che ho trovato nella frase: «...si era stortato la caviglia giocando a basket.»
Io avrei scritto “si era storto la caviglia”... Ma soprattutto “stortato” mi suona male, è un vocabolo letteralmente “stonato”!
Allora ho fatto una breve indagine con Google che si è subito conclusa al pezzo La tua caviglia si è storta o stortata? dell'Accademia della Crusca.
In breve “stortato” deriva dal verbo “stortare” che è un regionalismo settentrionale sinonimo di “storcere”. Interessante che il suo uso sia spiegato come dovuto a “un'esitazione” sul participio passato di “storcere”: come dovrebbe essere se non “storto”? Forse “storciuto”?! o magari "storcicato"??
Forse, essendo toscano, non percepisco certe difficoltà che, anzi, trovo un po' divertenti...
Conclusione: tutto qui...
domenica 21 febbraio 2016
Rallentamento ingiustificato e non
A febbraio, dopo una partenza col botto, ho improvvisamente rallentato la pubblicazione di nuovi pezzi: non ci sono motivi particolari, è solo il mio interesse per lo scrivere che fluttua. Come deciso lo scorso anno non ho intenzione di “sforzarmi” per scrivere quando non ne ho voglia: mi piace scorrere “l'archivio” del viario con i suoi titoli e i suoi numeri ma, visto che si tratta solo di quello, non ne vale troppo la pena...
Mi pare oggi opportuno fare una rapida panoramica dei miei interessi connessi alle pubblicazioni sul viario.
Di politica non sto scrivendo: non ricevendo più gli stimoli da FB (che ho deciso di usare solo circa una volta al mese), né guardando i telegiornali, tutto dipende dalla mia volontà di informarmi leggendo i siti di informazione. Ultimamente però non ho fatto neppure questo: non è che mi faccia fatica, è lo sconforto fisico che mi prende osservando come tutto vada a rotoli nell'indifferenza e nell'incomprensione generale, è il senso di impotenza per la mancanza di alternative che mi spinge a non informarmi.
Sono sicuro che Renzi & C. stanno facendo del loro peggio ma, non sapendo i dettagli, mi evito bruciori di stomaco. È stupido da parte mia, lo so: sono come lo struzzo che infila la testa sotto la sabbia ma, dopo la delusione dell'esperienza col M5S e fuoriusciti vari, ho bisogno di ricaricare le mie energie politiche.
E Amalia? Come i miei lettori più arguti avranno sicuramente intuito il mio obiettivo era quello di giungere al culmine del racconto il 14 febbraio. Però, venerdì 12, mi sono improvvisamente reso conto che non avrei fatto in tempo: questo mi ha tolto gran parte delle energie e dell'entusiasmo necessarie per scrivere questa serie. Per la verità ho da molti giorni una terza puntata: dovrei rileggerla prima di pubblicarla. Prima o poi lo farò...
Paradossalmente anche l'aver terminato di classificare i brani delle mie collezioni musicali (v. Ascolto e valutazione globale) mi spinge a scrivere meno. Scrivere era infatti l'attività perfetta da abbinare all'ascolto: non troppo impegnativa e interrompibile senza problemi per cambiare una valutazione o riflettere un momento di più su un un brano.
Le mie lezioni di filosofia proseguono con colpevole lentezza. Non ho giustificazioni: le lezioni non sono solo interessanti ma anche divertenti. Per la prossima settimana mi impegno ufficialmente a proseguire lo studio e, nel caso, a pubblicare qualche riflessione su quanto appreso...
Ancora più grave è il non aver scritto le parti successive al pezzo I limiti dell'uomo: si tratta di idee complesse ed è per me estremamente impegnativo riordinarle, chiarirle e pubblicarle in maniera organica. Qualche commento di incoraggiamento mi avrebbe fatto comodo ma ormai non dovrei aspettarmeli: questo viario non strizza l'occhio al lettore cercando di compiacerlo e divertirlo; paradossalmente mi rivolgo a me stesso: è un modo per ricordare, imparare e riflettere. Difficilmente altre persone hanno la possibilità di seguirmi su questo sentiero personale così accidentato e contorto...
Avrei poi tanti brevi commenti e osservazioni da fare su argomenti disparati (la grammatica d'italiano che sto leggendo, Salgari vs Manzoni, un gioco istruttivo per calcolatore, due curiosità tratte dal Santuario delle ragazze morte, le olimpiadi a Roma...) ma forse, se me ne ricorderò, ne scriverò con calma in pezzi specifici...
Conclusione: per la prossima settimana mi impegno anche a disegnare almeno una nuova vignetta (meglio due) per la mia legenda!
Mi pare oggi opportuno fare una rapida panoramica dei miei interessi connessi alle pubblicazioni sul viario.
Di politica non sto scrivendo: non ricevendo più gli stimoli da FB (che ho deciso di usare solo circa una volta al mese), né guardando i telegiornali, tutto dipende dalla mia volontà di informarmi leggendo i siti di informazione. Ultimamente però non ho fatto neppure questo: non è che mi faccia fatica, è lo sconforto fisico che mi prende osservando come tutto vada a rotoli nell'indifferenza e nell'incomprensione generale, è il senso di impotenza per la mancanza di alternative che mi spinge a non informarmi.
Sono sicuro che Renzi & C. stanno facendo del loro peggio ma, non sapendo i dettagli, mi evito bruciori di stomaco. È stupido da parte mia, lo so: sono come lo struzzo che infila la testa sotto la sabbia ma, dopo la delusione dell'esperienza col M5S e fuoriusciti vari, ho bisogno di ricaricare le mie energie politiche.
E Amalia? Come i miei lettori più arguti avranno sicuramente intuito il mio obiettivo era quello di giungere al culmine del racconto il 14 febbraio. Però, venerdì 12, mi sono improvvisamente reso conto che non avrei fatto in tempo: questo mi ha tolto gran parte delle energie e dell'entusiasmo necessarie per scrivere questa serie. Per la verità ho da molti giorni una terza puntata: dovrei rileggerla prima di pubblicarla. Prima o poi lo farò...
Paradossalmente anche l'aver terminato di classificare i brani delle mie collezioni musicali (v. Ascolto e valutazione globale) mi spinge a scrivere meno. Scrivere era infatti l'attività perfetta da abbinare all'ascolto: non troppo impegnativa e interrompibile senza problemi per cambiare una valutazione o riflettere un momento di più su un un brano.
Le mie lezioni di filosofia proseguono con colpevole lentezza. Non ho giustificazioni: le lezioni non sono solo interessanti ma anche divertenti. Per la prossima settimana mi impegno ufficialmente a proseguire lo studio e, nel caso, a pubblicare qualche riflessione su quanto appreso...
Ancora più grave è il non aver scritto le parti successive al pezzo I limiti dell'uomo: si tratta di idee complesse ed è per me estremamente impegnativo riordinarle, chiarirle e pubblicarle in maniera organica. Qualche commento di incoraggiamento mi avrebbe fatto comodo ma ormai non dovrei aspettarmeli: questo viario non strizza l'occhio al lettore cercando di compiacerlo e divertirlo; paradossalmente mi rivolgo a me stesso: è un modo per ricordare, imparare e riflettere. Difficilmente altre persone hanno la possibilità di seguirmi su questo sentiero personale così accidentato e contorto...
Avrei poi tanti brevi commenti e osservazioni da fare su argomenti disparati (la grammatica d'italiano che sto leggendo, Salgari vs Manzoni, un gioco istruttivo per calcolatore, due curiosità tratte dal Santuario delle ragazze morte, le olimpiadi a Roma...) ma forse, se me ne ricorderò, ne scriverò con calma in pezzi specifici...
Conclusione: per la prossima settimana mi impegno anche a disegnare almeno una nuova vignetta (meglio due) per la mia legenda!
venerdì 19 febbraio 2016
KGB le Origini: l'ex manipolatore
Da tempo non scrivevo nuovi episodi di questa serie: degli aspetti principali della mia personalità ho già scritto e altre caratteristiche raramente mi sembrano interessanti o magari le giudico non adatte a questa serie perché non traggono la loro origine nella mia infanzia...
L'uscita dalla prima infanzia fu per me un momento molto difficile. Forse in maniera impropria, intendo con tale definizione una nuova comprensione di sé e degli altri. Nell'infanzia i “grandi” per me erano figure a cui si ubbidisce e da cui si impara; tutto quello che dicono è vero; sono benevoli e la loro saggezza risiede nella loro esperienza e istruzione. Ma ovviamente bisogna diffidare degli estranei...
In pratica questa mia peculiare definizione dei “grandi” includeva solo i parenti, la maestra, le suore che gestivano la scuola e un pugno di altre persone (il mio dottore, il mio dentista e tutte le persone alle quali i miei genitori concedevano esplicitamente o implicitamente la loro fiducia): tutti gli altri erano “estranei”.
Questa mia definizione ebbe il primo “scossone” in prima media, quando alla singola maestra si sostituirono vari insegnanti, ma sostanzialmente tenne: anche della terribile Birello (*1) potevo aver timore ma la rispettavo.
Il crollo di questo mio piccolo “mito” infantile avvenne propriamente in seconda media quando mi trasferii in una scuola pubblica. Fu allora che mi resi conto che i miei insegnanti erano decisamente più stupidi di me: certo, sapevano più informazioni nella loro campo di insegnamento, ma la loro comprensione del mondo aveva degli orizzonti alquanto limitati.
Non voglio ripetermi: di questo periodo ho già abbondantemente scritto in La mia carriera scolastica 1/3 e La mia carriera scolastica 2/3.
Sta di fatto che non vissi con serenità, o almeno indifferenza, questa mia nuova consapevolezza: al contrario la sentii come un tradimento degli insegnanti nei miei confronti. Com'era possibile che io venissi giudicato e affidato a tali persone? Questo provocò in me una strana sorta di ribellione in cui mi rifiutavo di collaborare con la scuola: stimo che mi impegnai nello studio per non più di un decimo, a dir tanto, delle mie capacità...
Riassumendo in quegli anni mi ritrovai in una situazione particolarmente problematica:
1. Difficoltà a scuole dovute alla mia incapacità di adattarmi, anzi di accettare, i miei insegnanti per quel che erano.
2. Inizio adolescenza con i suoi squilibri ormonali.
3. Rottura dei denti col loro devastante impatto psicologico: v. KGB le Origini: risa distratte...
4. Anche il rapporto fra i miei genitori, da sempre in crisi, entrò in una nuova fase di difficoltà con il trasferimento nella nuova casa (scelta dal babbo e odiata dalla mamma). E comunque, così diversi fra loro, erano purtuttavia diversi anche da me: in pratica c'era un'incapacità biologica a comprendermi se non superficialmente.
Ecco che, durante quei due ultimi anni delle medie, mi resi però conto di essere in grado di manipolare con estrema facilità i miei insegnanti. Probabilmente mi sottovalutavano e non stavano in guardia, ma ero in grado di prevedere esattamente le loro reazioni e di indirizzarle quasi a mio piacimento. In genere usavo questa capacità per crearmi delle giustificazioni per non aver fatto i compiti: il mio disprezzo era per me un motivo sufficiente per imbrogliarli. Ricordo che la mattina simulavo mentalmente il dialogo con loro e ne prevedevo i possibili sviluppi. Ricordo che ero molto laterale nel mio approccio: gettavo un sasso nell'acqua, lontano dal bersaglio, e studiavo come le onde da esso provocate si rifrangessero sulla riva per indovinarne il profilo. E tutto questo dal vivo e con facilità.
Il lettore potrà essere scettico su quanto fosse reale questa mia presunta capacità “manipolatrice”. Del resto non ho prove al riguardo. Ma non è questo l'importante: ciò che è veramente significativo, e che ha influito pesantemente per il resto della mia vita, avvenne dopo, all'inizio della prima liceo.
Fu una cosa improvvisa, letteralmente subitanea, una specie di folgorazione sulla via di Damasco: mi pare che fossi seduto in classe (ma forse immagino questo dettaglio) quando ebbi la consapevolezza assoluta che fosse sbagliato manipolare gli altri: usare qualsiasi mezzo, anche il più sottile, per indirizzarli nelle loro scelte era immorale. Al massimo potevo fornire loro tutti i dati in mio possesso su una situazione ma senza indicazioni su come interpretarli. A meno che non mi fosse espressamente richiesto di farlo.
E io mi attenni a questa regola che mi ero autoimposto con ferrea intransigenza: di questo i miei lettori possono fidarsi!
Ricordo la frustrazione a lavoro nelle relazione con il mio capo: (giustamente!) si fidava molto di me e del mio giudizio e sarebbe stato facilissimo manipolarlo per farmi affidare incarichi o progetti più interessanti ma invece, quando chiedeva la mia opinione (sena però chiedermi “cosa faresti tu al mio posto?”) io li fornivo solo le informazioni che mi chiedeva e spesso lo vedevo prendere delle decisioni che io sapevo già da subito essere errate...
Col senno di poi gli avrei reso un miglior servizio guidandolo nelle decisioni ma all'epoca non mi ponevo il problema ma ubbidivo con pertinacia alla mia “regola”.
Anche in questo viario, nei pezzi in cui espongo le mie teorie o riflessioni, sto sempre ben attento a non cercare di convincere il lettore della bontà delle mie idee ma cerco invece di limitarmi a esporle in maniera chiara e sistematica. Spiego i miei ragionamenti e il mio punto di vista ma non cerco di convincere.
Non so se chi mi legge ne ha la percezione: non si tratta tanto di mentire o dire la verità quanto mostrare i fatti (e le idee) da un punto di vista più neutro possibile.
E ora?
Beh, adesso credo di essermi liberato da questo strano “condizionamento”: in situazioni analoghe cercherei di elencare ordinatamente le informazioni neutre ma poi mi offrirei di dare anche la mia opinione “completa” al riguardo.
Conclusione: ne ho già accennato qualche tempo fa ma ogni tanto ho la sensazione che la mia vita sia già stata scritta e vissuta, che ripeto una parte recitata altre volte. Ecco: quella consapevolezza improvvisa, non cercata, così forte e irrazionale mi dà l'idea di un qualcosa di esterno, inserito a forza nel mio cervello. Come se degli alieni in un'astronave invisibile mi avessero puntato contro il raggio di un loro straordinario marchingegno per impiantarmi nel cervello un loro condizionamento...
Sembra una buona idea per un racconto di fantascienza: l'umanità come un esperimento sociologico di una razza aliena, con alcune persone manipolate più o meno direttamente per ottenere specifici effetti. Anche nella storia vi sono delle vicende così improbabili che sembrano provocate da registi occulti...
Nota (*1): una severissima professoressa di italiano che ci riempiva di esercizi per casa.
L'uscita dalla prima infanzia fu per me un momento molto difficile. Forse in maniera impropria, intendo con tale definizione una nuova comprensione di sé e degli altri. Nell'infanzia i “grandi” per me erano figure a cui si ubbidisce e da cui si impara; tutto quello che dicono è vero; sono benevoli e la loro saggezza risiede nella loro esperienza e istruzione. Ma ovviamente bisogna diffidare degli estranei...
In pratica questa mia peculiare definizione dei “grandi” includeva solo i parenti, la maestra, le suore che gestivano la scuola e un pugno di altre persone (il mio dottore, il mio dentista e tutte le persone alle quali i miei genitori concedevano esplicitamente o implicitamente la loro fiducia): tutti gli altri erano “estranei”.
Questa mia definizione ebbe il primo “scossone” in prima media, quando alla singola maestra si sostituirono vari insegnanti, ma sostanzialmente tenne: anche della terribile Birello (*1) potevo aver timore ma la rispettavo.
Il crollo di questo mio piccolo “mito” infantile avvenne propriamente in seconda media quando mi trasferii in una scuola pubblica. Fu allora che mi resi conto che i miei insegnanti erano decisamente più stupidi di me: certo, sapevano più informazioni nella loro campo di insegnamento, ma la loro comprensione del mondo aveva degli orizzonti alquanto limitati.
Non voglio ripetermi: di questo periodo ho già abbondantemente scritto in La mia carriera scolastica 1/3 e La mia carriera scolastica 2/3.
Sta di fatto che non vissi con serenità, o almeno indifferenza, questa mia nuova consapevolezza: al contrario la sentii come un tradimento degli insegnanti nei miei confronti. Com'era possibile che io venissi giudicato e affidato a tali persone? Questo provocò in me una strana sorta di ribellione in cui mi rifiutavo di collaborare con la scuola: stimo che mi impegnai nello studio per non più di un decimo, a dir tanto, delle mie capacità...
Riassumendo in quegli anni mi ritrovai in una situazione particolarmente problematica:
1. Difficoltà a scuole dovute alla mia incapacità di adattarmi, anzi di accettare, i miei insegnanti per quel che erano.
2. Inizio adolescenza con i suoi squilibri ormonali.
3. Rottura dei denti col loro devastante impatto psicologico: v. KGB le Origini: risa distratte...
4. Anche il rapporto fra i miei genitori, da sempre in crisi, entrò in una nuova fase di difficoltà con il trasferimento nella nuova casa (scelta dal babbo e odiata dalla mamma). E comunque, così diversi fra loro, erano purtuttavia diversi anche da me: in pratica c'era un'incapacità biologica a comprendermi se non superficialmente.
Ecco che, durante quei due ultimi anni delle medie, mi resi però conto di essere in grado di manipolare con estrema facilità i miei insegnanti. Probabilmente mi sottovalutavano e non stavano in guardia, ma ero in grado di prevedere esattamente le loro reazioni e di indirizzarle quasi a mio piacimento. In genere usavo questa capacità per crearmi delle giustificazioni per non aver fatto i compiti: il mio disprezzo era per me un motivo sufficiente per imbrogliarli. Ricordo che la mattina simulavo mentalmente il dialogo con loro e ne prevedevo i possibili sviluppi. Ricordo che ero molto laterale nel mio approccio: gettavo un sasso nell'acqua, lontano dal bersaglio, e studiavo come le onde da esso provocate si rifrangessero sulla riva per indovinarne il profilo. E tutto questo dal vivo e con facilità.
Il lettore potrà essere scettico su quanto fosse reale questa mia presunta capacità “manipolatrice”. Del resto non ho prove al riguardo. Ma non è questo l'importante: ciò che è veramente significativo, e che ha influito pesantemente per il resto della mia vita, avvenne dopo, all'inizio della prima liceo.
Fu una cosa improvvisa, letteralmente subitanea, una specie di folgorazione sulla via di Damasco: mi pare che fossi seduto in classe (ma forse immagino questo dettaglio) quando ebbi la consapevolezza assoluta che fosse sbagliato manipolare gli altri: usare qualsiasi mezzo, anche il più sottile, per indirizzarli nelle loro scelte era immorale. Al massimo potevo fornire loro tutti i dati in mio possesso su una situazione ma senza indicazioni su come interpretarli. A meno che non mi fosse espressamente richiesto di farlo.
E io mi attenni a questa regola che mi ero autoimposto con ferrea intransigenza: di questo i miei lettori possono fidarsi!
Ricordo la frustrazione a lavoro nelle relazione con il mio capo: (giustamente!) si fidava molto di me e del mio giudizio e sarebbe stato facilissimo manipolarlo per farmi affidare incarichi o progetti più interessanti ma invece, quando chiedeva la mia opinione (sena però chiedermi “cosa faresti tu al mio posto?”) io li fornivo solo le informazioni che mi chiedeva e spesso lo vedevo prendere delle decisioni che io sapevo già da subito essere errate...
Col senno di poi gli avrei reso un miglior servizio guidandolo nelle decisioni ma all'epoca non mi ponevo il problema ma ubbidivo con pertinacia alla mia “regola”.
Anche in questo viario, nei pezzi in cui espongo le mie teorie o riflessioni, sto sempre ben attento a non cercare di convincere il lettore della bontà delle mie idee ma cerco invece di limitarmi a esporle in maniera chiara e sistematica. Spiego i miei ragionamenti e il mio punto di vista ma non cerco di convincere.
Non so se chi mi legge ne ha la percezione: non si tratta tanto di mentire o dire la verità quanto mostrare i fatti (e le idee) da un punto di vista più neutro possibile.
E ora?
Beh, adesso credo di essermi liberato da questo strano “condizionamento”: in situazioni analoghe cercherei di elencare ordinatamente le informazioni neutre ma poi mi offrirei di dare anche la mia opinione “completa” al riguardo.
Conclusione: ne ho già accennato qualche tempo fa ma ogni tanto ho la sensazione che la mia vita sia già stata scritta e vissuta, che ripeto una parte recitata altre volte. Ecco: quella consapevolezza improvvisa, non cercata, così forte e irrazionale mi dà l'idea di un qualcosa di esterno, inserito a forza nel mio cervello. Come se degli alieni in un'astronave invisibile mi avessero puntato contro il raggio di un loro straordinario marchingegno per impiantarmi nel cervello un loro condizionamento...
Sembra una buona idea per un racconto di fantascienza: l'umanità come un esperimento sociologico di una razza aliena, con alcune persone manipolate più o meno direttamente per ottenere specifici effetti. Anche nella storia vi sono delle vicende così improbabili che sembrano provocate da registi occulti...
Nota (*1): una severissima professoressa di italiano che ci riempiva di esercizi per casa.
martedì 16 febbraio 2016
L'oche (poetico)
Nel corso di Introduzione alla filosofia della Giustizia/Morale/Politica mi sono impantanato su John Locke. È appena alla settima lezione ma il professore ha assegnato da leggere una parte significativa del suo Secondo trattato sul governo del 1690. Evidentemente si tratta di un inglese faticoso da leggere ma, essenzialmente, il problema è il contenuto.
Certamente Locke ha dei meriti storici grandissimi perché, in un'epoca non troppo lontana dalla fine del medioevo, ha ridato centralità a concetti come l'uguaglianza fra gli uomini e il valore assoluto della libertà individuale (*1). Il professore l'ha introdotto adesso perché il pensiero di Locke ha dei punti di contatto con il libertarianismo ma, beh, a mio avviso si tratta solo di somiglianze superficiali.
Del lavoro di Locke non mi piace la premessa centrale del suo pensiero: lo Stato di Natura. Mi è occorso molto tempo per capire il vero senso logico dell'introduzione dello Stato di Natura perché ho dovuto calarmi nella mentalità bigotta della fine del XVII secolo. O magari il problema è stato solo quello di non aver letto l'intero saggio ma solo una parte...
Comunque sia l'elemento che mi sfuggiva era questo: Locke pone le basi del suo pensiero sullo Stato di Natura perché quello era lo stato in cui Dio aveva inizialmente posto l'umanità. E poiché Dio è perfetto, Locke ne ricava che le leggi che regolavano questo stato erano a loro volta perfette e dovrebbero quindi essere prese come base di partenza per stabilire qualsiasi morale del diritto: compresa una che si adatti a una società più complessa come quella del XVII secolo.
Il primo limite di Locke è quindi il porre come giustificazione ultima di tutto la volontà, insondabile e non sempre intelligibile, di Dio. Che però Locke ha invece ben chiara! (*2)
Il secondo limite è lo Stato di Natura stesso. Non ha basi scientifiche ma si basa su un mondo immaginifico dell'autore, sulla sua personale idea di come vivessero i nostri antichi antenati prima della nascita della civiltà.
Avrei da obiettare su numerosi aspetti di questo ipotetico Stato di Natura immaginato da Locke ma mi limiterò a un caso fondamentale: quello sulla libertà dei nostri antichi antenati.
Secondo Locke, nello stato di natura, gli uomini avevano piena libertà in quanto non esistevano gerarchie e tutti erano quindi fra loro uguali. Probabilmente li immaginava in una sorta di paradiso terrestre con il cibo che cresceva abbondante e senza pericoli.
In realtà se consideriamo la vita degli uomini cacciatori/raccoglitori (ai quali sembra ispirarsi Locke) le cose non erano così semplici: per sopravvivere tali uomini dovevano cooperare insieme e, di conseguenza, seguire degli obblighi comuni a scapito della propria libertà individuale. Anzi, secondo Harari (v. W Harari), nulla indica che tali gruppi di persone non avessero leggi violente e repressive. Di sicuro è stata ritrovata una tomba che porterebbe a pensare che, già allora, esistesse una stratificazione sociale.
In altre parole lo Stato di Natura immaginato da Locke non è mai esistito: anzi, se prendessimo le più antiche società come modello di perfezione sociale da imitare per quanto possibile, probabilmente otterremo l'opposto di quanto sperato.
È su questa base di argilla che Locke costruisce il suo pensiero ed è per questo che io non lo trovo convincente.
Ho la sensazione che le idee di Locke su uguaglianza e libertà fossero valide e pregevoli in assoluto. Ma invece l'autore le impoverisce cercando di conciliarle con l'idea del Dio perfetto e creatore (*3) e giustificando, almeno parzialmente, le strutture della società del tempo.
Conclusione: nulla mi vieterebbe di lasciar perdere questo lungo brano di Locke che sto leggendo e passare oltre. In effetti, grazie a questo stesso pezzo, mi sono chiarito quella sfumatura di pensiero che mi sfuggiva e che, probabilmente, mi spingeva a perseverare nel mio sforzo di comprensione. Probabilmente adesso non ho motivo per perderci altro tempo: oltretutto, arrivato a metà lettura, non ho trovato nessun concetto significativo di cui il professore non avesse già accennato...
Nota (*1): di cui invece oggi ci stiamo rapidamente dimenticando preferendole, ad esempio, un'illusoria sicurezza... Complici governi che legiferano contro gli interessi dei propri concittadini e media asserviti che distolgono l'attenzione dai veri problemi invece di evidenziarli.
Nota (*2): In altre parole Locke giustifica i propri principi attribuendoli a Dio...
Nota (*3): Fanno sorridere gli sforzi di Locke con cui spiega come il passo della Bibbia in cui Dio dona ad Adamo la Terra non possa essere preso a giustificazione delle differenze attuali nella proprietà delle cose...
Certamente Locke ha dei meriti storici grandissimi perché, in un'epoca non troppo lontana dalla fine del medioevo, ha ridato centralità a concetti come l'uguaglianza fra gli uomini e il valore assoluto della libertà individuale (*1). Il professore l'ha introdotto adesso perché il pensiero di Locke ha dei punti di contatto con il libertarianismo ma, beh, a mio avviso si tratta solo di somiglianze superficiali.
Del lavoro di Locke non mi piace la premessa centrale del suo pensiero: lo Stato di Natura. Mi è occorso molto tempo per capire il vero senso logico dell'introduzione dello Stato di Natura perché ho dovuto calarmi nella mentalità bigotta della fine del XVII secolo. O magari il problema è stato solo quello di non aver letto l'intero saggio ma solo una parte...
Comunque sia l'elemento che mi sfuggiva era questo: Locke pone le basi del suo pensiero sullo Stato di Natura perché quello era lo stato in cui Dio aveva inizialmente posto l'umanità. E poiché Dio è perfetto, Locke ne ricava che le leggi che regolavano questo stato erano a loro volta perfette e dovrebbero quindi essere prese come base di partenza per stabilire qualsiasi morale del diritto: compresa una che si adatti a una società più complessa come quella del XVII secolo.
Il primo limite di Locke è quindi il porre come giustificazione ultima di tutto la volontà, insondabile e non sempre intelligibile, di Dio. Che però Locke ha invece ben chiara! (*2)
Il secondo limite è lo Stato di Natura stesso. Non ha basi scientifiche ma si basa su un mondo immaginifico dell'autore, sulla sua personale idea di come vivessero i nostri antichi antenati prima della nascita della civiltà.
Avrei da obiettare su numerosi aspetti di questo ipotetico Stato di Natura immaginato da Locke ma mi limiterò a un caso fondamentale: quello sulla libertà dei nostri antichi antenati.
Secondo Locke, nello stato di natura, gli uomini avevano piena libertà in quanto non esistevano gerarchie e tutti erano quindi fra loro uguali. Probabilmente li immaginava in una sorta di paradiso terrestre con il cibo che cresceva abbondante e senza pericoli.
In realtà se consideriamo la vita degli uomini cacciatori/raccoglitori (ai quali sembra ispirarsi Locke) le cose non erano così semplici: per sopravvivere tali uomini dovevano cooperare insieme e, di conseguenza, seguire degli obblighi comuni a scapito della propria libertà individuale. Anzi, secondo Harari (v. W Harari), nulla indica che tali gruppi di persone non avessero leggi violente e repressive. Di sicuro è stata ritrovata una tomba che porterebbe a pensare che, già allora, esistesse una stratificazione sociale.
In altre parole lo Stato di Natura immaginato da Locke non è mai esistito: anzi, se prendessimo le più antiche società come modello di perfezione sociale da imitare per quanto possibile, probabilmente otterremo l'opposto di quanto sperato.
È su questa base di argilla che Locke costruisce il suo pensiero ed è per questo che io non lo trovo convincente.
Ho la sensazione che le idee di Locke su uguaglianza e libertà fossero valide e pregevoli in assoluto. Ma invece l'autore le impoverisce cercando di conciliarle con l'idea del Dio perfetto e creatore (*3) e giustificando, almeno parzialmente, le strutture della società del tempo.
Conclusione: nulla mi vieterebbe di lasciar perdere questo lungo brano di Locke che sto leggendo e passare oltre. In effetti, grazie a questo stesso pezzo, mi sono chiarito quella sfumatura di pensiero che mi sfuggiva e che, probabilmente, mi spingeva a perseverare nel mio sforzo di comprensione. Probabilmente adesso non ho motivo per perderci altro tempo: oltretutto, arrivato a metà lettura, non ho trovato nessun concetto significativo di cui il professore non avesse già accennato...
Nota (*1): di cui invece oggi ci stiamo rapidamente dimenticando preferendole, ad esempio, un'illusoria sicurezza... Complici governi che legiferano contro gli interessi dei propri concittadini e media asserviti che distolgono l'attenzione dai veri problemi invece di evidenziarli.
Nota (*2): In altre parole Locke giustifica i propri principi attribuendoli a Dio...
Nota (*3): Fanno sorridere gli sforzi di Locke con cui spiega come il passo della Bibbia in cui Dio dona ad Adamo la Terra non possa essere preso a giustificazione delle differenze attuali nella proprietà delle cose...
giovedì 11 febbraio 2016
Strumenti, anni e misure
Ieri notte non ho dormito a causa della febbre, immagino piuttosto alta. Fra un colpo di tosse e l'altro ho pensato alla stranezza degli anni bisestili. Come tutti sanno un anno dura un po' di più di 365 giorni: senza aggiustamenti, il calendario perderebbe la sincronia con le stagioni. Per questo motivo, periodicamente, si aggiunge un giorno extra (il 29 febbraio).
Ma come avevano fatto a stabilire (immaginavo un mille anni fa ma in realtà, ho poi controllato su Wikipedia, solo dal XVI secolo) con precisione le regole per il calcolo degli anni bisestili. Che grado di accuratezza dovevano aver avuto gli strumenti del tempo per misurare la lunghezza dell'anno?
Immagino che, diciamo il primo di gennaio, a una specifica ora della notte si fosse preso accuratamente nota della posizione di alcune stelle. Poi, 365 giorni dopo, alla stessa ora si sarebbe verificato la posizione delle stesse stelle: la differenza in gradi avrebbe indicato la diversa lunghezza dell'anno.
Per fare questo esistono due problemi: 1. calcolare esattamente il tempo; 2. misurare la posizione di una stella.
Per misurare il tempo suppongo che si partisse da mezzogiorno, identificabile dal fatto che il sole raggiunge la massima altezza sull'orizzonte; o magari, più facilmente, dal tramonto. Ma da quel momento bisogna ancora attendere un buon numero di ore per aspettare che sia abbastanza buio da vedere le stelle. Cosa si sarebbe potuto usare? Una clessidra? Che precisione di tempo era necessaria?
Per misurare l'angolo di una stella rispetto a una data verticale basta avere uno strumento in posizione fissa, orientabile solo su un piano perpendicolare al suolo, con un misurino (parallelo al suolo!) che indichi i gradi. Ma anche qui che precisione era richiesta?
Per stabilirlo ho fatto un calcolo a ritroso partendo dalle regole per stabilire se un anno sia bisestile o meno. Come tutti i programmatori C (*1) sanno bene un anno è bisestile se è divisibile per 4 ma non per 100 con l'eccezione però di 400. In altre parole ogni 4 anni si ha un anno bisestile ma i nuovi secoli (1700, 1800, 1900) non lo sono a meno che gli stessi non siano divisibili per 400 (il 1600 e il 2000 sono stati bisestili).
Applicando solo la prima regola si avrebbe una durata dell'anno mediamente di: (365*4 + 1)/4 cioè 365,25.
Applicando anche la seconda regola si avrebbe: (365*100 + 25 – 1)/100 = 365,24
Infine applicando anche la terza regola si ha: (365*400 + 100 – 4 + 1)/400 = 365,2425
Ogni anno dura quindi 0,2425 giorni in più rispetto ai 365 giorni del calendario.
Con calcoli banali si trova che 0,2425 giorni equivalgono a 5 ore 49 minuti e 12 secondi: ma qual è il livello di precisione che ci interessa? Beh direi che sarà dell'ordine di grandezza dato dalla terza regola. E la terza regola impatta nella durata media dell'anno per 0,0025 giorni.
A quanto equivalgono in tempo e in gradi (vedi i punti 1 e 2 poco più sopra)?
Si ha che 0,0025 giorni equivalgono a 3 minuti e 36 secondi e anche a 0,9 gradi.
Quindi per rispondere alla mia domanda: per calcolare gli anni bisestili con l'attuale precisione era necessario calcolare il passaggio del tempo (di almeno alcune ore) con la precisione di un minuto e l'angolo di una stella rispetto a un asse di almeno mezzo grado.
Mi sembrano entrambe misurazioni fattibili...
Conclusioni: e se il primo gennaio la notte era nuvolosa? Si prendevano le misure iniziali il 2 gennaio. Sì, ma se l'anno dopo, alle secondi misurazioni, fosse stato nuvoloso? Beh, questo ci porta a una semplice “ottimizzazione” che mi era sfuggita: sarebbe bastato ripetere la misurazione l'anno successivo (dopo due anni quindi) e poi dividere per due. In questa maniera (magari applicando lo stesso procedimento su 5 anni) si riduce notevolmente l'importanza della precisione degli strumenti (*2) per il calcolo del tempo e degli angoli. Sì, probabilmente avevano calcolato la durata media di un anno non su un singolo anno ma su almeno 5 o più...
Nota (*1): la verifica dell'anno bisestile è un esempio classico dell'uso dell'operatore di modulo che si trova in Linguaggio C di Kernighan e Ritchie. Immagino ripreso da molti altri manuali...
Nota (*2): perché l'errore introdotto dagli strumenti di misura si divide per il numero di anni su cui è presa la misurazione.
Ma come avevano fatto a stabilire (immaginavo un mille anni fa ma in realtà, ho poi controllato su Wikipedia, solo dal XVI secolo) con precisione le regole per il calcolo degli anni bisestili. Che grado di accuratezza dovevano aver avuto gli strumenti del tempo per misurare la lunghezza dell'anno?
Immagino che, diciamo il primo di gennaio, a una specifica ora della notte si fosse preso accuratamente nota della posizione di alcune stelle. Poi, 365 giorni dopo, alla stessa ora si sarebbe verificato la posizione delle stesse stelle: la differenza in gradi avrebbe indicato la diversa lunghezza dell'anno.
Per fare questo esistono due problemi: 1. calcolare esattamente il tempo; 2. misurare la posizione di una stella.
Per misurare il tempo suppongo che si partisse da mezzogiorno, identificabile dal fatto che il sole raggiunge la massima altezza sull'orizzonte; o magari, più facilmente, dal tramonto. Ma da quel momento bisogna ancora attendere un buon numero di ore per aspettare che sia abbastanza buio da vedere le stelle. Cosa si sarebbe potuto usare? Una clessidra? Che precisione di tempo era necessaria?
Per misurare l'angolo di una stella rispetto a una data verticale basta avere uno strumento in posizione fissa, orientabile solo su un piano perpendicolare al suolo, con un misurino (parallelo al suolo!) che indichi i gradi. Ma anche qui che precisione era richiesta?
Per stabilirlo ho fatto un calcolo a ritroso partendo dalle regole per stabilire se un anno sia bisestile o meno. Come tutti i programmatori C (*1) sanno bene un anno è bisestile se è divisibile per 4 ma non per 100 con l'eccezione però di 400. In altre parole ogni 4 anni si ha un anno bisestile ma i nuovi secoli (1700, 1800, 1900) non lo sono a meno che gli stessi non siano divisibili per 400 (il 1600 e il 2000 sono stati bisestili).
Applicando solo la prima regola si avrebbe una durata dell'anno mediamente di: (365*4 + 1)/4 cioè 365,25.
Applicando anche la seconda regola si avrebbe: (365*100 + 25 – 1)/100 = 365,24
Infine applicando anche la terza regola si ha: (365*400 + 100 – 4 + 1)/400 = 365,2425
Ogni anno dura quindi 0,2425 giorni in più rispetto ai 365 giorni del calendario.
Con calcoli banali si trova che 0,2425 giorni equivalgono a 5 ore 49 minuti e 12 secondi: ma qual è il livello di precisione che ci interessa? Beh direi che sarà dell'ordine di grandezza dato dalla terza regola. E la terza regola impatta nella durata media dell'anno per 0,0025 giorni.
A quanto equivalgono in tempo e in gradi (vedi i punti 1 e 2 poco più sopra)?
Si ha che 0,0025 giorni equivalgono a 3 minuti e 36 secondi e anche a 0,9 gradi.
Quindi per rispondere alla mia domanda: per calcolare gli anni bisestili con l'attuale precisione era necessario calcolare il passaggio del tempo (di almeno alcune ore) con la precisione di un minuto e l'angolo di una stella rispetto a un asse di almeno mezzo grado.
Mi sembrano entrambe misurazioni fattibili...
Conclusioni: e se il primo gennaio la notte era nuvolosa? Si prendevano le misure iniziali il 2 gennaio. Sì, ma se l'anno dopo, alle secondi misurazioni, fosse stato nuvoloso? Beh, questo ci porta a una semplice “ottimizzazione” che mi era sfuggita: sarebbe bastato ripetere la misurazione l'anno successivo (dopo due anni quindi) e poi dividere per due. In questa maniera (magari applicando lo stesso procedimento su 5 anni) si riduce notevolmente l'importanza della precisione degli strumenti (*2) per il calcolo del tempo e degli angoli. Sì, probabilmente avevano calcolato la durata media di un anno non su un singolo anno ma su almeno 5 o più...
Nota (*1): la verifica dell'anno bisestile è un esempio classico dell'uso dell'operatore di modulo che si trova in Linguaggio C di Kernighan e Ritchie. Immagino ripreso da molti altri manuali...
Nota (*2): perché l'errore introdotto dagli strumenti di misura si divide per il numero di anni su cui è presa la misurazione.
mercoledì 10 febbraio 2016
Amalia V. 1.1
Si tratta di un aggiornamento che, oltre a includere gli hotfix 1 e 2, aggiunge al modello nuove importanti caratteristiche. Nel dettaglio:
Carattere/Comportamento
- Grande capacità mimica ed espressiva: la usa solo quando vuole altrimenti è piuttosto parca nel gesticolare esprimendosi soprattutto con lo sguardo e il sorriso.
- È conscia del proprio fascino. Sa sedurre e non si tira indietro. A cosa sia dovuta questa sua “aggressività” è ancora da stabilire: semplicemente carattere o ha altri motivi?
Aspetto
- Il labbro superiore è grande e leggermente arricciato all'insù: si vede bene di profilo.
- Non si depila. Anzi si depila ma solo le gambe!
- Porta spesso un colbacco di pelliccia (sintetica!).
Siti di storia - 11/2/2016
Ieri sera mi sono messo a cercare un forum di storia in italiano dove porre domande e discutere idee...
La situazione è desolante: il poco che c'era è stato da tempo chiuso e il livello della discussione è/era comunque infimo. Incredibile!
Poi ho iniziato a cercare siti in inglese: non avrei modo di discutere pienamente le mie idee ma almeno potrei forse trovarvi degli spunti interessanti. Qui la situazione è un po' migliore: almeno i siti sono numerosi e attivi anche se comunque il loro livello resta basso. Sembra che i vari commenti siano fatti da liceali che, quando va bene, hanno letto qualche pagina di un libro sull'argomento: ovviamente capendolo poco e in maniera superficiale.
Non mi arrendo ma non sono ottimista...
Battute insante - 12/2/16
Tanto per cambiare, invece di presentare un brano “completo”, voglio pubblicare una mia esercitazione. In questo si casa si tratta del mio esercizio sulle quattro (tre uguali + una) battute “maledette” di Unholy Paradise, quelle dove dovrei riuscire a raggiungere almeno i 120bpm mentre invece arranco ancora a 113.
In particolare in questa esercitazione imposto i bpm a 114 e solo sul finale (circa a 3' 10" e qualcosa) torno a 113. Finalmente a 113 bpm eseguo bene, per due volte di seguito, le quattro battute. Mi chiedo se ci sia implicato anche un fattore psicologico perché la differenza di velocità è dello 0,8%... eppure...
Ecco QUI la prova...
PS: ha 2' cambio plettro: ne uso uno con parecchia punta (il precedente era molto smussato) e le note divengono leggermente più definite.
PS: ho tagliato un paio di minuti di silenzio/poche note...
Un pollice in gamba - 12/2/2016
Osservavo la mia mano destra: ho un pollice opponibile ma sempre in maniera molto costruttiva.
Trappola colorata - 25/2/2016
Quando ascolto brani musicali su Youtube mi diverto a scegliere il successivo usando solo i consigli proposti sulla barra laterale destra. Beh, ieri questo innocuo divertimento si è trasformato in tragedia: sono infatti rimasto intrappolato in brani psichedelici di fine anni '60 e inizio anni '70... Evidentemente si tratta di un genere di nicchia piuttosto chiuso in se stesso visto che una volta “entrato” non riuscivo più a trovare brani consigliati per “uscirne”! Durante la noia indotta da questi brani ho dato un'occhiata ai vari commenti: molti erano del genere “Musica eccezionale! Io a quei tempi ho provato tutte le droghe (o a fare l'alcool con qualsiasi tipo di frutta o simili...) ma adesso sono una persona ridotta male (mio eufemismo: usavano altre parole) però ci siamo divertiti parecchio!”
Comunque qualcosa ho imparato: mai cliccare, per quanto possa essere invitante, sui brani che mostrano in copertina un seno (o più!) colorati con vortici psichedelici...
Carattere/Comportamento
- Grande capacità mimica ed espressiva: la usa solo quando vuole altrimenti è piuttosto parca nel gesticolare esprimendosi soprattutto con lo sguardo e il sorriso.
- È conscia del proprio fascino. Sa sedurre e non si tira indietro. A cosa sia dovuta questa sua “aggressività” è ancora da stabilire: semplicemente carattere o ha altri motivi?
Aspetto
- Il labbro superiore è grande e leggermente arricciato all'insù: si vede bene di profilo.
- Non si depila. Anzi si depila ma solo le gambe!
- Porta spesso un colbacco di pelliccia (sintetica!).
Siti di storia - 11/2/2016
Ieri sera mi sono messo a cercare un forum di storia in italiano dove porre domande e discutere idee...
La situazione è desolante: il poco che c'era è stato da tempo chiuso e il livello della discussione è/era comunque infimo. Incredibile!
Poi ho iniziato a cercare siti in inglese: non avrei modo di discutere pienamente le mie idee ma almeno potrei forse trovarvi degli spunti interessanti. Qui la situazione è un po' migliore: almeno i siti sono numerosi e attivi anche se comunque il loro livello resta basso. Sembra che i vari commenti siano fatti da liceali che, quando va bene, hanno letto qualche pagina di un libro sull'argomento: ovviamente capendolo poco e in maniera superficiale.
Non mi arrendo ma non sono ottimista...
Battute insante - 12/2/16
Tanto per cambiare, invece di presentare un brano “completo”, voglio pubblicare una mia esercitazione. In questo si casa si tratta del mio esercizio sulle quattro (tre uguali + una) battute “maledette” di Unholy Paradise, quelle dove dovrei riuscire a raggiungere almeno i 120bpm mentre invece arranco ancora a 113.
In particolare in questa esercitazione imposto i bpm a 114 e solo sul finale (circa a 3' 10" e qualcosa) torno a 113. Finalmente a 113 bpm eseguo bene, per due volte di seguito, le quattro battute. Mi chiedo se ci sia implicato anche un fattore psicologico perché la differenza di velocità è dello 0,8%... eppure...
Ecco QUI la prova...
PS: ha 2' cambio plettro: ne uso uno con parecchia punta (il precedente era molto smussato) e le note divengono leggermente più definite.
PS: ho tagliato un paio di minuti di silenzio/poche note...
Un pollice in gamba - 12/2/2016
Osservavo la mia mano destra: ho un pollice opponibile ma sempre in maniera molto costruttiva.
Trappola colorata - 25/2/2016
Quando ascolto brani musicali su Youtube mi diverto a scegliere il successivo usando solo i consigli proposti sulla barra laterale destra. Beh, ieri questo innocuo divertimento si è trasformato in tragedia: sono infatti rimasto intrappolato in brani psichedelici di fine anni '60 e inizio anni '70... Evidentemente si tratta di un genere di nicchia piuttosto chiuso in se stesso visto che una volta “entrato” non riuscivo più a trovare brani consigliati per “uscirne”! Durante la noia indotta da questi brani ho dato un'occhiata ai vari commenti: molti erano del genere “Musica eccezionale! Io a quei tempi ho provato tutte le droghe (o a fare l'alcool con qualsiasi tipo di frutta o simili...) ma adesso sono una persona ridotta male (mio eufemismo: usavano altre parole) però ci siamo divertiti parecchio!”
Comunque qualcosa ho imparato: mai cliccare, per quanto possa essere invitante, sui brani che mostrano in copertina un seno (o più!) colorati con vortici psichedelici...
Simulazione 2: Amalia V. 1.00b
Queste simulazioni sono più impegnative del previsto: cioè il problema è trascriverle perché mi prende un sacco di tempo... Però, finché mi diverto...
La seguente sintesi dovrebbe essere più breve della precedente visto che, in effetti, Amalia non è presente in essa: non ho quindi da descrivere dialoghi, azioni etc...
Un paio di note tecniche: 1. ho tolto il marcatore "Facezia": l'idea alla base della storia è faceta ma lo sviluppo è serioso; mi sembra quindi fuorviante continuare a usare tale marcatore. 2. Pubblico retrodatandolo questo pezzo: in genere non lo faccio ma questo era già pronto e mi ero solo dimenticato (causa febbre?) di pubblicarlo.
Giorno 1 (continuazione)
Ieri sera non ho avuto modo di ripensare con calma agli eventi del pomeriggio ma per tutto il tempo la voce di Amalia ha continuato a parlarmi in un angolino della mia mente. Non ne ero completamente conscio ma ne avvertivo la presenza, una sorta di pressione subliminale, lieve ma costante.
Giorno 2
Stranamente ho dormito bene e mi sono alzato presto: in mattinata ho rimuginato a lungo sugli eventi del giorno prima e l'intera vicenda ha continuato a sembrarmi completamente inverosimile. Eppure è avvenuta: quindi deve esserci una spiegazione.
All'ora di pranzo, improvvisamente, ho avuto una prima intuizione: è uno scherzo, una beffa ai miei danni!
Rapidamente ho passato in rassegna varie ipotesi: esiste qualcuno fra i miei conoscenti che conosca anche Amalia e che possa aver organizzato lo scherzo?
La risposta è no: ne sono quasi sicuro. Da una parte conosco poche persone e nessuna di esse mi pare il tipo da organizzare un qualcosa del genere ai miei danni, dall'altra Amalia non è un'amicizia che si tiene segreta: sono sicuro che se qualcuno dei miei amici/conoscenti la conoscesse me ne avrebbe almeno accennato.
E se fra me e Amalia non ci sono intermediari, anelli di congiunzione, conoscenze comuni, con quale criterio proprio io sarei stato scelto? Non mi conosce praticamente nessuno...
Per non parlare del movente della burla che, in effetti, avrebbe poco senso: sarebbe più un regalo che uno scherzo ai miei danni! E perché Amalia dovrebbe sacrificarsi prestandosi a esso?
A sera ho però fatto un nuovo passo avanti: ho capito che non era uno scherzo a me, come specifico individuo, al contrario deve trattarsi di una prova di coraggio, probabilmente una scommessa, fatta da Amelia con uno sconosciuto signor o signora X.
Lo scenario è il seguente: Amalia scommette che riuscirà a sedurre la persona scelta da X. E come fanno a scegliere la vittima o, per meglio dire, la “prova” della scommessa?
Si appostano, probabilmente tranquillamente seduti in macchina, nel parcheggio di un supermercato e ne osservano i clienti. Magari proprio per trovare una persona più improbabile (e quindi una sfida maggiore) scelgono un supermercato periferico ed economico (cioè quello dove mi servo io)... Individuata la “vittima” (metto il termine fra virgolette perché non credo che sia da considerarsi tale) la seguono per scoprire dove abita: io certo non avrei notato una macchina che mi avesse pedinato, sempre che non mi avesse seguito troppo da vicino ovviamente...
Lo so che è una ricostruzione improbabile ma, come diceva Sherlock Holmes, se si escludono tutte le possibilità tranne una allora quella che rimane, per quanto assurda, è l'unica possibile.
L'alternativa ovvero che una donna bellissima, simpatica, intelligente e ricca si imbatta casualmente in me e che, dopo dieci minuti o poco più, decida di attentare alla mia virtù non sarà forse propriamente impossibile ma sicuramente è più facile che io venga colpito da un meteorite!
Questo almeno è quello che mi dice la logica: una parte di me, ne sono consapevole, spera contro ogni speranza, che Amalia provi un sincero interesse nei miei confronti.
Dovrò essere vigile e guardingo per non farmi condizionare nelle mie valutazioni dai sentimenti: sì perché ovviamente Amalia mi piace e molto... pure troppo...
Possibile però che io sia il più brutto che hanno visto uscire dal supermercato? Certo non sono bello però... forse hanno notato qualcosa di strano in me: non so, il modo di vestire (scombinato), la pettinatura (assente) o la barba (incolta)... magari, mentre ero a fare la spesa, hanno dato un'occhiata all'interno della mia macchina (caotico): singolarmente non sono elementi significativi ma, considerati tutti insieme, forse mi hanno reso “interessante”...
La riprova sarebbe mostrare ai commessi del supermercato una foto di Amalia: è probabilissimo che sia entrata all'interno del supermercato e, nel caso, non sarebbe certo passata inosservata. Peccato che non abbia foto di Amalia da mostrare.
Anzi non ho né telefono, né email, né ricordo il suo cognome. So dove abita però... magari potrei chiedere di lei in paese... ho esagerato scrivendo che sono solo quattro case: c'è anche un bar alimentari... o magari al parroco: ho la sensazione che non sia religiosa, ma se lo fosse...
Chiaramente dovrei crearmi una scusa per poter domandare senza far nascere sospetti... o almeno non troppi... Ci penserò...
Per un attimo vengo preso dal panico all'idea che non la rivedrò mai più, poi però la parte razionale del mio cervello mi rassicura: se la mia ipotesi è giusta (e non vedo alternative a essa) allora sarà lei a trovare la maniera per incontrami ancora...
La seguente sintesi dovrebbe essere più breve della precedente visto che, in effetti, Amalia non è presente in essa: non ho quindi da descrivere dialoghi, azioni etc...
Un paio di note tecniche: 1. ho tolto il marcatore "Facezia": l'idea alla base della storia è faceta ma lo sviluppo è serioso; mi sembra quindi fuorviante continuare a usare tale marcatore. 2. Pubblico retrodatandolo questo pezzo: in genere non lo faccio ma questo era già pronto e mi ero solo dimenticato (causa febbre?) di pubblicarlo.
Giorno 1 (continuazione)
Ieri sera non ho avuto modo di ripensare con calma agli eventi del pomeriggio ma per tutto il tempo la voce di Amalia ha continuato a parlarmi in un angolino della mia mente. Non ne ero completamente conscio ma ne avvertivo la presenza, una sorta di pressione subliminale, lieve ma costante.
Giorno 2
Stranamente ho dormito bene e mi sono alzato presto: in mattinata ho rimuginato a lungo sugli eventi del giorno prima e l'intera vicenda ha continuato a sembrarmi completamente inverosimile. Eppure è avvenuta: quindi deve esserci una spiegazione.
All'ora di pranzo, improvvisamente, ho avuto una prima intuizione: è uno scherzo, una beffa ai miei danni!
Rapidamente ho passato in rassegna varie ipotesi: esiste qualcuno fra i miei conoscenti che conosca anche Amalia e che possa aver organizzato lo scherzo?
La risposta è no: ne sono quasi sicuro. Da una parte conosco poche persone e nessuna di esse mi pare il tipo da organizzare un qualcosa del genere ai miei danni, dall'altra Amalia non è un'amicizia che si tiene segreta: sono sicuro che se qualcuno dei miei amici/conoscenti la conoscesse me ne avrebbe almeno accennato.
E se fra me e Amalia non ci sono intermediari, anelli di congiunzione, conoscenze comuni, con quale criterio proprio io sarei stato scelto? Non mi conosce praticamente nessuno...
Per non parlare del movente della burla che, in effetti, avrebbe poco senso: sarebbe più un regalo che uno scherzo ai miei danni! E perché Amalia dovrebbe sacrificarsi prestandosi a esso?
A sera ho però fatto un nuovo passo avanti: ho capito che non era uno scherzo a me, come specifico individuo, al contrario deve trattarsi di una prova di coraggio, probabilmente una scommessa, fatta da Amelia con uno sconosciuto signor o signora X.
Lo scenario è il seguente: Amalia scommette che riuscirà a sedurre la persona scelta da X. E come fanno a scegliere la vittima o, per meglio dire, la “prova” della scommessa?
Si appostano, probabilmente tranquillamente seduti in macchina, nel parcheggio di un supermercato e ne osservano i clienti. Magari proprio per trovare una persona più improbabile (e quindi una sfida maggiore) scelgono un supermercato periferico ed economico (cioè quello dove mi servo io)... Individuata la “vittima” (metto il termine fra virgolette perché non credo che sia da considerarsi tale) la seguono per scoprire dove abita: io certo non avrei notato una macchina che mi avesse pedinato, sempre che non mi avesse seguito troppo da vicino ovviamente...
Lo so che è una ricostruzione improbabile ma, come diceva Sherlock Holmes, se si escludono tutte le possibilità tranne una allora quella che rimane, per quanto assurda, è l'unica possibile.
L'alternativa ovvero che una donna bellissima, simpatica, intelligente e ricca si imbatta casualmente in me e che, dopo dieci minuti o poco più, decida di attentare alla mia virtù non sarà forse propriamente impossibile ma sicuramente è più facile che io venga colpito da un meteorite!
Questo almeno è quello che mi dice la logica: una parte di me, ne sono consapevole, spera contro ogni speranza, che Amalia provi un sincero interesse nei miei confronti.
Dovrò essere vigile e guardingo per non farmi condizionare nelle mie valutazioni dai sentimenti: sì perché ovviamente Amalia mi piace e molto... pure troppo...
Possibile però che io sia il più brutto che hanno visto uscire dal supermercato? Certo non sono bello però... forse hanno notato qualcosa di strano in me: non so, il modo di vestire (scombinato), la pettinatura (assente) o la barba (incolta)... magari, mentre ero a fare la spesa, hanno dato un'occhiata all'interno della mia macchina (caotico): singolarmente non sono elementi significativi ma, considerati tutti insieme, forse mi hanno reso “interessante”...
La riprova sarebbe mostrare ai commessi del supermercato una foto di Amalia: è probabilissimo che sia entrata all'interno del supermercato e, nel caso, non sarebbe certo passata inosservata. Peccato che non abbia foto di Amalia da mostrare.
Anzi non ho né telefono, né email, né ricordo il suo cognome. So dove abita però... magari potrei chiedere di lei in paese... ho esagerato scrivendo che sono solo quattro case: c'è anche un bar alimentari... o magari al parroco: ho la sensazione che non sia religiosa, ma se lo fosse...
Chiaramente dovrei crearmi una scusa per poter domandare senza far nascere sospetti... o almeno non troppi... Ci penserò...
Per un attimo vengo preso dal panico all'idea che non la rivedrò mai più, poi però la parte razionale del mio cervello mi rassicura: se la mia ipotesi è giusta (e non vedo alternative a essa) allora sarà lei a trovare la maniera per incontrami ancora...
martedì 9 febbraio 2016
Lezione LXXXIV: Accompagnamento
Lezione anomala ma molto interessante!
La scorsa volta avevamo rivoluzionato lo schema delle mie esercitazioni: mi ero però subito reso conto che il risultato era troppo leggero e non impegnativo durando appena sui 15 minuti...
Di mia iniziativa avevo così fatto delle aggiunte a quanto stabilito. Per prima cosa abbiamo quindi verificato il programma delle esercitazioni: andava tutto bene. Di seguito la versione aggiornata:
Riscaldamento: Rispetto a quanto stabilito nella lezione Lezione LXXXIII ho portato i diversi esercizi da eseguire a rotazione da 4 a 3. Il terzo esercizio infatti mi prendeva troppo tempo: così l'ho diviso in tre parti distribuendole sui restanti esercizi...
Accordacci tua: non è cambiato. Aggiungo solo che, sebbene lentamente, adesso riesco a fare questi cambi di accordo col metronomo. Per adesso i bpm sono appena 56 ma prevedo di alzare rapidamente questa velocità.
Unholy Paradise: il maestro l'aveva sospeso dicendomi di provarlo di tanto in tanto per vedere i miglioramenti. Io temevo però di vedere solo peggioramenti: così l'ho aggiunto all'esercitazione quotidiana. Fino a pochi giorni fa ero ancora piantato a 106 bpm (dai 102 di qualche mese fa...) ma improvvisamente sono riuscito ad arrivare a 112. Adesso i 120 bpm, che sarebbero il mio obiettivo teorico, iniziano a sembrare raggiungibili...
Midnight Madness: mi esercito sempre e non alternando con Paranoid. Mi ero reso conto di aver problemi con le due battute finali (dove devo eseguire rapidamente delle terzine dalla 1° corda fino alla 5° facendole poi seguire da degli ottavi... (*1)) così mi sono esercitato a parte su di esse. Da un po' sto rieseguendo tutto il frammento iniziale (le prime 17 battute) e sto andando piuttosto bene: sono a 111bpm ma non dovrei avere troppi problemi a migliorare ulteriormente (anche se credo che la velocità reale del brano sia, almeno per il momento, irraggiungibile).
Paranoid: l'idea dietro a questa riesumazione era quella di sollevare il mio morale con un brano che già suonavo un paio di anni fa. E in effetti il risultato è stato confortante: adesso lo suono con gli hammer on e con l'armonica al 12° tasto: questa non sempre mi viene bene ma prima neppure ci provavo!
Soprattutto ricordo che tenere a mente e suonare le prime 17 battute (poi si ripete tutto più o meno uguale) era uno sforzo estenuante: adesso mi sembra invece facilissimo!
Invece di esercitarmi sopra lo spartito di Tuxguitar uso il brano originale: di questo ne esistono varie versioni eseguite a velocità diverse e io, senza alcun imbarazzo, ne ho ridotto la velocità del 20% rendendola uguale a quello dello spartito che avevo studiato. Prima riuscire a seguire la musica dal brano originale sarebbe stato un esercizio a parte: mi sarebbero occorse settimane per trovare dei punti di riferimento. Adesso non ho problemi a individuare e seguire con l'orecchio la chitarra elettrica...
Infine... mi rendo conto di suonarlo male! All'epoca, ne ero conscio “teoricamente”: non mi illudevo di suonarlo bene ma non avrei saputo dire cosa sbagliavo. Adesso invece quando mi riascolto mi vergogno pure un po': spero che il riconoscere gli errori mi serva a eliminarli o, almeno, ridurli!
La seconda parte della lezione è invece stata tutta teorica e incentrata sulla teoria dell'accompagnamento: lo scopo che mi prefiggevo era quello di farmi le basi per scrivere poi l'accompagnamento alla melodia che ho composto (v. il corto Composizione) per la prima scena della mia tragedia.
Ma l'argomento è molto più complesso del previsto e così siamo solo riusciti a scalfirne la superficie...
Prima di tutto c'è da dire che non esistono delle regole fisse: i seguenti principi sono solo indicativi e certamente esisteranno infinite eccezioni. Ma a me vanno benissimo visto che mi accontento di un punto di partenza...
Il maestro, per scegliere il giro d'accordi in base alla melodia, mi ha accennato a tre principi da seguire: 1a. Andamento delle singoli voci dello strumento polifonico con cui si esegue l'accordo; 1b Coerenza fra accordi successivi; 2. La concordanza fra note dell'accordo e nota “forte” della melodia.
La mia sensazione è che il secondo punto sia leggermente più importante ma, per motivi tecnici, ci siamo concentrati più sul primo criterio.
L'andamento delle singole voci e coerenza fra accordi successivi
Ogni accordo può essere visto, invece che come una serie di note caratterizzate da specifiche distanze relative, come tre voci (nella chitarra gli accordi hanno tre note) distinte che, al cambio di accordo, cambiano (o continuano!) nota: in altre parole una sequenza di accordi può essere vista come la sovrapposizione di tre melodie “cantate” da tre voci distinte (in genere una per corda ma non necessariamente).
Sembra complicato ma non lo è (almeno non troppo!). Proviamo a prendere il giro tradizionale di I, VI, II e V nella tonalità di DO.
Avremo: C, Am, Dm e G.
C sarà composto da DO, MI, SOL; Am da LA, DO, MI; Dm da RE, FA, LA e G da SOL, SI, RE.
Ma l'ordine delle singole note di un accordo, la loro ottava o la scelta della corda (sulla chitarra la stessa note può apparire su più corde...) non sono specificate e quindi libere.
Una possibilità è data dalla seguente sequenza:
Una prima caratteristica è che le note di ogni voce (cioè corda) non cambiano tutte insieme passando da un accordo al successivo: in questo esempio ce n'è sempre almeno una che rimane costante. A volte potrebbero anche cambiare tutte ma al massimo di un semitono.
Notiamo poi che la prima voce (la terza corda) “canta” la seguente sequenza di note 0, 2, 2 e 4; la seconda voce (quarta corda) “canta” 2, 2, 3, 5; mentre la terza voce (quinta corda) “canta” 3, 3, 5, 5.
Si nota quindi che tutte queste voci vanno in salire: il risultato, quando poi si ripete questo giro d'accordi, è una sorta di scalino fra il G e il D iniziale. A volte questo effetto può essere desiderato ma in genere il risultato non è dei più piacevoli.
L'alternativa è quindi scegliere in maniera diverse le note dell'accordo in maniera che le voci non si limitino solo a salire (o scendere) ma abbiano un ordine più variato. In realtà, con solo tre note a disposizione, le possibilità non sono molte: ma quando si passa ad accordi di quattro note (di settima) le possibilità si moltiplicano.
Vediamo cosa accade scegliendo diversamente le note del giro C, Am, Dm e G:
In questo caso la coerenza fra accordi successivi è ancora rispettata ma molto più interessante e vario è l'andamento delle singole voci (per studiarlo è utile guardare le note direttamente sul pentagramma invece che nella tablatura).
La prima voce (terza e seconda corda) “canta” 1, 1 (=), 1 (+ perché si cambia corda: vedi pentagramma), due possibilità → (+) nel primo caso e (–) nel secondo: non scrivo i tasti perché diventano fuorvianti ma bisogna guardare il pentagramma...
La seconda voce (quarta corda fino al quarto accordo...): 0, 2 (+), 2(=), due possibilità → (+) nel primo caso e (-) nel secondo: di nuovo occorre basarsi sul pentagramma...
La terza voce (quinta corda): 2, 2 (=), 0 (-), 0 (=).
L'effetto del suonare in sequenza questo giro (scegliere uno solo dei due G!) è molto più piacevole perché l'andamento delle singoli voci è più vario.
Inoltre non è detto che il C iniziale del secondo giro debba essere composto dalle stesse note di quello del primo giro: usando lo stesso criterio di controllare l'andamento delle singole voci si può usare quello della quinta battuta (col numerino in rosso uguale a 10...) e così via...
Conclusione: affronterò il secondo principio alla lezione successiva perché in questa abbiamo appena avuto il tempo di accennarlo...
Nota (*1): forse non è chiaro quale sia il problema: con le triplette devo divedere ogni quarto in tre parti mentre con gli ottavi in due. Questo significa che devo cambiare al volo la velocità di plettrata in dei passaggi di corda un po' difficili per me...
La scorsa volta avevamo rivoluzionato lo schema delle mie esercitazioni: mi ero però subito reso conto che il risultato era troppo leggero e non impegnativo durando appena sui 15 minuti...
Di mia iniziativa avevo così fatto delle aggiunte a quanto stabilito. Per prima cosa abbiamo quindi verificato il programma delle esercitazioni: andava tutto bene. Di seguito la versione aggiornata:
Riscaldamento: Rispetto a quanto stabilito nella lezione Lezione LXXXIII ho portato i diversi esercizi da eseguire a rotazione da 4 a 3. Il terzo esercizio infatti mi prendeva troppo tempo: così l'ho diviso in tre parti distribuendole sui restanti esercizi...
Accordacci tua: non è cambiato. Aggiungo solo che, sebbene lentamente, adesso riesco a fare questi cambi di accordo col metronomo. Per adesso i bpm sono appena 56 ma prevedo di alzare rapidamente questa velocità.
Unholy Paradise: il maestro l'aveva sospeso dicendomi di provarlo di tanto in tanto per vedere i miglioramenti. Io temevo però di vedere solo peggioramenti: così l'ho aggiunto all'esercitazione quotidiana. Fino a pochi giorni fa ero ancora piantato a 106 bpm (dai 102 di qualche mese fa...) ma improvvisamente sono riuscito ad arrivare a 112. Adesso i 120 bpm, che sarebbero il mio obiettivo teorico, iniziano a sembrare raggiungibili...
Midnight Madness: mi esercito sempre e non alternando con Paranoid. Mi ero reso conto di aver problemi con le due battute finali (dove devo eseguire rapidamente delle terzine dalla 1° corda fino alla 5° facendole poi seguire da degli ottavi... (*1)) così mi sono esercitato a parte su di esse. Da un po' sto rieseguendo tutto il frammento iniziale (le prime 17 battute) e sto andando piuttosto bene: sono a 111bpm ma non dovrei avere troppi problemi a migliorare ulteriormente (anche se credo che la velocità reale del brano sia, almeno per il momento, irraggiungibile).
Paranoid: l'idea dietro a questa riesumazione era quella di sollevare il mio morale con un brano che già suonavo un paio di anni fa. E in effetti il risultato è stato confortante: adesso lo suono con gli hammer on e con l'armonica al 12° tasto: questa non sempre mi viene bene ma prima neppure ci provavo!
Soprattutto ricordo che tenere a mente e suonare le prime 17 battute (poi si ripete tutto più o meno uguale) era uno sforzo estenuante: adesso mi sembra invece facilissimo!
Invece di esercitarmi sopra lo spartito di Tuxguitar uso il brano originale: di questo ne esistono varie versioni eseguite a velocità diverse e io, senza alcun imbarazzo, ne ho ridotto la velocità del 20% rendendola uguale a quello dello spartito che avevo studiato. Prima riuscire a seguire la musica dal brano originale sarebbe stato un esercizio a parte: mi sarebbero occorse settimane per trovare dei punti di riferimento. Adesso non ho problemi a individuare e seguire con l'orecchio la chitarra elettrica...
Infine... mi rendo conto di suonarlo male! All'epoca, ne ero conscio “teoricamente”: non mi illudevo di suonarlo bene ma non avrei saputo dire cosa sbagliavo. Adesso invece quando mi riascolto mi vergogno pure un po': spero che il riconoscere gli errori mi serva a eliminarli o, almeno, ridurli!
La seconda parte della lezione è invece stata tutta teorica e incentrata sulla teoria dell'accompagnamento: lo scopo che mi prefiggevo era quello di farmi le basi per scrivere poi l'accompagnamento alla melodia che ho composto (v. il corto Composizione) per la prima scena della mia tragedia.
Ma l'argomento è molto più complesso del previsto e così siamo solo riusciti a scalfirne la superficie...
Prima di tutto c'è da dire che non esistono delle regole fisse: i seguenti principi sono solo indicativi e certamente esisteranno infinite eccezioni. Ma a me vanno benissimo visto che mi accontento di un punto di partenza...
Il maestro, per scegliere il giro d'accordi in base alla melodia, mi ha accennato a tre principi da seguire: 1a. Andamento delle singoli voci dello strumento polifonico con cui si esegue l'accordo; 1b Coerenza fra accordi successivi; 2. La concordanza fra note dell'accordo e nota “forte” della melodia.
La mia sensazione è che il secondo punto sia leggermente più importante ma, per motivi tecnici, ci siamo concentrati più sul primo criterio.
L'andamento delle singole voci e coerenza fra accordi successivi
Ogni accordo può essere visto, invece che come una serie di note caratterizzate da specifiche distanze relative, come tre voci (nella chitarra gli accordi hanno tre note) distinte che, al cambio di accordo, cambiano (o continuano!) nota: in altre parole una sequenza di accordi può essere vista come la sovrapposizione di tre melodie “cantate” da tre voci distinte (in genere una per corda ma non necessariamente).
Sembra complicato ma non lo è (almeno non troppo!). Proviamo a prendere il giro tradizionale di I, VI, II e V nella tonalità di DO.
Avremo: C, Am, Dm e G.
C sarà composto da DO, MI, SOL; Am da LA, DO, MI; Dm da RE, FA, LA e G da SOL, SI, RE.
Ma l'ordine delle singole note di un accordo, la loro ottava o la scelta della corda (sulla chitarra la stessa note può apparire su più corde...) non sono specificate e quindi libere.
Una possibilità è data dalla seguente sequenza:
Una prima caratteristica è che le note di ogni voce (cioè corda) non cambiano tutte insieme passando da un accordo al successivo: in questo esempio ce n'è sempre almeno una che rimane costante. A volte potrebbero anche cambiare tutte ma al massimo di un semitono.
Notiamo poi che la prima voce (la terza corda) “canta” la seguente sequenza di note 0, 2, 2 e 4; la seconda voce (quarta corda) “canta” 2, 2, 3, 5; mentre la terza voce (quinta corda) “canta” 3, 3, 5, 5.
Si nota quindi che tutte queste voci vanno in salire: il risultato, quando poi si ripete questo giro d'accordi, è una sorta di scalino fra il G e il D iniziale. A volte questo effetto può essere desiderato ma in genere il risultato non è dei più piacevoli.
L'alternativa è quindi scegliere in maniera diverse le note dell'accordo in maniera che le voci non si limitino solo a salire (o scendere) ma abbiano un ordine più variato. In realtà, con solo tre note a disposizione, le possibilità non sono molte: ma quando si passa ad accordi di quattro note (di settima) le possibilità si moltiplicano.
Vediamo cosa accade scegliendo diversamente le note del giro C, Am, Dm e G:
In questo caso la coerenza fra accordi successivi è ancora rispettata ma molto più interessante e vario è l'andamento delle singole voci (per studiarlo è utile guardare le note direttamente sul pentagramma invece che nella tablatura).
La prima voce (terza e seconda corda) “canta” 1, 1 (=), 1 (+ perché si cambia corda: vedi pentagramma), due possibilità → (+) nel primo caso e (–) nel secondo: non scrivo i tasti perché diventano fuorvianti ma bisogna guardare il pentagramma...
La seconda voce (quarta corda fino al quarto accordo...): 0, 2 (+), 2(=), due possibilità → (+) nel primo caso e (-) nel secondo: di nuovo occorre basarsi sul pentagramma...
La terza voce (quinta corda): 2, 2 (=), 0 (-), 0 (=).
L'effetto del suonare in sequenza questo giro (scegliere uno solo dei due G!) è molto più piacevole perché l'andamento delle singoli voci è più vario.
Inoltre non è detto che il C iniziale del secondo giro debba essere composto dalle stesse note di quello del primo giro: usando lo stesso criterio di controllare l'andamento delle singole voci si può usare quello della quinta battuta (col numerino in rosso uguale a 10...) e così via...
Conclusione: affronterò il secondo principio alla lezione successiva perché in questa abbiamo appena avuto il tempo di accennarlo...
Nota (*1): forse non è chiaro quale sia il problema: con le triplette devo divedere ogni quarto in tre parti mentre con gli ottavi in due. Questo significa che devo cambiare al volo la velocità di plettrata in dei passaggi di corda un po' difficili per me...
lunedì 8 febbraio 2016
Ascolto e valutazione globale
È da molto tempo che non aggiungo brani alla mia collezione su Youtube/Spotify. Il motivo è semplice: ero impegnato in un ascolto globale di tutti i brani raccolti per assegnare a ciascuno di essi un punteggio da mezza stellina (“Non lo voglio ascoltare!”) a cinque stelline (“Un super capolavoro”). Non solo: mi sono poi rimesso ad ascoltare tutti i brani con lo stesso punteggio per individuare anomalie e poter così promuovere o declassare quelli valutati erroneamente.
Visto che ho oltre 55 ore di musica (ascoltata 2 volte...) mi è occorso un bel po' di tempo!
In totale:
5 * [Capolavoro] → 35 brani
4½ * [Ottimo] → 46 brani
4 * [Molto buono]→ 66 brani
3½ * [Buono]→ 72 brani
3 * [Molto Distinto]→ 110 brani
2½ * [Distinto]→ 111 brani
2 * [Molto Apprezzabile] → 106 brani
1½ * [Apprezzabile]→ 75 brani
1 * [Sufficiente]→ 71 brani
½ * [Aiuto! Aiuto!]→ 56 brani
È da notare come la media non sia centrata su “Sufficiente”: il motivo è che io raccolgo solo i brani che mi piacciono o che studio!
Perché allora quei 56 brani con ½ stellina? Si tratta appunto di brani che mi aveva assegnato il maestro e che non mi sono piaciuti (15); brani anni '80/90 di cui avevo un bel ricordo ma che mi hanno stufato rapidamente (17); alcuni brani indie che ora non mi piacciono più (7) e i rimanenti (16) più difficilmente classificabili...
Volevo scrivere un “corto” ma, visto che ormai ho già sfondato abbondantemente il limite (17,2 linee di testo...), aggiungerò qualche altra statistica.
Il genere dei brani con ½ stellina è il seguente:
Alternative Rock → 1
Blues Rock → 1
Country Rock → 1
Dance Pop → 1
Death Metal → 1
Emo → 1
Eurodance → 2
Folk Rock → 1
Glam Metal → 1
Hard Rock → 4
Heavy Metal → 2
Indie Pop → 5
Indie Rock → 2
Pop → 10
Pop Rock → 6
Pop Soul → 1
Progressive Rock → 4
Punk Rock → 2
R&B → 1
Reggae → 2
Rock → 3
Synthpop → 3
Techno → 1
Invece il genere dei brani con 5 stelline è:
Symphonic Power Metal → 2
Symphonic Metal → 1
Symphonic Black Metal → 1
Progressive Metal → 1
Power Metal → 5
Pagan Metal → 1
Neoclassical Power Metal → 1
Melodic Power Metal → 2
Melodic Heavy Metal → 1
Melodic Death Metal → 2
Horror Punk → 1
Heavy Metal → 3
Hard Rock → 1
Gothic Metal → 1
Folk Metal → 2
Folk Death Metal → 1
Epic Metal → 1
Epic Folk Metal → 1
Da cui si intuiscono interessanti tendenze...
Da notare che i miei brani preferiti della giovinezza, in genere heavy metal, hanno piuttosto stentato in questa classifica attestandosi in genere sulle 3 stelline o meno. Solo un brano di questi ha raggiunto la votazione massima: non sono sicuro di quanto però abbia inciso nella mia valutazione il voler rendere omaggio e rispetto al gruppo che mi era stato così caro... Non dico di quale si tratti: chi mi conosce bene può divertirsi a individuare tale gruppo dalla lista dei generi!
Comunque non sono gli Iron Maiden: di loro ho comunque 14 brani in classifica con però, mediamente, 3 stelline...
Sempre nella categoria con 5 stelline è interessante esaminare quali siano i gruppi con più di un brano:
Nightwish → 2 brani
Sabaton → 3 brani
Stratovarius → 2 brani
Kalmah → 2 brani
Lonewolf → 2 brani
Di questi i Nightwish sono sicuramente il mio gruppo preferito con una caterva di altri brani con ottima valutazione; Sabaton e Kalmah di qualità: pochi brani ma ben classificati; Stratovarius è una sorpresa: li conoscevo di fama da almeno vent'anni ma non li avevo mai ascoltati; Lonewolf è un gruppo praticamente sconosciuto eppure a me piace moltissimo...
Visto che ho oltre 55 ore di musica (ascoltata 2 volte...) mi è occorso un bel po' di tempo!
In totale:
5 * [Capolavoro] → 35 brani
4½ * [Ottimo] → 46 brani
4 * [Molto buono]→ 66 brani
3½ * [Buono]→ 72 brani
3 * [Molto Distinto]→ 110 brani
2½ * [Distinto]→ 111 brani
2 * [Molto Apprezzabile] → 106 brani
1½ * [Apprezzabile]→ 75 brani
1 * [Sufficiente]→ 71 brani
½ * [Aiuto! Aiuto!]→ 56 brani
È da notare come la media non sia centrata su “Sufficiente”: il motivo è che io raccolgo solo i brani che mi piacciono o che studio!
Perché allora quei 56 brani con ½ stellina? Si tratta appunto di brani che mi aveva assegnato il maestro e che non mi sono piaciuti (15); brani anni '80/90 di cui avevo un bel ricordo ma che mi hanno stufato rapidamente (17); alcuni brani indie che ora non mi piacciono più (7) e i rimanenti (16) più difficilmente classificabili...
Volevo scrivere un “corto” ma, visto che ormai ho già sfondato abbondantemente il limite (17,2 linee di testo...), aggiungerò qualche altra statistica.
Il genere dei brani con ½ stellina è il seguente:
Alternative Rock → 1
Blues Rock → 1
Country Rock → 1
Dance Pop → 1
Death Metal → 1
Emo → 1
Eurodance → 2
Folk Rock → 1
Glam Metal → 1
Hard Rock → 4
Heavy Metal → 2
Indie Pop → 5
Indie Rock → 2
Pop → 10
Pop Rock → 6
Pop Soul → 1
Progressive Rock → 4
Punk Rock → 2
R&B → 1
Reggae → 2
Rock → 3
Synthpop → 3
Techno → 1
Invece il genere dei brani con 5 stelline è:
Symphonic Power Metal → 2
Symphonic Metal → 1
Symphonic Black Metal → 1
Progressive Metal → 1
Power Metal → 5
Pagan Metal → 1
Neoclassical Power Metal → 1
Melodic Power Metal → 2
Melodic Heavy Metal → 1
Melodic Death Metal → 2
Horror Punk → 1
Heavy Metal → 3
Hard Rock → 1
Gothic Metal → 1
Folk Metal → 2
Folk Death Metal → 1
Epic Metal → 1
Epic Folk Metal → 1
Da cui si intuiscono interessanti tendenze...
Da notare che i miei brani preferiti della giovinezza, in genere heavy metal, hanno piuttosto stentato in questa classifica attestandosi in genere sulle 3 stelline o meno. Solo un brano di questi ha raggiunto la votazione massima: non sono sicuro di quanto però abbia inciso nella mia valutazione il voler rendere omaggio e rispetto al gruppo che mi era stato così caro... Non dico di quale si tratti: chi mi conosce bene può divertirsi a individuare tale gruppo dalla lista dei generi!
Comunque non sono gli Iron Maiden: di loro ho comunque 14 brani in classifica con però, mediamente, 3 stelline...
Sempre nella categoria con 5 stelline è interessante esaminare quali siano i gruppi con più di un brano:
Nightwish → 2 brani
Sabaton → 3 brani
Stratovarius → 2 brani
Kalmah → 2 brani
Lonewolf → 2 brani
Di questi i Nightwish sono sicuramente il mio gruppo preferito con una caterva di altri brani con ottima valutazione; Sabaton e Kalmah di qualità: pochi brani ma ben classificati; Stratovarius è una sorpresa: li conoscevo di fama da almeno vent'anni ma non li avevo mai ascoltati; Lonewolf è un gruppo praticamente sconosciuto eppure a me piace moltissimo...
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