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venerdì 9 ottobre 2020

Racconti educativi di fiele e di mare 1

C’era una volta un ometto bugiardo (o, a seconda del punto di vista, un bugiardo ometto): egli proveniva da là dove si mente per lavoro e, un giorno, si ritrovò per caso su una nave. Prima disse che era sua e poi si convinse che lo fosse realmente e così (viva la legge del mare) ne prese possesso.
Per condurla aveva bisogno di un equipaggio ma chi vuole per capitano un ometto bugiardo che, solo a forza di immaginarsi di impartire ordini, già iniziava a sentirsi un grande ammiraglio?
L’ometto era infatti così bravo a raccontare fandonie che lui stesso finiva per credere alle proprie fantasie: si metteva davanti allo specchio, faceva l’espressione seria, accennava un sorriso suadente e sicuro di sé, si guardava fisso intensamente e si diceva in un italiano stentato quello che avrebbe voluto sentirsi dire: “Sei il migliore, sei berfetto!”. E subito ci credeva e, facendosi l’occhiolino, si ammirava compiaciuto di se stesso.

Ma, come dicevamo, cercava un equipaggio: i buoni marinai capivano subito con chi avevano a che fare e scappavano via senza neppure aspettare di sapere quale fosse la paga. Ma anche i cattivi marinai si stancavano rapidamente di chi, pur sapendone molto meno di loro, con grande arroganza e prosopopea dava loro ordini assurdi. Addirittura iniziò a farsi chiamare capitano “Gran Lupo di Mare”: proprio per questo i marinai, quando egli era sottocoperta, sghignazzando fra loro lo schernivano col più adeguato nome di “Piccolo Topo di Fogna”. Ma come detto quelli che accettavano di navigare con lui erano individui senza onore, pirati assetati d’oro, sempre pronti a tradire anche amici e parenti, figuriamoci quindi se avessero potuto rendere giustizia a un capitano che mal sopportavano e che anzi, non visti, deridevano apertamente.

E chi erano questi loschi figuri?
Il nostromo era un giovane ignorante, detto “il Traditore”, che raramente sapeva quello che faceva e spesso lo faceva pure male: al Gran Lupo di Mare però il Traditore piaceva perché accanto a lui gli sembrava di far sempre una gran bella figura. Del resto, stringendo gli occhi e sfocando la vista, se proprio lo si vuole è più facile illudersi che un grigio sporco sia puro bianco se è accostato a uno sfondo nero carbone.
Eppure, si sa, chi tradisce una volta, soprattutto se ama parlare di lealtà e buoni principi, spesso tradisce anche una seconda: andrà così? Lo scopriremo insieme nelle prossime puntate...

Poi c’era la Cuoca, una signora ben pasciuta e di una certa età che, in effetti, vista da lontano poteva sembrare una brava e amichevole matrona: in realtà il suo cuore era nero, ella era assettata di sangue e si divertiva a tagliare di netto la testa ai polli solo per vederlo schizzare per la cucina: il corpo dei polli infatti, per i pochi secondi in cui non si rende conto di essere già morto, continua a muoversi e a correre all’impazzata sul pavimento animato da una sembianza di volontà propria. All’orribile spettacolo la vecchia Cuoca prorompeva in terribili risa sguaiate. Rideva invece dentro di sé quando sussurava ai polli chiusi nelle stie della sua dispensa: gli diceva infatti di amarli e di volere il loro bene e questi cretini, del resto se fossero stati intelligenti non avrebbero potuto essere polli, le credevano e beccavano felici i pochi putridi avanzi che lei tirava nelle loro gabbie.
Sembrava apparentemente la persona giusta al posto giusto ma, in realtà, ella appena salita a bordo si era affrettata a sedersi sul primo sgabello di semplice legno (dotato di morbidi braccioli, ampio schienale e con una pregiata imbottitura in pelle di alta qualità) trovato libero e da cui poi, anche a causa della sua mole, sarebbe stato troppo difficile e faticoso rimuoverla: ma come vedremo questa decisione non fu priva di tristi conseguenze.

Un altro losco marinaio era invece incaricato di tenere in ordine i conti della nave: troppo intelligente per il proprio bene in silenzio aveva sogni oscuri e tramava il tradimento. Gli occhi piccoli e porcini nascosti dietro a spesse lenti da vista, le gote paffute e una bocca insolitamente larga lo facevano assomigliare a un grande rospo pensoso e calcolatore. In realtà era “calcolatore” solo all’apparenza dato che non sapeva neppure contare fino a dieci ma era solo in grado di indicare se un mucchio di monete era più grande di un altro. Al Gran Lupo di Mare questo era però più che sufficiente: pensava che il Rospo (ovviamente così era soprannominato), non conoscendo i numeri, non l’avrebbe mai derubato né avrebbe potuto combinare grossi danni. In realtà, come scopriremo, si sbagliava.
Le casse della nave erano sempre vuote e per questo il Rospo cercava ogni giorno di convincere il capitano a chiedere dei prestiti a usura: il suo piano era semplice, appena avesse potuto mettere le mani su un quantitativo decente d’oro l’avrebbe arraffato e sarebbe scappato via su una scialuppa in men che non si dica.
Quando poi il Gran Lupo di Mare si lamentava per il fatto che, nonostante gli astuti schemi piramidali di investimento ideati dal Rospo, nel tesoro ci fossero solo poche monete di rame questi gli rispondeva che il mese successivo sarebbero divenute d’oro, che in quello dopo ancora si sarebbero moltiplicate per dieci e che dopo un trimestre sarebbero state cento volte tante: “se solo fosse stato possibile ottenere un piccolo prestito...” non perdeva poi mai occasione di suggerire. Il Capitano inizialmente non gli credeva ma poi si ripeteva le sue bugie guardandosi allo specchio e subito anch’egli dimenticava i propri dubbi.

Per tenere alto l’umore della nave il Capitano aveva poi assoldato una donna di facili costumi, usa a vivere nella dissolutezza e a vendere il proprio corpo per un boccale di birra. Ormai superati gli anni rigogliosi della gioventù ella cercava di compensare ciò che il tempo le aveva sottratto con del trucco abbondante e con abiti tanto salaci quanto sgargianti: confondeva gli sguardi di stupore che il suo aspetto provocava per cupida bramosia e ciò le bastava. Appena presa a bordo i marinai per lusingarla la chiamavano “Cappuccetto Rosso” a causa di una sua mantellina molto appariscente che indossava sempre, ma fra di loro si riferivano a lei col soprannome di “Gualdrappa”.
Gualdrappa, non conoscendo niente né di mare né di navi, decise quindi di insegnare agli altri ciò che non sapeva: organizzò dei corsi a cui i marinai dovevano partecipare come fossero suoi studenti e lei la loro maestra. Questi, credendo inizialmente si trattasse di un giochino erotico, parteciparono assecondandola ma poi continuarono a frequentare la sua "scuola" solo per ridere fra loro a causa delle sciocchezze che ella proferiva in continuazione: pensavano che, nel caso peggiore, fosse un passatempo divertente e senza rischi ma, come vedremo nel prosieguo della storia, non fu così.

Il Gran Lupo di Mare volle poi fare un’opera buona: per sgravarsi la coscienza cercava di compierne una a ogni lustro; non sempre ci riusciva ma almeno ci provava.
Così ascoltò le suppliche di un povero padre che piangendo lo implorava di prendere con sé un suo figliuolo incapace e senza speranza. Il giovane non era neppure lo scemo del villaggio perché uno più furbo gli aveva soffiato il posto.
Il ragazzo, da tutti subito affettuosamente chiamato l’Incapace, probabilmente come mozzo sarebbe potuto andare anche bene ma il Capitano pensò che fosse un’ottima idea farlo divenire il medico di bordo: in questa maniera, supponeva, i marinai ci avrebbero pensato due volte prima di ammalarsi o farsi male. Anche questa idea apparentemente brillante nascondeva, come vedremo nel prosieguo, delle oscure insidie...
Comunque i marinai costretti dalla malasorte a rivolgersi all’Incapace facevano esattamente il contrario di quanto questi suggeriva e, così facendo, spesso guarivano rapidamente: il giovane infatti aveva la non comune abilità di scegliere sempre la cura peggiore e ogni alternativa portava automaticamente a risultati migliori.

Ma per oggi ho scritto abbastanza: non credo di sciupare alcuna sorpresa anticipando che il Capitano e la sua ciurma diverranno dei corsari e che, ispirandosi più o meno a Robin Hood, ruberanno ai poveri per donare ai ricchi.

Conclusione: vedremo (forse) in altra occasione le loro mirabolanti avventure...

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