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sabato 13 aprile 2013

Teogumeno

Finalmente ho finito di leggere il ciclo del Nuovo Sole di Gene Wolfe (oltre alla Quinta testa di Cerbero dello stesso autore) che avevo acquistato tempo fa e che tanti grattacapi la sua consegna mi aveva creato (v. SDA).

Ovviamente, come al solito, essendo dei romanzi di avventura, non ne svelo la trama per non sciupare la lettura a chi volesse leggerli per proprio conto.

Sicuramente sono dei bei libri ma temo che lo stile di Gene Wolfe non mi sia congeniale: in tutto ciò che ho letto di suo ci sono delle complicazioni della trama che confinano con l'incomprensibile; è un autore troppo poetico che ama perdersi in magici dettagli mentre io apprezzo molto la logicità dell'insieme. Tanto per fare un esempio, Severian, il protagonista del Ciclo, attraversa nelle sue avventure tutta la Repubblica governata dal misterioso autarca: l'autore ne descrive tanti dettagli ma non si preoccupa di spiegarne la struttura o come faccia a reggersi la sua economia oppure cosa mangino i milioni di abitanti di Nexus, la sua capitale, etc... Ho la sensazione che l'autore proprio non senta nemmeno la necessità di fornire questo genere di spiegazioni che invece, secondo me, sono fondamentali per dare spessore e credibilità a un racconto: non per niente sono un entusiasta di Frank Herbert...

Comunque, chiariamolo subito, questi romanzi sono tutti scritti in maniera eccellente e abbondano di episodi memorabili.
Voglio provare a indicarne uno per libro: nell'Ombra del torturatore spicca la spada del protagonista, Terminus Est, notissima fra gli appassionati di fantasy (io la conoscevo pur non avendo letto questo ciclo!); nell'Artiglio del conciliatore spicca il macabro banchetto costituito dal cadavere arrostito di Thecla, una donna amata da Severian; nella Spada del littore mi ha colpito l'inaspettata quanto improvvisa morte di un bambino salvato da Severian (ricordo di essere tornato indietro a rileggere per vedere se avevo capito bene!); più difficile scegliere nella Cittadella dell'autarca: probabilmente il racconto dell'asciano (“La storia del leale al gruppo del diciassette – L'uomo giusto”) tutto scritto per mezzo dei motti politici (e nonostante la traduzione “in linea” bisogna faticare non poco per capirne l'interpretazione!) attraverso i quali si esprimono gli abitanti di Ascia; infine, in Urth del Nuovo Sole, resta impressa la colossale nave cosmica che naviga attraverso lo spazio e il tempo...

Caratteristica di questi libri sono gli strani vocaboli impiegati (lo si può notare già dai titoli). Il motivo è che l'autore (Gene Wolfe) ha trovato e dovuto tradurre il manoscritto del ciclo proveniente da un lontano futuro (oppure da un'altra dimensione o da un altro universo!) e, per la traduzione, si è dovuto “arrangiare” usando termini non completamente esatti ma che più o meno, secondo lui, si avvicinano al significato del testo originale. Sicuramente l'effetto, al di là dell'espediente stilistico, è affascinante!
Più o meno con lo stesso scopo abbondano i neologismi inventati da Gene Wolfe: quello che mi ha più colpito è il “teogumeno”, una specie di divino demiurgo attraverso il quale si esprime la potenza di Dio, ma che a me ricorda un banale energumeno...

In conclusione si tratta di un buon ciclo che, anzi, persone con gusti diversi dai miei potrebbero anche trovare ottimo. Io lo consiglio con l'avvertenza che si tratta di libri inusuali, dove la storia principale è inframmezzata da vari racconti (che niente hanno a che fare con la trama) e perfino da una commedia! Poi ci sono numerose digressioni che richiedono una buona attenzione per essere apprezzate: insomma non dei libri per tutti...

Nota (*1): i libri che ho letto erano tutti editi da Fanucci nel 2012 e tradotti da Viviana Viviani (omonima di mia zia!) tranne il quarto della serie, La cittadella dell'autarca che avevo da molti anni e fu stampato dalla Editrice Nord nel 1984 e tradotto da Annarita Guarnieri. Tutti i libri mi sono sembrati ben tradotti ma, nell'ultimo volume (Urth del nuovo sole), ci sono moltissimi refusi, anche evidentissimi, che danno l'impressione che nessuno si sia preoccupato di rileggerlo: peccato...

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