Ho finito di vedere una breve serie intitolata La regina degli scacchi: ero un po’ scettico perché, da ex scacchista, temevo di rimanere deluso se il gioco non fosse stato rappresentato adeguatamente. E in genere, in una quantità spropositata di film, si ha la scacchiera ruotata erroneamente di 90 gradi e/o il re e la regina invertiti! Talvolta poi i pezzi sembrano poi buttati a casaccio sulla scacchiera...
Fortunatamente però, in questo caso, gli scacchi sono stati resi abbastanza bene: soprattutto l’atmosfera del torneo è stata catturata realisticamente.
I dettagli che non tornano (che ho notato!) sono invece i seguenti:
- chi vince più alla svelta non è più bravo di chi impiega ore: è semmai, al massimo, un’indicazione della scarsa abilità dell’avversario!
- Gli scacchisti a volte pensano per decine di minuti su una sola mossa: nella serie invece sembrava giocassero delle lampo.
- Negli scacchi esiste anche il pari (chiamato “patta”) ed è, specialmente ad alto livello, il risultato più probabile.
- Sarebbero da ricontrollare tutte le inquadrature con gli orologi: 1. non sono sicuro che si muovessero e che fossero coerenti col tempo passato; 2. l’orologio sta alla destra del giocatore col nero mentre invece, per motivi cinematografici (ostacola la vista della scacchiera), era sempre sullo stesso lato.
- Un professionista non rimane traumatizzato da una sconfitta! Anche il Campione del Mondo perde qualche volta: fa parte del gioco. Poi certo esisteranno anche dei casi patologici ma queste persone non avrebbero un carattere adatto agli scacchi e non potrebbero farvi carriera…
- Non sono nemmeno sicuro che per aggiornare una partita (come accade nell’ultima puntata) si facesse come mostrato nella serie: credo ci fossero regole ben precise in base a tempo e mosse effettuate: ma di questo non sono sicuro dato che negli scacchi moderni non si aggiornano più le partite.
- Negli USA, immagino, correttamente usano la notazione inglese per indicare le mosse ma nel torneo a Parigi e (credo) in Russia avrebbero dovuto usare la notazione algebrica. Ma magari l’hanno fatto: dovrei ricontrollare con più attenzione (*1)...
Nel complesso però tutte cosine minori: secondo me l’atmosfera è stata centrata ed è questo l’aspetto più importante.
Comunque qualche altro “tipo” da scacchiera l’avrebbero potuto mettere e sarebbe stato divertente: per esempio ci poteva essere il giocatore che pensa tantissimo e poi perde per il tempo (nella serie non succede mai), o quello che non ti guarda mai in faccia e scuote la testa, o quello che si alza di continuo, o quello che ha bibite e spuntini con sé (beh, nei tornei di basso livello che facevo io c’erano: può darsi che in passato e negli USA non fosse permesso), o l’individuo “chiaramente” matto con tic e stranezze varie…
Sarebbe stato divertente!
Ecco sì, in effetti l’unica rappresentazione sviante degli scacchi è la rapidità: gli scacchi sono MOLTO lenti. Le attesa fra una mossa e l’altra sono lunghissime (a parte nell’apertura, o in qualche sequenza forzata o quando il tempo è agli sgoccioli). Capisco che nel romanzo, da cui la serie è stata tratta, ciò non fosse facilmente rappresentabile ma in video si poteva fare: inquadratura dell’avversario che pensa immobile e/o orologio col tempo che passa alternata alla faccia sempre più annoiata e distratta della protagonista che aspetta ed ecco che, in pochi fotogrammi, si poteva rendere l’idea di una lunga attesa…
Comunque lo consiglio: è adatto a tutti, non si tratta di una serie sugli scacchi anche se essi, ovviamente, hanno un ruolo importante. Piacevolissimo!
Conclusione: mi ha fatto tornare voglia di giocare a scacchi!
Nota (*1): mentre guardavo la serie non cercavo errori e non ho mai messo in pausa per controllare le posizioni sulla scacchiera: per esempio in una posizione data come di matto (con la torre che mattava il re nella casa adiacente essendo protetta da alfiere) mi sembrava ci fosse un cavallo che avrebbe potuto catturare il pezzo che dava scacco. Ma sistematicamente la regia evitava accuratamente di mostrare l’intera scacchiera probabilmente per nascondere eventuali incongruenze…
sabato 31 ottobre 2020
venerdì 30 ottobre 2020
Sulla religione
Mi chiedo che idea do del mio rapporto con la religione. In effetti ne scrivo relativamente spesso e leggo libri piuttosto pesanti e, magari, di nicchia. È quindi evidente un mio interesse nei suoi confronti.
È vero: la religione mi interessa ma il motivo profondo del mio interesse non è un intenso conflitto interiore fra, per esempio, fede e ragione ma qualcosa di molto più prosaico.
La religione mi diverte! Soprattutto i conflitti su piccoli dettagli di interpretazione, magari di un singolo versetto del Vangelo, oppure le dispute ideologie con gli eretici, non mancano di suscitarmi un sorriso.
Quando leggo argomentazioni acute e profonde per sostenere un qualche principio dogmatico ridacchio fra me e me: “che spreco di tempo e intelligenza!” penso; e magari mi diverto a scovarne l’errore: in genere una qualche premessa traballante assunta come assioma assoluto…
Quando leggo un libro che tratta di religione lo faccio per intrattenermi e non perché mi illuda di ricavarne chissà quale profonda intuizione: ovviamente mi interessano gli aspetti storici, psicologici e sociali, quelli sì li studio con grande attenzione, ma in genere non aspiro a ricercarvi un aiuto per le mie riflessioni più profonde.
In realtà non prendo per niente sul serio la religione: la considero solo alla stregua di una superstizione che protegge gli uomini dalle loro naturali paure.
Neppure, a parte oggi, perdo tempo a esporre le mie perplessità tanto la questione mi sembra palese e secondaria.
Considero la religione un parapotere con un particolare tipo di forza (la sua autorità morale sui propri fedeli) e specifiche funzioni utili (rassicurare gli uomini e dare stabilità alla società) e niente di più: questa sono le sue dimensioni significative; invece i suoi aspetti più trascendenti mi paiono favole divertenti e talvolta, ma non sempre, istruttive.
Per lo stesso motivo mi è indifferente la religione altrui: la rispetto in quanto argomento sensibile per il singolo, evitando di parlarne o di accennare a dubbi su specifiche questioni. Preferisco evitare di aprire una discussione che non avrei assolutamente voglia di portare avanti data, dal mio punto di vista, la sua assoluta futilità. Per me la religione equivale a una preferenza che, se non oltrepassa il confine col fanatismo, è in genere innocua e irrilevante.
Non sento neppure il bisogno di “far aprire” gli occhi agli altri tanto la religione è al di sotto del mio interesse. E del resto devo essere coerente con me stesso: anche io ho la mia idiosincrasia. Evito infatti di passare sotto una scala perché credo che porti sfortuna. Allo stesso modo quindi perché dovrei criticare chi crede in Dio, nel Paradiso o nell’Inferno? Sarebbe crudele: come dire a un bambino che Babbo Natale non esiste…
Conclusione: beh, ci sarebbe in verità qualche altra osservazione da fare sul mio rapporto con la religione ma preferisco non divagare...
È vero: la religione mi interessa ma il motivo profondo del mio interesse non è un intenso conflitto interiore fra, per esempio, fede e ragione ma qualcosa di molto più prosaico.
La religione mi diverte! Soprattutto i conflitti su piccoli dettagli di interpretazione, magari di un singolo versetto del Vangelo, oppure le dispute ideologie con gli eretici, non mancano di suscitarmi un sorriso.
Quando leggo argomentazioni acute e profonde per sostenere un qualche principio dogmatico ridacchio fra me e me: “che spreco di tempo e intelligenza!” penso; e magari mi diverto a scovarne l’errore: in genere una qualche premessa traballante assunta come assioma assoluto…
Quando leggo un libro che tratta di religione lo faccio per intrattenermi e non perché mi illuda di ricavarne chissà quale profonda intuizione: ovviamente mi interessano gli aspetti storici, psicologici e sociali, quelli sì li studio con grande attenzione, ma in genere non aspiro a ricercarvi un aiuto per le mie riflessioni più profonde.
In realtà non prendo per niente sul serio la religione: la considero solo alla stregua di una superstizione che protegge gli uomini dalle loro naturali paure.
Neppure, a parte oggi, perdo tempo a esporre le mie perplessità tanto la questione mi sembra palese e secondaria.
Considero la religione un parapotere con un particolare tipo di forza (la sua autorità morale sui propri fedeli) e specifiche funzioni utili (rassicurare gli uomini e dare stabilità alla società) e niente di più: questa sono le sue dimensioni significative; invece i suoi aspetti più trascendenti mi paiono favole divertenti e talvolta, ma non sempre, istruttive.
Per lo stesso motivo mi è indifferente la religione altrui: la rispetto in quanto argomento sensibile per il singolo, evitando di parlarne o di accennare a dubbi su specifiche questioni. Preferisco evitare di aprire una discussione che non avrei assolutamente voglia di portare avanti data, dal mio punto di vista, la sua assoluta futilità. Per me la religione equivale a una preferenza che, se non oltrepassa il confine col fanatismo, è in genere innocua e irrilevante.
Non sento neppure il bisogno di “far aprire” gli occhi agli altri tanto la religione è al di sotto del mio interesse. E del resto devo essere coerente con me stesso: anche io ho la mia idiosincrasia. Evito infatti di passare sotto una scala perché credo che porti sfortuna. Allo stesso modo quindi perché dovrei criticare chi crede in Dio, nel Paradiso o nell’Inferno? Sarebbe crudele: come dire a un bambino che Babbo Natale non esiste…
Conclusione: beh, ci sarebbe in verità qualche altra osservazione da fare sul mio rapporto con la religione ma preferisco non divagare...
giovedì 29 ottobre 2020
Infetti al lavoro
Ci pensavo da qualche giorno: secondo me un altro motivo per cui il covid-19 si diffonde è che parecchi paucisintomatici, lavoratori autonomi, preferiscono evitare di farsi il tampone per non rischiare di essere messi in quarantena perdendo così la possibilità di lavorare.
Ovviamente sbagliano in quanto rischiano di infettare, potenzialmente con esiti mortali, tutte le persone con cui vengono in contatto. Allo stesso tempo però il loro comportamento è comprensibile: se lo Stato non ti supporta con degli indennizzi adeguati, assumendosi il costo della sicurezza collettiva, allora il singolo lavoratore scarica il potenziale pericolo sugli altri.
La morale, non sorprendentemente, è che la povertà favorisce la malattia non la salute.
Da FB - 30/10/2020
«In teoria tutti sono favorevoli al rispetto e alla tolleranza ma basta navigare su FB per rendersi conto quanto tali principi siano professati solo a parole ma non realmente creduti.
Di solito i messaggi (ovviamente mi riferisco a quelli che abbiano un minimo di contenuto ideologico) sono: “le cose stanno così e chi la pensa diversamente da me è un cretino/fascista/negazionista/ignorante/etc”.
Sarebbe invece più costruttivo un approccio del tipo: “Io la penso così: e voi? E perché?”.
Insomma le reti sociali potrebbero essere un luogo dove dialogare e scambiarci idee mentre invece finiscono per essere dei ring dove si sfoga sterilmente la propria frustrazione: dove, schiumando rabbia, si sbraita che gli altri sbagliano e che solo noi capiamo tutto. Dove magari si raccolgono un pugno di consensi senza rendersi conto di allontanarne il doppio…
Ma a FB, col suo meccanismo del “like”, va bene così: il suo scopo è profilare gli utenti e in questa maniera vi riesce molto più facilmente...»
Così ho scritto stamani su FB: al momento ho raccattato ben 1 “mi piace”.
Cinghiale mutaforma - 3/11/2020
Stanotte ho sognato un cinghiale mannaro che aveva deciso di uccidermi!
Non entro nei dettagli (comunque difficili da ricordare perché c’è stata poca azione e molto dialogo) ma voglio evidenziare solo un passaggio buffo/curioso:
Per guadagnare tempo cercavo di far parlare il cinghiale mannaro e così gli ho chiesto se fra i miei vicini vi fossero altri mutaforma. Lui mi ha risposto di sì: una mia vicina era, secondo lui, in grado di trasformarsi in una “cavigliera”! Io, non ricordo se l’ho solo guardato perplesso o se gliel’ho chiesto direttamente, ma poi ha aggiunto “per la lingua”. Di nuovo sono rimasto interdetto: ho abbozzato l’ipotesi che l’avesse definita “cavigliera” per la forma ma, prima che mi rendessi conto dell’assurdità, ha aggiunto di nuovo: “serve per tenere in posizione le braccia”.
E qui mi sono perso del tutto!
Ecco com’è possibile che la mente si scinda in due in questa maniera? Da una parte il mio solito io, relativamente razionale anche nel sonno, ma dall’altra una specie di generatore di assurdità…
Se qualcuno crede alla cabala provi a giocare i numeri relativi a cavigliera (o magari caviglia), lingua e braccia: terno secco sulla ruota di Firenze.
Gremlini - 8/11/2020
Ho rivisto Gremlins di Spielberg: è invecchiato malissimo!
Trama non pervenuta: si basa tutto sui dispetti e le vicissitudini dei gremlini (dei mostriciattoli verdi che si moltiplicano con l’acqua!).
Il problema è che la meraviglia provata da bambino si è trasformata in noia alla vista di tanti pupazzi animati…
Elezioni USA - 8/11/2020
Non conosco Biden: da quello che ho capito è un vecchio burocrate che doveva essere destinato alla sconfitta.
Già perché, al di là dei presunti brogli, Trump ha perso solo perché non ha saputo gestire la pandemia: ho il sospetto che sia stato perfino consigliato male e che, probabilmente, anche nel partito repubblicano volevano toglierselo di torno…
Mi fa sorridere l’esaltazione di Biden nei media: viene presentato come l’uomo della novità che ha sconfitto il “fascistoide” Trump. Ma Biden, come ha scritto un mio amico su FB, di sinistra ha solo la mano!
Ovviamente sbagliano in quanto rischiano di infettare, potenzialmente con esiti mortali, tutte le persone con cui vengono in contatto. Allo stesso tempo però il loro comportamento è comprensibile: se lo Stato non ti supporta con degli indennizzi adeguati, assumendosi il costo della sicurezza collettiva, allora il singolo lavoratore scarica il potenziale pericolo sugli altri.
La morale, non sorprendentemente, è che la povertà favorisce la malattia non la salute.
Da FB - 30/10/2020
«In teoria tutti sono favorevoli al rispetto e alla tolleranza ma basta navigare su FB per rendersi conto quanto tali principi siano professati solo a parole ma non realmente creduti.
Di solito i messaggi (ovviamente mi riferisco a quelli che abbiano un minimo di contenuto ideologico) sono: “le cose stanno così e chi la pensa diversamente da me è un cretino/fascista/negazionista/ignorante/etc”.
Sarebbe invece più costruttivo un approccio del tipo: “Io la penso così: e voi? E perché?”.
Insomma le reti sociali potrebbero essere un luogo dove dialogare e scambiarci idee mentre invece finiscono per essere dei ring dove si sfoga sterilmente la propria frustrazione: dove, schiumando rabbia, si sbraita che gli altri sbagliano e che solo noi capiamo tutto. Dove magari si raccolgono un pugno di consensi senza rendersi conto di allontanarne il doppio…
Ma a FB, col suo meccanismo del “like”, va bene così: il suo scopo è profilare gli utenti e in questa maniera vi riesce molto più facilmente...»
Così ho scritto stamani su FB: al momento ho raccattato ben 1 “mi piace”.
Cinghiale mutaforma - 3/11/2020
Stanotte ho sognato un cinghiale mannaro che aveva deciso di uccidermi!
Non entro nei dettagli (comunque difficili da ricordare perché c’è stata poca azione e molto dialogo) ma voglio evidenziare solo un passaggio buffo/curioso:
Per guadagnare tempo cercavo di far parlare il cinghiale mannaro e così gli ho chiesto se fra i miei vicini vi fossero altri mutaforma. Lui mi ha risposto di sì: una mia vicina era, secondo lui, in grado di trasformarsi in una “cavigliera”! Io, non ricordo se l’ho solo guardato perplesso o se gliel’ho chiesto direttamente, ma poi ha aggiunto “per la lingua”. Di nuovo sono rimasto interdetto: ho abbozzato l’ipotesi che l’avesse definita “cavigliera” per la forma ma, prima che mi rendessi conto dell’assurdità, ha aggiunto di nuovo: “serve per tenere in posizione le braccia”.
E qui mi sono perso del tutto!
Ecco com’è possibile che la mente si scinda in due in questa maniera? Da una parte il mio solito io, relativamente razionale anche nel sonno, ma dall’altra una specie di generatore di assurdità…
Se qualcuno crede alla cabala provi a giocare i numeri relativi a cavigliera (o magari caviglia), lingua e braccia: terno secco sulla ruota di Firenze.
Gremlini - 8/11/2020
Ho rivisto Gremlins di Spielberg: è invecchiato malissimo!
Trama non pervenuta: si basa tutto sui dispetti e le vicissitudini dei gremlini (dei mostriciattoli verdi che si moltiplicano con l’acqua!).
Il problema è che la meraviglia provata da bambino si è trasformata in noia alla vista di tanti pupazzi animati…
Elezioni USA - 8/11/2020
Non conosco Biden: da quello che ho capito è un vecchio burocrate che doveva essere destinato alla sconfitta.
Già perché, al di là dei presunti brogli, Trump ha perso solo perché non ha saputo gestire la pandemia: ho il sospetto che sia stato perfino consigliato male e che, probabilmente, anche nel partito repubblicano volevano toglierselo di torno…
Mi fa sorridere l’esaltazione di Biden nei media: viene presentato come l’uomo della novità che ha sconfitto il “fascistoide” Trump. Ma Biden, come ha scritto un mio amico su FB, di sinistra ha solo la mano!
Prezzolini deludente
Come ho già avuto modo di accennare ho iniziato a leggere “Italia fragile” di Prezzolini.
Avevo diverse sue opere in libreria ma ho scelto questa perché l’ha scritta a 94 anni e, immagino, la si possa pensare come una sorta di testamento spirituale: si tratta infatti di una serie di articoli che spaziano su vari argomenti più o meno collegati all’Italia.
Ero molto curioso perché avevo sentito citare spesso Prezzolini e avevo quindi voglia di farmene un’idea diretta. Beh, sono più o meno ai 2/3 del libro e al momento sono profondamente deluso.
Secondo me una buona idea della grandezza di un intellettuale la si può ricavare da quanto le sue idee resistono alla prova del tempo. Flaiano e ancor di più Pasolini mi sono apparsi attualissimi, con intuizioni profonde che diventano pienamente comprensibili solo adesso, dopo oltre 50 anni.
Invece la quasi totalità degli argomenti di Prezzolini mi sono sembrati superati e, spesso, sconfessati dai fatti. Un capitolo sull’informazione fa quasi tenerezza per il suo buon senso superficiale che però già dopo pochi decenni sarà completamente smentiti dalla realtà.
Non ho voglia di ricopiare le sue parole ma in pratica afferma che non è un problema se un giornale viene acquistato da una multinazionale perché se il nuovo editore falsa le notizie allora semplicemente i lettori acquisteranno altri quotidiani: è quindi nell’interesse dell’editore raccontare la realtà nella maniera più oggettiva possibile.
I fatti hanno dimostrato che già da oltre 30 anni le cose non vanno così ma all'esatto contrario. I motivi sono sostanzialmente due: 1. i lettori non sono capaci di rendersi conto se un giornale racconta loro la verità (o almeno una sua umana approssimazione) oppure no (specialmente quando poi tutti i principali media ripetono le stesse cose con soli piccole diversità d’accento); 2. alla multinazionale che possiede un giornale può convenire raccontare il falso, anche al prezzo di perdere credibilità e quindi lettori, in cambio di favori dal potere politico.
In realtà, lo capii dopo poche pagine, Prezzolini nel suo lungo soggiorno negli USA, si è imbevuto della mentalità iper liberista che sarebbe divenuta dominante dagli anni ‘90 in poi (e forse è tutta qui la sua "grandezza"). È alla luce di questi principi che giudica tutto: meglio il privato del pubblico, male la spesa pubblica, il debito dello Stato un disastro, gli scioperi sono ancora peggio, le pensioni sono troppo alte, la sanità pubblica è insostenibile etc.
A questa base ideologica si sovrappone poi una religiosità abbastanza bigotta con venature di razzismo “leggero” (nel senso che neppure se ne rende conto) che oggi sarebbe considerato “pesante”.
Comunque, finalmente, arrivato a circa i 2/3 dell’opera, ho trovato per la prima volta uno spunto interessante e che mi pare profondo.
Il capitolo è sul divorzio e Prezzolini mi pare piuttosto dibattuto: la sua natura religiosa gli dice che il divorzio è sbagliato ma la sua cultura americanizzata lo ha talmente abituato a esso che non se la sente di scriverne contro. Alla fine, per cavarsi d’impaccio, finisce per dare la colpa al matrimonio!
E qui viene l’osservazione che mi è piaciuta: per gran parte della storia umana e in tutte le culture il matrimonio è stato un atto razionale, una specie di affare, un contratto che metteva insieme interessi diversi. Se poi l’amore c’era, o nasceva nel tempo, tanto meglio: ma non era fondamentale.
Anche in passato i matrimoni potevano fallire ma erano basati sulla ragione e sulla comunità d’interessi: adesso invece i matrimoni sono basati sulla passione amorosa che però è di gran lunga meno stabile ed effimera.
Ecco quindi perché, secondo Prezzolini, i matrimoni di oggi sono molto meno solidi che in passato.
Io credo che, al netto di tanti “se” e di varie semplificazioni storiche e sociali, l’intuizione di Prezzolini sia sostanzialmente corretta. L’amore è probabilmente un sentimento che ha lo scopo di cementare la coppia soprattutto dopo la nascita dei figli ma senza compatibilità di carattere, di interessi, di obiettivi, di visione del mondo è una fondamenta fragile.
Conclusione: è possibile che Prezzolini abbia dato il suo meglio negli anni ‘20, magari riuscendo a intuire cosa sarebbe accaduto nei 50 anni successivi ma, se così fosse, credo che avrebbe mantenuto un minimo di questa capacità anche negli anni ‘70 mentre invece così non è.
Comunque mi manca ancora 1/3 a finire il libro: dubito di trovare molte altre idee interessanti ma vedremo…
Avevo diverse sue opere in libreria ma ho scelto questa perché l’ha scritta a 94 anni e, immagino, la si possa pensare come una sorta di testamento spirituale: si tratta infatti di una serie di articoli che spaziano su vari argomenti più o meno collegati all’Italia.
Ero molto curioso perché avevo sentito citare spesso Prezzolini e avevo quindi voglia di farmene un’idea diretta. Beh, sono più o meno ai 2/3 del libro e al momento sono profondamente deluso.
Secondo me una buona idea della grandezza di un intellettuale la si può ricavare da quanto le sue idee resistono alla prova del tempo. Flaiano e ancor di più Pasolini mi sono apparsi attualissimi, con intuizioni profonde che diventano pienamente comprensibili solo adesso, dopo oltre 50 anni.
Invece la quasi totalità degli argomenti di Prezzolini mi sono sembrati superati e, spesso, sconfessati dai fatti. Un capitolo sull’informazione fa quasi tenerezza per il suo buon senso superficiale che però già dopo pochi decenni sarà completamente smentiti dalla realtà.
Non ho voglia di ricopiare le sue parole ma in pratica afferma che non è un problema se un giornale viene acquistato da una multinazionale perché se il nuovo editore falsa le notizie allora semplicemente i lettori acquisteranno altri quotidiani: è quindi nell’interesse dell’editore raccontare la realtà nella maniera più oggettiva possibile.
I fatti hanno dimostrato che già da oltre 30 anni le cose non vanno così ma all'esatto contrario. I motivi sono sostanzialmente due: 1. i lettori non sono capaci di rendersi conto se un giornale racconta loro la verità (o almeno una sua umana approssimazione) oppure no (specialmente quando poi tutti i principali media ripetono le stesse cose con soli piccole diversità d’accento); 2. alla multinazionale che possiede un giornale può convenire raccontare il falso, anche al prezzo di perdere credibilità e quindi lettori, in cambio di favori dal potere politico.
In realtà, lo capii dopo poche pagine, Prezzolini nel suo lungo soggiorno negli USA, si è imbevuto della mentalità iper liberista che sarebbe divenuta dominante dagli anni ‘90 in poi (e forse è tutta qui la sua "grandezza"). È alla luce di questi principi che giudica tutto: meglio il privato del pubblico, male la spesa pubblica, il debito dello Stato un disastro, gli scioperi sono ancora peggio, le pensioni sono troppo alte, la sanità pubblica è insostenibile etc.
A questa base ideologica si sovrappone poi una religiosità abbastanza bigotta con venature di razzismo “leggero” (nel senso che neppure se ne rende conto) che oggi sarebbe considerato “pesante”.
Comunque, finalmente, arrivato a circa i 2/3 dell’opera, ho trovato per la prima volta uno spunto interessante e che mi pare profondo.
Il capitolo è sul divorzio e Prezzolini mi pare piuttosto dibattuto: la sua natura religiosa gli dice che il divorzio è sbagliato ma la sua cultura americanizzata lo ha talmente abituato a esso che non se la sente di scriverne contro. Alla fine, per cavarsi d’impaccio, finisce per dare la colpa al matrimonio!
E qui viene l’osservazione che mi è piaciuta: per gran parte della storia umana e in tutte le culture il matrimonio è stato un atto razionale, una specie di affare, un contratto che metteva insieme interessi diversi. Se poi l’amore c’era, o nasceva nel tempo, tanto meglio: ma non era fondamentale.
Anche in passato i matrimoni potevano fallire ma erano basati sulla ragione e sulla comunità d’interessi: adesso invece i matrimoni sono basati sulla passione amorosa che però è di gran lunga meno stabile ed effimera.
Ecco quindi perché, secondo Prezzolini, i matrimoni di oggi sono molto meno solidi che in passato.
Io credo che, al netto di tanti “se” e di varie semplificazioni storiche e sociali, l’intuizione di Prezzolini sia sostanzialmente corretta. L’amore è probabilmente un sentimento che ha lo scopo di cementare la coppia soprattutto dopo la nascita dei figli ma senza compatibilità di carattere, di interessi, di obiettivi, di visione del mondo è una fondamenta fragile.
Conclusione: è possibile che Prezzolini abbia dato il suo meglio negli anni ‘20, magari riuscendo a intuire cosa sarebbe accaduto nei 50 anni successivi ma, se così fosse, credo che avrebbe mantenuto un minimo di questa capacità anche negli anni ‘70 mentre invece così non è.
Comunque mi manca ancora 1/3 a finire il libro: dubito di trovare molte altre idee interessanti ma vedremo…
lunedì 26 ottobre 2020
SsorG HannaH GrosS
Ho voglia di scrivere un po’ a ruota libera: ho vaghe idee di dove andare a parare ma voglio prendermela con calma.
Ricordate il pezzo Serie, film, libro e Netflix dell’altra settimana?
Scrivevo della nuova stagione della serie The haunting ispirata al capolavoro Il giro di vite di Henry James. All’epoca avevo visto solo le prime 2-3 puntate ma ero già fortemente perplesso: beh, la serie è stata molto peggiore delle mie pur basse aspettative!
L’aver aggiunto più personaggi con le loro (inutili) storie non ha arricchito la trama ma al contrario l’ha resa solo più noiosa privandola di un alone di mistero utilissimo a creare la giusta atmosfera d’inquietudine.
A dire il vero non ho ancora finito di guardarla: sono a metà di un’inutile e noiosa penultima puntata che banalizza la storia di un fantasma che da secoli infestava la villa. Curiosamente ciò che “crea” il fantasma non è l’omicidio fra sorelle ma l’appropriarsi delle ricchezze dell’assassinata. Evidentemente nella mentalità americana il furto è più grave dell’omicidio e l’anima risiede nel denaro.
Diciamo poi che la serie era talmente degenerata che alcune scene che avrebbero dovuto spaventarmi mi avevano invece fatto ridere! Per ottenere questo effetto devono andare decisamente storte diverse cose...
La regola generale che se ne può ricavare è che se si prende un capolavoro letterario e lo si modifica per adattarlo al cinema o, come in questo caso, a una serie televisiva, allora più modifiche vi si apportano e più lo si rende peggiore.
Ancora non ho finito di vedere The haunting, per il quale del resto occorre a questo punto anche una buona dose di masochismo, perché nel frattempo ho invece scoperto una serie che mi piace moltissimo e che per la quale sto facendo le ore piccole: Mindhunter…
Proprio mentre la guardavo ho avuto l’idea di cui volevo effettivamente scrivere ma che ancora non ho “digerito” del tutto: la sento mezza espressa nel mio cervello e ora sento il bisogno di tirarla fuori ed esaminarla per bene…
Uno dei personaggi secondari di questa serie è la fidanzata di un agente dell’FBI: non so come si chiama l’attrice, non ho investigato.
Ovviamente la trovo bellissima ma non è tanto l’aspetto fisico quanto quello mentale che mi ha colpito.
Mi rendo conto che il carattere del suo personaggio mi attira molto eppure mi fa anche paura: è una ragazza forte, decisa, sicura di sé e intelligente. Anche i lineamenti sono duri: è squadrata, piuttosto magra e muscolosa, con un seno piccolo, decisamente non materno. Sorride raramente, ma quando lo fa, sono dei fulmini che le illuminano il volto. La voce roca, tranquilla e cadenzata.
Ma più interessante credo sia cosa mi fa “paura” di lei: questa è un’emozione più sottile che faccio fatica a identificare. Credo, scusate se sottolineo continuamente la mia incertezza, che dipenda dalla sicurezza che non potrei mai piacere a una ragazza di questo tipo: di suo non mi noterebbe mai e, se in qualche maniera mi proponessi a lei, mi respingerebbe duramente e io ne soffrirei.
Ecco, perché un’altra sensazione che mi dà, è quella di crudeltà e insensibilità: l’immagino facilmente armata di fioretto che mi infilza, senza mai sorridermi, il cuore.
Da dove deriva la mia sicurezza di non piacerle? È che me l’immagino attratta da uomini forti, sicuri di sé e altrettanto insensibili con i quali scozzarsi piuttosto che abbracciarsi. Una persona con poche emozioni ben controllate e che certo non vuole il fardello di condividere quelle altrui.
E io non mi vedo forte e sicuro di me? È strano: in realtà io ho un’ottima opinione di me stesso, ho un carattere molto forte e sono forse addirittura troppo sicuro delle mie idee. Eppure sono altrettanto sicuro che queste mie caratteristiche non siano riconosciute né, conseguentemente, apprezzate.
In parte un problema è che ho un estremo rispetto per la volontà e le idee altrui: cerco prima di capire le idee altrui piuttosto che opporvi le mie; di sicuro non cerco mai di condizionare, neppure minimamente, la volontà altrui. Questo mio approccio si può facilmente confondere con debolezza: la differenza la scoprite se cercate di convincermi di qualcosa che non mi torna o di farmi fare qualcosa che non voglio: auguri, perché ne avrete bisogno!
Sì, alla fine credo che il mio atteggiamento possa essere facilmente frainteso se giudicato superficialmente: aggiungiamo poi che il mio aspetto da piccolo sgorbio non mi aiuta nell’impatto iniziale e la mia ironia è troppo cervellotica per essere immediatamente apprezzabile.
E la ragazza in questione, almeno così come io me l’immagino, è sì intelligente ma è anche rapida nei suoi giudizi: non ha la pazienza né la curiosità di scendere in profondità: giudica quello che vede e rapidamente arriva a un sì o un no: non ha incertezze, sa quello che vuole, ed evita i dubbi.
In realtà dovrei chiedermi perché mi sento attratto da una donna che ho definito qualche paragrafo fa crudele e insensibile: beh, in realtà non è la crudeltà o l’insensibilità che mi attraggono: è che in questo caso sarebbero delle inevitabili conseguenze del suo carattere applicato alla mia persona.
Sarebbe crudele con me solo perché partirebbe dal presupposto che è bene troncare immediatamente qualunque mia speranza in una possibile futura relazione con lei: alla lunga, penserebbe, ne soffrirei maggiormente mentre invece se mi respinge subito potrei “andare avanti” senza perdere tempo io né, soprattutto, facendoglielo perdere a lei. Analogamente la sua insensibilità, ovvero mancanza di comprensione delle mie caratteristiche più profonde, sarebbe dovuta non a una carenza emotiva quanto all’impazienza, alla velocità nel giudizio, allo scartarmi subito invece che nel tentare di conoscermi meglio.
Addirittura la mia “paura” è tale che nemmeno mi viene in mente di eleggere tale ragazza al rango di “fidanzata virtuale”: anche per la mia fantasia è troppo dolorosa!
Non ho scritto della sensibilità: io credo di esserlo anche troppo in effetti. Emozioni profonde che a freddo, come adesso, riesco ad analizzare credo piuttosto esattamente ma che sul momento mi possono travolgere. Ma apprezzo le mie emozioni: che resta di una persona puramente razionale? Troppo poco per essere interessante o per avere intuizioni profonde o una creatività visionaria: sono persone adatte a un mondo limitato, a quello delle apparenze superficiali, dove magari riusciranno a fare molta strada nella società ma che in realtà senza arrivare da nessuna parte nel percorso, più importante, di crescita interiore. Ma almeno, prive di dubbi e incertezze, saranno felici o, almeno, si illuderanno facilmente di esserlo. Probabilmente sarebbe perfino malvagio cercare di svegliarle dal loro sonno.
C’è da dire che nella serie Mindhunter si descrivono vari assassini seriali: ogni tanto hanno qualche caratteristica che mi sembra di condividere ma c’è anche una differenza enorme: la maggior parte degli assassini seriali da bambini maltrattavano o torturavano gli animali mentre io ho sempre nutrito un amore profondo per essi. Quindi se come si trattano gli animali da bambini è una misura della sensibilità da adulti io allora parto da una buona base!
Quindi? Se il lettore è confuso non si preoccupi: lo sono anch’io!
Eppure mi pare strano che io sia attratto proprio da quelle personalità che, almeno apparentemente, meno vogliono avere a che fare con me. Mi chiedo se inconsciamente io cerchi relazioni improbabili e, proprio per questo, con poco rischio di concretizzarsi in qualcosa di serio: quest’idea apparentemente contraddittoria mi è venuta notando che le poche donne che hanno mostrato interesse nei miei confronti hanno contemporaneamente raffreddato il mio interesse per loro: c’è da dire che in questi casi la mia attenzione nei loro era comunque tiepida anche in partenza.
Bo… ci sarebbero da fare altre riflessioni ma mi pare di aver già scritto abbastanza per oggi…
Conclusione: ah, il titolo… beh alla fine mi sono incuriosito e ho cercato il nome dell’attrice che mi era piaciuta: ho scoperto un collegamento piuttosto curioso col Giro di vite…
Ricordate il pezzo Serie, film, libro e Netflix dell’altra settimana?
Scrivevo della nuova stagione della serie The haunting ispirata al capolavoro Il giro di vite di Henry James. All’epoca avevo visto solo le prime 2-3 puntate ma ero già fortemente perplesso: beh, la serie è stata molto peggiore delle mie pur basse aspettative!
L’aver aggiunto più personaggi con le loro (inutili) storie non ha arricchito la trama ma al contrario l’ha resa solo più noiosa privandola di un alone di mistero utilissimo a creare la giusta atmosfera d’inquietudine.
A dire il vero non ho ancora finito di guardarla: sono a metà di un’inutile e noiosa penultima puntata che banalizza la storia di un fantasma che da secoli infestava la villa. Curiosamente ciò che “crea” il fantasma non è l’omicidio fra sorelle ma l’appropriarsi delle ricchezze dell’assassinata. Evidentemente nella mentalità americana il furto è più grave dell’omicidio e l’anima risiede nel denaro.
Diciamo poi che la serie era talmente degenerata che alcune scene che avrebbero dovuto spaventarmi mi avevano invece fatto ridere! Per ottenere questo effetto devono andare decisamente storte diverse cose...
La regola generale che se ne può ricavare è che se si prende un capolavoro letterario e lo si modifica per adattarlo al cinema o, come in questo caso, a una serie televisiva, allora più modifiche vi si apportano e più lo si rende peggiore.
Ancora non ho finito di vedere The haunting, per il quale del resto occorre a questo punto anche una buona dose di masochismo, perché nel frattempo ho invece scoperto una serie che mi piace moltissimo e che per la quale sto facendo le ore piccole: Mindhunter…
Proprio mentre la guardavo ho avuto l’idea di cui volevo effettivamente scrivere ma che ancora non ho “digerito” del tutto: la sento mezza espressa nel mio cervello e ora sento il bisogno di tirarla fuori ed esaminarla per bene…
Uno dei personaggi secondari di questa serie è la fidanzata di un agente dell’FBI: non so come si chiama l’attrice, non ho investigato.
Ovviamente la trovo bellissima ma non è tanto l’aspetto fisico quanto quello mentale che mi ha colpito.
Mi rendo conto che il carattere del suo personaggio mi attira molto eppure mi fa anche paura: è una ragazza forte, decisa, sicura di sé e intelligente. Anche i lineamenti sono duri: è squadrata, piuttosto magra e muscolosa, con un seno piccolo, decisamente non materno. Sorride raramente, ma quando lo fa, sono dei fulmini che le illuminano il volto. La voce roca, tranquilla e cadenzata.
Ma più interessante credo sia cosa mi fa “paura” di lei: questa è un’emozione più sottile che faccio fatica a identificare. Credo, scusate se sottolineo continuamente la mia incertezza, che dipenda dalla sicurezza che non potrei mai piacere a una ragazza di questo tipo: di suo non mi noterebbe mai e, se in qualche maniera mi proponessi a lei, mi respingerebbe duramente e io ne soffrirei.
Ecco, perché un’altra sensazione che mi dà, è quella di crudeltà e insensibilità: l’immagino facilmente armata di fioretto che mi infilza, senza mai sorridermi, il cuore.
Da dove deriva la mia sicurezza di non piacerle? È che me l’immagino attratta da uomini forti, sicuri di sé e altrettanto insensibili con i quali scozzarsi piuttosto che abbracciarsi. Una persona con poche emozioni ben controllate e che certo non vuole il fardello di condividere quelle altrui.
E io non mi vedo forte e sicuro di me? È strano: in realtà io ho un’ottima opinione di me stesso, ho un carattere molto forte e sono forse addirittura troppo sicuro delle mie idee. Eppure sono altrettanto sicuro che queste mie caratteristiche non siano riconosciute né, conseguentemente, apprezzate.
In parte un problema è che ho un estremo rispetto per la volontà e le idee altrui: cerco prima di capire le idee altrui piuttosto che opporvi le mie; di sicuro non cerco mai di condizionare, neppure minimamente, la volontà altrui. Questo mio approccio si può facilmente confondere con debolezza: la differenza la scoprite se cercate di convincermi di qualcosa che non mi torna o di farmi fare qualcosa che non voglio: auguri, perché ne avrete bisogno!
Sì, alla fine credo che il mio atteggiamento possa essere facilmente frainteso se giudicato superficialmente: aggiungiamo poi che il mio aspetto da piccolo sgorbio non mi aiuta nell’impatto iniziale e la mia ironia è troppo cervellotica per essere immediatamente apprezzabile.
E la ragazza in questione, almeno così come io me l’immagino, è sì intelligente ma è anche rapida nei suoi giudizi: non ha la pazienza né la curiosità di scendere in profondità: giudica quello che vede e rapidamente arriva a un sì o un no: non ha incertezze, sa quello che vuole, ed evita i dubbi.
In realtà dovrei chiedermi perché mi sento attratto da una donna che ho definito qualche paragrafo fa crudele e insensibile: beh, in realtà non è la crudeltà o l’insensibilità che mi attraggono: è che in questo caso sarebbero delle inevitabili conseguenze del suo carattere applicato alla mia persona.
Sarebbe crudele con me solo perché partirebbe dal presupposto che è bene troncare immediatamente qualunque mia speranza in una possibile futura relazione con lei: alla lunga, penserebbe, ne soffrirei maggiormente mentre invece se mi respinge subito potrei “andare avanti” senza perdere tempo io né, soprattutto, facendoglielo perdere a lei. Analogamente la sua insensibilità, ovvero mancanza di comprensione delle mie caratteristiche più profonde, sarebbe dovuta non a una carenza emotiva quanto all’impazienza, alla velocità nel giudizio, allo scartarmi subito invece che nel tentare di conoscermi meglio.
Addirittura la mia “paura” è tale che nemmeno mi viene in mente di eleggere tale ragazza al rango di “fidanzata virtuale”: anche per la mia fantasia è troppo dolorosa!
Non ho scritto della sensibilità: io credo di esserlo anche troppo in effetti. Emozioni profonde che a freddo, come adesso, riesco ad analizzare credo piuttosto esattamente ma che sul momento mi possono travolgere. Ma apprezzo le mie emozioni: che resta di una persona puramente razionale? Troppo poco per essere interessante o per avere intuizioni profonde o una creatività visionaria: sono persone adatte a un mondo limitato, a quello delle apparenze superficiali, dove magari riusciranno a fare molta strada nella società ma che in realtà senza arrivare da nessuna parte nel percorso, più importante, di crescita interiore. Ma almeno, prive di dubbi e incertezze, saranno felici o, almeno, si illuderanno facilmente di esserlo. Probabilmente sarebbe perfino malvagio cercare di svegliarle dal loro sonno.
C’è da dire che nella serie Mindhunter si descrivono vari assassini seriali: ogni tanto hanno qualche caratteristica che mi sembra di condividere ma c’è anche una differenza enorme: la maggior parte degli assassini seriali da bambini maltrattavano o torturavano gli animali mentre io ho sempre nutrito un amore profondo per essi. Quindi se come si trattano gli animali da bambini è una misura della sensibilità da adulti io allora parto da una buona base!
Quindi? Se il lettore è confuso non si preoccupi: lo sono anch’io!
Eppure mi pare strano che io sia attratto proprio da quelle personalità che, almeno apparentemente, meno vogliono avere a che fare con me. Mi chiedo se inconsciamente io cerchi relazioni improbabili e, proprio per questo, con poco rischio di concretizzarsi in qualcosa di serio: quest’idea apparentemente contraddittoria mi è venuta notando che le poche donne che hanno mostrato interesse nei miei confronti hanno contemporaneamente raffreddato il mio interesse per loro: c’è da dire che in questi casi la mia attenzione nei loro era comunque tiepida anche in partenza.
Bo… ci sarebbero da fare altre riflessioni ma mi pare di aver già scritto abbastanza per oggi…
Conclusione: ah, il titolo… beh alla fine mi sono incuriosito e ho cercato il nome dell’attrice che mi era piaciuta: ho scoperto un collegamento piuttosto curioso col Giro di vite…
giovedì 22 ottobre 2020
Languorino di scrittura
Oggi avrei voglia di scrivere: curiosamente questa sensazione non sempre si accompagna con idee su che cosa scrivere!
È un po’ come il famoso “languorino” si ha voglia di sgranocchiare qualcosa ma senza sapere esattamente cosa…
Ci sarebbero sempre i pezzi sul “Wow” e sul “Mongolino” del mese: sono serie in cui rimango regolarmente indietro. Sono anche pezzi che mi piace scrivere ma sono però impegnativi perché devo rileggere molti vecchi pezzi e quindi mi occorre parecchio tempo: non ho voglia di roba pesante che mi rimanga sullo stomaco, vorrei qualcosa di più sfizioso...
L’ideale sarebbe un’altra filippica libera, scrivere per scrivere senza saper bene cosa voglio arrivare a dire: però in questo caso almeno una buona idea di partenza bisognerebbe averla. Insomma al mio “languorino” andrebbe bene del prosciutto crudo solo che in frigo di affettati ho solo mortadella…
E allora mi accontento di uno stuzzichino: a voi lettori resterà indigesto data l’ora ma a me farà bene: mi farà passare la fame e anzi, è possibile che stimoli positivamente il mio “appetito” per altri compiti più impegnativi.
Ebbene sì: sto pensando alla mia Epitome!
Di seguito un rapido aggiornamento che, spero, mi spronerà a continuare nella nuova stesura.
Qualche giorno fa avevo spiegato di aver terminato di apportare la maggior parte delle modifiche che mi ero appuntato negli elenchi delle cose da fare (v. +9...) e che quindi avrei iniziato a pensare alla riscrittura del capitolo 15.
E così ho fatto. Ho cambiato il punto di vista da cui affronto il problema e ho ampliato l’orizzonte aggiungendo un nuovo fondamentale elemento che precedentemente avevo trascurato.
Al momento ho scritto due sottocapitoli abbastanza introduttivi che, in pratica, riassumono idee e concetti già espressi nei capitoli precedenti (con in più la novità di cui sopra).
Adesso sono arrivato al punto critico: fare una sintesi strutturata partendo dalle premesse precedenti.
Il pericolo è quello di perdersi, di divagare entrando in dettagli secondari e dimenticare l’essenza del problema.
Insomma sono arrivato a un passaggio delicato dove devo trovare il giusto equilibrio fra sintesi e dettagli: ho la sensazione che per questo capitolo mi servirà una seconda iterazione oltre all’attuale: non solo formale ma anche di contenuti. Ho introdotto un paio di nuove idee abbastanza “pesanti” e mi ci vorrà del tempo per digerirle del tutto…
Dei vecchi capitoli cercherò di salvare il salvabile: soprattutto il sottocapitolo 15.3 è ricco di idee ma allo stato attuale è quasi completamente privo di una struttura che lo renda utile e fruibile.
Ho idee al riguardo: riorganizzare il materiale nella gerarchia di problematiche che sto definendo… uhm… ci dovrò pensare…
Alla fine non so quanti nuovi contenuti aggiungerò al capitolo perché non mi è nemmeno chiaro quanto taglierò del vecchio. Sicuramente, non per questa versione ma per una successiva, rimane in ballo la possibilità di scinderlo in due parti: ma prima di decidere dovrò valutarne la nuova forma dopo le ultime modifiche…
Conclusione: sì, lo so: probabilmente ai pezzi marcati “Epitome” dovrei aggiungere direttamente anche il marcatore “Peso” ma penso che chi mi segue ormai l’abbia capito da solo e, quindi, salti a piè pari questo tipo di articolo…
Il “languorino” mi è passato e ho un promettente “appetito”, un uzzolo per l’Epitome: da questo punto di vista è stato un pieno successo!
È un po’ come il famoso “languorino” si ha voglia di sgranocchiare qualcosa ma senza sapere esattamente cosa…
Ci sarebbero sempre i pezzi sul “Wow” e sul “Mongolino” del mese: sono serie in cui rimango regolarmente indietro. Sono anche pezzi che mi piace scrivere ma sono però impegnativi perché devo rileggere molti vecchi pezzi e quindi mi occorre parecchio tempo: non ho voglia di roba pesante che mi rimanga sullo stomaco, vorrei qualcosa di più sfizioso...
L’ideale sarebbe un’altra filippica libera, scrivere per scrivere senza saper bene cosa voglio arrivare a dire: però in questo caso almeno una buona idea di partenza bisognerebbe averla. Insomma al mio “languorino” andrebbe bene del prosciutto crudo solo che in frigo di affettati ho solo mortadella…
E allora mi accontento di uno stuzzichino: a voi lettori resterà indigesto data l’ora ma a me farà bene: mi farà passare la fame e anzi, è possibile che stimoli positivamente il mio “appetito” per altri compiti più impegnativi.
Ebbene sì: sto pensando alla mia Epitome!
Di seguito un rapido aggiornamento che, spero, mi spronerà a continuare nella nuova stesura.
Qualche giorno fa avevo spiegato di aver terminato di apportare la maggior parte delle modifiche che mi ero appuntato negli elenchi delle cose da fare (v. +9...) e che quindi avrei iniziato a pensare alla riscrittura del capitolo 15.
E così ho fatto. Ho cambiato il punto di vista da cui affronto il problema e ho ampliato l’orizzonte aggiungendo un nuovo fondamentale elemento che precedentemente avevo trascurato.
Al momento ho scritto due sottocapitoli abbastanza introduttivi che, in pratica, riassumono idee e concetti già espressi nei capitoli precedenti (con in più la novità di cui sopra).
Adesso sono arrivato al punto critico: fare una sintesi strutturata partendo dalle premesse precedenti.
Il pericolo è quello di perdersi, di divagare entrando in dettagli secondari e dimenticare l’essenza del problema.
Insomma sono arrivato a un passaggio delicato dove devo trovare il giusto equilibrio fra sintesi e dettagli: ho la sensazione che per questo capitolo mi servirà una seconda iterazione oltre all’attuale: non solo formale ma anche di contenuti. Ho introdotto un paio di nuove idee abbastanza “pesanti” e mi ci vorrà del tempo per digerirle del tutto…
Dei vecchi capitoli cercherò di salvare il salvabile: soprattutto il sottocapitolo 15.3 è ricco di idee ma allo stato attuale è quasi completamente privo di una struttura che lo renda utile e fruibile.
Ho idee al riguardo: riorganizzare il materiale nella gerarchia di problematiche che sto definendo… uhm… ci dovrò pensare…
Alla fine non so quanti nuovi contenuti aggiungerò al capitolo perché non mi è nemmeno chiaro quanto taglierò del vecchio. Sicuramente, non per questa versione ma per una successiva, rimane in ballo la possibilità di scinderlo in due parti: ma prima di decidere dovrò valutarne la nuova forma dopo le ultime modifiche…
Conclusione: sì, lo so: probabilmente ai pezzi marcati “Epitome” dovrei aggiungere direttamente anche il marcatore “Peso” ma penso che chi mi segue ormai l’abbia capito da solo e, quindi, salti a piè pari questo tipo di articolo…
Il “languorino” mi è passato e ho un promettente “appetito”, un uzzolo per l’Epitome: da questo punto di vista è stato un pieno successo!
Il buon digiuno
Leggendo “Antifragile” di Taleb ho ritrovato una mia teoria di qualche anno fa: postulavo infatti che l’uomo, non essendo stato “progettato” per mangiare tutti i giorni, potesse beneficiare di occasionali digiuni autoimposti.
Qualche mese dopo avevo trovato un articolo dove si spiegava che in California molti imprenditori facevano dei digiuni partendo da considerazioni analoghe alle mie.
Ebbene anche in “Antifragile” ho ritrovato questa idea inserita in un contesto più ampio: ai sistemi complessi (come il corpo umano) sono benefici piccoli stress occasionali.
Ieri ho quindi fatto digiuno ferreo concedendomi solo tre tè “lisci”: nel mio caso la fame consiste più in una sensazione di abitudine, assaporare e trangugiare, e non a una vera necessità fisica: ma del resto in questi mesi ho sviluppato una discreta pancetta che mi fa assomigliare a un barilotto…
Fame che poi si è manifestata agli usuali orari di pranzo e cena, trascinandosi per la serata, ed è svanita del tutto dopo le 23:00.
Tanto per fare - 25/10/2020
Non potendo o non sapendo fare niente di proficuo si preferisce fare qualcosa di inutile e dannoso per dare l’illusione di avere controllo sulla situazione e scaricare responsabilità proprie su innocenti.
CVD - 26/10/2020
Non volevo scrivere di covid-19 per un po’ ma, data la situazione, sta divenendo impossibile…
In questo corto volevo solo segnalare come lo scaricabarile, da sempre nel DNA di questo governo, abbia raggiunto il suo scopo dividendo e colpevolizzando gli italiani.
La colpa non è di chi era al potere e non ha fatto niente in estate per prevenire l’attuale disastro ma che anzi lo ha aggravato con scelte azzardate: per esempio riaprire la scuola senza controlli efficaci è la maniera migliore per diffondere il virus in tutte le famiglie. Con noncuranza si è solo incrociato le dita fidando in un vaccino che non si sa quando arriverà né quale sarà la sua capacità di protezione (*1).
No: la colpa è degli italiani che per la stragrande maggioranza hanno rispettato le regole: evidentemente o queste non erano efficaci oppure (come credo io) il problema era altrove.
Lo vedo su FB dove chi ha votato PD (*2) o M5S invece di riconoscere le responsabilità del proprio governo dà la colpa agli “italioti” o, magari, al comportamento estivo di qualche personaggio politico dell’opposizione…
Nota (*1): Il dr. Fauci sperava in almeno un 60% di protezione…
Nota (*2): Ho notato che nessuno dei miei conoscenti su FB ammette di votare PD anche se in Toscana dovrebbero essercene almeno 1 su 3: un po’ come la DC ai “vecchi tempi”...
Ah, ecco! - 29/10/2020
Notizia: Ecco i documenti: il report choc sulla scuola che la Azzolina ha ignorato di Francesco Storace da IlTempo.it
Già ad agosto i tecnici del ministero della salute e successivamente l’istituto superiore di sanità mettevano in guardia sul rischio di una riapertura delle scuole e sull’efficacia delle misure prese a tutela degli studenti e personale scolastico (e indirettamente delle relative famiglie).
Oltretutto viene citato proprio il caso di Israele che aveva impressionato anche il sottoscritto.
Aggeggio - 29/10/2020
Sono stato adescato da Amazon che mi ha allettato con un giocattolo sessuale!
Alla fine ha vinto la curiosità: … beh… è una caz####…
Comunque se fossi giovane in questi anni non so che effetto avrebbe avuto su di me la facilità di accesso alla pornografia: ai miei tempi, per un ragazzino, non era così facile accedervi: come minimo serviva un giornalaio compiacente o amici o fratelli più grandi.
Adesso su Internet c’è di tutto e di più e, molto spesso, gratuitamente (vedi YouPorn e le dozzine se non centinaia di siti analoghi). Che dire? È un’ingiustizia!
A parte gli scherzi la mia intuizione mi dice che proprio la facilità con cui è possibile accedervi le tolga gran parte del fascino: qualcosa di così comune non può essere percepito come altrettanto peccaminoso e salace. La rarità era la spezia che rendeva piccante la pornografia…
Qualche mese dopo avevo trovato un articolo dove si spiegava che in California molti imprenditori facevano dei digiuni partendo da considerazioni analoghe alle mie.
Ebbene anche in “Antifragile” ho ritrovato questa idea inserita in un contesto più ampio: ai sistemi complessi (come il corpo umano) sono benefici piccoli stress occasionali.
Ieri ho quindi fatto digiuno ferreo concedendomi solo tre tè “lisci”: nel mio caso la fame consiste più in una sensazione di abitudine, assaporare e trangugiare, e non a una vera necessità fisica: ma del resto in questi mesi ho sviluppato una discreta pancetta che mi fa assomigliare a un barilotto…
Fame che poi si è manifestata agli usuali orari di pranzo e cena, trascinandosi per la serata, ed è svanita del tutto dopo le 23:00.
Tanto per fare - 25/10/2020
Non potendo o non sapendo fare niente di proficuo si preferisce fare qualcosa di inutile e dannoso per dare l’illusione di avere controllo sulla situazione e scaricare responsabilità proprie su innocenti.
CVD - 26/10/2020
Non volevo scrivere di covid-19 per un po’ ma, data la situazione, sta divenendo impossibile…
In questo corto volevo solo segnalare come lo scaricabarile, da sempre nel DNA di questo governo, abbia raggiunto il suo scopo dividendo e colpevolizzando gli italiani.
La colpa non è di chi era al potere e non ha fatto niente in estate per prevenire l’attuale disastro ma che anzi lo ha aggravato con scelte azzardate: per esempio riaprire la scuola senza controlli efficaci è la maniera migliore per diffondere il virus in tutte le famiglie. Con noncuranza si è solo incrociato le dita fidando in un vaccino che non si sa quando arriverà né quale sarà la sua capacità di protezione (*1).
No: la colpa è degli italiani che per la stragrande maggioranza hanno rispettato le regole: evidentemente o queste non erano efficaci oppure (come credo io) il problema era altrove.
Lo vedo su FB dove chi ha votato PD (*2) o M5S invece di riconoscere le responsabilità del proprio governo dà la colpa agli “italioti” o, magari, al comportamento estivo di qualche personaggio politico dell’opposizione…
Nota (*1): Il dr. Fauci sperava in almeno un 60% di protezione…
Nota (*2): Ho notato che nessuno dei miei conoscenti su FB ammette di votare PD anche se in Toscana dovrebbero essercene almeno 1 su 3: un po’ come la DC ai “vecchi tempi”...
Ah, ecco! - 29/10/2020
Notizia: Ecco i documenti: il report choc sulla scuola che la Azzolina ha ignorato di Francesco Storace da IlTempo.it
Già ad agosto i tecnici del ministero della salute e successivamente l’istituto superiore di sanità mettevano in guardia sul rischio di una riapertura delle scuole e sull’efficacia delle misure prese a tutela degli studenti e personale scolastico (e indirettamente delle relative famiglie).
Oltretutto viene citato proprio il caso di Israele che aveva impressionato anche il sottoscritto.
Aggeggio - 29/10/2020
Sono stato adescato da Amazon che mi ha allettato con un giocattolo sessuale!
Alla fine ha vinto la curiosità: … beh… è una caz####…
Comunque se fossi giovane in questi anni non so che effetto avrebbe avuto su di me la facilità di accesso alla pornografia: ai miei tempi, per un ragazzino, non era così facile accedervi: come minimo serviva un giornalaio compiacente o amici o fratelli più grandi.
Adesso su Internet c’è di tutto e di più e, molto spesso, gratuitamente (vedi YouPorn e le dozzine se non centinaia di siti analoghi). Che dire? È un’ingiustizia!
A parte gli scherzi la mia intuizione mi dice che proprio la facilità con cui è possibile accedervi le tolga gran parte del fascino: qualcosa di così comune non può essere percepito come altrettanto peccaminoso e salace. La rarità era la spezia che rendeva piccante la pornografia…
mercoledì 21 ottobre 2020
Il grande Bini
Qualche giorno fa ho finito di leggere Manoscritto di un prigioniero e il Forte della Stella di Carlo Bini, (E.) Rizzoli, 1961.
Il livornese Carlo Bini fu un patriota italiano che collaborò con Mazzini e per questo venne arrestato. Trascorse così tre mesi di carcere presso il Forte della Stella a Portoferraio dove scrisse appunto l’opera che ho letto.
Da tempo ero curioso di leggerlo ma mi aveva sempre dissuaso il giudizio non troppo positivo che me ne dette mio zio una ventina d’anni fa: mi disse che era simile a “Le mie prigioni” di Silvio Pellico ma molto peggiore…
Invece io l’ho trovato piacevole: l’opera in sé non ha un filo conduttore e sembra più una raccolta di idee varie. Soprattutto però si ha la netta sensazione che il Bini fosse un uomo fuori dal suo tempo: lo si capisce non solo da ciò che scrive ma anche dal suo stile che unisce insieme ironia e belle immagini. L’opera fu scritta nel 1833 ma è facilmente comprensibile: molto più di scritti anche di fine XIX secolo.
Nella prima parte narra le vicende parallele di due ospiti immaginari del carcere: un ricco e un povero. Soprattutto la descrizione di come viene trattato il ricco è divertentissima con i secondini che lo trattano come se fossero i suoi servi e lui l’ospite di un albergo modesto il cui proprietario cerchi di fare comunque una buona impressione. Ovviamente il povero è invece abbandonato a se stesso e, se non muore di fame, sicuramente è denutrito…
Nella seconda parte le vicende del ricco e del povero sono abbandonate e ogni capitolo tratta un argomento a sé stante. A memoria ne ricordo uno sulla noia del carcere; uno sul suicidio (che per certi versi si sovrappone al tema dell’eutanasia) dove fa una precisa classificazione dei vari tipi trovando, per alcuni di essi, degli ottimi argomenti; uno sull’anima che poi si trasforma in una riflessione su Dio: curiosamente nei capitoli precedenti avevo avuto la sensazione che il Bini fosse religioso ma in questo capitolo si dichiara ateo.
L’appendice “Il Forte della Stella” è invece un breve dialogo immaginario con un suo conoscente: niente di particolarmente interessante con l’eccezione del suo punto di vista sulle donne considerate dal Bini assolutamente pari agli uomini (solo fisicamente meno forti) e che come tali dovrebbero essere riconosciute dalla società: addirittura (ricordo che siamo nel 1833) si dichiara favorevole al divorzio.
Qualche frammento:
Dal capitolo sul suicidio: «Non siete voi padroni di amputare il membro ammalato, che potrebbe corrompere il resto del corpo? E l’uomo a cui si è cancrenato il cuore non è padrone, tagliando un filo ormai logoro, di finire le sue pene?»
A volte la morte può essere l’unica alternativa rimasta all’eroe:
«Il Destino supera, perché il Destino è ciò che deve essere. Che deve fare allora l’eroe? - progredire è impossibile perché una barriera di adamante gli chiude i passi; - rovinare in fondo è impossibile, perché la natura del Genio è di salire finché può. Allora l’eroe decide di morire, non già perché vuol morire, ma perché non può più vivere. Non è il delirio che spinge; è la coscienza che sceglie.»
Dal capitolo dove riflette sulla religione:
«Io per me credo che la razza umana sarà meno calpestata e infelice quando, invece di fantasticare sull’avvenire e giacere e farsi guanciale della Provvidenza, si terrà con più saviezza al presente, e tentando mille esperimenti, si studierà di trovare una forma di stato sociale in cui ad ogni individuo sia permesso senza danno del prossimo di muoversi liberamente e con piena sicurezza nella sfera descritta dalla sua natura.»
Sulle illusioni religiose (notare anche l’ironia del Bini):
«Un pazzo può immaginare a vita di essere un aquila, di volare verso il sole, e di farsene sua dimora; un uomo sano può immaginarlo per venti minuti; poi dà col piede in una fossa e cade, e si accorge a prova di essere incatenato alla terra sua genitrice».
Sul rapporto religione/ragione (illuminismo e rivoluzione francese (*1)):
«Ma il culto della ragione era fuori di dubbio prematuro, era troppo solo e troppo arido, né bastava a colmare il vuoto lasciato. La religione sbandita dai domini della mente viveva pur sempre nel cuore, e forse più forte, perché meglio riconcentrata; quindi prorompeva da ogni parte; quindi mi piace Robespierre che, considerate le condizioni attuali del popolo, ridonava a Dio l’esistenza, in ciò dimostrandosi egregio politico e sagace conoscitore dell’umana natura.»
Attuale (*2):
«In una aperta dissoluzione di elementi sociali nessuno cospira, - e tutti cospirano; - è una forza indipendente dall’individuo, che agisce in quel tempo; l’uomo si sente menar via e non sa il come, e invano si sforzerebbe di dar petto nella corrente.»
Conclusione: la parti divertenti sarebbero state tante ma avrei avuto da copiare degli stralci di testo troppo ampi per rendere l’idea. Nel complesso non si tratta certo di un capolavoro di per sé quanto piuttosto della testimonianza di un uomo molto intelligente con delle idee notevoli, alcune delle quali ancora attuali…
Nota (*1): dal punto di vista della mia teoria: non si può eliminare un gruppo dalla società se questo ha funzioni utili a essa.
Nota (*2): nei momenti di crisi è il caos che muove le persone: solo a posteriori viene ricostruita una logica posticcia degli eventi. Magari inserendovi anche ideali che sul momento non c’erano o erano adombrati da altre emozioni ben meno elevate: pensate, per esempio, alla rivoluzione francese.
Il livornese Carlo Bini fu un patriota italiano che collaborò con Mazzini e per questo venne arrestato. Trascorse così tre mesi di carcere presso il Forte della Stella a Portoferraio dove scrisse appunto l’opera che ho letto.
Da tempo ero curioso di leggerlo ma mi aveva sempre dissuaso il giudizio non troppo positivo che me ne dette mio zio una ventina d’anni fa: mi disse che era simile a “Le mie prigioni” di Silvio Pellico ma molto peggiore…
Invece io l’ho trovato piacevole: l’opera in sé non ha un filo conduttore e sembra più una raccolta di idee varie. Soprattutto però si ha la netta sensazione che il Bini fosse un uomo fuori dal suo tempo: lo si capisce non solo da ciò che scrive ma anche dal suo stile che unisce insieme ironia e belle immagini. L’opera fu scritta nel 1833 ma è facilmente comprensibile: molto più di scritti anche di fine XIX secolo.
Nella prima parte narra le vicende parallele di due ospiti immaginari del carcere: un ricco e un povero. Soprattutto la descrizione di come viene trattato il ricco è divertentissima con i secondini che lo trattano come se fossero i suoi servi e lui l’ospite di un albergo modesto il cui proprietario cerchi di fare comunque una buona impressione. Ovviamente il povero è invece abbandonato a se stesso e, se non muore di fame, sicuramente è denutrito…
Nella seconda parte le vicende del ricco e del povero sono abbandonate e ogni capitolo tratta un argomento a sé stante. A memoria ne ricordo uno sulla noia del carcere; uno sul suicidio (che per certi versi si sovrappone al tema dell’eutanasia) dove fa una precisa classificazione dei vari tipi trovando, per alcuni di essi, degli ottimi argomenti; uno sull’anima che poi si trasforma in una riflessione su Dio: curiosamente nei capitoli precedenti avevo avuto la sensazione che il Bini fosse religioso ma in questo capitolo si dichiara ateo.
L’appendice “Il Forte della Stella” è invece un breve dialogo immaginario con un suo conoscente: niente di particolarmente interessante con l’eccezione del suo punto di vista sulle donne considerate dal Bini assolutamente pari agli uomini (solo fisicamente meno forti) e che come tali dovrebbero essere riconosciute dalla società: addirittura (ricordo che siamo nel 1833) si dichiara favorevole al divorzio.
Qualche frammento:
Dal capitolo sul suicidio: «Non siete voi padroni di amputare il membro ammalato, che potrebbe corrompere il resto del corpo? E l’uomo a cui si è cancrenato il cuore non è padrone, tagliando un filo ormai logoro, di finire le sue pene?»
A volte la morte può essere l’unica alternativa rimasta all’eroe:
«Il Destino supera, perché il Destino è ciò che deve essere. Che deve fare allora l’eroe? - progredire è impossibile perché una barriera di adamante gli chiude i passi; - rovinare in fondo è impossibile, perché la natura del Genio è di salire finché può. Allora l’eroe decide di morire, non già perché vuol morire, ma perché non può più vivere. Non è il delirio che spinge; è la coscienza che sceglie.»
Dal capitolo dove riflette sulla religione:
«Io per me credo che la razza umana sarà meno calpestata e infelice quando, invece di fantasticare sull’avvenire e giacere e farsi guanciale della Provvidenza, si terrà con più saviezza al presente, e tentando mille esperimenti, si studierà di trovare una forma di stato sociale in cui ad ogni individuo sia permesso senza danno del prossimo di muoversi liberamente e con piena sicurezza nella sfera descritta dalla sua natura.»
Sulle illusioni religiose (notare anche l’ironia del Bini):
«Un pazzo può immaginare a vita di essere un aquila, di volare verso il sole, e di farsene sua dimora; un uomo sano può immaginarlo per venti minuti; poi dà col piede in una fossa e cade, e si accorge a prova di essere incatenato alla terra sua genitrice».
Sul rapporto religione/ragione (illuminismo e rivoluzione francese (*1)):
«Ma il culto della ragione era fuori di dubbio prematuro, era troppo solo e troppo arido, né bastava a colmare il vuoto lasciato. La religione sbandita dai domini della mente viveva pur sempre nel cuore, e forse più forte, perché meglio riconcentrata; quindi prorompeva da ogni parte; quindi mi piace Robespierre che, considerate le condizioni attuali del popolo, ridonava a Dio l’esistenza, in ciò dimostrandosi egregio politico e sagace conoscitore dell’umana natura.»
Attuale (*2):
«In una aperta dissoluzione di elementi sociali nessuno cospira, - e tutti cospirano; - è una forza indipendente dall’individuo, che agisce in quel tempo; l’uomo si sente menar via e non sa il come, e invano si sforzerebbe di dar petto nella corrente.»
Conclusione: la parti divertenti sarebbero state tante ma avrei avuto da copiare degli stralci di testo troppo ampi per rendere l’idea. Nel complesso non si tratta certo di un capolavoro di per sé quanto piuttosto della testimonianza di un uomo molto intelligente con delle idee notevoli, alcune delle quali ancora attuali…
Nota (*1): dal punto di vista della mia teoria: non si può eliminare un gruppo dalla società se questo ha funzioni utili a essa.
Nota (*2): nei momenti di crisi è il caos che muove le persone: solo a posteriori viene ricostruita una logica posticcia degli eventi. Magari inserendovi anche ideali che sul momento non c’erano o erano adombrati da altre emozioni ben meno elevate: pensate, per esempio, alla rivoluzione francese.
lunedì 19 ottobre 2020
Filippica libera 1
La stupidità del mondo moderno, la sensazione di essere prigionieri in un treno che corre verso un baratro, dove la maggior parte dei passeggeri non si preoccupa di quello che accade ma, obliosa, cicaleggia garrula di tutt’altro: tutto questo mette fortemente il dubbio che la presunta uguaglianza degli uomini, che si riduce e annega poi nel mito della democrazia, sia veramente un’idea positiva se porterà alla distruzione della stessa umanità.
Ecco allora che la filosofia di Nietzsche acquista fascino.
La Cina oggi, recuperato lo svantaggio scientifico e tecnologico con l’occidente, prospera perché ha una cultura basata sul confucianesimo e non sul cristianesimo. Perché, in ultima analisi, non ha un governo “democratico”, asservito a pochi, ma ha una dittatura che, pur commettendo errori e ingiustizie, cerca di fare gli interessi della collettività.
Eppure, visto che la dittatura non ci piace, si dovrebbero cercare alternative politiche che salvaguardino l’uguaglianza superando però i limiti dell’attuale democrazia occidentale: quest’ultima infatti rappresenta non il “potere del popolo” ma ma quello dei superficiali parolai asserviti agli indicibili interessi dei pochi.
Io ci ho provato: se persone più preparate di me facessero altrettanto forse si arriverebbe a qualche risultato interessante e utile.
Il problema è la zavorra ideologica che ci trasciniamo dietro: non solo le idiosincrasie delle religioni ma anche i concetti obsoleti di categorie politiche ottocentesche come sinistra e destra. E soprattutto si dovrebbe smettere di avvelenare il nostro pensiero con principi irrazionali, privi di basi logiche, ma che distorcono il nostro modo di pensare portandoci a conclusioni errate. Penso alla follia del politicamente corretto ma gli esempi sarebbero tanti come la confusione fra razionalizzazione e razionalità, l'uso a sproposito della scienza, considerare assiomi dei principi che non lo sono...
Il punto è che dovremmo fermarci e chiederci: cos’è l’uguaglianza degli uomini? Cosa si intende con essa?
L’esperienza comune è che nessuno sia uguale a noi: nessuno ha il nostro identico aspetto e, soprattutto, i nostri stessi pensieri. Eppure ripetiamo, come galline incapaci di riflettere, di essere tutti uguali e sulla base di questa premessa, che interpretata letteralmente è totalmente fallace, arriviamo a conclusioni sballate.
Uguaglianza poi di cui ci riempiamo la bocca ma che peraltro è solo apparente: affermata ed esaltata a parole ma non nei fatti. L’unica uguaglianza del mondo attuale è quella data dal denaro: la discriminazione fra poveri e ricchi è il vero razzismo della nostra epoca. Razzismo che nell’ipocrisia o stupidità generale è invece considerato legittimo: la ricchezza, anche quando va oltre la ragionevolezza ed anzi è causa di povertà per milioni se non miliardi di persone, è ritenuta sempre e comunque accettabile.
Ciò che si può comprare è ritenuto legittimo possedere ma invece talvolta non dovrebbe essere neppure lecito venderlo. Alla fine la stessa vita, sotto forme diverse (per esempio tempo e salute), è messa in vendita e comprata da chi può permettersela.
Allora ripensiamo a cosa vogliamo intendere per uguaglianza: uguaglianza di diritti? Di doveri? Di felicità? Di ricchezza? Di possibilità?
Non lo so, vediamo: ragioniamoci e confrontiamoci. Ma cerchiamo di essere razionali e pragmatici di distinguere fra ciò che è possibile e cosa no. Poi vediamo di trovare una strategia per raggiungere effettivamente, e non solo a parole, gli obiettivi che ci siamo prefissati.
Certo c’è un pesante “ma” in questa ipotesi: chi non capisce la problematica dovrebbe fare un passo indietro e lasciare che altri decidano al suo posto. Questo però non risolverebbe il problema: a decidere rimarrebbero chi davvero avrebbe le capacità per farlo e chi invece si illuderebbe solo di averle!
Il problema è che non si può trovare un’alternativa democratica alla democrazia attuale usando procedure democratiche: il limite della democrazia è lo stesso che limita l’efficienza del processo decisionale. Una maggioranza, per quanto preponderante e numerosa, difficilmente arriverà a soluzioni migliori di quelle trovate da una minoranza illuminata.
E questo per non dire della strenua opposizione a qualsiasi alternativa democratica da chi ha più da rimetterci dal cambiare quella attuale: il potere politico che prospera nei difetti della democrazia, i ricchissimi e tutto il loro apparato di propaganda.
Mi riferisco ai media che a volte ci distraggono con piacevoli intrattenimenti: film, serie, sport, ballerine e altre pagliacciate; più spesso propalano bugie: che questo è il migliore dei mondi possibili, che non esistono alternative, che chi governa ha a cuore i nostri interessi e che chi è ricchissimo è buono e intelligente e quindi merita quanto ha.
Chi si oppone all’ingiustizia diviene un nemico dei media: essi prima gli gettano fango addosso e, quando l’evidenza è impossibile da nascondere, lo ignorano. Vedete la sorte capitata ad Assange o a Snowden.
Ma vi avverto: la stupidità ha già vinto, l’ingiustizia ha trionfato, la finta uguaglianza imperversa. Gli avversari sono troppo forti, sanno bene come stanno le cose, sono compatti nella difesa dei propri interessi, hanno tutti gli strumenti a propria disposizione e le istituzioni dalla loro parte.
I “buoni”, coloro che hanno capito di vivere in un mondo ipocrita e bugiardo, un mondo che parla di giustizia e uguaglianza ma che legalizza l’ingiustizia e favorisce la diseguaglianza, sono pochi. Coloro che vorrebbero un mondo migliore per tutti e non solo per chi è nato baciato dalla sorte sono invece disuniti, con scarsi o senza mezzi, privi di un’unica strategia comune: e per di più sono sbeffeggiati quando non insultati dalla massa che invece vorrebbero disinteressatamente proteggere.
Solo nelle favole vince il buono: nella realtà vince il forte. Anche la religione, seppure specialista in illusioni, su questo deve concedere ai buoni la vittoria solo nel prossimo mondo, mai in questo: anzi dice “non combattete neppure per un mondo migliore, così la vostra gloria nell’aldilà sarà maggiore”: insomma è quasi sempre parte del problema e non della soluzione.
Quindi non so: se qualche lettore mi ha per sbaglio compreso gli conviene fare come tutti. Chiudere gli occhi e illudersi di vivere in un mondo bellissimo: saprà che non è vero, che prima o poi i suoi figli o i suoi nipoti ne pagheranno le conseguenze ma, visto che non ha mezzi per evitarlo, è inutile che si faccia cattivo sangue come il sottoscritto che ulula alla Luna.
Conclusione: piccolo sfogo.
Ecco allora che la filosofia di Nietzsche acquista fascino.
La Cina oggi, recuperato lo svantaggio scientifico e tecnologico con l’occidente, prospera perché ha una cultura basata sul confucianesimo e non sul cristianesimo. Perché, in ultima analisi, non ha un governo “democratico”, asservito a pochi, ma ha una dittatura che, pur commettendo errori e ingiustizie, cerca di fare gli interessi della collettività.
Eppure, visto che la dittatura non ci piace, si dovrebbero cercare alternative politiche che salvaguardino l’uguaglianza superando però i limiti dell’attuale democrazia occidentale: quest’ultima infatti rappresenta non il “potere del popolo” ma ma quello dei superficiali parolai asserviti agli indicibili interessi dei pochi.
Io ci ho provato: se persone più preparate di me facessero altrettanto forse si arriverebbe a qualche risultato interessante e utile.
Il problema è la zavorra ideologica che ci trasciniamo dietro: non solo le idiosincrasie delle religioni ma anche i concetti obsoleti di categorie politiche ottocentesche come sinistra e destra. E soprattutto si dovrebbe smettere di avvelenare il nostro pensiero con principi irrazionali, privi di basi logiche, ma che distorcono il nostro modo di pensare portandoci a conclusioni errate. Penso alla follia del politicamente corretto ma gli esempi sarebbero tanti come la confusione fra razionalizzazione e razionalità, l'uso a sproposito della scienza, considerare assiomi dei principi che non lo sono...
Il punto è che dovremmo fermarci e chiederci: cos’è l’uguaglianza degli uomini? Cosa si intende con essa?
L’esperienza comune è che nessuno sia uguale a noi: nessuno ha il nostro identico aspetto e, soprattutto, i nostri stessi pensieri. Eppure ripetiamo, come galline incapaci di riflettere, di essere tutti uguali e sulla base di questa premessa, che interpretata letteralmente è totalmente fallace, arriviamo a conclusioni sballate.
Uguaglianza poi di cui ci riempiamo la bocca ma che peraltro è solo apparente: affermata ed esaltata a parole ma non nei fatti. L’unica uguaglianza del mondo attuale è quella data dal denaro: la discriminazione fra poveri e ricchi è il vero razzismo della nostra epoca. Razzismo che nell’ipocrisia o stupidità generale è invece considerato legittimo: la ricchezza, anche quando va oltre la ragionevolezza ed anzi è causa di povertà per milioni se non miliardi di persone, è ritenuta sempre e comunque accettabile.
Ciò che si può comprare è ritenuto legittimo possedere ma invece talvolta non dovrebbe essere neppure lecito venderlo. Alla fine la stessa vita, sotto forme diverse (per esempio tempo e salute), è messa in vendita e comprata da chi può permettersela.
Allora ripensiamo a cosa vogliamo intendere per uguaglianza: uguaglianza di diritti? Di doveri? Di felicità? Di ricchezza? Di possibilità?
Non lo so, vediamo: ragioniamoci e confrontiamoci. Ma cerchiamo di essere razionali e pragmatici di distinguere fra ciò che è possibile e cosa no. Poi vediamo di trovare una strategia per raggiungere effettivamente, e non solo a parole, gli obiettivi che ci siamo prefissati.
Certo c’è un pesante “ma” in questa ipotesi: chi non capisce la problematica dovrebbe fare un passo indietro e lasciare che altri decidano al suo posto. Questo però non risolverebbe il problema: a decidere rimarrebbero chi davvero avrebbe le capacità per farlo e chi invece si illuderebbe solo di averle!
Il problema è che non si può trovare un’alternativa democratica alla democrazia attuale usando procedure democratiche: il limite della democrazia è lo stesso che limita l’efficienza del processo decisionale. Una maggioranza, per quanto preponderante e numerosa, difficilmente arriverà a soluzioni migliori di quelle trovate da una minoranza illuminata.
E questo per non dire della strenua opposizione a qualsiasi alternativa democratica da chi ha più da rimetterci dal cambiare quella attuale: il potere politico che prospera nei difetti della democrazia, i ricchissimi e tutto il loro apparato di propaganda.
Mi riferisco ai media che a volte ci distraggono con piacevoli intrattenimenti: film, serie, sport, ballerine e altre pagliacciate; più spesso propalano bugie: che questo è il migliore dei mondi possibili, che non esistono alternative, che chi governa ha a cuore i nostri interessi e che chi è ricchissimo è buono e intelligente e quindi merita quanto ha.
Chi si oppone all’ingiustizia diviene un nemico dei media: essi prima gli gettano fango addosso e, quando l’evidenza è impossibile da nascondere, lo ignorano. Vedete la sorte capitata ad Assange o a Snowden.
Ma vi avverto: la stupidità ha già vinto, l’ingiustizia ha trionfato, la finta uguaglianza imperversa. Gli avversari sono troppo forti, sanno bene come stanno le cose, sono compatti nella difesa dei propri interessi, hanno tutti gli strumenti a propria disposizione e le istituzioni dalla loro parte.
I “buoni”, coloro che hanno capito di vivere in un mondo ipocrita e bugiardo, un mondo che parla di giustizia e uguaglianza ma che legalizza l’ingiustizia e favorisce la diseguaglianza, sono pochi. Coloro che vorrebbero un mondo migliore per tutti e non solo per chi è nato baciato dalla sorte sono invece disuniti, con scarsi o senza mezzi, privi di un’unica strategia comune: e per di più sono sbeffeggiati quando non insultati dalla massa che invece vorrebbero disinteressatamente proteggere.
Solo nelle favole vince il buono: nella realtà vince il forte. Anche la religione, seppure specialista in illusioni, su questo deve concedere ai buoni la vittoria solo nel prossimo mondo, mai in questo: anzi dice “non combattete neppure per un mondo migliore, così la vostra gloria nell’aldilà sarà maggiore”: insomma è quasi sempre parte del problema e non della soluzione.
Quindi non so: se qualche lettore mi ha per sbaglio compreso gli conviene fare come tutti. Chiudere gli occhi e illudersi di vivere in un mondo bellissimo: saprà che non è vero, che prima o poi i suoi figli o i suoi nipoti ne pagheranno le conseguenze ma, visto che non ha mezzi per evitarlo, è inutile che si faccia cattivo sangue come il sottoscritto che ulula alla Luna.
Conclusione: piccolo sfogo.
domenica 18 ottobre 2020
Domenica con l’anticristo
Ho terminato di leggere L’anticristo di Nietzsche, un libretto di un’ottantina di pagine. Di quel che ho letto del filosofo tedesco questo è il saggio che meno mi è piaciuto: non è tanto che Nietzsche scriva cose sbagliate (anche se qua e là mi sono trovato fortemente in disaccordo) quanto piuttosto un’insistenza astiosa, che mi è parsa eccessiva, verso il cristianesimo.
Nietzsche scrisse quest’opera nel 1888 e, a quanto dice Wikipedia, i suoi problemi di salute iniziarono nel 1889: secondo me già qui si intuisce che qualcosa non va nel pensiero del filosofo…
Si può non condividere le argomentazioni di Nietzsche contro il cristianesimo ma esse sono coerenti con la sua teoria. Difficile riassumere in poche parole ma ci provo: per Nietzsche sia i singoli che le società hanno una tendenza naturale alla crescita, all’aumentare la propria forza: una specie di selezione ed evoluzione naturale a migliorare con la competizione. La morale poi, che per Nietzsche è secondaria, è solo una giustificazione del comportamento: quindi è bene tutto ciò che spinge e giustifica l’aumento della forza. Nel cristianesimo invece vede una morale che esalta la debolezza e che quindi, a sua volta, porta a delle pratiche che indeboliscono la società invece di rafforzarla: Nietzsche vede quindi nel cristianesimo un fattore di decadenza nocivo sia per l’intera società che per i singoli, soprattutto se forti o superiori in quanto soverchiati da una massa debole.
Tutto questo Nietzsche lo chiarisce già nelle prime dieci pagine: da lì in poi è tutto un ribadire lo stesso concetto con un astio non mascherato ed eccessivo.
Rileggendo il mio sunto del pensiero di Nietzsche mi rendo conto di averlo un po’ kappagibbizzato nel senso che l’ho “tradotto” nel sistema della mia teoria: è quindi utile evidenziare anche in cosa si differenzia da essa e cioè cosa sia “sfuggito” al filosofo.
Dal mio punto di vista la religione è un parapotere come gli altri e, quindi, segue le leggi del potere come qualsiasi gruppo chiuso e autonomo: non è un oggetto statico ma evolve e interagisce con gli altri parapoteri e con la democratastenia in maniera diversa in epoche diverse.
Nietzsche sembra invece considerare la religione un qualcosa a sé, che non cambia nel tempo (*1), che non evolve. Si scaglia contro il parapotere religioso come se si comportasse diversamente dagli altri parapoteri, come se lo Stato che vuole divenire sempre più forte fosse giustificato nel manipolare il popolo a proprio vantaggio ma che lo stesso comportamento non fosse invece accettabile per il cristianesimo. Probabilmente Nietzsche è indignato per l’ipocrisia concettuale insita nella forma particolare della forza del parapotere religioso: l’autorità morale sui fedeli. Per incrementarla (e quindi per rafforzarsi) la religione deve convincere la popolazione del peccato, dell’Inferno, dell’importanza dei suoi riti e dei suoi sacerdoti: tutto questo andando contro l’evidenza scientifica e razionale (*3).
Inoltre il parapotere religioso ha funzioni utili per la società altrimenti non esisterebbe: invece Nietzsche nega al cristianesimo qualsiasi utilità: ne vedi tutti i difetti ma non i pregi. Oppure sembra non prendere in considerazione l’idea che alcuni preti possano essere in buona fede e agire bene.
Io credo in realtà che l’acrimonia di Nietzsche verso il cristianesimo sia il frutto di una vita di contrasti con i suoi rappresentanti: attaccato e screditato lui reagisce alla stessa maniera. Io mi sarei però aspettato che un filosofo rimanesse superiore a queste zuffe ideologiche mentre invece, in questo saggio, Nietzsche si tuffa in esse e spara bordate ad alzo zero. Forse dovrei copiare qualche passaggio per dare l’idea ma senza contesto avrebbero poco senso: comunque dà di “mentecatti”, “idioti”, “bugiardi” etc. a tutti i religiosi: preti, santi e papi compresi… solo Gesù, il solo e unico cristiano per Nietzsche, si salva...
Mentre leggevo le sue parole più volte mi sono divertito a immaginare cosa scriverebbe Nietzsche ai giorni nostri ritrovandosi a che fare col Papa Francesco o principi come quello del politicamente corretto: io credo che schiumerebbe rabbia e gli verrebbe immediatamente un colpo apoplettico!
Conclusione: Nietzsche in quest’opera sembra dominato da una febbre mentale che ne esaspera le emozioni. Soprattutto nella seconda parte circa dell’opera diventa evidente: meno razionalità e più fiele.
Poi, ovviamente, qua e là ci sono anche spunti interessanti: Nietzsche è un genio assoluto che ha avuto la forza di esprimere il proprio pensiero andando da solo contro tutti. Alcune sue intuizioni sono assolute e rivoluzionarie: sfortunatamente paga ancora il fio di essersi opposto al pensiero e ai pregiudizi del suo tempo. L’aver ispirato ideologicamente parte del nazismo non gli ha poi certo giovato.
Nota (*1): per Nietzsche l’unico vero cristiano fu Gesù ma già gli apostoli prima e San Paolo poi corruppero il suo messaggio. In realtà la visione di Nietzsche di quello che avrebbe dovuto essere il cristianesimo (misticismo, simbolismo, Gesù esempio di cristiano perfetto da imitare) ricorda molto la concezione ortodossa: non so però se Nietzsche ne fosse cosciente perché non la nomina mai.
«[…] solo la pratica cristiana, un vivere come visse colui che morì sulla croce è cristiano… Ancora oggi una vita del genere è possibile, per certi uomini perfino necessaria: il cristianesimo vero, quello originario sarà possibile in ogni tempo… Non un credere, bensì un fare, soprattutto un non-fare-molte-cose, un diverso essere...» (*2). Mi sembra di aver letto un passaggio simile, o almeno parole simili, in Storia di Dio della Armstrong quando parlava del cristianesimo ortodosso...
Nota (*2): tratto da L’anticristo di Nietzsche, (E.) Newton Compton Editori, 1977, trad. Paolo Santoro, pag. 59.
Nota (*3): è probabile che l'opinione fortemente negativa di Nietzsche sulla Chiesa fosse stata influenzata dal Concilio Vaticano Primo del 1869-1870.
Nietzsche scrisse quest’opera nel 1888 e, a quanto dice Wikipedia, i suoi problemi di salute iniziarono nel 1889: secondo me già qui si intuisce che qualcosa non va nel pensiero del filosofo…
Si può non condividere le argomentazioni di Nietzsche contro il cristianesimo ma esse sono coerenti con la sua teoria. Difficile riassumere in poche parole ma ci provo: per Nietzsche sia i singoli che le società hanno una tendenza naturale alla crescita, all’aumentare la propria forza: una specie di selezione ed evoluzione naturale a migliorare con la competizione. La morale poi, che per Nietzsche è secondaria, è solo una giustificazione del comportamento: quindi è bene tutto ciò che spinge e giustifica l’aumento della forza. Nel cristianesimo invece vede una morale che esalta la debolezza e che quindi, a sua volta, porta a delle pratiche che indeboliscono la società invece di rafforzarla: Nietzsche vede quindi nel cristianesimo un fattore di decadenza nocivo sia per l’intera società che per i singoli, soprattutto se forti o superiori in quanto soverchiati da una massa debole.
Tutto questo Nietzsche lo chiarisce già nelle prime dieci pagine: da lì in poi è tutto un ribadire lo stesso concetto con un astio non mascherato ed eccessivo.
Rileggendo il mio sunto del pensiero di Nietzsche mi rendo conto di averlo un po’ kappagibbizzato nel senso che l’ho “tradotto” nel sistema della mia teoria: è quindi utile evidenziare anche in cosa si differenzia da essa e cioè cosa sia “sfuggito” al filosofo.
Dal mio punto di vista la religione è un parapotere come gli altri e, quindi, segue le leggi del potere come qualsiasi gruppo chiuso e autonomo: non è un oggetto statico ma evolve e interagisce con gli altri parapoteri e con la democratastenia in maniera diversa in epoche diverse.
Nietzsche sembra invece considerare la religione un qualcosa a sé, che non cambia nel tempo (*1), che non evolve. Si scaglia contro il parapotere religioso come se si comportasse diversamente dagli altri parapoteri, come se lo Stato che vuole divenire sempre più forte fosse giustificato nel manipolare il popolo a proprio vantaggio ma che lo stesso comportamento non fosse invece accettabile per il cristianesimo. Probabilmente Nietzsche è indignato per l’ipocrisia concettuale insita nella forma particolare della forza del parapotere religioso: l’autorità morale sui fedeli. Per incrementarla (e quindi per rafforzarsi) la religione deve convincere la popolazione del peccato, dell’Inferno, dell’importanza dei suoi riti e dei suoi sacerdoti: tutto questo andando contro l’evidenza scientifica e razionale (*3).
Inoltre il parapotere religioso ha funzioni utili per la società altrimenti non esisterebbe: invece Nietzsche nega al cristianesimo qualsiasi utilità: ne vedi tutti i difetti ma non i pregi. Oppure sembra non prendere in considerazione l’idea che alcuni preti possano essere in buona fede e agire bene.
Io credo in realtà che l’acrimonia di Nietzsche verso il cristianesimo sia il frutto di una vita di contrasti con i suoi rappresentanti: attaccato e screditato lui reagisce alla stessa maniera. Io mi sarei però aspettato che un filosofo rimanesse superiore a queste zuffe ideologiche mentre invece, in questo saggio, Nietzsche si tuffa in esse e spara bordate ad alzo zero. Forse dovrei copiare qualche passaggio per dare l’idea ma senza contesto avrebbero poco senso: comunque dà di “mentecatti”, “idioti”, “bugiardi” etc. a tutti i religiosi: preti, santi e papi compresi… solo Gesù, il solo e unico cristiano per Nietzsche, si salva...
Mentre leggevo le sue parole più volte mi sono divertito a immaginare cosa scriverebbe Nietzsche ai giorni nostri ritrovandosi a che fare col Papa Francesco o principi come quello del politicamente corretto: io credo che schiumerebbe rabbia e gli verrebbe immediatamente un colpo apoplettico!
Conclusione: Nietzsche in quest’opera sembra dominato da una febbre mentale che ne esaspera le emozioni. Soprattutto nella seconda parte circa dell’opera diventa evidente: meno razionalità e più fiele.
Poi, ovviamente, qua e là ci sono anche spunti interessanti: Nietzsche è un genio assoluto che ha avuto la forza di esprimere il proprio pensiero andando da solo contro tutti. Alcune sue intuizioni sono assolute e rivoluzionarie: sfortunatamente paga ancora il fio di essersi opposto al pensiero e ai pregiudizi del suo tempo. L’aver ispirato ideologicamente parte del nazismo non gli ha poi certo giovato.
Nota (*1): per Nietzsche l’unico vero cristiano fu Gesù ma già gli apostoli prima e San Paolo poi corruppero il suo messaggio. In realtà la visione di Nietzsche di quello che avrebbe dovuto essere il cristianesimo (misticismo, simbolismo, Gesù esempio di cristiano perfetto da imitare) ricorda molto la concezione ortodossa: non so però se Nietzsche ne fosse cosciente perché non la nomina mai.
«[…] solo la pratica cristiana, un vivere come visse colui che morì sulla croce è cristiano… Ancora oggi una vita del genere è possibile, per certi uomini perfino necessaria: il cristianesimo vero, quello originario sarà possibile in ogni tempo… Non un credere, bensì un fare, soprattutto un non-fare-molte-cose, un diverso essere...» (*2). Mi sembra di aver letto un passaggio simile, o almeno parole simili, in Storia di Dio della Armstrong quando parlava del cristianesimo ortodosso...
Nota (*2): tratto da L’anticristo di Nietzsche, (E.) Newton Compton Editori, 1977, trad. Paolo Santoro, pag. 59.
Nota (*3): è probabile che l'opinione fortemente negativa di Nietzsche sulla Chiesa fosse stata influenzata dal Concilio Vaticano Primo del 1869-1870.
sabato 17 ottobre 2020
Virologi fragili
Sto proseguendo nella lettura di “Antifragile” di Taleb dove è stata introdotta la figura del “fragilista” ovvero dell’individuo che per forma mentale assume per sé, e fa assumere agli altri, strategie fragili ovvero vulnerabili a tutto un insieme di contingenze più o meno imprevedibili.
Ho la sensazione che la figura del virologo che dà indicazioni con serie ripercussioni in ambiti non solo medici ma anche socioeconomici (v. Tre pensieri) possa essere considerata un fragilista.
«In sintesi il fragilista (in medicina, in economia, nella pianificazione sociale) è colui che ci fa impegnare in politiche e azioni, tutte artificiali, di cui i vantaggi sono piccoli e visibili e gli effetti collaterali, invece, potenzialmente devastanti e invisibili.» (*1)
Nota (*1): tratto da “Antifragile” di Nassim Nicholas Taleb, (E.) Il Saggiatore, 2013, trad. Daniela Antongiovanni, Marina Beretta, Francesca Cosi, Alessandra Repossi, pag. 28.
Discariche di barili - 19/10/2020
Notizia: Governatore delle Marche critico su dpcm: "Scaricabarile sui comuni" da Ansa.it
La segnalo solo perché contiene una parola chiave che da tempo avevo identificato come rappresentativa della strategia anti-covid del governo: “Scaricabarile” (*1).
Oggi sui comuni, domani sui cittadini.
Il Covid-19 si diffonde non per criticità che il governo ha sottovalutato o non considerato ma per colpa dei cittadini che vanno in palestra o non indossano le mascherine all’aperto…
Nota (*1): Vedi Lo scaricavirus (febbraio 2020) e Download del barile (luglio 2020) ma anche altri…
Chiacchiere da bar sui massimi sistemi - 19/10/2020
“Galileo Galilei: un grande genio fiorentino nato a Pisa”
Niente: la frase mi sembrava buffa e così l’ho pubblicata.
Probabilmente mi è venuta a mente perché negli scorsi saldi su Amazon mi sono comprato un Kindle e ho ricominciato a leggere dall’inizio “Dialogo sui massimi sistemi” di Galilei: il vecchio lettore era ormai inutilizzabile avendo perso del tutto il contrasto, ora invece è un piacere anche se ho il grosso problema di non poter scrivere note generiche a specifiche pagine…
Pirlo e Iachini - 20/20/2020
Allenatori che, per motivi diversi, sono già nella bufera.
Su Pirlo mi espressi già chiaramente nel corto Pirlata: un azzardo, tentato volontariamente dalla dirigenza, anticipando una stagione di ricostruzione con Pirlo come parafulmine.
Ma all’epoca tutti i media non facevano che esaltare tale scelta: poi sono bastati due pareggi che tutti ora gli danno contro. Evidentemente erano ipocriti prima perché, dopo due pareggi, avrebbe ancora tutto il tempo per rifarsi (*1).
Onestamente (e l’ho scritto) pensavo che la conferma di Iachini fosse una buona idea: per il poco tempo a disposizione e la rosa modesta un nuovo buon allenatore avrebbe rischiato di bruciarsi, meglio allora confermare un allenatore modesto come Iachini che però conosce già la squadra e dovrebbe riuscire a fare una stagione “tranquilla”.
Invece Iachini sembra peggiorato: la sconfitta con l’Inter è stata probabilmente causata dai suoi cambi dissennati e anche nel pari con lo Spezia ha qualche responsabilità.
Però cambiarlo ora mi sembra ancor più rischioso per il nuovo allenatore: almeno si dovrebbe aspettare Natale in maniera da dare più giustificazioni al suo sostituto e, se poi la Fiorentina si riprende, arrivare a fine stagione. Vedremo cosa deciderà Commisso.
Nota (*1): anche se non lo credo soprattutto per come vedo Pirlo a bordo campo: mi pare bloccato incapace di farsi sentire dalla squadra. Ci sono anche allenatori silenziosi ma Pirlo mi dà però l’idea di voler gridare ma senza riuscirci.
Carramba! - 20/10/2020
Stamani un momento di commozione: ho trovato sotto il letto un calzino grigio listato di rosso e mi sono ricordato di averne uno uguale in bagno: il momento in cui li ho fatti rincontrare dopo anni di separazione è stato super emozionante!
Ho la sensazione che la figura del virologo che dà indicazioni con serie ripercussioni in ambiti non solo medici ma anche socioeconomici (v. Tre pensieri) possa essere considerata un fragilista.
«In sintesi il fragilista (in medicina, in economia, nella pianificazione sociale) è colui che ci fa impegnare in politiche e azioni, tutte artificiali, di cui i vantaggi sono piccoli e visibili e gli effetti collaterali, invece, potenzialmente devastanti e invisibili.» (*1)
Nota (*1): tratto da “Antifragile” di Nassim Nicholas Taleb, (E.) Il Saggiatore, 2013, trad. Daniela Antongiovanni, Marina Beretta, Francesca Cosi, Alessandra Repossi, pag. 28.
Discariche di barili - 19/10/2020
Notizia: Governatore delle Marche critico su dpcm: "Scaricabarile sui comuni" da Ansa.it
La segnalo solo perché contiene una parola chiave che da tempo avevo identificato come rappresentativa della strategia anti-covid del governo: “Scaricabarile” (*1).
Oggi sui comuni, domani sui cittadini.
Il Covid-19 si diffonde non per criticità che il governo ha sottovalutato o non considerato ma per colpa dei cittadini che vanno in palestra o non indossano le mascherine all’aperto…
Nota (*1): Vedi Lo scaricavirus (febbraio 2020) e Download del barile (luglio 2020) ma anche altri…
Chiacchiere da bar sui massimi sistemi - 19/10/2020
“Galileo Galilei: un grande genio fiorentino nato a Pisa”
Niente: la frase mi sembrava buffa e così l’ho pubblicata.
Probabilmente mi è venuta a mente perché negli scorsi saldi su Amazon mi sono comprato un Kindle e ho ricominciato a leggere dall’inizio “Dialogo sui massimi sistemi” di Galilei: il vecchio lettore era ormai inutilizzabile avendo perso del tutto il contrasto, ora invece è un piacere anche se ho il grosso problema di non poter scrivere note generiche a specifiche pagine…
Pirlo e Iachini - 20/20/2020
Allenatori che, per motivi diversi, sono già nella bufera.
Su Pirlo mi espressi già chiaramente nel corto Pirlata: un azzardo, tentato volontariamente dalla dirigenza, anticipando una stagione di ricostruzione con Pirlo come parafulmine.
Ma all’epoca tutti i media non facevano che esaltare tale scelta: poi sono bastati due pareggi che tutti ora gli danno contro. Evidentemente erano ipocriti prima perché, dopo due pareggi, avrebbe ancora tutto il tempo per rifarsi (*1).
Onestamente (e l’ho scritto) pensavo che la conferma di Iachini fosse una buona idea: per il poco tempo a disposizione e la rosa modesta un nuovo buon allenatore avrebbe rischiato di bruciarsi, meglio allora confermare un allenatore modesto come Iachini che però conosce già la squadra e dovrebbe riuscire a fare una stagione “tranquilla”.
Invece Iachini sembra peggiorato: la sconfitta con l’Inter è stata probabilmente causata dai suoi cambi dissennati e anche nel pari con lo Spezia ha qualche responsabilità.
Però cambiarlo ora mi sembra ancor più rischioso per il nuovo allenatore: almeno si dovrebbe aspettare Natale in maniera da dare più giustificazioni al suo sostituto e, se poi la Fiorentina si riprende, arrivare a fine stagione. Vedremo cosa deciderà Commisso.
Nota (*1): anche se non lo credo soprattutto per come vedo Pirlo a bordo campo: mi pare bloccato incapace di farsi sentire dalla squadra. Ci sono anche allenatori silenziosi ma Pirlo mi dà però l’idea di voler gridare ma senza riuscirci.
Carramba! - 20/10/2020
Stamani un momento di commozione: ho trovato sotto il letto un calzino grigio listato di rosso e mi sono ricordato di averne uno uguale in bagno: il momento in cui li ho fatti rincontrare dopo anni di separazione è stato super emozionante!
Fragile e antifragile
[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.6.2 "Coniugazioni").
Ieri ho finito di leggere due libri: “Manoscritto di un prigioniero” (1833) di Carlo Bini e “Quale ricco si salverà?” di Clemente Alessandrino. Probabilmente ci scriverò un pezzo con calma…
Ovviamente ho subito iniziato due nuovi libri: “L’Italia fragile” di Prezzolini e “Antifragile” di Nassim Teleb. Solo dopo mi sono accorto dell’affinità dei titoli!
“L’Italia fragile” è stato scritto da Prezzolini all’età di 94 anni: ne ho lette poche pagine ma ho già notato qualcosa che mi pare interessante ma siccome voglio parlare dell’altro libro preferisco non anticipare niente…
“Antifragile” me l’aveva suggerito il mio amico matematico russo con cui ho fatto amicizia su Steam. Credo che il libro più famoso di Taleb sia il “Cigno nero” ma secondo Oleg questo era migliore…
Sfogliandolo mi è sembrato molto curioso: titoli buffi, tabelle interessanti, qualche formula…
Poi ho letto le prime due pagine del prologo e ho capito tutto!
Fra le massime di Confucio (mi pare di non averne scritto) ce n’era una che a noi occidentali suona male. Era qualcosa di questo genere (la parafraso a memoria): “A un allievo che non capisce tutto dopo che gli ho spiegato un quinto della lezione preferisco non insegnare.”
Per Confucio gli uomini NON sono tutti uguali (sebbene siano tutti fratelli) ma hanno capacità diverse: tutti devono cercare di migliorarsi ma Confucio si sente sprecato a insegnare ad allievi che non siano eccezionalmente brillanti: i meno capaci vadano da maestri meno bravi…
Io oziosamente mi chiedevo se un quinto mi sarebbe bastato: almanaccavo qualcosa del tipo “con un quarto mi sentirei più tranquillo e, per certe lezioni, forse mi servirebbe anche un terzo per intuirne il senso completo”.
Mi sembra infatti di aver già scritto come a scuola, ma anche all’università, ho avuto sempre la sensazione che tutte le lezioni fossero logiche e ovvie: a riprova che non fosse solo una mia illusione posso dire che i professori mi elogiavano sempre per le mie domande azzeccate e che andavano subito alle implicazioni oltre l’orizzonte spiegato a lezione…
Vabbè, tutto questo per dire che dopo aver letto due pagine del prologo di Antifragile credo di aver già capito tutto!
Se fosse davvero così non sarebbe male: dato che le pagine sono circa 500 avrei capito tutto dopo 1/250 di “lezione”!
Il concetto base è molto interessante e l’autore lo definisce col neologismo di “antifragile” come di un particolare opposto di “fragile”.
Con fragile intende più o meno il comune senso di cosa che si rompe facilmente, in particolare intende un sistema complesso (come un organismo o una società) che sia vulnerabile a eventi casuali imprevisti.
Con antifragile intende invece un sistema che non solo resiste agli eventi inaspettati (se fosse così semplice avrebbe potuto usare l’aggettivo “robusto”) ma anzi, ne viene reso più forte o migliore.
Da quello che ho capito dalle pagine lette del prologo (nel frattempo sono arrivato a 5!) nei vari capitoli l’autore mostrerà come questo concetto si applica a svariati ambiti e, per ognuno di essi, accenna a quali saranno le sue argomentazioni.
Poi, onestamente, credo che leggendo avrò delle gradite sorprese (ovvero idee che non avevo immaginato in anticipo). Per esempio accenna al fatto che sia possibile calcolare il valore di fragilità-antifragilità ma al momento non avrei idea di come fare…
Ma perché ho provato subito questo senso di familiarità con l’idea di antifragilità?
Il motivo è che leggendo la sua applicazione alla società mi sono accorto che c’è un notevole affinità fra il mio effetto di omogeneizzazione ([E] 5.15) e la fragilità così come l’intende Taleb.
Analogamente il concetto di antifragilità può essere visto come una generalizzazione della mia legge dell’evoluzione ([E] 5.14): non per nulla anche nella mia Epitome i due concetti sono strettamente interconnessi e, per questo, sono introdotti uno dopo l’altro.
Insomma, almeno a livello embrionale, l’idea di Taleb non mi è estranea e ho già la gradevole sensazione che il suo libro mi aiuterà a espandere la mia comprensione di molte dinamiche sociali e non solo.
Ah! Un altro dettagli che ho notato è che Taleb è molto critico degli altri intellettuali e tende a ridicolizzarne le certezze: per esempio «...eppure più l’evento è raro e più questi “scienziati” che si occupano di prevedere, schematizzare e usare PowerPoint nelle conferenze, con equazioni a effetto su sfondi colorati, si sentono fiduciosi» (*1). E su cinque pagine lette questo è almeno il secondo o terzo esempio che ho notato: dubito che sia un caso...
Piuttosto sono perplesso dal suo umorismo: ne ho percepito dei frammenti ma mi sono parsi "incompleti" spero che non sia andato perso nella traduzione...
Conclusione: per il momento sono molto entusiasta e spero di non rimanerne deluso!
Nota (*1): tratto da “Antifragile” di Nassim Nicholas Taleb, (E.) Il Saggiatore, 2013, trad. Daniela Antongiovanni, Marina Beretta, Francesca Cosi, Alessandra Repossi, pag. 25.
Ieri ho finito di leggere due libri: “Manoscritto di un prigioniero” (1833) di Carlo Bini e “Quale ricco si salverà?” di Clemente Alessandrino. Probabilmente ci scriverò un pezzo con calma…
Ovviamente ho subito iniziato due nuovi libri: “L’Italia fragile” di Prezzolini e “Antifragile” di Nassim Teleb. Solo dopo mi sono accorto dell’affinità dei titoli!
“L’Italia fragile” è stato scritto da Prezzolini all’età di 94 anni: ne ho lette poche pagine ma ho già notato qualcosa che mi pare interessante ma siccome voglio parlare dell’altro libro preferisco non anticipare niente…
“Antifragile” me l’aveva suggerito il mio amico matematico russo con cui ho fatto amicizia su Steam. Credo che il libro più famoso di Taleb sia il “Cigno nero” ma secondo Oleg questo era migliore…
Sfogliandolo mi è sembrato molto curioso: titoli buffi, tabelle interessanti, qualche formula…
Poi ho letto le prime due pagine del prologo e ho capito tutto!
Fra le massime di Confucio (mi pare di non averne scritto) ce n’era una che a noi occidentali suona male. Era qualcosa di questo genere (la parafraso a memoria): “A un allievo che non capisce tutto dopo che gli ho spiegato un quinto della lezione preferisco non insegnare.”
Per Confucio gli uomini NON sono tutti uguali (sebbene siano tutti fratelli) ma hanno capacità diverse: tutti devono cercare di migliorarsi ma Confucio si sente sprecato a insegnare ad allievi che non siano eccezionalmente brillanti: i meno capaci vadano da maestri meno bravi…
Io oziosamente mi chiedevo se un quinto mi sarebbe bastato: almanaccavo qualcosa del tipo “con un quarto mi sentirei più tranquillo e, per certe lezioni, forse mi servirebbe anche un terzo per intuirne il senso completo”.
Mi sembra infatti di aver già scritto come a scuola, ma anche all’università, ho avuto sempre la sensazione che tutte le lezioni fossero logiche e ovvie: a riprova che non fosse solo una mia illusione posso dire che i professori mi elogiavano sempre per le mie domande azzeccate e che andavano subito alle implicazioni oltre l’orizzonte spiegato a lezione…
Vabbè, tutto questo per dire che dopo aver letto due pagine del prologo di Antifragile credo di aver già capito tutto!
Se fosse davvero così non sarebbe male: dato che le pagine sono circa 500 avrei capito tutto dopo 1/250 di “lezione”!
Il concetto base è molto interessante e l’autore lo definisce col neologismo di “antifragile” come di un particolare opposto di “fragile”.
Con fragile intende più o meno il comune senso di cosa che si rompe facilmente, in particolare intende un sistema complesso (come un organismo o una società) che sia vulnerabile a eventi casuali imprevisti.
Con antifragile intende invece un sistema che non solo resiste agli eventi inaspettati (se fosse così semplice avrebbe potuto usare l’aggettivo “robusto”) ma anzi, ne viene reso più forte o migliore.
Da quello che ho capito dalle pagine lette del prologo (nel frattempo sono arrivato a 5!) nei vari capitoli l’autore mostrerà come questo concetto si applica a svariati ambiti e, per ognuno di essi, accenna a quali saranno le sue argomentazioni.
Poi, onestamente, credo che leggendo avrò delle gradite sorprese (ovvero idee che non avevo immaginato in anticipo). Per esempio accenna al fatto che sia possibile calcolare il valore di fragilità-antifragilità ma al momento non avrei idea di come fare…
Ma perché ho provato subito questo senso di familiarità con l’idea di antifragilità?
Il motivo è che leggendo la sua applicazione alla società mi sono accorto che c’è un notevole affinità fra il mio effetto di omogeneizzazione ([E] 5.15) e la fragilità così come l’intende Taleb.
Analogamente il concetto di antifragilità può essere visto come una generalizzazione della mia legge dell’evoluzione ([E] 5.14): non per nulla anche nella mia Epitome i due concetti sono strettamente interconnessi e, per questo, sono introdotti uno dopo l’altro.
Insomma, almeno a livello embrionale, l’idea di Taleb non mi è estranea e ho già la gradevole sensazione che il suo libro mi aiuterà a espandere la mia comprensione di molte dinamiche sociali e non solo.
Ah! Un altro dettagli che ho notato è che Taleb è molto critico degli altri intellettuali e tende a ridicolizzarne le certezze: per esempio «...eppure più l’evento è raro e più questi “scienziati” che si occupano di prevedere, schematizzare e usare PowerPoint nelle conferenze, con equazioni a effetto su sfondi colorati, si sentono fiduciosi» (*1). E su cinque pagine lette questo è almeno il secondo o terzo esempio che ho notato: dubito che sia un caso...
Piuttosto sono perplesso dal suo umorismo: ne ho percepito dei frammenti ma mi sono parsi "incompleti" spero che non sia andato perso nella traduzione...
Conclusione: per il momento sono molto entusiasta e spero di non rimanerne deluso!
Nota (*1): tratto da “Antifragile” di Nassim Nicholas Taleb, (E.) Il Saggiatore, 2013, trad. Daniela Antongiovanni, Marina Beretta, Francesca Cosi, Alessandra Repossi, pag. 25.
venerdì 16 ottobre 2020
Tre pensieri...
...per concludere almeno per un po’ le mie filippiche sulla gestione del covid-19.
1- L’obbligo delle mascherine all’aperto ha il reale scopo di dividere gli italiani per poi attribuire loro la colpa delle cattive scelte politiche fatte.
2- Alle squadre di calcio conveniva far infettare tutti i giocatori in estate e non pensarci più!
3- Per chiarezza: il problema covid-19 è concreto (lo scrivo da sempre) ma la gestione del governo, soprattutto di questa seconda ondata, è stata sbagliata.
“E tu, che parli così bene, cosa avresti fatto? (che poi non sei un virologo)!” potreste chiedermi.
- Per esempio: distribuzione gratuita di vitamina D a tutta la popolazione (*1); produzione con supporto statale di mascherine FFP2 e successiva distribuzione gratuita. Già in questo modo si sarebbe potuto tranquillamente bloccare la diffusione del virus. Con un minimo di maggior impegno poi si sarebbe dovuto produrre massicciamente i test rapidi ed economici e relativamente poco sensibili (*2) da usare quotidianamente per studenti e lavoratori (specialmente se a contatto col pubblico).
-Perché non solo in Italia, ma anche all’estero, non si è fatto quanto suggerisco io qui sopra?
Qui posso solo fare delle supposizioni: credo però che la colpa delle varie scelte miopi sia quello di mantenere la popolazione in uno stato d’allarme che giustifichi il business del vaccino sul quale le case farmaceutiche hanno investito miliardi per la ricerca e ora vogliono riprenderseli con gli interessi.
Da sottolineare poi un altro aspetto molto triste: siamo ormai talmente imbevuti di principi capitalistici che non si rinuncia a essi neppure quando sarebbe “capitalisticamente” corretto e logico farlo. In particolare mi riferisco al non coinvolgimento diretto dello Stato nella produzione massiccia di vitamina D e mascherine FFP2: si lascia tutto all’iniziativa privata che però, almeno in Italia, non ha più la forza per intervenire efficacemente mentre col supporto statale (leggi grande commessa con pagamento anticipato) si sarebbero potute salvare migliaia di vite e minimizzare notevolmente la crisi economica che va a grave danno delle imprese e delle famiglie.
Vabbè, come al solito ero partito per scrivere un corto ma poi… sono andato lungo!
E allora lungo per lungo, un’altra riflessione:
«La bugia più comune è quella con cui si mente a se stessi; il mentire ad altri è un caso relativamente eccezionale» (*3)
Si tratta di un’affermazione di Nietzsche: non ho avuto voglia di cercare un passaggio più significativo e in questa frase manca una premessa fondamentale: la convinzione è più nociva della menzogna alla verità.
La bugia altrui la possiamo smascherare e riconoscere come tale ma la convinzione (quando diventa fanatica) è una menzogna che diciamo a noi stessi e che ci impedisce di ammettere la verità anche quando questa sarebbe evidente davanti ai nostri occhi.
Tutto questo per arrivare a una mia ultima considerazione: i virologi sono sicuramente i massimi esperti di virus ma è pericoloso affidarsi unicamente a loro per la gestione dell’emergenza. Il motivo è che, convinti di sapere tutto dei virus, non si accorgono delle interazioni con l’economia e la società causate dal covid-19 che sfuggono loro. La loro opinione sugli aspetti medici del SARS-CoV-2 è fondamentale ma questa conoscenza li rende sordi verso altre problematiche più o meno direttamente connesse a esso. I virologi vedono solo il virus e per questo sono rapidi a suggerire di chiudere tutto con nuove quarantene indiscriminate, più o meno localizzate: non considerano i danni provocati all’economia (che indirettamente causa morti: la relazione diretta fra ricchezza e salute non me la invento io: i poveri si curano meno), gli effetti psicologici (e talvolta fisici) negativi provocati dall’isolamento forzato (vedi, come esempio famoso, il calciatore Ilicic), i danni alla libertà della popolazione...
Affidarsi completamente ai virologi sarebbe come mettere totalmente in mano a un banchiere la gestione del paese: il banchiere certamente lo riorganizzerebbe in maniera tale che il sistema finanziario ne abbia da trarre il massimo beneficio ma questo non significa che gli italiani si ritroverebbero poi più ricchi o felici; analogamente un virologo che avesse carta bianca nella gestione dell’Italia sicuramente combatterebbe il virus efficacemente ma a un prezzo probabilmente troppo alto per gli italiani stessi.
Qui sarebbe quindi necessaria la mediazione della buona politica, capace di vedere tutti gli aspetti della problematica e non solo alcuni: capace poi di trarne una sintesi strategica che massimizzi i benefici per la popolazione. Ma ovviamente in Italia non abbiamo questo tipo di capacità politica.
Conclusione: a meno di altre trovate demenziali cercherò di astenermi per un po’ dallo scrivere di covid-19. Io mi ci faccio cattivo sangue e, probabilmente, la mia opinione da non esperto non interessa neppure troppo i miei lettori.
Nota (*1): mi sto convincendo che il vero motivo per cui il numero di casi è rimasto basso durante l’estate è la naturale produzione i vitamina D provocata dall’esposizione al sole che, invece, crolla in autunno e inverno.
Nota (*2): “relativamente poco sensibili” significa comunque in grado di individuare i soggetti contagiosi (sebbene non tutti quelli contagiati): vedi i vari “Speciale Coronavirus” dove ne scrivo.
Nota (*3): tratto da “L’anticristo” di Nietzsche, (E.) Newton Compton Editori, 1977, trad. Paolo Santoro, pag. 80.
1- L’obbligo delle mascherine all’aperto ha il reale scopo di dividere gli italiani per poi attribuire loro la colpa delle cattive scelte politiche fatte.
2- Alle squadre di calcio conveniva far infettare tutti i giocatori in estate e non pensarci più!
3- Per chiarezza: il problema covid-19 è concreto (lo scrivo da sempre) ma la gestione del governo, soprattutto di questa seconda ondata, è stata sbagliata.
“E tu, che parli così bene, cosa avresti fatto? (che poi non sei un virologo)!” potreste chiedermi.
- Per esempio: distribuzione gratuita di vitamina D a tutta la popolazione (*1); produzione con supporto statale di mascherine FFP2 e successiva distribuzione gratuita. Già in questo modo si sarebbe potuto tranquillamente bloccare la diffusione del virus. Con un minimo di maggior impegno poi si sarebbe dovuto produrre massicciamente i test rapidi ed economici e relativamente poco sensibili (*2) da usare quotidianamente per studenti e lavoratori (specialmente se a contatto col pubblico).
-Perché non solo in Italia, ma anche all’estero, non si è fatto quanto suggerisco io qui sopra?
Qui posso solo fare delle supposizioni: credo però che la colpa delle varie scelte miopi sia quello di mantenere la popolazione in uno stato d’allarme che giustifichi il business del vaccino sul quale le case farmaceutiche hanno investito miliardi per la ricerca e ora vogliono riprenderseli con gli interessi.
Da sottolineare poi un altro aspetto molto triste: siamo ormai talmente imbevuti di principi capitalistici che non si rinuncia a essi neppure quando sarebbe “capitalisticamente” corretto e logico farlo. In particolare mi riferisco al non coinvolgimento diretto dello Stato nella produzione massiccia di vitamina D e mascherine FFP2: si lascia tutto all’iniziativa privata che però, almeno in Italia, non ha più la forza per intervenire efficacemente mentre col supporto statale (leggi grande commessa con pagamento anticipato) si sarebbero potute salvare migliaia di vite e minimizzare notevolmente la crisi economica che va a grave danno delle imprese e delle famiglie.
Vabbè, come al solito ero partito per scrivere un corto ma poi… sono andato lungo!
E allora lungo per lungo, un’altra riflessione:
«La bugia più comune è quella con cui si mente a se stessi; il mentire ad altri è un caso relativamente eccezionale» (*3)
Si tratta di un’affermazione di Nietzsche: non ho avuto voglia di cercare un passaggio più significativo e in questa frase manca una premessa fondamentale: la convinzione è più nociva della menzogna alla verità.
La bugia altrui la possiamo smascherare e riconoscere come tale ma la convinzione (quando diventa fanatica) è una menzogna che diciamo a noi stessi e che ci impedisce di ammettere la verità anche quando questa sarebbe evidente davanti ai nostri occhi.
Tutto questo per arrivare a una mia ultima considerazione: i virologi sono sicuramente i massimi esperti di virus ma è pericoloso affidarsi unicamente a loro per la gestione dell’emergenza. Il motivo è che, convinti di sapere tutto dei virus, non si accorgono delle interazioni con l’economia e la società causate dal covid-19 che sfuggono loro. La loro opinione sugli aspetti medici del SARS-CoV-2 è fondamentale ma questa conoscenza li rende sordi verso altre problematiche più o meno direttamente connesse a esso. I virologi vedono solo il virus e per questo sono rapidi a suggerire di chiudere tutto con nuove quarantene indiscriminate, più o meno localizzate: non considerano i danni provocati all’economia (che indirettamente causa morti: la relazione diretta fra ricchezza e salute non me la invento io: i poveri si curano meno), gli effetti psicologici (e talvolta fisici) negativi provocati dall’isolamento forzato (vedi, come esempio famoso, il calciatore Ilicic), i danni alla libertà della popolazione...
Affidarsi completamente ai virologi sarebbe come mettere totalmente in mano a un banchiere la gestione del paese: il banchiere certamente lo riorganizzerebbe in maniera tale che il sistema finanziario ne abbia da trarre il massimo beneficio ma questo non significa che gli italiani si ritroverebbero poi più ricchi o felici; analogamente un virologo che avesse carta bianca nella gestione dell’Italia sicuramente combatterebbe il virus efficacemente ma a un prezzo probabilmente troppo alto per gli italiani stessi.
Qui sarebbe quindi necessaria la mediazione della buona politica, capace di vedere tutti gli aspetti della problematica e non solo alcuni: capace poi di trarne una sintesi strategica che massimizzi i benefici per la popolazione. Ma ovviamente in Italia non abbiamo questo tipo di capacità politica.
Conclusione: a meno di altre trovate demenziali cercherò di astenermi per un po’ dallo scrivere di covid-19. Io mi ci faccio cattivo sangue e, probabilmente, la mia opinione da non esperto non interessa neppure troppo i miei lettori.
Nota (*1): mi sto convincendo che il vero motivo per cui il numero di casi è rimasto basso durante l’estate è la naturale produzione i vitamina D provocata dall’esposizione al sole che, invece, crolla in autunno e inverno.
Nota (*2): “relativamente poco sensibili” significa comunque in grado di individuare i soggetti contagiosi (sebbene non tutti quelli contagiati): vedi i vari “Speciale Coronavirus” dove ne scrivo.
Nota (*3): tratto da “L’anticristo” di Nietzsche, (E.) Newton Compton Editori, 1977, trad. Paolo Santoro, pag. 80.
Iscriviti a:
Post (Atom)