Credo che abbandonerò il corso sui giochi in linea: troppo dispersivo e confuso, non si capisce quale sia veramente il suo obiettivo. Probabilmente l'insegnante in un corso normale, confrontandosi ogni giorno direttamente con gli studenti, non è troppo male: ma in un corso in linea, che deve essere breve, non è riuscito a fare una sintesi comprensibile della materia; la scelta poi di mostrare frammenti di lezione con i suoi studenti ha reso il tutto ancor più dispersivo...
Invece il corso di mitologia greca e romana sta migliorando!
Ho dovuto mettermi a leggere l'Odissea di Omero (i primi otto libri questa settimana e altri otto per la prossima) ma in effetti ne vale la pena: come al solito la scuola italiana, limitandosi a far leggere pochi frammenti qua e là, fa perdere la visione di insieme. Come studiare una pellicola basandosi solo su un paio di trailer e il riassunto della trama!
Mi si potrebbe obiettare “ma chi te lo fa fare?”, “possibile che non ci siano corsi su argomenti più attuali e, magari, utili?”.
Me lo sono chiesto anch'io: come per i libri da leggere, scelgo molto a istinto, mi piace affidarmi al caso. In effetti, come ho già spiegato, pensavo che questo corso di mitologia non fosse troppo impegnativo e che semplicemente facesse una panoramica sulle leggende legate alle varie divinità greche e romane...
Invece no: partendo dall'Odissea (ma poi leggeremo anche altro materiale), l'insegnante finisce per affrontare argomenti che hanno una valenza molto più generale. O almeno io vi vedo connessioni che esulano dalla mitologia...
Un esempio viene dal mito, argomento ancor più poliedrico di quanti pensassi.
L'insegnante ha infatti introdotto, come strumento di analisi del mito, il “funzionalismo” (*1) di Bronislaw Malinowski (1884-1942). Secondo Malinowski il mito ha una funzione ben precisa: evidenziare, giustificare e legittimare specifici comportamenti che risulteranno poi utili alla società.
Già nei libri iniziali dell'Odissea è più volte presente il concetto di “xenia” ovvero di una dimostrazione di ospitalità che trascende il significato attuale di tale parola: chi accoglie l'ospite gli fa ricchi doni e si sforza in tutte le maniere di soddisfare ogni sua richiesta.
Ecco, secondo l'interpretazione del funzionalismo, questo specifico mito aveva la funzione di rendere la società greca il più ospitale possibile in maniera da favorirne il commercio con gli altri popoli del Mediterraneo.
E adesso arrivo al collegamento che ha solleticato la mia fantasia: il “funzionalismo” si applica ai miti, ma che cosa è un mito? Come scritto in Mito mitologico le possibili definizioni sono molteplici.
In genere associamo al concetto di mito l'antichità e magari la presenza di mostri, dèi ed eroi ma se ci riflettiamo con mente elastica ci si accorge che l'essenza è quella di un racconto codificato, magari usato in specifiche ricorrenze, al quale si attribuisce un particolare valore, magari un insegnamento.
Certo la mia definizione è molto blanda e, anzi, probabilmente più che definire dei miti definisce dei “protomiti”, ovvero dei racconti con la potenzialità di divenire realmente miti.
Vedo in questi protomiti uno degli strumenti usati per, come dice Malinowski, evidenziare, giustificare e legittimare le tante illusioni che contribuiscono a mantenere l'ordine sociale (*2) o, magari, che cercano di influenzarlo...
Due esempi che mi sono venuti a mente dopo aver scoperto il “funzionalismo”: il protomito del '68 e il protomito della Resistenza.
In entrambi i casi l'analisi della vicenda, sul piano prettamente storico, è secondario: ci si concentra invece su un sottoinsiemi di aspetti che si esaltano mentre altri si tacciono. La funzione in questo caso è politica: evidenziare lo spirito di libertà e democratico di una parte per giustificarne una presunta superiorità morale e legittimare quindi la sua ideologia.
Immagino che in un'epoca lontana, dove gli dèi camminavano fra gli uomini e la forma di comunicazione principale erano i racconti della tradizione orale, gli antichi avrebbero potuto trarre delle belle leggende dalla Resistenza, inserendo nei racconti di coraggio e valore anche la dea Libertà e la dea Democrazia che ispirano l'azione degli eroi/partigiani...
Conclusione: in questo caso, un corso con apparentemente poca o nessuna attinenza col mondo attuale, mi ha insegnato a riconoscere i miti per quello che sono, anche quando sono pomposamente celebrati come massime verità...
Quasi quasi, in un prossimo pezzo, voglio vedere di elaborare questo mio concetto di protomito: rimarcarne le differenze col mito vero e proprio e, magari, fare un bella lista di esempi di protomiti...
Ho già molte idee al riguardo!
Nota (*1): il corso è in inglese ma io adatto sempre i termini chiave incontrati in italiano: questo per dire che, forse, in italiano gli esperti del settore usano parole diverse...
Nota (*2): in effetti anche Harari (v. W Harari), quando affronta la rivoluzione cognitiva, parla della capacità dell'homo sapiens di credere in grande illusioni che permettono a moltitudini di sconosciuti di collaborare insieme (ordine sociale). Ma al posto di “illusioni” Harari avrebbe potuto tranquillamente usare il termine “miti”. Ancora una volta sono tornato al mio chiodo fisso di questi tempi: la capacità di illudersi, di autoingannarsi, quasi volontariamente, che pare connaturata nel DNA dell'uomo.
alla prima stazione
1 ora fa
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