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giovedì 4 febbraio 2016

Licea, Camilla e Donnola

Ho ritrovato un vecchio quaderno che cercavo da tempo: risale ai tempi del liceo ma, a parte un paio di paginette dedicate alla filosofia, ci sono solo appunti vari, qualche versione di latino, annotazioni sparse di tedesco ma, soprattutto, parecchie pagine vuote. Insomma un quaderno tutt'altro che memorabile...

Però, oltre a quanto riportato, ci sono anche due paginette e mezzo per me molto speciali: ricordo ancora chiaramente quando le scrissi. All'epoca ero in quarta o quinta liceo ma in quel momento mi trovavo a casa: ero alla scrivania nello studiolo dove non studiavo o facevo finta di farlo!

Non so perché, forse come sfida a me stesso, per vedere cosa fossi capace di fare, decisi di scrivere un racconto di fantasia. Non avevo idea di cosa scrivere né avevo mai preso la penna in mano per scrivere qualcosa che non fosse per la scuola: certamente non racconti...
Adesso mi preparerei appunti per l'ambientazione, uno scheletro della trama, colpi di scena, mappe etc... Invece allora decisi di scrivere e, semplicemente, iniziai a farlo. Ricordo che stetti solo attento a costruire mentalmente bene le frasi per evitare di dover fare correzioni: e infatti, a parte qualche ripetizione ed errore ortografico, il testo è molto pulito.

Il risultato è straordinariamente spontaneo e fresco: oppure è a me che sembra così ricordando tempi migliori...

Comunque giudicate voi:
Il villaggio era molto piccolo, anche se un tempo, se si dà credito a quanto racconta il vecchio matto Apuleo, era stato molto più grande.
“Non vedete...” - diceva spesso sogghignando - “...il molo spropositatamente grande per le nostre otto piccole barchette,... i resti delle alte mura, ...il vecchio ponte di pietra o lo stesso tempio? Essi sono gli ultimi segni di ricchezza e potenza ormai passata, pallide ombre di un tempo in cui la civiltà dell'uomo era più forte, prima che la corruzione prendesse piede fra i nostri sovrani, prima che il male dilagasse sempre più spavaldamente e che l'onore fosse confuso col profitto, prima che gli ideali divenissero tali quando faceva comodo e fossero prontamente dimenticati quando...”
“Mia madre dice che non è saggio ascoltare Apuleo...” - disse Licea.
“Ah! Ah! Ma tua madre, Licy, è la sacerdotessa! Lo sappiamo tutti cosa ne pensa del nostro amico!” - l'interruppe Camilla.
“Beh, comunque sia non mi piacciono le sue parole, sempre oscure e minacciose... e poi tutti lo sanno che è un matto!” - concluse Licea.
“La verità si può nascondere anche fra le parole di un matto.” - intervenne la terza amica.
“Ah! Ah! Ma che belle parole Donnola, non si direbbe proprio che tu sia la figlia di ladri! ah! Ah!” - risero Licia e Camilla.
Donnola (il cui vero nome era Maira) agli scherni delle amiche ebbe una smorfia di stizza, ma subito dopo esibì un broncio terribilmente esagerato che fece ridere ancora più forte le sue due compagne.
“Hai ragione Donnola, ma ricorda che chi crede che il matto dica sempre la verità è ancora più pazzo di lui!” - disse Camilla all'amica.
“Ma io non intendevo questo...” - protestò Donnola - “...volevo dire che a volte...”
“Sì, sì Donnola, lo sappiamo cosa volevi dire! Anche mia madre la Sacerdotessa lo dice «La verità è da tutte le parti e contemporaneamente in nessun luogo»”


Mi chiedo adesso se la mia vita sarebbe stata diversa se avessi coltivato questa passione: all'epoca dovevo avere sui diciassette anni e in quell'età è ancora facile compiere grandi progressi. Di certo non avevo meno fantasia di adesso: mi mancava l'esperienza e la pratica ma queste avrei potuto farmele col tempo.
Eppure, anche se predico l'ottimismo, sono di natura pessimista: non mi sarei mai ritenuto in grado di scrivere niente di buono. Per cimentarmi avrei avuto bisogno di un po' di incoraggiamento ma chi avrebbe potuto darmelo?

Immagino che se avessi fatto leggere questo breve brano a mio padre egli si sarebbe limitato a una smorfia, borbottando qualcosa di negativo. La mamma invece avrebbe fatto una risata esclamando “Tutto qui!?” oppure si sarebbe soffermata su qualche banalità secondaria che mi avrebbe solo irritato.

L'unica speranza sarebbe stata quella di scrivere questo stesso brano qualche anno dopo, al mio primo anno di università, quando abitavo dai miei zii. È molto probabile che la zia avrebbe notato i lati positivi del mio frammento e, magari fingendosi curiosa, mi avrebbe stimolato a continuarne la scrittura.
Ricordo che qualche anno dopo (al secondo o terzo anno di università: non abitavo più con gli zii ma li vedevo spesso) mi suggerì insistentemente di fare un corso per registi. All'epoca non capii perché e, data la mia natura, mi insospettii senza prendere in seria considerazione l'idea.
Adesso mi è invece chiara la logica della zia: aveva valutato quali fossero i miei interessi (all'epoca guardavo ogni pellicola possibile e immaginabile che passasse su Tele+) e, conscia della mia creatività, aveva provato a suggerirmi qualcosa che mi avrebbe stimolato a usarla e, aspetto non secondario dato il mio carattere, a fare nuove esperienze e amicizie.

Conclusione: talvolta non posso fare a meno di pensare che le coincidenze della mia vita siano tali da sembrare accuratamente progettate da una volontà superiore e presciente per portarmi a compiere particolari scelte. Da una parte è confortante pensare che una “volontà superiore” si prenda la briga di manipolare il mio futuro per chissà quale (alto) scopo ma, personalmente, avrei preferito qualche colpo di fortuna in più...

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