Finalmente ho terminato di leggere Storia di Dio di Karen Armstrong, (E.) Marsilio, 1995, trad. Aldo Mosca.
Terribile!
L’idea alla base del libro in realtà era buona: descrivere l’evoluzione dell’idea di Dio nell’ebraismo, nel cristianesimo e nell’islam. Il problema è che l’autrice si dimostra priva di capacità di sintesi e non riesce a esporre in maniera chiara le tendenze che nel corso del tempo hanno guidato questa costante evoluzione. Invece, quello che si ha, è un’interminabile sequenza di nomi di teologi, filosofi e mistici di queste tre religioni ai quali dedica da mezza pagina a due pagine: per ciascuno di essi riassume, in maniera ovviamente stringata e ambigua, il pensiero elaborato nel corso della vita (quindi senza rendergli assolutamente giustizia) e ottenendo, in questa sequela di nomi lunga centinaia di pagine, che le varie idee si sovrappongano e si confondano fra loro.
Molto più utile sarebbe stato invece concentrarsi su poche figure chiave da approfondire in maggior dettaglio in maniera da evidenziare le dinamiche dell’evoluzione del concetto di Dio…
Ho dato un’occhiata alle recensioni su GoodReads.com (vedi Storia di Dio) e molte sono sorprendentemente buone: ho la sensazione che molte persone confondano la mole d’informazione con la qualità delle idee…
Comunque il “succo” del libro è semplice: l’idea di Dio non è fissa ma si è evoluta nel tempo in base alle necessità religiose del periodo.
Ecco, può darsi che le persone per cui questo concetto è un’assoluta novità abbiano anche trovato il libro interessante. Al contrario per me (e molti altri: sono presenti pure recensioni molto severe) tale concetto è poco più di una banalità e, anche per questo, trovo il tutto piuttosto sterile.
Ah, un’altra mancanza è che alla lunga lista di nomi di teologi e simile manca quello che sarebbe stato il dato più interessante: ovvero come si è evoluta l’idea di Dio nella popolazione…
Ricopio è incollo una critica estremamente severa ma che condivido pienamente:
«Karen Armstrong has no background in history nor in the academic study of religion, and it shows. This book's approach to the three Abrahamic religions is overly simplistic, presenting only Armstrong's often-erroneous views of these three prominent religions with almost no grounding in historical fact. She picks and chooses which sources to cite in accordance with her own biases and agenda, and it is clear that however much distance she might put between her life as a nun and her life as an armchair historian, she will never be able to escape her Catholic origins. [...]»
Già dimenticavo: anch’io, quando ha affrontato argomenti che conoscevo da altre fonti (tipo con lo zoroastrismo), ho notato numerose inesattezze…
Comunque stamani, mentre lottavo contro le ultime 20 pagine, ho avuto un’intuizione interessante: non c’è troppa differenza fra un testo sacro e un tema zen. Se si studia abbastanza a lungo un testo sacro alla fine lo si potrà interpretare in una pluralità di modi spesso convincendosi che la propria interpretazione sia la più ispirata e profonda.
Ovviamente si tratta di un esercizio fine a se stesso da cui, a causa della sua soggettività, non può derivare alcuna reale conoscenza: utile forse solo per la pace spirituale del singolo che può così coltivare le proprie illusioni religiose convincendosi di averne compreso il significato più profondo. E siccome questo difficilmente sarà esprimibile a parole allora lo si confonderà con la “fede”.
Ma in realtà se raccattate un sasso per strada e per un anno meditate sulla sua forma, le sue imperfezioni e impurità, i suoi spigoli, le sue sfumature di colore ecco che alla fine avrete delle intuizioni profonde e vedrete in esso una allegoria della vostra concezione della vita o di qualunque altra cosa vi stia a cuore compresa l'essenza di Dio. Ed ecco, se siete delle persone profondamente sensibili, creative e intelligenti, che avrete la vostra religione del sasso. Ogni assonanza è puramente casuale.
Conclusione: alla fine da queste 400 e passa pagine di noia verrà fuori (forse) una noticina alla mia Epitome: là dove scrivo che la religione si adatta alla morale della società aggiungerò che la stessa idea di Dio segue la medesima evoluzione...
sabato 29 agosto 2020
venerdì 28 agosto 2020
Riveduto...
...e corretto anche il capitolo 17 sull’Italia. È un capitolo lunghissimo e nello scriverlo mi ero stressato così tanto che non avevo più avuto voglia di rileggerlo per bene…
Invece devo (modestamente!) ammettere che avevo fatto un lavoro eccezionale!
Oramai mi manca da correggere circa un quinto dell’Epitome: probabilmente per la prossima settimana avrò terminato!
Mi sono poi deciso a cambiare registro: dalla prima persona plurale tornerò alla prima singolare che mi è più consona. I motivi sono molteplici:
1. Mi sono sempre sentito a disagio a esprimermi in prima persona plurale: mi sembra sempre di simulare un’autorità che non ho, una pretenziosità intellettuale superficiale e ridicola...
2. La prima persona plurale presuppone un assertività che in almeno 3 o 4 punti dell’opera è fuori luogo: come si fa a scrivere che non si è sicuri di qualcosa esprimendosi in prima persona plurale?
3. Psicologicamente non credo che mi faccia bene esprimermi in prima persona plurale: è possibile che questo contribuisca a rendermi troppo sicuro delle mie idee col risultato di farmi perdere lucidità (v. il corto Linguaggio e pensiero).
4. Altre opere, anche molto più serie della mia, sono scritte in una tranquilla prima persona singolare e non disdegnano battute e/o aneddoti e, anche per questi motivi, si leggono benissimo. Ho la sensazione che anche il solo passare dalla prima persona plurale a quella singolare avvicinerebbe, almeno di un piccolo passo, i potenziali lettori all’Epitome.
Ovvio che questo cambiamento di stile mi fa una fatica cane: è una modifica lunga e noiosissima e, almeno per 2 o 3 versioni, rimarranno frasi con il verbo coniugato male…
Però credo proprio che sia necessario e, quindi, mi costringerò a farlo…
Vabbè, come corto ormai ho sforato troppo quindi vedo di scrivere qualche altra parola per farne un pezzo normale…
In realtà non ho molto da aggiungere: a parte gli errori concettuali nei capitoli 2 e 3 (e una contraddizione in una tabella del 10) non ho trovato altri problemi significativi. Con un’eccezione però…
Il capitolo 15 è tutto da riscrivere! È ormai decisamente troppo superficiale e non considera un sacco di nuovi concetti che ho elaborato nel corso degli ultimi anni. La sua struttura è poi puerile: posso fare decisamente molto meglio e ho intenzione di farlo. È possibile che alla fine questo capitolo si scinda in due: vedremo…
Al momento ci ho appiccicato un bel riquadro dove avverto che il capitolo verrà riscritto appena possibile ma che, meglio di niente, lascio per il momento tale versione obsoleta…
Conclusione: dopo quattro anni l’Epitome inizia ad assumere una forma matura: ingenuamente ne sono molto orgoglioso!
Invece devo (modestamente!) ammettere che avevo fatto un lavoro eccezionale!
Oramai mi manca da correggere circa un quinto dell’Epitome: probabilmente per la prossima settimana avrò terminato!
Mi sono poi deciso a cambiare registro: dalla prima persona plurale tornerò alla prima singolare che mi è più consona. I motivi sono molteplici:
1. Mi sono sempre sentito a disagio a esprimermi in prima persona plurale: mi sembra sempre di simulare un’autorità che non ho, una pretenziosità intellettuale superficiale e ridicola...
2. La prima persona plurale presuppone un assertività che in almeno 3 o 4 punti dell’opera è fuori luogo: come si fa a scrivere che non si è sicuri di qualcosa esprimendosi in prima persona plurale?
3. Psicologicamente non credo che mi faccia bene esprimermi in prima persona plurale: è possibile che questo contribuisca a rendermi troppo sicuro delle mie idee col risultato di farmi perdere lucidità (v. il corto Linguaggio e pensiero).
4. Altre opere, anche molto più serie della mia, sono scritte in una tranquilla prima persona singolare e non disdegnano battute e/o aneddoti e, anche per questi motivi, si leggono benissimo. Ho la sensazione che anche il solo passare dalla prima persona plurale a quella singolare avvicinerebbe, almeno di un piccolo passo, i potenziali lettori all’Epitome.
Ovvio che questo cambiamento di stile mi fa una fatica cane: è una modifica lunga e noiosissima e, almeno per 2 o 3 versioni, rimarranno frasi con il verbo coniugato male…
Però credo proprio che sia necessario e, quindi, mi costringerò a farlo…
Vabbè, come corto ormai ho sforato troppo quindi vedo di scrivere qualche altra parola per farne un pezzo normale…
In realtà non ho molto da aggiungere: a parte gli errori concettuali nei capitoli 2 e 3 (e una contraddizione in una tabella del 10) non ho trovato altri problemi significativi. Con un’eccezione però…
Il capitolo 15 è tutto da riscrivere! È ormai decisamente troppo superficiale e non considera un sacco di nuovi concetti che ho elaborato nel corso degli ultimi anni. La sua struttura è poi puerile: posso fare decisamente molto meglio e ho intenzione di farlo. È possibile che alla fine questo capitolo si scinda in due: vedremo…
Al momento ci ho appiccicato un bel riquadro dove avverto che il capitolo verrà riscritto appena possibile ma che, meglio di niente, lascio per il momento tale versione obsoleta…
Conclusione: dopo quattro anni l’Epitome inizia ad assumere una forma matura: ingenuamente ne sono molto orgoglioso!
giovedì 27 agosto 2020
Appunti di letture
[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.6.0 "BW").
L’idea di leggere almeno un’ora al giorno sta funzionando benissimo: come immaginavo finisco poi leggere molto più a lungo col risultato di avanzare piuttosto rapidamente.
Per adesso sono molto contento dei miei recenti acquisti: l’idea di oggi è di dare un assaggio di ciò che mi ha più colpito di ciascuno di essi…
Il primo libro è Storia politica del mondo di Jonathan Holslag, (E.) Il Saggiatore, 2019, trad. Giulia Poerio.
Temevo di aver acquistato (a caro prezzo!) un bidone: ovvero un volume troppo superficiale che, concentrandosi sugli eventi storici, non sarebbe riuscito a trattare le dinamiche politiche (che sono quello che mi interessava). In realtà l’opera è effettivamente molto superficiale ma è comunque a un livello che trovo utile e da cui conto di ricavare delle buone intuizioni.
Intanto un buon esempio per la legge dell’alleanza ([E] 5.10) e dell’implosione ([E] 5.11). Nel 668 a.C. Assurbanipal diviene sovrano degli assiri e ne espande l’impero arrivando a conquistare perfino l’Egitto. L’impero Assiro non pare avere ormai più rivali, anche la grande rivale Babilonia è conquistata.
Abbiamo quindi a livello del Medio Oriente quello che è a tutti gli effetti un potere egemone politico che ha inglobato un gran numero di regni di cui mantiene il controllo con la forza militare (grazie alle tasse) e con governatori eunuchi che si sorvegliano a vicenda.
Nel 650 a.C. vi è però una grave carestia: la tensione in tutte le province, comprese Egitto e Babilonia, sale.
Grazie all’energia, il carisma e le capacità di Assurbanipal l’impero è mantenuto sotto controllo ma alla sua morte la situazione precipita: babilonesi, sciti e medi si ribellano alleandosi insieme. L’impero è spaccato e dopo un paio di sconfitte militare decisive (612 a.C. distruzione di Ninive, capitale assira; 605 a.C. battaglia di Carchemish) crolla definitivamente.
Ma evidentemente i medi sono quelli che hanno più guadagnato da questo riassetto del potere e rapidamente formano un proprio impero sulle ceneri di quello assiro.
De Il padiglione d’oro di Yukio Mishima ho già scritto in Nansen e Joshu. Ancora (sono a poco meno di metà) non ho inquadrato il romanzo che comunque scorre bene.
Aggiungo che la soluzione al “tema zen” di cui avevo già scritto è piuttosto deludente: si tratta di un’allegoria in cui il micio rappresenta le “illusioni del sé” e le “fantasticherie fallaci”; la spiegazione degli zoccoli sulla testa è poi debole.
Ma questa è la spiegazione del maestro del protagonista e non ha quindi la pretesa di essere l’interpretazione definitiva.
In realtà mi sono reso conto che tutti questi temi zen NON possono avere una risposta unica perché altrimenti non sarebbero utili alla meditazione: piuttosto devono permettere di perdersi in essi fino a trovare nuove idee e possibilità.
Nel complesso la mia spiegazione semi anagogica mi piace molto di più: almeno spiega benissimo gli zoccoli in testa!
Sto poi leggendo una raccolta di commedie di Henrik Ibsen: al momento ho letto “Un nemico del popolo”, “I pilastri della società” e “Spettri”. “Un nemico del popolo” è attualissima e mi sono appuntato varie potenziali epigrafi. “I pilastri della società” ha per tema l’ipocrisia con l’utile contrapposto al giusto e alla verità: bellino ma il finale dove tutto finisce bene è deludente. “Spettri” affronta una tematica più famigliare: la parte abbastanza attuale è il matrimonio in cui la moglie sacrifica la propria vita per nascondere al mondo i vizi del marito, altri elementi sono però ancor più superati.
Nel complesso mi piace molto ed è forse il libro che leggo più volentieri: non troppo impegnativo ma con spunti notevoli.
Infine sto leggendo Meglio di niente di Danilo Breschi, (E.) Mauro Pagliai, 2017. Un’opera strana o, almeno, io me l’aspettavo diversa. Mi sarebbe piaciuto che l’autore spiegasse organicamente il proprio punto di vista mentre invece è una collezione di articoli debolmente collegati fra loro. Intendiamoci: singolarmente sono scritti molto bene e spesso sono ricchi di spunti interessanti. Ma in genere si tratta di commenti o recensioni ad altre opere: nella prima parte Breschi spiega il pensiero dell’autore che andrà a commentare e poi esprime i propri dubbi su alcuni punti ed evidenzia dove si trova d’accordo. Alla fine il suo pensiero complessivo va ricavato indirettamente, rimettendo insieme tutti questi frammenti: per il lettore è una fatica extra che personalmente mi sarei risparmiato volentieri.
Come detto però i singoli articoli sono spesso interessanti: quello letto ieri, “Populismo che fa bene, populismo che fa male”, mi ha fatto finalmente capire un concetto che mi sfuggiva e sul quale un mio amico era da un paio di anni che si sforzava di spiegarmelo senza però riuscirci!
Provo a scriverlo con parole mie: il populismo porta con sé un pericolo.
La sua ideologia è limitata e, principalmente, consiste in un insieme di critiche al governo in carica. La conseguenza è che l’elemento aggregante non sono i suoi principi ma la figura carismatica del suo archegete (*1). Alla fine il populismo rischia di identificarsi con tale figura e non a regole e principi. Esasperando poi il concetto di volontà popolare c’è il rischio che tale figura si senta giustificata a violare le regole democratiche. Da questo punto di vista sia Mussolini che Hitler presero il potere partendo da un passaggio democratico in cui il popolo si identificava col loro partito e questo, a sua volta, con loro stessi: da cui si ricavava che la loro volontà era la volontà del popolo e che quindi avevano il diritto di agire arbitrariamente in suo nome.
Curiosamente non avevo assolutamente notato questa analogia tutto sommato piuttosto evidente: per mia natura ho un pensiero molto indipendente e di certo, per quanto possa essere favorevole a un particolare populismo, non pendo dalle labbra del suo archegete. Non è un caso che già a pochi mesi dalle elezioni del 2013 criticassi tranquillamente Grillo o come adesso sono, mi pare, obiettivamente critico su Salvini.
Sicuramente questa nuova consapevolezza si evolverà in un nuovo sottocapitolo sui “pericoli dei populismi” in una prossima versione dell’Epitome (ma non nella 1.6.1)…
Conclusione: ho poi terminato il secondo romanzo di Salgari sul Corsaro Nero e ho quasi finito il “terribile” Storia di Dio che continuo a leggere in bagno...
Nota (*1): “archegete” è la mia traduzione, in effetti bruttina, di leader...
L’idea di leggere almeno un’ora al giorno sta funzionando benissimo: come immaginavo finisco poi leggere molto più a lungo col risultato di avanzare piuttosto rapidamente.
Per adesso sono molto contento dei miei recenti acquisti: l’idea di oggi è di dare un assaggio di ciò che mi ha più colpito di ciascuno di essi…
Il primo libro è Storia politica del mondo di Jonathan Holslag, (E.) Il Saggiatore, 2019, trad. Giulia Poerio.
Temevo di aver acquistato (a caro prezzo!) un bidone: ovvero un volume troppo superficiale che, concentrandosi sugli eventi storici, non sarebbe riuscito a trattare le dinamiche politiche (che sono quello che mi interessava). In realtà l’opera è effettivamente molto superficiale ma è comunque a un livello che trovo utile e da cui conto di ricavare delle buone intuizioni.
Intanto un buon esempio per la legge dell’alleanza ([E] 5.10) e dell’implosione ([E] 5.11). Nel 668 a.C. Assurbanipal diviene sovrano degli assiri e ne espande l’impero arrivando a conquistare perfino l’Egitto. L’impero Assiro non pare avere ormai più rivali, anche la grande rivale Babilonia è conquistata.
Abbiamo quindi a livello del Medio Oriente quello che è a tutti gli effetti un potere egemone politico che ha inglobato un gran numero di regni di cui mantiene il controllo con la forza militare (grazie alle tasse) e con governatori eunuchi che si sorvegliano a vicenda.
Nel 650 a.C. vi è però una grave carestia: la tensione in tutte le province, comprese Egitto e Babilonia, sale.
Grazie all’energia, il carisma e le capacità di Assurbanipal l’impero è mantenuto sotto controllo ma alla sua morte la situazione precipita: babilonesi, sciti e medi si ribellano alleandosi insieme. L’impero è spaccato e dopo un paio di sconfitte militare decisive (612 a.C. distruzione di Ninive, capitale assira; 605 a.C. battaglia di Carchemish) crolla definitivamente.
Ma evidentemente i medi sono quelli che hanno più guadagnato da questo riassetto del potere e rapidamente formano un proprio impero sulle ceneri di quello assiro.
De Il padiglione d’oro di Yukio Mishima ho già scritto in Nansen e Joshu. Ancora (sono a poco meno di metà) non ho inquadrato il romanzo che comunque scorre bene.
Aggiungo che la soluzione al “tema zen” di cui avevo già scritto è piuttosto deludente: si tratta di un’allegoria in cui il micio rappresenta le “illusioni del sé” e le “fantasticherie fallaci”; la spiegazione degli zoccoli sulla testa è poi debole.
Ma questa è la spiegazione del maestro del protagonista e non ha quindi la pretesa di essere l’interpretazione definitiva.
In realtà mi sono reso conto che tutti questi temi zen NON possono avere una risposta unica perché altrimenti non sarebbero utili alla meditazione: piuttosto devono permettere di perdersi in essi fino a trovare nuove idee e possibilità.
Nel complesso la mia spiegazione semi anagogica mi piace molto di più: almeno spiega benissimo gli zoccoli in testa!
Sto poi leggendo una raccolta di commedie di Henrik Ibsen: al momento ho letto “Un nemico del popolo”, “I pilastri della società” e “Spettri”. “Un nemico del popolo” è attualissima e mi sono appuntato varie potenziali epigrafi. “I pilastri della società” ha per tema l’ipocrisia con l’utile contrapposto al giusto e alla verità: bellino ma il finale dove tutto finisce bene è deludente. “Spettri” affronta una tematica più famigliare: la parte abbastanza attuale è il matrimonio in cui la moglie sacrifica la propria vita per nascondere al mondo i vizi del marito, altri elementi sono però ancor più superati.
Nel complesso mi piace molto ed è forse il libro che leggo più volentieri: non troppo impegnativo ma con spunti notevoli.
Infine sto leggendo Meglio di niente di Danilo Breschi, (E.) Mauro Pagliai, 2017. Un’opera strana o, almeno, io me l’aspettavo diversa. Mi sarebbe piaciuto che l’autore spiegasse organicamente il proprio punto di vista mentre invece è una collezione di articoli debolmente collegati fra loro. Intendiamoci: singolarmente sono scritti molto bene e spesso sono ricchi di spunti interessanti. Ma in genere si tratta di commenti o recensioni ad altre opere: nella prima parte Breschi spiega il pensiero dell’autore che andrà a commentare e poi esprime i propri dubbi su alcuni punti ed evidenzia dove si trova d’accordo. Alla fine il suo pensiero complessivo va ricavato indirettamente, rimettendo insieme tutti questi frammenti: per il lettore è una fatica extra che personalmente mi sarei risparmiato volentieri.
Come detto però i singoli articoli sono spesso interessanti: quello letto ieri, “Populismo che fa bene, populismo che fa male”, mi ha fatto finalmente capire un concetto che mi sfuggiva e sul quale un mio amico era da un paio di anni che si sforzava di spiegarmelo senza però riuscirci!
Provo a scriverlo con parole mie: il populismo porta con sé un pericolo.
La sua ideologia è limitata e, principalmente, consiste in un insieme di critiche al governo in carica. La conseguenza è che l’elemento aggregante non sono i suoi principi ma la figura carismatica del suo archegete (*1). Alla fine il populismo rischia di identificarsi con tale figura e non a regole e principi. Esasperando poi il concetto di volontà popolare c’è il rischio che tale figura si senta giustificata a violare le regole democratiche. Da questo punto di vista sia Mussolini che Hitler presero il potere partendo da un passaggio democratico in cui il popolo si identificava col loro partito e questo, a sua volta, con loro stessi: da cui si ricavava che la loro volontà era la volontà del popolo e che quindi avevano il diritto di agire arbitrariamente in suo nome.
Curiosamente non avevo assolutamente notato questa analogia tutto sommato piuttosto evidente: per mia natura ho un pensiero molto indipendente e di certo, per quanto possa essere favorevole a un particolare populismo, non pendo dalle labbra del suo archegete. Non è un caso che già a pochi mesi dalle elezioni del 2013 criticassi tranquillamente Grillo o come adesso sono, mi pare, obiettivamente critico su Salvini.
Sicuramente questa nuova consapevolezza si evolverà in un nuovo sottocapitolo sui “pericoli dei populismi” in una prossima versione dell’Epitome (ma non nella 1.6.1)…
Conclusione: ho poi terminato il secondo romanzo di Salgari sul Corsaro Nero e ho quasi finito il “terribile” Storia di Dio che continuo a leggere in bagno...
Nota (*1): “archegete” è la mia traduzione, in effetti bruttina, di leader...
martedì 25 agosto 2020
Speciale Coronavirus 26
A che punto siamo? Il covid-19 è ancora pericoloso oggi come a febbraio-marzo?
La domanda è legittima: da una parte i contagi stanno tornando a salire vistosamente ma da un’altra la mortalità sta scendendo forse ancora di più.
E questo non sta accadendo solo in Italia: in Spagna e Francia, per esempio, questa tendenza generalizzata è ancor più evidente…
La domanda da porsi è quindi “Come mai con 1000 nuovi contagiati abbiamo solo 64 persone in terapia intensiva?”.
Ovviamente c’è il fattore del ritardo: le persone gravemente infettate oggi si sono ammalate circa due settimane fa. Il 7 agosto (ho cercato i dati ieri) i nuovi casi erano 552 quindi, nel caso peggiore ci dovremo aspettare circa 128 persone in terapia intensiva fra due settimane.
Se questo rapporto, ovviamente molto approssimativo, fosse corretto allora con 6000 nuovi malati al giorno ci sarebbero 768 malati in terapia intensiva due settimane dopo. Tanti ma decisamente meno del picco di 4068 registrato il 3 aprile (a cui corrispondono i circa 6000 nuovi infetti del 20 marzo).
Insomma la mortalità, strettamente proporzionale al numero di persone in terapia intensiva, sta evidentemente calando. Quali possono essere le ragioni?
1. Il virus sta diventando meno letale. Questa è la tendenza normale dei virus: a parità di contagiosità il virus che uccide o che blocca a letto il proprio ospite si diffonde molto meno di quello che lo lascia attivo cioè puacisintomatico o asintomatico. In realtà alcuni virologi dicono che questo virus cambia lentamente e che quindi è troppo presto per vedere una tendenza di questo tipo. A me, da quel poco che ho visto e capito, sembra invece plausibile…
2. Minore carico virale (mascherine/distanziamento). La gravità con cui si sviluppa una malattia dipende anche dal numero di virus con cui si viene infettati: non è la stessa cosa essere infettati da 1000 virus o da 100 miliardi. In questo senso le mascherine potrebbero contribuire ad abbattere il carico virale e, di conseguenza, la mortalità complessiva del virus.
3. Resistenza immunitaria. Varie ricerche (vedi il precedente Speciale Coronavirus 25) mostrano come circa il 50% delle persone abbia già una resistenza parziale al covid-19 data da precedenti infezioni da altri virus della famiglia coronavirus grazie alla memoria delle cellule T. Questo significa che anche le persone che all’esame sierologico risultano prive di anticorpi contro il covid-19 in realtà potrebbero essere comunque sostanzialmente immuni a esso: ovvero potrebbero forse riprenderlo ma come asintomatici e quindi con scarsa capacità di diffonderlo a loro volta. Indirettamente questo significa che, considerata l’ondata di marzo-aprile, le persone ormai immuni potrebbero essere molte più di quante non si pensi.
4. Vitamina D. La vitamina D, particolarmente abbondante in estate grazie alla luce solare, migliora drasticamente le capacità del sistema immunitario (vedi le moltissime ricerche citate nei precedenti speciali): la conseguenza logica è che chi si ammala adesso presenti la malattia in forme meno gravi.
5. Terapia più efficace. Dopo mesi di tentativi a tentoni si stanno identificando delle terapie efficaci per contrastare la malattia che, ovviamente, ne riducono la mortalità.
6. Giovani più a rischio. Il maggior numero di nuovi malati è fra i giovani che tendenzialmente tengono comportamenti più rischiosi. I giovani sono però anche molto più resistenti alla malattia e quindi la mortalità si abbassa. Semmai il problema è se questi giovani contagiano poi genitori o nonni.
I punti 1, 2, 3 e 5 sarebbero estremamente positivi perché, fermo restando l’uso delle mascherine (punto 2), non dovrebbero peggiorare nei prossimi mesi.
Invece la vitamina D, se non somministrata artificialmente, diminuirà drasticamente in autunno-inverno: e di tutto si parla fuorché di prescriverla a tutti, soprattutto agli anziani che ne sono più carenti. Su questo aspetto tornerò poi.
Come già accennato anche il punto 6 non è particolarmente positivo: se i giovani infettano i più anziani la mortalità risale…
Infine c’è un punto che ho lasciato a parte:
7. Il numero dei campioni fatti. In primavera mi sono lamentato del fatto che gli esami venivano fatti solo a chi aveva dei sintomi molto gravi (c’è un limite di costo ma anche di manodopera al numero di esami che si possono fare) mentre adesso si fanno molto più a tappeto, ad esempio a tutti coloro che ritornano da particolari mete turistiche all’estero. Chiaro che in questa maniera si ha una prospettiva falsata della diffusione della malattia. Confrontare i 1000 nuovi malati di oggi con i 1000 nuovi malati di marzo sarebbe quindi errato: la situazione attuale magari corrisponde a gennaio o febbraio quando gli ipotetici circa 60 malati gravi di covid-19 erano magari stati classificati come polmoniti atipiche…
Per capire la validità di questo punto si dovrebbe analizzare bene i dati disponibili per riuscire a stimare correttamente il numero di infetti attuale e quello di gennaio, febbraio e marzo per capire con quali dati confrontare il numero di morti o di ricoverati in terapia intensiva. Fattibilissimo ma dovrei reperire i dati che sono tutti frammentati. A occhio, ripeto al mio occhio di non virologo, non credo che sia questo il caso. Insomma un po’ di problema di prospettiva c’è ma non tale da annullare totalmente la diminuzioni della mortalità.
Questi sono i fattori in gioco: per sapere l’importanza di ciascuno di essi si dovrebbe essere virologi bravi (non di quelli che hanno la laurea e basta!) e io quindi non mi azzardo a fare alcuna stima.
Resta la tendenza della marcata riduzione della mortalità che fa ben sperare per il futuro.
Questo NON significa che il covid-19 sia superato!
L’apertura delle scuole potrebbe avere effetti drammatici e moltiplicare la diffusione del virus.
Negli USA un’università che aveva riaperto i corsi autunnali li ha sospesi dopo una sola settimana dato che si erano immediatamente sviluppati ben 3 focolai d’infezione.
Oltretutto pare che i bambini, anche se asintomatici, abbiano cariche virali altissime, addirittura superiori a quelle degli adulti. Le misure pensate per la riapertura delle scuole in Italia sono risibili: misurando la febbre si identificherebbe, se va bene, un bambino infetto su 20. L’unica soluzione è quella che ho illustrato in uno speciale precedente: esami rapidi, poco sensibili ma anche poco costosi, e quotidiani a tutti per identificare, non gli infetti, ma solo i potenziali “infettanti”. Da questo punto di vista sembra che negli USA la FDA stia preparando una corsia preferenziale per questo tipo di esame…
Altra mia preoccupazione è che le case farmaceutiche, dopo aver investito pesantemente in ricerca per un vaccino, vogliano poi comunque immetterlo sul mercato che ce ne sia bisogno o meno e indipendentemente dall’efficacia. Dei buoni politici dovrebbero difendere la popolazione da questo pericolo ma, temo, che in Italia manchi questo tipo di buon senso.
Probabilmente prescrivere vitamina D (e magari la semplice esposizione al sole) in autunno e inverno sarebbe molto più efficace e meno costoso di un incerto vaccino ma dubito che verrà fatto visto che alle case farmaceutiche non conviene.
Conclusione: sono pessimista. Il governo italiano mi sembra orientato a prendere scelte sbagliate, magari anche strumentali, e questo è molto preoccupante. La speranza è che adesso che non siamo più in prima linea altri paesi ci diano dei buoni esempi da seguire su come affrontare la malattia in autunno.
Fermo restando che la riapertura della scuola potrebbe far precipitare la situazione nel giro di una o due settimane. Spero che non sia proprio quello che vuole questo governo: lo so, non mi fido per niente di Conte & C.
La domanda è legittima: da una parte i contagi stanno tornando a salire vistosamente ma da un’altra la mortalità sta scendendo forse ancora di più.
E questo non sta accadendo solo in Italia: in Spagna e Francia, per esempio, questa tendenza generalizzata è ancor più evidente…
La domanda da porsi è quindi “Come mai con 1000 nuovi contagiati abbiamo solo 64 persone in terapia intensiva?”.
Ovviamente c’è il fattore del ritardo: le persone gravemente infettate oggi si sono ammalate circa due settimane fa. Il 7 agosto (ho cercato i dati ieri) i nuovi casi erano 552 quindi, nel caso peggiore ci dovremo aspettare circa 128 persone in terapia intensiva fra due settimane.
Se questo rapporto, ovviamente molto approssimativo, fosse corretto allora con 6000 nuovi malati al giorno ci sarebbero 768 malati in terapia intensiva due settimane dopo. Tanti ma decisamente meno del picco di 4068 registrato il 3 aprile (a cui corrispondono i circa 6000 nuovi infetti del 20 marzo).
Insomma la mortalità, strettamente proporzionale al numero di persone in terapia intensiva, sta evidentemente calando. Quali possono essere le ragioni?
1. Il virus sta diventando meno letale. Questa è la tendenza normale dei virus: a parità di contagiosità il virus che uccide o che blocca a letto il proprio ospite si diffonde molto meno di quello che lo lascia attivo cioè puacisintomatico o asintomatico. In realtà alcuni virologi dicono che questo virus cambia lentamente e che quindi è troppo presto per vedere una tendenza di questo tipo. A me, da quel poco che ho visto e capito, sembra invece plausibile…
2. Minore carico virale (mascherine/distanziamento). La gravità con cui si sviluppa una malattia dipende anche dal numero di virus con cui si viene infettati: non è la stessa cosa essere infettati da 1000 virus o da 100 miliardi. In questo senso le mascherine potrebbero contribuire ad abbattere il carico virale e, di conseguenza, la mortalità complessiva del virus.
3. Resistenza immunitaria. Varie ricerche (vedi il precedente Speciale Coronavirus 25) mostrano come circa il 50% delle persone abbia già una resistenza parziale al covid-19 data da precedenti infezioni da altri virus della famiglia coronavirus grazie alla memoria delle cellule T. Questo significa che anche le persone che all’esame sierologico risultano prive di anticorpi contro il covid-19 in realtà potrebbero essere comunque sostanzialmente immuni a esso: ovvero potrebbero forse riprenderlo ma come asintomatici e quindi con scarsa capacità di diffonderlo a loro volta. Indirettamente questo significa che, considerata l’ondata di marzo-aprile, le persone ormai immuni potrebbero essere molte più di quante non si pensi.
4. Vitamina D. La vitamina D, particolarmente abbondante in estate grazie alla luce solare, migliora drasticamente le capacità del sistema immunitario (vedi le moltissime ricerche citate nei precedenti speciali): la conseguenza logica è che chi si ammala adesso presenti la malattia in forme meno gravi.
5. Terapia più efficace. Dopo mesi di tentativi a tentoni si stanno identificando delle terapie efficaci per contrastare la malattia che, ovviamente, ne riducono la mortalità.
6. Giovani più a rischio. Il maggior numero di nuovi malati è fra i giovani che tendenzialmente tengono comportamenti più rischiosi. I giovani sono però anche molto più resistenti alla malattia e quindi la mortalità si abbassa. Semmai il problema è se questi giovani contagiano poi genitori o nonni.
I punti 1, 2, 3 e 5 sarebbero estremamente positivi perché, fermo restando l’uso delle mascherine (punto 2), non dovrebbero peggiorare nei prossimi mesi.
Invece la vitamina D, se non somministrata artificialmente, diminuirà drasticamente in autunno-inverno: e di tutto si parla fuorché di prescriverla a tutti, soprattutto agli anziani che ne sono più carenti. Su questo aspetto tornerò poi.
Come già accennato anche il punto 6 non è particolarmente positivo: se i giovani infettano i più anziani la mortalità risale…
Infine c’è un punto che ho lasciato a parte:
7. Il numero dei campioni fatti. In primavera mi sono lamentato del fatto che gli esami venivano fatti solo a chi aveva dei sintomi molto gravi (c’è un limite di costo ma anche di manodopera al numero di esami che si possono fare) mentre adesso si fanno molto più a tappeto, ad esempio a tutti coloro che ritornano da particolari mete turistiche all’estero. Chiaro che in questa maniera si ha una prospettiva falsata della diffusione della malattia. Confrontare i 1000 nuovi malati di oggi con i 1000 nuovi malati di marzo sarebbe quindi errato: la situazione attuale magari corrisponde a gennaio o febbraio quando gli ipotetici circa 60 malati gravi di covid-19 erano magari stati classificati come polmoniti atipiche…
Per capire la validità di questo punto si dovrebbe analizzare bene i dati disponibili per riuscire a stimare correttamente il numero di infetti attuale e quello di gennaio, febbraio e marzo per capire con quali dati confrontare il numero di morti o di ricoverati in terapia intensiva. Fattibilissimo ma dovrei reperire i dati che sono tutti frammentati. A occhio, ripeto al mio occhio di non virologo, non credo che sia questo il caso. Insomma un po’ di problema di prospettiva c’è ma non tale da annullare totalmente la diminuzioni della mortalità.
Questi sono i fattori in gioco: per sapere l’importanza di ciascuno di essi si dovrebbe essere virologi bravi (non di quelli che hanno la laurea e basta!) e io quindi non mi azzardo a fare alcuna stima.
Resta la tendenza della marcata riduzione della mortalità che fa ben sperare per il futuro.
Questo NON significa che il covid-19 sia superato!
L’apertura delle scuole potrebbe avere effetti drammatici e moltiplicare la diffusione del virus.
Negli USA un’università che aveva riaperto i corsi autunnali li ha sospesi dopo una sola settimana dato che si erano immediatamente sviluppati ben 3 focolai d’infezione.
Oltretutto pare che i bambini, anche se asintomatici, abbiano cariche virali altissime, addirittura superiori a quelle degli adulti. Le misure pensate per la riapertura delle scuole in Italia sono risibili: misurando la febbre si identificherebbe, se va bene, un bambino infetto su 20. L’unica soluzione è quella che ho illustrato in uno speciale precedente: esami rapidi, poco sensibili ma anche poco costosi, e quotidiani a tutti per identificare, non gli infetti, ma solo i potenziali “infettanti”. Da questo punto di vista sembra che negli USA la FDA stia preparando una corsia preferenziale per questo tipo di esame…
Altra mia preoccupazione è che le case farmaceutiche, dopo aver investito pesantemente in ricerca per un vaccino, vogliano poi comunque immetterlo sul mercato che ce ne sia bisogno o meno e indipendentemente dall’efficacia. Dei buoni politici dovrebbero difendere la popolazione da questo pericolo ma, temo, che in Italia manchi questo tipo di buon senso.
Probabilmente prescrivere vitamina D (e magari la semplice esposizione al sole) in autunno e inverno sarebbe molto più efficace e meno costoso di un incerto vaccino ma dubito che verrà fatto visto che alle case farmaceutiche non conviene.
Conclusione: sono pessimista. Il governo italiano mi sembra orientato a prendere scelte sbagliate, magari anche strumentali, e questo è molto preoccupante. La speranza è che adesso che non siamo più in prima linea altri paesi ci diano dei buoni esempi da seguire su come affrontare la malattia in autunno.
Fermo restando che la riapertura della scuola potrebbe far precipitare la situazione nel giro di una o due settimane. Spero che non sia proprio quello che vuole questo governo: lo so, non mi fido per niente di Conte & C.
domenica 23 agosto 2020
Censura privata
Questo pezzo è per me leggermente imbarazzante. L’idea mi era venuta quasi un anno fa e, anche se non lo posso dimostrare, spero che mi crediate: il fatto è che poi la materia dall’essere pura speculazione teorica è passata a coinvolgermi direttamente. Non vorrei quindi che il lettore pensasse che il pezzo odierno sia una reazione personale a quanto mi è accaduto anche se, suppongo, è difficile non crederlo: da qui il mio imbarazzo...
Come sapete il tema della censura mi sta molto a cuore: totalmente convinto dal pensiero di John Stuart Mill, anch’io credo che essa sia sempre e comunque sbagliata con forse, l’unica eccezione, i testi che contengono solo ingiurie e non veicolano alcun messaggio.
Partendo da qui ero passato a chiedermi quale fosse il comportamento corretto da tenere sulle reti sociali: se su FB un nostro conoscente (*1) pubblica un commento che non ci piace cosa è giusto fare?
Su FB esistono tre possibilità: 1. ignorarlo; 2. dialogarci (molto difficile: spesso si degenera in zuffa e volano le offese); 3. toglierlo dagli amici.
Ebbene la terza possibilità mi ricorda troppo la censura e per questo istintivamente non mi è mai piaciuta: personalmente su FB, per principio, non tolgo mai l’amicizia qualunque cosa il mio conoscente pubblichi (*2).
Ma non sono sicuro che questo mio principio debba essere assoluto, valido per tutti cioè: dopo tutto FB è organizzato come un insieme di bacheche personali interconnesse fra loro. Gli amici/conoscenti sono quindi degli ospiti che si invitano a “casa nostra” ed è plausibile voler eliminare chi, per qualunque motivo, non ci piaccia.
Personalmente non credo sia giusto (e neppure logico) che chi ha il solo difetto di pensarla diversamente da me non mi piaccia: ma è una mia scelta e capisco chi non la condivide.
Twitter invece è organizzato diversamente: ogni utente ha un palco da cui può diffondere i propri messaggini (c’è un limite di lunghezza decisamente basso) a tutti i propri seguaci. Personalmente ritengo che sia uno strumento utile solo al personaggio pubblico chi ha delle idee da diffondere a chi è interessato a riceverle.
Su Twitter infatti non sono seguace di nessun mio amico/conoscente e mi limito a seguire qualche politico/intellettuale/giornalista e simili: non pubblico praticamente niente e credo di avere meno di 10 seguaci!
Alla fine in realtà la differenza fra FB e Twitter è più di percezione degli stessi che di reali funzionalità diverse: l’unica sostanziale diversità è che su Twitter si è liberi di seguire chiunque, non esiste cioè il “privato” (ciò che si pubblica è aperto al mondo e si può solo “bloccare” esplicitamente specifici utenti) mentre su FB è vero l’opposto e ciò che si pubblica è visibile solo a chi ha avuto esplicitamente l’autorizzazione ad accedervi (gli amici/conoscenti).
Ebbene mi chiedevo quanto sia giusto che un personaggio pubblico allontani un proprio seguace: è una forma di censura? È un po’ come se un quotidiano si rifiutasse di essere venduto a un particolare lettore: la differenza è che qui il lettore non è solo passivo ma anche attivo e può commentare a propria volta, in tempo reale, ciò che è stato scritto dall’autore originario.
Il seguace può quindi provocare un’interferenza percepibile sulla “trasmissione” di idee del personaggio pubblico.
Di nuovo quindi non è ovvio cosa sia giusto fare: certamente discriminare una persona non facendola accedere a un servizio non è giusto ma è anche vero che se questa interferisce nella fruizione dello stesso da parte degli altri utenti è anche ragionevole che l’autore abbia un meccanismo per proteggersi.
A mio avviso la discriminante dovrebbe essere la reiterazione dell’interferenza che identifica quindi l’utente per ciò che è: un trollonzo, un disturbatore che fa perdere tempo all’autore e nasconde col proprio i commenti più utili e interessanti degli altri utenti.
E qui avrete capito perché il tema mi tocca da vicino: nell’ottobre del 2019 sono stato “bloccato” dal Bagnai per una battuta non compresa e l’intervento del cretino di turno che suggerì inopinatamente al professore di “bloccarmi”!
E qui comincia la parte imbarazzante per me poiché temo di non essere creduto.
Infatti, come detto, era già da qualche mese prima di essere bloccato che riflettevo sull’argomento.
Il Bagnai era infatti in modalità “bloccaggio semi automatico” e seguiva dei criteri assurdi: dalla biografia scritta in inglese, all’uso di un numero di puntini di sospensione diverso da tre e altri dettagli di questo tipo. Lui li chiamava “marcatori”: ovvero indizi che identificano un trollonzo.
Normalmente il professore scriveva “CLICK” al commento considerato inopportuno di chi veniva bloccato.
Più volte ero rimasto stupito e irritato per le sue decisioni: e, proprio per questo, stavo meditando di preparare un mio commento di protesta e a difesa del censurato di turno.
Certo ero consapevole che rischiavo fortemente di essere bloccato a mia volta ma mi stavo convincendo che era giusto comunque esprimergli il mio dissenso.
Ma il professore mi precedette e mi bloccò prima di avergli dato un buon motivo per farlo!
Oltretutto recentemente Twitter dovrebbe aver introdotto la soluzione a questo problema: adesso l’autore, oltre a bloccare del tutto un seguace, può anche solo togliergli la possibilità di commentare. A mio parere si tratta sempre di un provvedimento molto severo e che andrebbe comunque preso con la massima cautela ma, almeno, è meno draconiano del “blocco” totale.
Conclusione: ancora non sono sicuro delle mie conclusioni ma probabilmente su FB, a cui si accede solo su invito (si deve dare e ricevere il permesso esplicito agli altri utenti) è ammissibile togliere l’amicizia a chi scrive commenti che non ci piacciono, soprattutto se non lo fa sulla propria bacheca ma nella nostra, per esempio in risposta a un nostro proprio commento. Su Twitter invece, visto che quello che si scrive è automaticamente pubblico, credo che il “blocco” dovrebbe essere una misura estrema, presa solo verso chi si è ripetutamente dimostrato essere un trollonzo, non realmente intenzionato a comunicare ma solo a disturbare l’autore e gli altri utenti.
Nota (*1): specifico “conoscenti” e non il solito “amici/conoscenti” perché mi pare assurdo non tollerare qualsiasi idea di chi si ritiene un nostro reale amico ma, ovviamente, questa è solo una mia personale opinione.
Nota (*2): Poi, in realtà, in questo clima malsano delle reti sociali la maggior parte degli utenti si limita a pubblicare foto di gattini o delle vacanze evitando accuratamente non solo argomenti caldi (come religione, politica, immigrazione, etc) ma anche di commentarli. Quindi alla fine gli utenti che, magari illudendosi di fare propaganda alla propria parte, pubblicano commenti dai toni forti e assertivi sono relativamente pochi...
Come sapete il tema della censura mi sta molto a cuore: totalmente convinto dal pensiero di John Stuart Mill, anch’io credo che essa sia sempre e comunque sbagliata con forse, l’unica eccezione, i testi che contengono solo ingiurie e non veicolano alcun messaggio.
Partendo da qui ero passato a chiedermi quale fosse il comportamento corretto da tenere sulle reti sociali: se su FB un nostro conoscente (*1) pubblica un commento che non ci piace cosa è giusto fare?
Su FB esistono tre possibilità: 1. ignorarlo; 2. dialogarci (molto difficile: spesso si degenera in zuffa e volano le offese); 3. toglierlo dagli amici.
Ebbene la terza possibilità mi ricorda troppo la censura e per questo istintivamente non mi è mai piaciuta: personalmente su FB, per principio, non tolgo mai l’amicizia qualunque cosa il mio conoscente pubblichi (*2).
Ma non sono sicuro che questo mio principio debba essere assoluto, valido per tutti cioè: dopo tutto FB è organizzato come un insieme di bacheche personali interconnesse fra loro. Gli amici/conoscenti sono quindi degli ospiti che si invitano a “casa nostra” ed è plausibile voler eliminare chi, per qualunque motivo, non ci piaccia.
Personalmente non credo sia giusto (e neppure logico) che chi ha il solo difetto di pensarla diversamente da me non mi piaccia: ma è una mia scelta e capisco chi non la condivide.
Twitter invece è organizzato diversamente: ogni utente ha un palco da cui può diffondere i propri messaggini (c’è un limite di lunghezza decisamente basso) a tutti i propri seguaci. Personalmente ritengo che sia uno strumento utile solo al personaggio pubblico chi ha delle idee da diffondere a chi è interessato a riceverle.
Su Twitter infatti non sono seguace di nessun mio amico/conoscente e mi limito a seguire qualche politico/intellettuale/giornalista e simili: non pubblico praticamente niente e credo di avere meno di 10 seguaci!
Alla fine in realtà la differenza fra FB e Twitter è più di percezione degli stessi che di reali funzionalità diverse: l’unica sostanziale diversità è che su Twitter si è liberi di seguire chiunque, non esiste cioè il “privato” (ciò che si pubblica è aperto al mondo e si può solo “bloccare” esplicitamente specifici utenti) mentre su FB è vero l’opposto e ciò che si pubblica è visibile solo a chi ha avuto esplicitamente l’autorizzazione ad accedervi (gli amici/conoscenti).
Ebbene mi chiedevo quanto sia giusto che un personaggio pubblico allontani un proprio seguace: è una forma di censura? È un po’ come se un quotidiano si rifiutasse di essere venduto a un particolare lettore: la differenza è che qui il lettore non è solo passivo ma anche attivo e può commentare a propria volta, in tempo reale, ciò che è stato scritto dall’autore originario.
Il seguace può quindi provocare un’interferenza percepibile sulla “trasmissione” di idee del personaggio pubblico.
Di nuovo quindi non è ovvio cosa sia giusto fare: certamente discriminare una persona non facendola accedere a un servizio non è giusto ma è anche vero che se questa interferisce nella fruizione dello stesso da parte degli altri utenti è anche ragionevole che l’autore abbia un meccanismo per proteggersi.
A mio avviso la discriminante dovrebbe essere la reiterazione dell’interferenza che identifica quindi l’utente per ciò che è: un trollonzo, un disturbatore che fa perdere tempo all’autore e nasconde col proprio i commenti più utili e interessanti degli altri utenti.
E qui avrete capito perché il tema mi tocca da vicino: nell’ottobre del 2019 sono stato “bloccato” dal Bagnai per una battuta non compresa e l’intervento del cretino di turno che suggerì inopinatamente al professore di “bloccarmi”!
E qui comincia la parte imbarazzante per me poiché temo di non essere creduto.
Infatti, come detto, era già da qualche mese prima di essere bloccato che riflettevo sull’argomento.
Il Bagnai era infatti in modalità “bloccaggio semi automatico” e seguiva dei criteri assurdi: dalla biografia scritta in inglese, all’uso di un numero di puntini di sospensione diverso da tre e altri dettagli di questo tipo. Lui li chiamava “marcatori”: ovvero indizi che identificano un trollonzo.
Normalmente il professore scriveva “CLICK” al commento considerato inopportuno di chi veniva bloccato.
Più volte ero rimasto stupito e irritato per le sue decisioni: e, proprio per questo, stavo meditando di preparare un mio commento di protesta e a difesa del censurato di turno.
Certo ero consapevole che rischiavo fortemente di essere bloccato a mia volta ma mi stavo convincendo che era giusto comunque esprimergli il mio dissenso.
Ma il professore mi precedette e mi bloccò prima di avergli dato un buon motivo per farlo!
Oltretutto recentemente Twitter dovrebbe aver introdotto la soluzione a questo problema: adesso l’autore, oltre a bloccare del tutto un seguace, può anche solo togliergli la possibilità di commentare. A mio parere si tratta sempre di un provvedimento molto severo e che andrebbe comunque preso con la massima cautela ma, almeno, è meno draconiano del “blocco” totale.
Conclusione: ancora non sono sicuro delle mie conclusioni ma probabilmente su FB, a cui si accede solo su invito (si deve dare e ricevere il permesso esplicito agli altri utenti) è ammissibile togliere l’amicizia a chi scrive commenti che non ci piacciono, soprattutto se non lo fa sulla propria bacheca ma nella nostra, per esempio in risposta a un nostro proprio commento. Su Twitter invece, visto che quello che si scrive è automaticamente pubblico, credo che il “blocco” dovrebbe essere una misura estrema, presa solo verso chi si è ripetutamente dimostrato essere un trollonzo, non realmente intenzionato a comunicare ma solo a disturbare l’autore e gli altri utenti.
Nota (*1): specifico “conoscenti” e non il solito “amici/conoscenti” perché mi pare assurdo non tollerare qualsiasi idea di chi si ritiene un nostro reale amico ma, ovviamente, questa è solo una mia personale opinione.
Nota (*2): Poi, in realtà, in questo clima malsano delle reti sociali la maggior parte degli utenti si limita a pubblicare foto di gattini o delle vacanze evitando accuratamente non solo argomenti caldi (come religione, politica, immigrazione, etc) ma anche di commentarli. Quindi alla fine gli utenti che, magari illudendosi di fare propaganda alla propria parte, pubblicano commenti dai toni forti e assertivi sono relativamente pochi...
sabato 22 agosto 2020
MHB 5/??
Ma cosa sta accadendo alla petalosa Mary Helen Bosk? Tranquilli sta bene, benino via, ha infatti avuto una disavventura ma dovrebbe cavarsela…
È che, dopo una giornata di gioco simulato, ho deciso di iniziare una nuova partita con la versione sperimentale del gioco e varie modifiche.
Ho così creato l’astuto avvocato Alphonse Goodfaith: l’essere avvocato è in realtà, mi pare, una grossa penalità visto che le abilità sociali (da usare con i rarissimi personaggi PNG, i “vivi” che si incontrano nel gioco) mi sembrano completamente inutili…
La versione sperimentale poi è ancora più difficile di quella base: il nuovo sistema dell’inventario rende più complicato trasportare oggetti. Prima si aveva a disposizione una quantità totale di volume (oltre che peso) trasportabile data dalla somma di tasche, sacchetti e zaini. Adesso invece ogni contenitore ha non solo un volume ma anche una dimensione massima trasportabile: nella pratica significa che non posso inserire un ascia (o un altro oggetto lungo) nello zaino anche se come volume e peso non ci sarebbero problemi…
Non ho intenzione di fare la cronaca delle avventure di Alphonse Goodfaith: posso però dire che non sta avendo la fortuna di Mary Helen…
E con il PNG (Personaggio Non Giocante) all’inizio del gioco, col quale in teoria avrebbe potuto usare le sue abilità sociali, le cose sono andate malissimo: prima è stato umiliato e poi derubato!
All’inizio del gioco è possibile chiedere un dono al PNG con cui condividiamo la base iniziale (del resto noi gli abbiamo promesso di aiutarlo nella missione che ci ha dato). Niente di che, in genere un oggetto inutile, ma comunque meglio di niente.
Così anche Alphonse ci ha provato: ebbene il PNG gli ha risposto sorridendogli provocatoriamente “Certo che ti aiuto, tieni questo sciroppo!” e invece di dargli la boccetta gli ha rovesciato il contenuto sui piedi!
In realtà si tratta di un piccolo baco dovuto alla nuova gestione dei contenitori ma io, interpretandolo con la mia fantasia, l’ho trovato divertente…
Poi, come dicevo, il PNG fornisce anche una missione iniziale: in questo caso non avevo letto bene di cosa si trattasse (comunque è qualcosa di piuttosto difficile che si può tentare solo dopo almeno un paio di giorni di gioco simulato) ma l’ho accetta e il PNG ha iniziato a seguirmi. Da quel che ho capito voleva che lo guidassi da qualche parte mentre io invece gli ho detto di rimanere dove era perché volevo andare ancora in esplorazione. Così ha fatto ma quando Alphonse è tornato era sparito portandosi via quasi tutti gli oggetti accumulati nelle precedenti escursioni!
Ormai il corto è troppo lungo: ne approfitto quindi per aggiornarvi sulle ultime vicissitudini di Mary Helen…
L’avevamo lasciata che se la stava cavando piuttosto bene: era infatti riuscita a entrare in vari edifici portandosi via un ingente “bottino” di oggetti utili. Nelle ultime ore aveva anche iniziato a eliminare gli zombi più invadenti con relativa facilità.
Aveva pensato di aver bisogno di un’arma migliore e così aveva fatto un lungo viaggio alla ricerca di una stecca da biliardo che aveva visto in una casa.
Con la stecca si era poi costruita un’arma che poteva colpire a due quadretti di distanza: aveva così deciso di continuare a fare “pulizia” nei dintorni del rifugio e con l’idea di riuscire a raggiungere la torre del mago subito a nord-ovest.
(Come si vede le vittime di Mary Helen iniziano a essere numerose!)
Ebbene in un qualche combattimento è stata ferita e infettata: normalmente, avendo con me il disinfettante, non sarebbe stato un problema curarsi e guarire il problema è che me ne sono accorto solo a sera quando ha iniziato a sentirsi male.
(Qui la si vede subito dopo essersi curata nel bagno dove tengo tutte le medicine: notare le caratteristiche debilitate)
La notte è passata così così, soprattutto non ha potuto mangiare per bene a causa della nausea: io le ho prescritto degli antibiotici e al mattino una ferita non era più infetta e conto che anche l’altra guarisca del tutto…
Il problema è che adesso è molto debilitata e non me la sento di farla uscire dal rifugio… del resto ha cibo e acqua in abbondanza per permettersi di aspettare al sicuro…
Conclusione: un giochino bello ma complesso: per dare l’idea nel minicorso che sto seguendo sono alla puntata 25 su 175!! E il corso è vecchio di due anni: le novità da allora sono tantissime!
È che, dopo una giornata di gioco simulato, ho deciso di iniziare una nuova partita con la versione sperimentale del gioco e varie modifiche.
Ho così creato l’astuto avvocato Alphonse Goodfaith: l’essere avvocato è in realtà, mi pare, una grossa penalità visto che le abilità sociali (da usare con i rarissimi personaggi PNG, i “vivi” che si incontrano nel gioco) mi sembrano completamente inutili…
La versione sperimentale poi è ancora più difficile di quella base: il nuovo sistema dell’inventario rende più complicato trasportare oggetti. Prima si aveva a disposizione una quantità totale di volume (oltre che peso) trasportabile data dalla somma di tasche, sacchetti e zaini. Adesso invece ogni contenitore ha non solo un volume ma anche una dimensione massima trasportabile: nella pratica significa che non posso inserire un ascia (o un altro oggetto lungo) nello zaino anche se come volume e peso non ci sarebbero problemi…
Non ho intenzione di fare la cronaca delle avventure di Alphonse Goodfaith: posso però dire che non sta avendo la fortuna di Mary Helen…
E con il PNG (Personaggio Non Giocante) all’inizio del gioco, col quale in teoria avrebbe potuto usare le sue abilità sociali, le cose sono andate malissimo: prima è stato umiliato e poi derubato!
All’inizio del gioco è possibile chiedere un dono al PNG con cui condividiamo la base iniziale (del resto noi gli abbiamo promesso di aiutarlo nella missione che ci ha dato). Niente di che, in genere un oggetto inutile, ma comunque meglio di niente.
Così anche Alphonse ci ha provato: ebbene il PNG gli ha risposto sorridendogli provocatoriamente “Certo che ti aiuto, tieni questo sciroppo!” e invece di dargli la boccetta gli ha rovesciato il contenuto sui piedi!
In realtà si tratta di un piccolo baco dovuto alla nuova gestione dei contenitori ma io, interpretandolo con la mia fantasia, l’ho trovato divertente…
Poi, come dicevo, il PNG fornisce anche una missione iniziale: in questo caso non avevo letto bene di cosa si trattasse (comunque è qualcosa di piuttosto difficile che si può tentare solo dopo almeno un paio di giorni di gioco simulato) ma l’ho accetta e il PNG ha iniziato a seguirmi. Da quel che ho capito voleva che lo guidassi da qualche parte mentre io invece gli ho detto di rimanere dove era perché volevo andare ancora in esplorazione. Così ha fatto ma quando Alphonse è tornato era sparito portandosi via quasi tutti gli oggetti accumulati nelle precedenti escursioni!
Ormai il corto è troppo lungo: ne approfitto quindi per aggiornarvi sulle ultime vicissitudini di Mary Helen…
L’avevamo lasciata che se la stava cavando piuttosto bene: era infatti riuscita a entrare in vari edifici portandosi via un ingente “bottino” di oggetti utili. Nelle ultime ore aveva anche iniziato a eliminare gli zombi più invadenti con relativa facilità.
Aveva pensato di aver bisogno di un’arma migliore e così aveva fatto un lungo viaggio alla ricerca di una stecca da biliardo che aveva visto in una casa.
Con la stecca si era poi costruita un’arma che poteva colpire a due quadretti di distanza: aveva così deciso di continuare a fare “pulizia” nei dintorni del rifugio e con l’idea di riuscire a raggiungere la torre del mago subito a nord-ovest.
(Come si vede le vittime di Mary Helen iniziano a essere numerose!)
Ebbene in un qualche combattimento è stata ferita e infettata: normalmente, avendo con me il disinfettante, non sarebbe stato un problema curarsi e guarire il problema è che me ne sono accorto solo a sera quando ha iniziato a sentirsi male.
(Qui la si vede subito dopo essersi curata nel bagno dove tengo tutte le medicine: notare le caratteristiche debilitate)
La notte è passata così così, soprattutto non ha potuto mangiare per bene a causa della nausea: io le ho prescritto degli antibiotici e al mattino una ferita non era più infetta e conto che anche l’altra guarisca del tutto…
Il problema è che adesso è molto debilitata e non me la sento di farla uscire dal rifugio… del resto ha cibo e acqua in abbondanza per permettersi di aspettare al sicuro…
Conclusione: un giochino bello ma complesso: per dare l’idea nel minicorso che sto seguendo sono alla puntata 25 su 175!! E il corso è vecchio di due anni: le novità da allora sono tantissime!
venerdì 21 agosto 2020
Nansen e Joshu
Oggi un pezzo diverso dal solito: fra i vari nuovi libri che sto leggendo c’è Il padiglione d’oro di Yukio Mishima, (E.) Feltrinelli, 2019, trad. Mario Teti.
È la storia di un ragazzino giapponese e ancora non ho capito dove andrà a parare: comunque scritto benissimo…
Ieri sera l’avevo da poco ripreso in mano quando mi sono imbattuto in un divertente aneddoto, anzi un “tema” per la meditazione zen, dal titolo “Nansen uccide il gatto”.
La storia è la seguente: un gattino entra in monastero mentre i monaci sono impegnati al lavoro, quando lo vedono lo rincorrono e infine lo catturano. I monaci dell’ala est se lo contendono con quelli dell’ala ovest: ognuno lo vorrebbe tenere come cucciolo da compagnia.
A questo punto entra in scena l’abate Nansen che afferra il gatto per la collottola e minaccia di ucciderlo con un falcetto. Poi chiede ai monaci presenti «Datemi una buona ragione per non farlo!» ma tutti restano zitti così egli, con un colpo ben assestato, mozza la testa al gatto.
A sera Nansen racconta l’episodio al maestro Joshu chiedendogli la sua opinione: immediatamente Joshu si alza e se ne va mettendosi sopra la testa gli zoccoli. L’abate Nansen commenta: “Se tu stamani fossi stato presente avresti salvato la vita al gatto”.
La meditazione consiste nel cercare di capire cos’è successo e in particolare il comportamento di Joshu. Così qui ho interrotto la lettura e mi sono messo a... leggere Ibsen!
Nella notte però ho riflettuto su questo divertente dilemma.
Credo che sarebbe utile se anche il lettore perdesse qualche minuto, o magari molte ore, a rifletterci con calma e tornasse poi qui successivamente a leggere il resto del pezzo: fate voi...
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Ho la sensazione che l’episodio abbia più livelli di interpretazione. Parto da quella più letterale che è la prima che mi è venuta in mente.
Joshu si mette gli zoccoli sulla testa per far capire che non sta agendo da monaco e che quindi la sua azione deve essere interpretata opportunamente. Alzandosi e andando via egli vuole dire che il gatto non sarebbe rimasto né nell’ala est né in quella ovest ma avrebbe girovagato dove più preferiva: l’intera diatriba fra i monaci era quindi inutile.
Poi ho iniziato a chiedermi il perché del comportamento dell’abate: va bene porre fine al litigio dei monaci ma possibile che non ci fosse una maniera meno cruenta? Non sarebbe, per esempio, bastato scacciare il gatto?
Forse quindi la domanda di Nansen è volutamente equivoca: in verità non chiede perché non dovrebbe uccidere il gatto ma perché non dovrebbe chiedere una ragione per non ucciderlo. La vera domanda sarebbe quindi una richiesta di spiegazione per la sua strana minaccia.
La prima risposta che viene in mente è che i monaci non dovrebbero litigare fra loro soprattutto per un qualcosa di così futile: ma allora come spiegare la “risposta” di Joshu evidentemente apprezzata e approvata dall’abate?
Forse che i monaci avrebbero dovuto rendersi conto del proprio errore e avrebbero dovuto ignorare il gatto tornando alle proprie mansioni. I sandali sulla testa, non so, forse potevano significare un atto di sottomissione e/o penitenza?
Invece i monaci rimanendo, seppure muti, ad aspettare mostravano di essere interessarti alla sorte del gatto che, a occhio, non mi pare un comportamento indifferente come insegna la religione buddista.
Mi è poi venuto il sospetto che il gatto sia in realtà una metafora: il gatto, per esempio, potrebbe rappresentare le tentazioni del mondo esterno. Questo renderebbe addirittura un “peccato” per i monaci non tanto il litigare fra loro quanto il voler tenere l’animale nella loro ala del monastero.
Di nuovo si potrebbe interpretare la “risposta” di Joshu come il rendersi conto dell’errore e tornare quindi a ignorare l’animale e la sua sorte.
In queste due ultime interpretazioni l’abate vuole quindi insegnare ai monaci una lezione e solo per questo minaccia la vita dell’animale: lasciarlo andare libero avrebbe tolto automaticamente ai monaci il loro motivo d’interesse ma questo, per essere utile, era una scelta che avrebbero dovuto compiere da soli mentre la sorte del gatto era ancora incerta.
Ho notato che i giapponesi, ma suppongo anche i cinesi, cercano di fare in modo che l’allievo comprenda da solo la lezione senza suggerigliela esplicitamente: del resto quello che si capisce da soli si assimila maggiormente.
E poi ci sarebbero le interpretazioni allegoriche a anagogiche… perlomeno l’ermeneutica prevede anche questi metodi interpretativi!
L’allegoria è simile alla metafora ma la relazione iniziale fra gatto e XXX è arbitraria e non può essere ricavata logicamente se non la si conosce a priori.
L’anagogia è ancora più complessa e, suppongo, sia quella a cui puntano davvero i maestri zen: si tratta di un’interpretazione spirituale e mistica a cui si può arrivare non con la ragione ma con l’intuito e, quindi, la meditazione appunto. Una visione che rende in un attimo il significato dell’intera storia evidente e che, magari, non è neppure possibile spiegare. Del resto se la si potesse spiegare anche l’interpretazione anagogica dovrebbe avere un fondamento razionale che invece non ha: probabilmente si potrebbe fornire circa metà della spiegazione ma l’altra metà sarebbe ineffabile.
Spero che il libro non dia nessuna interpretazione di questo “tema” zen: mi piacerebbe pensarci ancora un po’ ma contemporaneamente voglio proseguire nella mia lettura.
Ho la forte sensazione che il nodo centrale sia l’equivoco morale dell’abate che uccide una creatura innocente seppure, evidentemente, con buone intenzioni. Ha un valore morale più alto una lezione utile impartita a svariati monaci o una crudeltà contro un animale?
Conclusione: chiudo con un’ultima interpretazione che mi è sovvenuta adesso. Joshu trova che nessuna lezione, per quanto utile, valeva la crudeltà perpetrata dall’abate. Anzi la ritiene folle: per questo se ne va mettendosi i sandali sopra la testa: quando il male si scambia col bene allora il mondo si è ribaltato e così i sandali si indossano non con i piedi ma con il capo.
È la storia di un ragazzino giapponese e ancora non ho capito dove andrà a parare: comunque scritto benissimo…
Ieri sera l’avevo da poco ripreso in mano quando mi sono imbattuto in un divertente aneddoto, anzi un “tema” per la meditazione zen, dal titolo “Nansen uccide il gatto”.
La storia è la seguente: un gattino entra in monastero mentre i monaci sono impegnati al lavoro, quando lo vedono lo rincorrono e infine lo catturano. I monaci dell’ala est se lo contendono con quelli dell’ala ovest: ognuno lo vorrebbe tenere come cucciolo da compagnia.
A questo punto entra in scena l’abate Nansen che afferra il gatto per la collottola e minaccia di ucciderlo con un falcetto. Poi chiede ai monaci presenti «Datemi una buona ragione per non farlo!» ma tutti restano zitti così egli, con un colpo ben assestato, mozza la testa al gatto.
A sera Nansen racconta l’episodio al maestro Joshu chiedendogli la sua opinione: immediatamente Joshu si alza e se ne va mettendosi sopra la testa gli zoccoli. L’abate Nansen commenta: “Se tu stamani fossi stato presente avresti salvato la vita al gatto”.
La meditazione consiste nel cercare di capire cos’è successo e in particolare il comportamento di Joshu. Così qui ho interrotto la lettura e mi sono messo a... leggere Ibsen!
Nella notte però ho riflettuto su questo divertente dilemma.
Credo che sarebbe utile se anche il lettore perdesse qualche minuto, o magari molte ore, a rifletterci con calma e tornasse poi qui successivamente a leggere il resto del pezzo: fate voi...
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Ho la sensazione che l’episodio abbia più livelli di interpretazione. Parto da quella più letterale che è la prima che mi è venuta in mente.
Joshu si mette gli zoccoli sulla testa per far capire che non sta agendo da monaco e che quindi la sua azione deve essere interpretata opportunamente. Alzandosi e andando via egli vuole dire che il gatto non sarebbe rimasto né nell’ala est né in quella ovest ma avrebbe girovagato dove più preferiva: l’intera diatriba fra i monaci era quindi inutile.
Poi ho iniziato a chiedermi il perché del comportamento dell’abate: va bene porre fine al litigio dei monaci ma possibile che non ci fosse una maniera meno cruenta? Non sarebbe, per esempio, bastato scacciare il gatto?
Forse quindi la domanda di Nansen è volutamente equivoca: in verità non chiede perché non dovrebbe uccidere il gatto ma perché non dovrebbe chiedere una ragione per non ucciderlo. La vera domanda sarebbe quindi una richiesta di spiegazione per la sua strana minaccia.
La prima risposta che viene in mente è che i monaci non dovrebbero litigare fra loro soprattutto per un qualcosa di così futile: ma allora come spiegare la “risposta” di Joshu evidentemente apprezzata e approvata dall’abate?
Forse che i monaci avrebbero dovuto rendersi conto del proprio errore e avrebbero dovuto ignorare il gatto tornando alle proprie mansioni. I sandali sulla testa, non so, forse potevano significare un atto di sottomissione e/o penitenza?
Invece i monaci rimanendo, seppure muti, ad aspettare mostravano di essere interessarti alla sorte del gatto che, a occhio, non mi pare un comportamento indifferente come insegna la religione buddista.
Mi è poi venuto il sospetto che il gatto sia in realtà una metafora: il gatto, per esempio, potrebbe rappresentare le tentazioni del mondo esterno. Questo renderebbe addirittura un “peccato” per i monaci non tanto il litigare fra loro quanto il voler tenere l’animale nella loro ala del monastero.
Di nuovo si potrebbe interpretare la “risposta” di Joshu come il rendersi conto dell’errore e tornare quindi a ignorare l’animale e la sua sorte.
In queste due ultime interpretazioni l’abate vuole quindi insegnare ai monaci una lezione e solo per questo minaccia la vita dell’animale: lasciarlo andare libero avrebbe tolto automaticamente ai monaci il loro motivo d’interesse ma questo, per essere utile, era una scelta che avrebbero dovuto compiere da soli mentre la sorte del gatto era ancora incerta.
Ho notato che i giapponesi, ma suppongo anche i cinesi, cercano di fare in modo che l’allievo comprenda da solo la lezione senza suggerigliela esplicitamente: del resto quello che si capisce da soli si assimila maggiormente.
E poi ci sarebbero le interpretazioni allegoriche a anagogiche… perlomeno l’ermeneutica prevede anche questi metodi interpretativi!
L’allegoria è simile alla metafora ma la relazione iniziale fra gatto e XXX è arbitraria e non può essere ricavata logicamente se non la si conosce a priori.
L’anagogia è ancora più complessa e, suppongo, sia quella a cui puntano davvero i maestri zen: si tratta di un’interpretazione spirituale e mistica a cui si può arrivare non con la ragione ma con l’intuito e, quindi, la meditazione appunto. Una visione che rende in un attimo il significato dell’intera storia evidente e che, magari, non è neppure possibile spiegare. Del resto se la si potesse spiegare anche l’interpretazione anagogica dovrebbe avere un fondamento razionale che invece non ha: probabilmente si potrebbe fornire circa metà della spiegazione ma l’altra metà sarebbe ineffabile.
Spero che il libro non dia nessuna interpretazione di questo “tema” zen: mi piacerebbe pensarci ancora un po’ ma contemporaneamente voglio proseguire nella mia lettura.
Ho la forte sensazione che il nodo centrale sia l’equivoco morale dell’abate che uccide una creatura innocente seppure, evidentemente, con buone intenzioni. Ha un valore morale più alto una lezione utile impartita a svariati monaci o una crudeltà contro un animale?
Conclusione: chiudo con un’ultima interpretazione che mi è sovvenuta adesso. Joshu trova che nessuna lezione, per quanto utile, valeva la crudeltà perpetrata dall’abate. Anzi la ritiene folle: per questo se ne va mettendosi i sandali sopra la testa: quando il male si scambia col bene allora il mondo si è ribaltato e così i sandali si indossano non con i piedi ma con il capo.
giovedì 20 agosto 2020
Speciale Coronavirus 25
Ultimamente il mio sito d’informazione preferito per il Coronavirus, il canale su Youtube MedCram, ha pubblicato poco materiale.
Poco ma buono però: ieri l’ho guardato e, nonostante ci siano solo due nuovi video rispetto al precedente Speciale Coronavirus 24, mi sembra importante dargli la dovuta evidenza…
101° del 10/8/2020
- La puntata parte con un piccolo mistero: la constatazione che in alcuni ambienti la percentuale di asintomatici è molto più alta di quanto stimato dall’OMS (40%). In tre strutture in USA (su un numero complessivo di circa 3800 malati) la percentuale si asintomatici era invece del: 88%, 95% e 96%. Com’è possibile? Evidentemente qualcosa sta cambiando…
Le possibilità sono due (beh in verità molte di più ma le seguenti sono le principali): 1. qualcosa di nuovo negli infetti; 2. qualcosa di nuovo nel virus.
- 1. Il dr. Sehuelt ha riassunto rapidamente come funziona il sistema immunitario: vi sono cellule B, che producono effettivamente gli anticorpi, e le cellule T (dette anche cellule memoria) che quando riconoscono il virus attivano le cellule B. Gli esami sierologici misurano solo la quantità di anticorpi (prodotti dalle cellule B) che però, col tempo e in base al virus, diminuiscono nel giro di pochi mesi. Il non aver più anticorpi specifici nel sangue NON significa non essere immuni al virus perché tutto dipende dalle cellule T: se queste riconoscono il virus e si attivano in poco tempo gli anticorpi vengono prodotti e la malattia superata senza difficoltà.
Ed è qui la novità: in una ricerca del 25/6/2020 (non so se verificata dai pari: comunque era su una rivista molto importante quindi credo di sì) sono state testate le reazioni delle cellule T al covid-19 in due gruppi di sangue: il primo era quello di pazienti guariti dal covid-19 → in questo caso l’attivazione è stata del 100%; il secondo caso era invece basato su campioni di sangue dal 2015 al 2018 (quindi pre covid-19) → in questo caso si è comunque avuta un’attivazione del 40-60%. Questo significa che il 40-60% delle persone ha una forma di protezione verso il covid-19 dovuta ad altri tipi di coronavirus (che è la famiglia di virus a cui appartiene il covid-19).
- [KGB] il dottore non spiega perché allora la percentuale di asintomatici non era stata più alta da subito: la mia ipotesi è che all’inizio dell’epidemia questa percentuale fosse sottostimata per la scarsità dei tamponi eseguiti (fatti prevalentemente ai casi più gravi) mentre adesso, almeno negli USA, i controlli sono più massicci e quindi la percentuale di asintomatici identificati cresce. Va anche ricordato che la probabilità che un asintomatico infetti una persona sana è molto bassa.
- 2. La seconda ipotesi è che qualcosa sia cambiato da parte del virus: ovviamente c’è sempre la possibilità di un cambiamento genetico ma in questo caso potrebbe esistere una spiegazione molto più semplice.
Nella nave da crociera Diamond Princess la percentuale di asintomatici fu del 47%; più recentemente in una nave argentina la percentuale è stata dell’81%: una differenza è che nella nave argentina si usavano le mascherine. La teoria è che un’iniziale carica virale più bassa porti a un’evoluzione della malattia con sintomi meno gravi e, quindi, con una percentuale più alta di asintomatici. Una ricerca del maggio 2020 (verificata dai pari) conferma questa teoria con esperimenti sui criceti (!): quelli con le mascherine si sono ammalati con sintomi molto meno gravi di quelli senza!
- Secondo il dr. Fauci la possibilità che il vaccino sia altamente efficace non è molta: la speranza è di un’efficacia del 75% o, almeno, del 50-60%.
102° del 18/8/2020
- In Svezia, dove non c’è stata una quarantena generalizzata, sembra che il picco dei contagi si sia avuto a fine giugno e da allora i contagi quotidiani sono fortemente calati (v. How Did Sweden Flatten Its Curve Without a Lockdown? da MedPageToday.com). Importante le implicazioni sulla bontà/utilità delle quarantene.
- Notizia negativa: secondo una ricerca (di quelle massimamente significative) della stessa casa produttrice il farmaco Tocilizumab (già usato per i reumatismi) non ha alcun effetto benefico in relazione al covid-19. Le ricerche continueranno comunque per studiare eventuali interazioni con altri farmaci.
- Notizia positiva: secondo una ricerca retrospettiva (ovvero con una validità molto minore della precedente perché fatta a posteriori studiando le schede cliniche dei pazienti) lo stesso Tocilizumab garantirebbe una forte riduzione della mortalità statisticamente significativa.
- Il dr Sehuelt ha voluto mostrare questi due studi in contrasto fra loro per evidenziare come si debba procedere con i piedi di piombo anche in presenza di ricerche che sembrino confermare la teoria.
- Per l’autunno: uno studio del 13/8/2020 ha cercato di individuare (con sofisticati modelli matematici che il dr. Sehuelt ha ammesso di non comprendere pienamente) uno schema nei sintomi che permetta di distinguere il covid-19 dalla comune influenza che, presumibilmente, inizierà a diffondersi in autunno. Secondo la ricerca IN GENERE nella comune influenza si ha prima la tosse e poi la febbre; nel covid-19 invece si sviluppa prima il sintomo della febbre e solo successivamente si ha la tosse.
- [KGB] personalmente non sono molto convinto dell’affidabilità di questa ricerca: i sintomi sono così variabili e soggettivi che mi pare difficile possano venire registrati esattamente. Non importa poi quanto la matematica sia sofisticata: se i dati di partenza non sono affidabili allora quelli di arrivo difficilmente saranno corretti…
Le implicazioni di questi video sono moltissime: per prima cosa (e questo lo si era in verità già capito) anche gli esami sierologici non dicono tutta la “verità” sia sulla potenziale immunità del singolo né se una persona è stata infettata.
Le nuove ricerche sembrano indicare una percentuale di persone in qualche modo resistenti al virus molto più alta del previsto a causa di precedenti infezioni da altri virus della famiglia dei coronavirus.
Anche l’aumento in Italia, ma anche altrove, degli infetti ma decisamente minore dei casi in terapia intensiva fa pensare che la percentuale di asintomatici sia molto più alta. I motivi potrebbero essere molteplici: maggiore quantità di vitamina D, minore carica virale (grazie alle mascherine) iniziale o, semplicemente, le persone erano già parzialmente resistenti al virus ma solo adesso, con maggiori controlli, vengono individuate.
Insomma nel complesso si tratta di notizie molto buone: la sostanziale immunità al virus potrebbe essere molto più alta di quanto si pensi. Questo non significa che il pericolo sia passato: come detto i motivi per cui il covid-19 sembra meno pericoloso possono essere molteplici. Non bisogna quindi abbassare la guardia né però neppure cadere nell’isteria che sembra pervadere la politica italiana (*1).
Al momento, contrariamente al mio solito, non mi azzardo in previsioni per l’autunno: ci sono troppi fattori in gioco che non conosco. La mia sensazione è che il misto di lassismo e rigidità usato dal governo NON sia assolutamente la strada migliore per affrontare il problema.
Soprattutto mi preoccupa la riapertura delle scuole: i provvedimenti presi NON mi sembrano garantire nulla se non la ripresa massiccia della diffusione del contagio.
Conclusione: vedremo...
Nota (*1): io sospetto una forte strumentalizzazione politica della malattia.
Poco ma buono però: ieri l’ho guardato e, nonostante ci siano solo due nuovi video rispetto al precedente Speciale Coronavirus 24, mi sembra importante dargli la dovuta evidenza…
101° del 10/8/2020
- La puntata parte con un piccolo mistero: la constatazione che in alcuni ambienti la percentuale di asintomatici è molto più alta di quanto stimato dall’OMS (40%). In tre strutture in USA (su un numero complessivo di circa 3800 malati) la percentuale si asintomatici era invece del: 88%, 95% e 96%. Com’è possibile? Evidentemente qualcosa sta cambiando…
Le possibilità sono due (beh in verità molte di più ma le seguenti sono le principali): 1. qualcosa di nuovo negli infetti; 2. qualcosa di nuovo nel virus.
- 1. Il dr. Sehuelt ha riassunto rapidamente come funziona il sistema immunitario: vi sono cellule B, che producono effettivamente gli anticorpi, e le cellule T (dette anche cellule memoria) che quando riconoscono il virus attivano le cellule B. Gli esami sierologici misurano solo la quantità di anticorpi (prodotti dalle cellule B) che però, col tempo e in base al virus, diminuiscono nel giro di pochi mesi. Il non aver più anticorpi specifici nel sangue NON significa non essere immuni al virus perché tutto dipende dalle cellule T: se queste riconoscono il virus e si attivano in poco tempo gli anticorpi vengono prodotti e la malattia superata senza difficoltà.
Ed è qui la novità: in una ricerca del 25/6/2020 (non so se verificata dai pari: comunque era su una rivista molto importante quindi credo di sì) sono state testate le reazioni delle cellule T al covid-19 in due gruppi di sangue: il primo era quello di pazienti guariti dal covid-19 → in questo caso l’attivazione è stata del 100%; il secondo caso era invece basato su campioni di sangue dal 2015 al 2018 (quindi pre covid-19) → in questo caso si è comunque avuta un’attivazione del 40-60%. Questo significa che il 40-60% delle persone ha una forma di protezione verso il covid-19 dovuta ad altri tipi di coronavirus (che è la famiglia di virus a cui appartiene il covid-19).
- [KGB] il dottore non spiega perché allora la percentuale di asintomatici non era stata più alta da subito: la mia ipotesi è che all’inizio dell’epidemia questa percentuale fosse sottostimata per la scarsità dei tamponi eseguiti (fatti prevalentemente ai casi più gravi) mentre adesso, almeno negli USA, i controlli sono più massicci e quindi la percentuale di asintomatici identificati cresce. Va anche ricordato che la probabilità che un asintomatico infetti una persona sana è molto bassa.
- 2. La seconda ipotesi è che qualcosa sia cambiato da parte del virus: ovviamente c’è sempre la possibilità di un cambiamento genetico ma in questo caso potrebbe esistere una spiegazione molto più semplice.
Nella nave da crociera Diamond Princess la percentuale di asintomatici fu del 47%; più recentemente in una nave argentina la percentuale è stata dell’81%: una differenza è che nella nave argentina si usavano le mascherine. La teoria è che un’iniziale carica virale più bassa porti a un’evoluzione della malattia con sintomi meno gravi e, quindi, con una percentuale più alta di asintomatici. Una ricerca del maggio 2020 (verificata dai pari) conferma questa teoria con esperimenti sui criceti (!): quelli con le mascherine si sono ammalati con sintomi molto meno gravi di quelli senza!
- Secondo il dr. Fauci la possibilità che il vaccino sia altamente efficace non è molta: la speranza è di un’efficacia del 75% o, almeno, del 50-60%.
102° del 18/8/2020
- In Svezia, dove non c’è stata una quarantena generalizzata, sembra che il picco dei contagi si sia avuto a fine giugno e da allora i contagi quotidiani sono fortemente calati (v. How Did Sweden Flatten Its Curve Without a Lockdown? da MedPageToday.com). Importante le implicazioni sulla bontà/utilità delle quarantene.
- Notizia negativa: secondo una ricerca (di quelle massimamente significative) della stessa casa produttrice il farmaco Tocilizumab (già usato per i reumatismi) non ha alcun effetto benefico in relazione al covid-19. Le ricerche continueranno comunque per studiare eventuali interazioni con altri farmaci.
- Notizia positiva: secondo una ricerca retrospettiva (ovvero con una validità molto minore della precedente perché fatta a posteriori studiando le schede cliniche dei pazienti) lo stesso Tocilizumab garantirebbe una forte riduzione della mortalità statisticamente significativa.
- Il dr Sehuelt ha voluto mostrare questi due studi in contrasto fra loro per evidenziare come si debba procedere con i piedi di piombo anche in presenza di ricerche che sembrino confermare la teoria.
- Per l’autunno: uno studio del 13/8/2020 ha cercato di individuare (con sofisticati modelli matematici che il dr. Sehuelt ha ammesso di non comprendere pienamente) uno schema nei sintomi che permetta di distinguere il covid-19 dalla comune influenza che, presumibilmente, inizierà a diffondersi in autunno. Secondo la ricerca IN GENERE nella comune influenza si ha prima la tosse e poi la febbre; nel covid-19 invece si sviluppa prima il sintomo della febbre e solo successivamente si ha la tosse.
- [KGB] personalmente non sono molto convinto dell’affidabilità di questa ricerca: i sintomi sono così variabili e soggettivi che mi pare difficile possano venire registrati esattamente. Non importa poi quanto la matematica sia sofisticata: se i dati di partenza non sono affidabili allora quelli di arrivo difficilmente saranno corretti…
Le implicazioni di questi video sono moltissime: per prima cosa (e questo lo si era in verità già capito) anche gli esami sierologici non dicono tutta la “verità” sia sulla potenziale immunità del singolo né se una persona è stata infettata.
Le nuove ricerche sembrano indicare una percentuale di persone in qualche modo resistenti al virus molto più alta del previsto a causa di precedenti infezioni da altri virus della famiglia dei coronavirus.
Anche l’aumento in Italia, ma anche altrove, degli infetti ma decisamente minore dei casi in terapia intensiva fa pensare che la percentuale di asintomatici sia molto più alta. I motivi potrebbero essere molteplici: maggiore quantità di vitamina D, minore carica virale (grazie alle mascherine) iniziale o, semplicemente, le persone erano già parzialmente resistenti al virus ma solo adesso, con maggiori controlli, vengono individuate.
Insomma nel complesso si tratta di notizie molto buone: la sostanziale immunità al virus potrebbe essere molto più alta di quanto si pensi. Questo non significa che il pericolo sia passato: come detto i motivi per cui il covid-19 sembra meno pericoloso possono essere molteplici. Non bisogna quindi abbassare la guardia né però neppure cadere nell’isteria che sembra pervadere la politica italiana (*1).
Al momento, contrariamente al mio solito, non mi azzardo in previsioni per l’autunno: ci sono troppi fattori in gioco che non conosco. La mia sensazione è che il misto di lassismo e rigidità usato dal governo NON sia assolutamente la strada migliore per affrontare il problema.
Soprattutto mi preoccupa la riapertura delle scuole: i provvedimenti presi NON mi sembrano garantire nulla se non la ripresa massiccia della diffusione del contagio.
Conclusione: vedremo...
Nota (*1): io sospetto una forte strumentalizzazione politica della malattia.
mercoledì 19 agosto 2020
Notturno 15
I gusti sono gusti e non ha senso discuterne: neppure di quelli cattivi.
Ah, ecco... - 20/8/2020
A sostegno delle mie paure: Coronavirus, i bambini sono diffusori silenziosi da Ansa.it
Il dato interessantissimo è l’alta carica virale anche se asintomatici: davo per scontato che gli asintomatici avessero carica virale bassa o forse sono i bambini l’eccezione. Come al solito l’articolo italiano è troppo superficiale per essermi utile...
In UK... - 20/8/2020
Notizia: Britain to bring in mass testing to curb spread of COVID-19 da Reuters.com
La strategia di esami di massa e veloce sta prendendo piede...
Aggiornamento Epitome - 24/8/2020
È da un po’ che non segnalo i progressi con l’Epitome: beh, diversamente dal solito sto procedendo con un’andatura lenta ma regolare. Il leggere e correggere prima su carta mi rallenta ma mi dà anche ritmo…
Sono a un po’ più di metà; nessuna grande aggiunta (a parte un nuovo sottocapitolo di concetti ormai “maturi” e a cui ho voluto dare un po’ più di rilevanza) ma molte più piccole e grandi correzioni del solito. Scovati anche qualche errore concettuale: roba minore ma che sono molto contento di aver eliminato.
Al momento però l’Epitome è già cresciuta di 7 pagine, forse anche per un paio di nuove epigrafi, quindi alla fine le tante piccole modifiche fanno massa…
Al momento la mia idea è quella di pubblicare la nuova versione come 1.6.1 e di aggiungere tutte le modifiche che mi ero annotato in una versione successiva.
Però ho anche una mezza idea di fare un’altra iterazione puramente stilistica una volta terminata questa: chiamandola magari 1.6.1b o 1.6.2: ma ancora non ho deciso...
Maxi multa? - 31/8/2020
Notizia: A 240 all'ora in A5, maxi multa da Ansa.it
Se il tizio ha una macchina che può arrivare a 240Km/h allora 900€ di multa equivalgono al prezzo di una pizza per me...
Ah, ecco... - 20/8/2020
A sostegno delle mie paure: Coronavirus, i bambini sono diffusori silenziosi da Ansa.it
Il dato interessantissimo è l’alta carica virale anche se asintomatici: davo per scontato che gli asintomatici avessero carica virale bassa o forse sono i bambini l’eccezione. Come al solito l’articolo italiano è troppo superficiale per essermi utile...
In UK... - 20/8/2020
Notizia: Britain to bring in mass testing to curb spread of COVID-19 da Reuters.com
La strategia di esami di massa e veloce sta prendendo piede...
Aggiornamento Epitome - 24/8/2020
È da un po’ che non segnalo i progressi con l’Epitome: beh, diversamente dal solito sto procedendo con un’andatura lenta ma regolare. Il leggere e correggere prima su carta mi rallenta ma mi dà anche ritmo…
Sono a un po’ più di metà; nessuna grande aggiunta (a parte un nuovo sottocapitolo di concetti ormai “maturi” e a cui ho voluto dare un po’ più di rilevanza) ma molte più piccole e grandi correzioni del solito. Scovati anche qualche errore concettuale: roba minore ma che sono molto contento di aver eliminato.
Al momento però l’Epitome è già cresciuta di 7 pagine, forse anche per un paio di nuove epigrafi, quindi alla fine le tante piccole modifiche fanno massa…
Al momento la mia idea è quella di pubblicare la nuova versione come 1.6.1 e di aggiungere tutte le modifiche che mi ero annotato in una versione successiva.
Però ho anche una mezza idea di fare un’altra iterazione puramente stilistica una volta terminata questa: chiamandola magari 1.6.1b o 1.6.2: ma ancora non ho deciso...
Maxi multa? - 31/8/2020
Notizia: A 240 all'ora in A5, maxi multa da Ansa.it
Se il tizio ha una macchina che può arrivare a 240Km/h allora 900€ di multa equivalgono al prezzo di una pizza per me...
MHB 4/??
Brivido!
Come scritto nel corto MHB 3/? gli zombi avevano iniziato ad avvicinarsi ma ero comunque tranquillo e contavo di riuscire a evitarli con relativa facilità.
Così oggi l’intrepida Mary Helen stava per uscire dal rifugio quando, entrata nella stanza da cui ha rimosso la finestra, si è trovata a guardarsi negli occhi con uno zombi “rubusto” (un po’ più forte degli zombi normali ma, per qualche motivo ignoto, piuttosto mal ridotto).
Idealmente le sarebbe piaciuto uscire dalla finestra e farsi inseguire nel bosco dallo zombi ma non c’era spazio di manovra: il pericolo era che, a combattere sul posto col rischio concreto di attirare altri zombi nelle vicinanze compromettendo il prezioso rifugio…
Allora, dopo una riflessione brevissima (ma lunga per me), la prudente Mary Helen è tornata sui suoi passi chiudendosi la porta della camera alle spalle: è andata sul lato opposto della casa (nella cucina) e lì ha sfondato una finestra ritornando, passando dall’esterno, davanti alla camera dove poco prima stava lo zombi.
Lo zombi infatti era all’interno della camera ma ancora non aveva sfondato la porta: appena vede Mary Helen riesce e fuori e inizia a inseguirla…
Mary Helen si dirige verso sud: non per timore dello zombi, anzi il sangue le ribolle perché questo ha osato introdursi nel suo rifugio, ma per poterlo affrontare in un luogo isolato e tranquillo.
Probabilmente avrebbe potuto seminarlo ma la Bosk decide che è il momento di iniziare a fare un po’ di piazza pulita.
Lo scontro è duro anche perché l’arma di Mary Helen è un semplice randello e lei non è particolarmente forte: però è ben protetta con abiti resistenti: lo zombi riesce a darle qualche botta ma senza ferirla significativamente.
Ecco l’eroina vittoriosa sul cadavere dello zombi al quale ha appena spiaccicato la testa…
Tornando verso il rifugio si è imbattuta in uno zombi nuotatore (al centro del paese c’è una piscina). Pensando che fosse più facile da eliminare lo ha attirato di nuovo verso sud e l’ha ucciso con la fionda.
Finalmente Mary Helen è potuta rientrare nella relativa sicurezza del rifugio. Qui si è rifocillata e poi ha chiuso la finestra della cucina che aveva sfondato per prendere alle spalle il primo zombi: troppo pericoloso lasciarla aperta…
(La foto è in B/N perché la stanza è ora al buio)
A questo punto il piano è cambiato: Mary Helen ha deciso che è fondamentale costruirsi un’arma migliore e così è andata a prendere una stecca da biliardo vista nell’ultimo appartamento che aveva visitato utilissima per costruirsi una lancia.
Il problema è che nel frattempo altri zombi si erano avvicinati da nord: Mary Helen, grazie alla sua astuzia e agilità, è riuscita a recuperare la stecca ma ormai tutta la zona boscosa immediatamente a nord-est non è più sicura.
La coraggiosa donna deve quindi decidere cosa fare: le opzioni sono due. 1. Ripulire l’area dagli zombi; 2. Lasciarli stare e dedicarsi a un’altra zona, magari a nord-ovest.
Di seguito un dettaglio del rifugio cerchiato in verde e delle altre case ispezionate (cerchiate in blu): il rettangolo tratteggiato in rosso è la zona boscosa dove, sfortunatamente adesso si trovano almeno altri 2 o 3 zombi nuotatori mentre altri si aggirano, provenendo dalla strada a nord, fra le case e i giardini...
Ripensandoci l’opzione 1 oltre a essere rischiosa non garantisce neppure di essere efficace: altri zombi potrebbero essere nel frattempo calati da nord attratti dal rumore di vetri rotti e simili. Meglio quindi andare verso l’area 2 (adesso Mary Helen è in grado di eliminare gli zombi deboli e isolati) oppure addirittura dare una nuova occhiata alla stazione di servizio a sud-ovest (il “>” blu).
Ah, le “O” blu sono piscine: ecco da dove arrivano i numerosi zombi nuotatori!
Prima di pubblicare questo pezzo, ieri sera sono andato un altro po’ avanti: Mary Helen ha scelto il secondo piano: percorrendo un ampio arco ha raggiunto le case all’estremo ovest della cittadina arrivando a sua volta a ovest. In totale ha contato 6-7 zombie nelle vicinanze e ha recuperato una grossa valigia che potrebbe essere utile per trasferire molto materiale.
Mary Helen è però adesso incerta su come progredire: le esigenze immediate sono soddisfatte ma non mi è chiaro quali debbano essere le priorità nel medio termine. Dubbi anche sul nuovo rifugio forse troppo vicino all’infestazione di zombi…
Conclusione: ho deciso che, da questo pezzo in poi, i miei aggiornamenti saranno solo pezzi normali e non corti...
Come scritto nel corto MHB 3/? gli zombi avevano iniziato ad avvicinarsi ma ero comunque tranquillo e contavo di riuscire a evitarli con relativa facilità.
Così oggi l’intrepida Mary Helen stava per uscire dal rifugio quando, entrata nella stanza da cui ha rimosso la finestra, si è trovata a guardarsi negli occhi con uno zombi “rubusto” (un po’ più forte degli zombi normali ma, per qualche motivo ignoto, piuttosto mal ridotto).
Idealmente le sarebbe piaciuto uscire dalla finestra e farsi inseguire nel bosco dallo zombi ma non c’era spazio di manovra: il pericolo era che, a combattere sul posto col rischio concreto di attirare altri zombi nelle vicinanze compromettendo il prezioso rifugio…
Allora, dopo una riflessione brevissima (ma lunga per me), la prudente Mary Helen è tornata sui suoi passi chiudendosi la porta della camera alle spalle: è andata sul lato opposto della casa (nella cucina) e lì ha sfondato una finestra ritornando, passando dall’esterno, davanti alla camera dove poco prima stava lo zombi.
Lo zombi infatti era all’interno della camera ma ancora non aveva sfondato la porta: appena vede Mary Helen riesce e fuori e inizia a inseguirla…
Mary Helen si dirige verso sud: non per timore dello zombi, anzi il sangue le ribolle perché questo ha osato introdursi nel suo rifugio, ma per poterlo affrontare in un luogo isolato e tranquillo.
Probabilmente avrebbe potuto seminarlo ma la Bosk decide che è il momento di iniziare a fare un po’ di piazza pulita.
Lo scontro è duro anche perché l’arma di Mary Helen è un semplice randello e lei non è particolarmente forte: però è ben protetta con abiti resistenti: lo zombi riesce a darle qualche botta ma senza ferirla significativamente.
Ecco l’eroina vittoriosa sul cadavere dello zombi al quale ha appena spiaccicato la testa…
Tornando verso il rifugio si è imbattuta in uno zombi nuotatore (al centro del paese c’è una piscina). Pensando che fosse più facile da eliminare lo ha attirato di nuovo verso sud e l’ha ucciso con la fionda.
Finalmente Mary Helen è potuta rientrare nella relativa sicurezza del rifugio. Qui si è rifocillata e poi ha chiuso la finestra della cucina che aveva sfondato per prendere alle spalle il primo zombi: troppo pericoloso lasciarla aperta…
(La foto è in B/N perché la stanza è ora al buio)
A questo punto il piano è cambiato: Mary Helen ha deciso che è fondamentale costruirsi un’arma migliore e così è andata a prendere una stecca da biliardo vista nell’ultimo appartamento che aveva visitato utilissima per costruirsi una lancia.
Il problema è che nel frattempo altri zombi si erano avvicinati da nord: Mary Helen, grazie alla sua astuzia e agilità, è riuscita a recuperare la stecca ma ormai tutta la zona boscosa immediatamente a nord-est non è più sicura.
La coraggiosa donna deve quindi decidere cosa fare: le opzioni sono due. 1. Ripulire l’area dagli zombi; 2. Lasciarli stare e dedicarsi a un’altra zona, magari a nord-ovest.
Di seguito un dettaglio del rifugio cerchiato in verde e delle altre case ispezionate (cerchiate in blu): il rettangolo tratteggiato in rosso è la zona boscosa dove, sfortunatamente adesso si trovano almeno altri 2 o 3 zombi nuotatori mentre altri si aggirano, provenendo dalla strada a nord, fra le case e i giardini...
Ripensandoci l’opzione 1 oltre a essere rischiosa non garantisce neppure di essere efficace: altri zombi potrebbero essere nel frattempo calati da nord attratti dal rumore di vetri rotti e simili. Meglio quindi andare verso l’area 2 (adesso Mary Helen è in grado di eliminare gli zombi deboli e isolati) oppure addirittura dare una nuova occhiata alla stazione di servizio a sud-ovest (il “>” blu).
Ah, le “O” blu sono piscine: ecco da dove arrivano i numerosi zombi nuotatori!
Prima di pubblicare questo pezzo, ieri sera sono andato un altro po’ avanti: Mary Helen ha scelto il secondo piano: percorrendo un ampio arco ha raggiunto le case all’estremo ovest della cittadina arrivando a sua volta a ovest. In totale ha contato 6-7 zombie nelle vicinanze e ha recuperato una grossa valigia che potrebbe essere utile per trasferire molto materiale.
Mary Helen è però adesso incerta su come progredire: le esigenze immediate sono soddisfatte ma non mi è chiaro quali debbano essere le priorità nel medio termine. Dubbi anche sul nuovo rifugio forse troppo vicino all’infestazione di zombi…
Conclusione: ho deciso che, da questo pezzo in poi, i miei aggiornamenti saranno solo pezzi normali e non corti...
lunedì 17 agosto 2020
Il pericolo della comprensione
Ormai automaticamente, quando mi viene l’idea per un pezzo, inizio a immaginarmi come andrò a esprimerla: strutturalmente quale sarà l’ordine delle mie argomentazioni, le premesse necessarie, magari qualche riferimento esterno o battuta…
Così stamani, mentre facevo il bagno, riflettevo su un capitoletto di Meglio di niente di Danilo Breschi, che sto leggendo (insieme a molto altro) in questi giorni…
In particolare l’autore commenta un saggio basato sul dialogo fra due intellettuali su una tematica molto complessa (non importano i dettagli). In verità io la penso diversamente: il problema è che questi intellettuali partono da premesse economiche completamente errate e, ovviamente, l’edificio che costruiscono è traballante… vabbè, non importa...
Volevo quindi soffermarmi su un’unica frase ma qui, mentre mentalmente formavo l’ordine dei miei pensieri, mi sono reso conto che una digressione che avrei dovuto fare sarebbe stata più interessante del mio commento al capitolo letto: e allora ho deciso che sarà proprio questa idea laterale la base del pezzo odierno.
L’argomento non lo saprei definire bene ma tocca comunicazione, messaggio e comprensione.
Cosa rende intimamente possibile la comunicazione fra due persone?
La chiarezza del messaggio è certamente un fattore: usare un linguaggio comprensibile, preciso e conciso è assolutamente importante. Eppure c’è qualcosa di ancora più fondamentale: la sincera volontà di provare a capire.
Nel Vangelo più volte si trova la frase “chi ha orecchie per intendere intenda”. Wikipedia la spiega come l’esortazione a mettere a frutto ciò che si è appreso: io vi vedo però un significato più profondo: “chi ha orecchie per intendere VOGLIA intendere”. Non basta cioè avere la capacità di ascoltare (o di leggere) ma è necessaria la volontà di voler comprendere il messaggio dell’altro.
La lingua, l’ho scritto più volte (v. per esempio il finale di La lingua degli angeli), è imperfetta: non può rendere con totale esattezza un fenomeno fisico e ancor meno un’idea complessa. Alla fine chi vuole contraddire il proprio interlocutore troverà sempre un qualche appiglio per farlo (*1). Ed è questo il mio punto: per poter capire bisogna volerlo. Bisogna andare oltre le singole parole e, aiutandosi con la fantasia, la sensibilità e l’intuizione, raggiungere il significato profondo nella mente dell’autore che stiamo leggendo o di colui che ci parla.
Ma questo, bene o male, l’avevo già capito e scritto anche in passato: la novità odierna è che anche la volontà di capire l’altro nasconde una trappola.
Veniamo alla frase del libro che mi aveva colpito e che vorrebbe sintetizzare l’idea principale di uno dei due intellettuali: “Il senso civico nasce [...] dal disciplinamento sociale di forti e motivati poteri politico sociali.” (*2).
Lo so che non avete letto il libro e non conoscete il contesto ma prendetevi qualche minuto per sforzatevi comunque di comprendere il significato…
Fatto?
Ditemi allora ciò che secondo voi significa: … hum… sì… capisco… e quindi?… ah… ok…
Bene, anzi male, perché avete sbagliato!
Il vero significato infatti è… non importa quale sia!
Analizziamo la frase: già cosa sia il “senso civico” è un concetto vago; ancor peggio il “disciplinamento sociale”; quanto poi “forti e motivati” debbano essere i “poteri politico sociali” (qualunque essi siano!) non è specificato…
In altre parole detta frase è di una vaghezza assoluta: il lettore spiccio, quello che “non vuole intendere”, in questo caso ha ragione a definirla “fuffa” e a dimenticarsene subito dopo.
Al contrario il lettore volenteroso che cerca di dargli un senso sbaglia: ma sbaglia a priori. Il cercare di capire una frase troppo astratta (senza il necessario contesto) non è solo un’attività faticosa ma è pure futile.
Ogni lettore darà infatti a ogni singola espressione ambigua un significato che si adatta alla propria personale visione del mondo: il risultato sarà che due lettori diversi daranno alla stessa frase due significati altrettanto diversi se non, almeno potenzialmente, contrari.
Entrambi si illuderanno poi di pensarla come l’intellettuale che ha sentenziato tale frase e che invece, probabilmente, avrà avuto in mente un terzo significato!
Il pericolo è quindi questo: se non si ha il contesto che permetta di sbrogliare ragionevolmente tale groppo semantico/letterario allora ci si può illudere di aver capito qualcosa mentre invece lo si è frainteso.
Da un altro punto di vista una frase vaga e indeterminata è la maniera più semplice per convincere un ascoltatore ben disposto (chi non lo è la rifiuterà immediatamente) di pensarla come chi parla. I politici italiani lo fanno regolarmente. Poi, una volta che una persona ha stabilito di pensarla come un’altra, subentrano tanti altri meccanismi psicologici su cui non ho intenzione di entrare ma che sono comunque significativi e potenzialmente dannosi.
Ovviamente non significa che chi pronunci una frase vaga sia automaticamente in mala fede: tutto dipende dal contesto, dalle eventuali altre spiegazioni che ha dato o che seguiranno. Del resto, come detto, la precisione assoluta nel linguaggio non esiste…
In sintesi è giusto sforzarci di interpretare il pensiero altrui ma, se questo è troppo vago, allora c’è il rischio concreto di fraintenderlo magari anche illudendosi che, per vie traverse, sia simile o compatibile col nostro. Non fidatevi dei discorsi vaghi e fumosi, soprattutto se di persone che vi piacciono e che vorreste la pensassero come voi: rischiate di illudervi ma sarebbe solo apparenza!
Conclusione: voglio concludere con un antico proverbio contadino italiano di mia invenzione: “Del sesso degli angeli è meglio non saperne nulla che saperne poco”. Significa che di una questione complessa è meglio non saperne nulla piuttosto che poco perché, nel secondo caso, c’è il rischio concreto di illudersi di averla capita profondamente!
Altro antico proverbio contadino (armeno stavolta) inventato da me con lo stesso significato: "chi pensa di poter saltare un fosso rischia di caderci dentro"!
Nota (*1): il proverbio “Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire” esprime bene il concetto.
Nota (*2): tratto da “Meglio di niente” di Danilo Breschi, (E.) Mauro Pagliai, 2017, pag. 26.
Così stamani, mentre facevo il bagno, riflettevo su un capitoletto di Meglio di niente di Danilo Breschi, che sto leggendo (insieme a molto altro) in questi giorni…
In particolare l’autore commenta un saggio basato sul dialogo fra due intellettuali su una tematica molto complessa (non importano i dettagli). In verità io la penso diversamente: il problema è che questi intellettuali partono da premesse economiche completamente errate e, ovviamente, l’edificio che costruiscono è traballante… vabbè, non importa...
Volevo quindi soffermarmi su un’unica frase ma qui, mentre mentalmente formavo l’ordine dei miei pensieri, mi sono reso conto che una digressione che avrei dovuto fare sarebbe stata più interessante del mio commento al capitolo letto: e allora ho deciso che sarà proprio questa idea laterale la base del pezzo odierno.
L’argomento non lo saprei definire bene ma tocca comunicazione, messaggio e comprensione.
Cosa rende intimamente possibile la comunicazione fra due persone?
La chiarezza del messaggio è certamente un fattore: usare un linguaggio comprensibile, preciso e conciso è assolutamente importante. Eppure c’è qualcosa di ancora più fondamentale: la sincera volontà di provare a capire.
Nel Vangelo più volte si trova la frase “chi ha orecchie per intendere intenda”. Wikipedia la spiega come l’esortazione a mettere a frutto ciò che si è appreso: io vi vedo però un significato più profondo: “chi ha orecchie per intendere VOGLIA intendere”. Non basta cioè avere la capacità di ascoltare (o di leggere) ma è necessaria la volontà di voler comprendere il messaggio dell’altro.
La lingua, l’ho scritto più volte (v. per esempio il finale di La lingua degli angeli), è imperfetta: non può rendere con totale esattezza un fenomeno fisico e ancor meno un’idea complessa. Alla fine chi vuole contraddire il proprio interlocutore troverà sempre un qualche appiglio per farlo (*1). Ed è questo il mio punto: per poter capire bisogna volerlo. Bisogna andare oltre le singole parole e, aiutandosi con la fantasia, la sensibilità e l’intuizione, raggiungere il significato profondo nella mente dell’autore che stiamo leggendo o di colui che ci parla.
Ma questo, bene o male, l’avevo già capito e scritto anche in passato: la novità odierna è che anche la volontà di capire l’altro nasconde una trappola.
Veniamo alla frase del libro che mi aveva colpito e che vorrebbe sintetizzare l’idea principale di uno dei due intellettuali: “Il senso civico nasce [...] dal disciplinamento sociale di forti e motivati poteri politico sociali.” (*2).
Lo so che non avete letto il libro e non conoscete il contesto ma prendetevi qualche minuto per sforzatevi comunque di comprendere il significato…
Fatto?
Ditemi allora ciò che secondo voi significa: … hum… sì… capisco… e quindi?… ah… ok…
Bene, anzi male, perché avete sbagliato!
Il vero significato infatti è… non importa quale sia!
Analizziamo la frase: già cosa sia il “senso civico” è un concetto vago; ancor peggio il “disciplinamento sociale”; quanto poi “forti e motivati” debbano essere i “poteri politico sociali” (qualunque essi siano!) non è specificato…
In altre parole detta frase è di una vaghezza assoluta: il lettore spiccio, quello che “non vuole intendere”, in questo caso ha ragione a definirla “fuffa” e a dimenticarsene subito dopo.
Al contrario il lettore volenteroso che cerca di dargli un senso sbaglia: ma sbaglia a priori. Il cercare di capire una frase troppo astratta (senza il necessario contesto) non è solo un’attività faticosa ma è pure futile.
Ogni lettore darà infatti a ogni singola espressione ambigua un significato che si adatta alla propria personale visione del mondo: il risultato sarà che due lettori diversi daranno alla stessa frase due significati altrettanto diversi se non, almeno potenzialmente, contrari.
Entrambi si illuderanno poi di pensarla come l’intellettuale che ha sentenziato tale frase e che invece, probabilmente, avrà avuto in mente un terzo significato!
Il pericolo è quindi questo: se non si ha il contesto che permetta di sbrogliare ragionevolmente tale groppo semantico/letterario allora ci si può illudere di aver capito qualcosa mentre invece lo si è frainteso.
Da un altro punto di vista una frase vaga e indeterminata è la maniera più semplice per convincere un ascoltatore ben disposto (chi non lo è la rifiuterà immediatamente) di pensarla come chi parla. I politici italiani lo fanno regolarmente. Poi, una volta che una persona ha stabilito di pensarla come un’altra, subentrano tanti altri meccanismi psicologici su cui non ho intenzione di entrare ma che sono comunque significativi e potenzialmente dannosi.
Ovviamente non significa che chi pronunci una frase vaga sia automaticamente in mala fede: tutto dipende dal contesto, dalle eventuali altre spiegazioni che ha dato o che seguiranno. Del resto, come detto, la precisione assoluta nel linguaggio non esiste…
In sintesi è giusto sforzarci di interpretare il pensiero altrui ma, se questo è troppo vago, allora c’è il rischio concreto di fraintenderlo magari anche illudendosi che, per vie traverse, sia simile o compatibile col nostro. Non fidatevi dei discorsi vaghi e fumosi, soprattutto se di persone che vi piacciono e che vorreste la pensassero come voi: rischiate di illudervi ma sarebbe solo apparenza!
Conclusione: voglio concludere con un antico proverbio contadino italiano di mia invenzione: “Del sesso degli angeli è meglio non saperne nulla che saperne poco”. Significa che di una questione complessa è meglio non saperne nulla piuttosto che poco perché, nel secondo caso, c’è il rischio concreto di illudersi di averla capita profondamente!
Altro antico proverbio contadino (armeno stavolta) inventato da me con lo stesso significato: "chi pensa di poter saltare un fosso rischia di caderci dentro"!
Nota (*1): il proverbio “Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire” esprime bene il concetto.
Nota (*2): tratto da “Meglio di niente” di Danilo Breschi, (E.) Mauro Pagliai, 2017, pag. 26.
venerdì 14 agosto 2020
MHB 1/?
Mary Helen è proprio nata con la camicia: il rifugio di partenza non era particolarmente ricco (non c’erano neppure le razioni d’emergenza da mangiare) così mi sono costruito gli strumenti base che potevo, delle armi improvvisate, e sono andato a esplorare i dintorni. Tutto tranquillo e ho raccolto erbe commestibili (che però crude sanno di poco).
Poi, come deciso, ho provato ad andare verso sud ma appena ho visto un paio di zombi ho deciso di andare verso nord. Arrivando dal bosco sono arrivato alla prima casa del paese senza problemi.
Ebbene ho scoperto che era una casa di sopravvissuti, tutta sigillata, piena di scorte e altri oggetti utili! Addirittura c’è un fucile militare e altro equipaggiamento prezioso!
Come se non bastasse tornando al rifugio attraverso un’altra zona del bosco ho trovato dei ruderi non segnalati sulla mappa pieni di oggetti metallici che posso riutilizzare.
Adesso mi servirebbe un bello zaino e qualche altro strumento utile, magari un arma potente e silenziosa tipo una balestra…
Ma per il momento sono felicissimo della situazione!
Italiano a rotoli - 15/8/2020
Pochi giorni fa ho visto un titolone, non ricordo dove, sull’Accademia della Crusca pronta a difendere l’italiano dagli anglicismi: sono così corso a leggerlo pensando “Questo lo pubblico!”. Poi però ho scoperto che la “difesa” era decisamente fiacca e, deluso, ho lasciato perdere. Comunque, almeno, ormai vi è la consapevolezza anche fra i linguisti che l’invasione è reale.
A mio avviso il problema di fondo è che gran parte della popolazione ha una qualche conoscenza dell’inglese e questo, secondo me, impedirà il normale fenomeno di adattamento di termini stranieri nella nostra lingua. Il problema è che i nostri esperti non se ne rendono conto: hanno bisogno di uno studioso inglese che glielo dica! Quando la cultura è in crisi la capacità di far emergere idee nuove si fa piccina piccina: istintivamente gli intellettuali guardano all’estero per le novità di pensiero e sottovalutano o sospettano di qualsiasi teoria autoctona.
L’ululato odierno è nato dalla lettura di un trafiletto di Ansa.it dove si parla di “5 giovani ricoverate in condizioni severe” con ovvio calco semantico dall’inglese.
Chiaro che se i giornalisti scrivono in questa maniera allora all’uomo comune si può rimproverare ben poco...
I veri nemici - 15/8/2020
Ho appena finito di leggere Un nemico del popolo di Henrik Ibsen: attualissimo.
Attenzione sciupatrama!
Il medico di una cittadina norvegese scopre che l’acqua delle locali terme (l’industria principale del posto) è fortemente inquinata tanto da far ammalare i clienti. Il dottore vuole subito pubblicare la notizia sul giornale locale, che inizialmente gli garantisce il proprio appoggio, ma il fratello (che è anche il sindaco ed è nel consiglio delle terme) gli si oppone: risolvere il problema ricostruendo le condutture dell’acqua costerebbe troppo e fermerebbe le terme per un paio di anni.
Ebbene cosa pensate che succeda? In poche parole gli interessi economici prevalgono sulla salute pubblica: il sindaco guadagna subito l’appoggio del giornale locale e perfino dell’opposizione politica, ridimensiona il pericolo e fa passare per matto il proprio fratello…
E quante volte succede questo anche nel mondo attuale: quante volte la politica, sfruttando i media, ribalta la verità per andare incontro ai più svariati interessi economici anche a danno della salute della popolazione?
Conclusione: chiedetevi cosa significhi se un’opera del XIX secolo torna attuale...
MHB 2/? - 16/8/2020
La coraggiosa Mary Helen, non contenta di aver trovato una casa ricca di scorte e apparentemente sicura, ha continuato l’esplorazione dei paraggi. Agile come una scoiattola si è arrampicata lungo un doccione ed è penetrata nella clinica medica subito a nord del nuovo rifugio. Qui ha trovato un macchinario medico complesso che però non è in grado ancora di usare. Anche qui tutto tranquillo…
Non soddisfatta si è mossa in direzione nord-est ed è riuscita a entrare in un appartamento in un blocco di tre: anche qui ha trovato molto cibo ma, soprattutto, un’utilissima scatola per gli attrezzi. Inoltre ci sono almeno due grossi contenitori di plastica per liquidi che saranno molto utili.
A Mary Helen manca ancora uno zaino capiente per avere l’equipaggiamento base ma è decisamente partita molto bene.
Il suo piano è quello di trasferirsi nel rifugio sulla soglia del paese: l’unica perplessità è la torre del mago dall’altro lato della strada ("W" viola): non sarà che la notte vi escono miriadi di nemici?
Da un punto di vista tecnico sono passato a giocare sulla versione in sviluppo del gioco perché, da quanto ho capito, è solida quanto e più della stabile e, inoltre, mi permette di usare le varie modifiche prodotte per essa. La conversione del vecchio archivio di salvataggio non mi ha dato problemi…
Di seguito la mappa aggiornata con le nuove scoperte.
Dal rifugio ero andato verso nord girando poi a est dopo aver avvistato degli zombi (i grossi punti gialli) e di qui poi a nord. La prima casa cerchiata è il nuovo rifugio: subito a nord vi è la clinica del dottore e a nord-est la nuova casa esplorata. La “R” sottolineata è dove ho ammucchiato i cadaveri trovati nel nuovo rifugio mentre la “b” sottolineata è dove ho trovato i resti di una costruzione distrutta da tempo con molto materiale utile...
MHB 3/?? - 17/8/2020
Inizio da una nota tecnica: sono dovuto tornare alla versione “stabile” di Cataclysm. La versione di sviluppo mi aveva dato errori minori (tipo su oggetti che erano cambiati fra le due versioni) ma il problema principale era che mi aveva sparpagliato tutti gli zombi: in pratica dove non ce n’era nessuno ne ho trovati tre!
Mary Helen non lo sa ma in pratica si è reincarnata e i tre zombi soprammenzionati l’avevano fatta a pezzi anche per colpa di nuove meccaniche di gioco che non ho ancora compreso a pieno.
L’impavida ha continuato a esplorare e, nel quarto appartamento, ha trovato un bello zaino gigantesco da tenere sulle spalle. Questo le permette di trasportare circa il triplo degli oggetti di prima: quindi meno viaggi in su e giù.
C’è da dire però che due zombi hanno iniziato ad avvicinarsi: inizio a capire perché una base lontana dai mostri abbia i suoi pregi. Comunque ho deciso di rimanere dove sono: ho scoperto che posso fare un’arma molto buona e cercherò di costruirla per provare ad uccidere gli zombi che si sono avvicinati troppo.
Sembra una vita (v. la “foto” in Mary Helen Bosk) da quando l’ingenua e sofisticata Mary Helen si è ritrovata catapultata in questo incubo: adesso la vediamo abbigliata in tuta mimetica, zaino sulle spalle, guanti, passamontagna senza però rinunciare a degli occhiali petalosi…
Sembra un vita, dicevo, ma sono passate appena 5 ore, 14 minuti e 33 secondi...
Poi, come deciso, ho provato ad andare verso sud ma appena ho visto un paio di zombi ho deciso di andare verso nord. Arrivando dal bosco sono arrivato alla prima casa del paese senza problemi.
Ebbene ho scoperto che era una casa di sopravvissuti, tutta sigillata, piena di scorte e altri oggetti utili! Addirittura c’è un fucile militare e altro equipaggiamento prezioso!
Come se non bastasse tornando al rifugio attraverso un’altra zona del bosco ho trovato dei ruderi non segnalati sulla mappa pieni di oggetti metallici che posso riutilizzare.
Adesso mi servirebbe un bello zaino e qualche altro strumento utile, magari un arma potente e silenziosa tipo una balestra…
Ma per il momento sono felicissimo della situazione!
Italiano a rotoli - 15/8/2020
Pochi giorni fa ho visto un titolone, non ricordo dove, sull’Accademia della Crusca pronta a difendere l’italiano dagli anglicismi: sono così corso a leggerlo pensando “Questo lo pubblico!”. Poi però ho scoperto che la “difesa” era decisamente fiacca e, deluso, ho lasciato perdere. Comunque, almeno, ormai vi è la consapevolezza anche fra i linguisti che l’invasione è reale.
A mio avviso il problema di fondo è che gran parte della popolazione ha una qualche conoscenza dell’inglese e questo, secondo me, impedirà il normale fenomeno di adattamento di termini stranieri nella nostra lingua. Il problema è che i nostri esperti non se ne rendono conto: hanno bisogno di uno studioso inglese che glielo dica! Quando la cultura è in crisi la capacità di far emergere idee nuove si fa piccina piccina: istintivamente gli intellettuali guardano all’estero per le novità di pensiero e sottovalutano o sospettano di qualsiasi teoria autoctona.
L’ululato odierno è nato dalla lettura di un trafiletto di Ansa.it dove si parla di “5 giovani ricoverate in condizioni severe” con ovvio calco semantico dall’inglese.
Chiaro che se i giornalisti scrivono in questa maniera allora all’uomo comune si può rimproverare ben poco...
I veri nemici - 15/8/2020
Ho appena finito di leggere Un nemico del popolo di Henrik Ibsen: attualissimo.
Attenzione sciupatrama!
Il medico di una cittadina norvegese scopre che l’acqua delle locali terme (l’industria principale del posto) è fortemente inquinata tanto da far ammalare i clienti. Il dottore vuole subito pubblicare la notizia sul giornale locale, che inizialmente gli garantisce il proprio appoggio, ma il fratello (che è anche il sindaco ed è nel consiglio delle terme) gli si oppone: risolvere il problema ricostruendo le condutture dell’acqua costerebbe troppo e fermerebbe le terme per un paio di anni.
Ebbene cosa pensate che succeda? In poche parole gli interessi economici prevalgono sulla salute pubblica: il sindaco guadagna subito l’appoggio del giornale locale e perfino dell’opposizione politica, ridimensiona il pericolo e fa passare per matto il proprio fratello…
E quante volte succede questo anche nel mondo attuale: quante volte la politica, sfruttando i media, ribalta la verità per andare incontro ai più svariati interessi economici anche a danno della salute della popolazione?
Conclusione: chiedetevi cosa significhi se un’opera del XIX secolo torna attuale...
MHB 2/? - 16/8/2020
La coraggiosa Mary Helen, non contenta di aver trovato una casa ricca di scorte e apparentemente sicura, ha continuato l’esplorazione dei paraggi. Agile come una scoiattola si è arrampicata lungo un doccione ed è penetrata nella clinica medica subito a nord del nuovo rifugio. Qui ha trovato un macchinario medico complesso che però non è in grado ancora di usare. Anche qui tutto tranquillo…
Non soddisfatta si è mossa in direzione nord-est ed è riuscita a entrare in un appartamento in un blocco di tre: anche qui ha trovato molto cibo ma, soprattutto, un’utilissima scatola per gli attrezzi. Inoltre ci sono almeno due grossi contenitori di plastica per liquidi che saranno molto utili.
A Mary Helen manca ancora uno zaino capiente per avere l’equipaggiamento base ma è decisamente partita molto bene.
Il suo piano è quello di trasferirsi nel rifugio sulla soglia del paese: l’unica perplessità è la torre del mago dall’altro lato della strada ("W" viola): non sarà che la notte vi escono miriadi di nemici?
Da un punto di vista tecnico sono passato a giocare sulla versione in sviluppo del gioco perché, da quanto ho capito, è solida quanto e più della stabile e, inoltre, mi permette di usare le varie modifiche prodotte per essa. La conversione del vecchio archivio di salvataggio non mi ha dato problemi…
Di seguito la mappa aggiornata con le nuove scoperte.
Dal rifugio ero andato verso nord girando poi a est dopo aver avvistato degli zombi (i grossi punti gialli) e di qui poi a nord. La prima casa cerchiata è il nuovo rifugio: subito a nord vi è la clinica del dottore e a nord-est la nuova casa esplorata. La “R” sottolineata è dove ho ammucchiato i cadaveri trovati nel nuovo rifugio mentre la “b” sottolineata è dove ho trovato i resti di una costruzione distrutta da tempo con molto materiale utile...
MHB 3/?? - 17/8/2020
Inizio da una nota tecnica: sono dovuto tornare alla versione “stabile” di Cataclysm. La versione di sviluppo mi aveva dato errori minori (tipo su oggetti che erano cambiati fra le due versioni) ma il problema principale era che mi aveva sparpagliato tutti gli zombi: in pratica dove non ce n’era nessuno ne ho trovati tre!
Mary Helen non lo sa ma in pratica si è reincarnata e i tre zombi soprammenzionati l’avevano fatta a pezzi anche per colpa di nuove meccaniche di gioco che non ho ancora compreso a pieno.
L’impavida ha continuato a esplorare e, nel quarto appartamento, ha trovato un bello zaino gigantesco da tenere sulle spalle. Questo le permette di trasportare circa il triplo degli oggetti di prima: quindi meno viaggi in su e giù.
C’è da dire però che due zombi hanno iniziato ad avvicinarsi: inizio a capire perché una base lontana dai mostri abbia i suoi pregi. Comunque ho deciso di rimanere dove sono: ho scoperto che posso fare un’arma molto buona e cercherò di costruirla per provare ad uccidere gli zombi che si sono avvicinati troppo.
Sembra una vita (v. la “foto” in Mary Helen Bosk) da quando l’ingenua e sofisticata Mary Helen si è ritrovata catapultata in questo incubo: adesso la vediamo abbigliata in tuta mimetica, zaino sulle spalle, guanti, passamontagna senza però rinunciare a degli occhiali petalosi…
Sembra un vita, dicevo, ma sono passate appena 5 ore, 14 minuti e 33 secondi...
giovedì 13 agosto 2020
Mary Helen Bosk
Da qualche giorno ho scoperto un gioco gratuito bellissimo: Cataclysm: Dark Days Ahead.
Si tratta di un rogue-like ambientato in un futuro post apocalittico: c’è di tutto! Zombi, alieni, esseri demoniaci, dinosauri, magia, etc…
Essendo un gioco aperto i contributi sono i più svariati e ci sono moltissimi modifiche (MOD) che cambiano e aggiungono caratteristiche.
Ovviamente è complicatissimo: beh, diciamo che non è facilissimo: l’interfaccia è tutta con la testiera, si muore facilmente e ci sono moltissime cose da imparare…
Così mi sono messo a seguire un minicorso su Youtube per imparare a giocarci: per dare l’idea le prime tre puntate sono tutte di teoria e solo dalla quarta si inizia a vedere il gioco vero e proprio!
Più o meno in contemporanea ho iniziato una mia partita cercando di rifare le stesse cose del minicorso: e qui ho avuto i primi problemi! Il minicorso è di due anni fa e nel frattempo il gioco si è enormemente evoluto: a occhio diventando ancora più difficile…
Qualche esempio tanto per dare l’idea: nel minicorso il personaggio si fabbrica facilmente una lancia che può colpire a due caselle di distanza. Io invece ancora non ho potuta farla perché adesso serve uno strumento particolare (che non so dove trovare) per costruirla.
Un secondo esempio: altre lance da scagliare: nel minicorso sono devastanti e anche l’autore spiega che sono “un po’ troppo potenti”, beh, nella mia versione rimbalzano contro i nemici!
E così via…
Comunque mi sto divertendo moltissimo e ancora non sono morto. Beh, sono caduto dalla grondaia di un tetto e mi sono intossicato con semi di datura (credo di vedere un segugio infernale ma, armato di fionda, ho preferito non verificare se sia reale o no!). E, nell’unica casa che in cui sono riuscito a penetrare, ho trovato degli abiti sadomaso!
L’idea scema che mi stuzzica è invece quella di fare varie partite utilizzando come personaggi i politici italiani e raccontare qui sul ghiribizzo le loro avventure! Conoscendomi il gioco mi verrà a noia molto rapidamente: soprattutto scrivere quello che si fa è noiosissimo…
Devo decidere se aspettare che il mio attuale personaggio di prova muoia (facendo nel frattempo utilissima esperienza) oppure partire fin da subito col primo personaggio politico. Oltretutto ho iniziato ad aggiungere varie modifiche e il gioco mi è immediatamente sembrato diventare ancora più difficile (perché zeppo di mostri!)…
Io però quasi quasi parto in parallelo con Mary Helen Bosk (il gioco è ambientato nel New England) perché l’idea mi diverte troppo: anzi preparo subito il suo personaggio e lo presento qui di seguito!
Intanto ho creato un nuovo mondo e l’ho chiamato Parlament: ero tentato da “Porcellum” ma non è più attuale… Ci ho messo parecchie modifiche che non conosco e quindi sarà molto pericoloso per Mary Helen…
Primo intoppo: una modifica creava problemi e l’ho tolta creando il nuovo mondo “Parlament 2”.
Come personaggio pensavo di usare il modello del minicorso: il “sopravvissuto” che in pratica è il personaggio base senza particolari caratteristiche.
In questo tipo di giochi quando si costruisce il personaggio le caratteristiche positive costano punti mentre quelle negative danno punti extra da spendere altrove: Cataclysm non fa eccezione. Nel minicorso il personaggio sfruttava dei tratti negativi (in verità non molto svantaggiosi) per spendere altrove i punti guadagnati. Io però a Mary Helen Bosk non me la sono sentita di darle il tratto “ugly” e “truth teller” e così le ho dovuto togliere due punti dalle caratteristiche base “intelligenza” e “destrezza”. Il risultato è questo:
E questa è la posizione di partenza (particolare) all’interno di un rifugio “sicuro”: l’ometto accanto a lei è un “personaggio non giocante” che serve per introdurre il giocatore nell’ambiente e, se si è fortunati, gli fornisce dei piccoli aiuti…
Molto più interessante è la mappa dei dintorni:
Noi siamo esattamente al centro (la mappa è generata automaticamente dal calcolatore via via che ci si sposta). La “F” verde è bosco, quella celeste è palude. La linea grigia è una strada mentre le varie lettere indicando edifici diversi.
A sud lungo la strada spicca un “>” blu: è una stazione di servizio. Probabilmente sarà il primo luogo che andrò a esplorare: però non ho idea di quanto sia pericoloso...
A est, circondato dal bosco, c’è una “T” viola: si tratta di una “Torre di funghi”. Sicuramente l’eviterò!
A nord c’è una cittadina: le “v” verdi sono case: ovviamente si può trovarvi di tutto. L’insieme delle “S” indicano una scuola (che eviterò) dubito ci siano molti oggetti utili e uccidere bambini zombi abbassa il morale…
La “W” viola all’ingresso della cittadina è invece la torre di un mago! Ho infatti aggiunto una modifica che introduce la magia…
Il mio piano è il seguente: ispezionare per bene il rifugio prendendo tutto ciò che può essere utile e cercando di costruirmi delle armi base. L’idea è poi quella di dirigermi verso la stazione di servizio ma se mi accorgo che è pericolosa andrò invece a nord, cercando di intrufolarmi nelle case più isolate. Idealmente mi servirebbero strumenti di lavoro (per costruire oggetti più complessi) e abiti protettivi…
Nei prossimi giorni un aggiornamento!
Conclusione: spero...
Si tratta di un rogue-like ambientato in un futuro post apocalittico: c’è di tutto! Zombi, alieni, esseri demoniaci, dinosauri, magia, etc…
Essendo un gioco aperto i contributi sono i più svariati e ci sono moltissimi modifiche (MOD) che cambiano e aggiungono caratteristiche.
Ovviamente è complicatissimo: beh, diciamo che non è facilissimo: l’interfaccia è tutta con la testiera, si muore facilmente e ci sono moltissime cose da imparare…
Così mi sono messo a seguire un minicorso su Youtube per imparare a giocarci: per dare l’idea le prime tre puntate sono tutte di teoria e solo dalla quarta si inizia a vedere il gioco vero e proprio!
Più o meno in contemporanea ho iniziato una mia partita cercando di rifare le stesse cose del minicorso: e qui ho avuto i primi problemi! Il minicorso è di due anni fa e nel frattempo il gioco si è enormemente evoluto: a occhio diventando ancora più difficile…
Qualche esempio tanto per dare l’idea: nel minicorso il personaggio si fabbrica facilmente una lancia che può colpire a due caselle di distanza. Io invece ancora non ho potuta farla perché adesso serve uno strumento particolare (che non so dove trovare) per costruirla.
Un secondo esempio: altre lance da scagliare: nel minicorso sono devastanti e anche l’autore spiega che sono “un po’ troppo potenti”, beh, nella mia versione rimbalzano contro i nemici!
E così via…
Comunque mi sto divertendo moltissimo e ancora non sono morto. Beh, sono caduto dalla grondaia di un tetto e mi sono intossicato con semi di datura (credo di vedere un segugio infernale ma, armato di fionda, ho preferito non verificare se sia reale o no!). E, nell’unica casa che in cui sono riuscito a penetrare, ho trovato degli abiti sadomaso!
L’idea scema che mi stuzzica è invece quella di fare varie partite utilizzando come personaggi i politici italiani e raccontare qui sul ghiribizzo le loro avventure! Conoscendomi il gioco mi verrà a noia molto rapidamente: soprattutto scrivere quello che si fa è noiosissimo…
Devo decidere se aspettare che il mio attuale personaggio di prova muoia (facendo nel frattempo utilissima esperienza) oppure partire fin da subito col primo personaggio politico. Oltretutto ho iniziato ad aggiungere varie modifiche e il gioco mi è immediatamente sembrato diventare ancora più difficile (perché zeppo di mostri!)…
Io però quasi quasi parto in parallelo con Mary Helen Bosk (il gioco è ambientato nel New England) perché l’idea mi diverte troppo: anzi preparo subito il suo personaggio e lo presento qui di seguito!
Intanto ho creato un nuovo mondo e l’ho chiamato Parlament: ero tentato da “Porcellum” ma non è più attuale… Ci ho messo parecchie modifiche che non conosco e quindi sarà molto pericoloso per Mary Helen…
Primo intoppo: una modifica creava problemi e l’ho tolta creando il nuovo mondo “Parlament 2”.
Come personaggio pensavo di usare il modello del minicorso: il “sopravvissuto” che in pratica è il personaggio base senza particolari caratteristiche.
In questo tipo di giochi quando si costruisce il personaggio le caratteristiche positive costano punti mentre quelle negative danno punti extra da spendere altrove: Cataclysm non fa eccezione. Nel minicorso il personaggio sfruttava dei tratti negativi (in verità non molto svantaggiosi) per spendere altrove i punti guadagnati. Io però a Mary Helen Bosk non me la sono sentita di darle il tratto “ugly” e “truth teller” e così le ho dovuto togliere due punti dalle caratteristiche base “intelligenza” e “destrezza”. Il risultato è questo:
E questa è la posizione di partenza (particolare) all’interno di un rifugio “sicuro”: l’ometto accanto a lei è un “personaggio non giocante” che serve per introdurre il giocatore nell’ambiente e, se si è fortunati, gli fornisce dei piccoli aiuti…
Molto più interessante è la mappa dei dintorni:
Noi siamo esattamente al centro (la mappa è generata automaticamente dal calcolatore via via che ci si sposta). La “F” verde è bosco, quella celeste è palude. La linea grigia è una strada mentre le varie lettere indicando edifici diversi.
A sud lungo la strada spicca un “>” blu: è una stazione di servizio. Probabilmente sarà il primo luogo che andrò a esplorare: però non ho idea di quanto sia pericoloso...
A est, circondato dal bosco, c’è una “T” viola: si tratta di una “Torre di funghi”. Sicuramente l’eviterò!
A nord c’è una cittadina: le “v” verdi sono case: ovviamente si può trovarvi di tutto. L’insieme delle “S” indicano una scuola (che eviterò) dubito ci siano molti oggetti utili e uccidere bambini zombi abbassa il morale…
La “W” viola all’ingresso della cittadina è invece la torre di un mago! Ho infatti aggiunto una modifica che introduce la magia…
Il mio piano è il seguente: ispezionare per bene il rifugio prendendo tutto ciò che può essere utile e cercando di costruirmi delle armi base. L’idea è poi quella di dirigermi verso la stazione di servizio ma se mi accorgo che è pericolosa andrò invece a nord, cercando di intrufolarmi nelle case più isolate. Idealmente mi servirebbero strumenti di lavoro (per costruire oggetti più complessi) e abiti protettivi…
Nei prossimi giorni un aggiornamento!
Conclusione: spero...
mercoledì 12 agosto 2020
Hot keys (tasti rapidi)
Notizia: Frenano i contagi, raddoppiano le vittime. Test rapidi, pressing delle Regioni da Ansa.it
Articolo che mi ha colpito solo perché contiene un accenno a “Test rapidi”: mi chiedo infatti se siano lo stesso tipo di esame rapido suggerito dal dr. Mina (v. Speciale coronavirus 24). Gli articoli, come tutti quelli italiani del resto, è scritto per analfabeti funzionali e le informazioni sono vaghe e fumose: non è possibile capirlo da quelle poche righe.
Ovviamente sarei contento che per una volta l’Italia fosse all’avanguardia ma conoscendo i miei polli, i politici italiani, suppongo che si tratti sì di esami rapidi ma di quelli estremamente costosi in maniera che qualcuno abbia molto da guadagnarci: esami che quindi non sarebbero fatti a tutti ma solo a campione (arrivando, secondo me, al risultato inutile di mettere in quarantena tutte le classi).
Comunque vedremo...
Due film a caso - 13/8/2020
Nei giorni scorsi ho rivisto il vecchio “Basic Instinct”: decisamente sopravvalutato.
I suoi unici due punti di forza sono Sharon e la Stone che mostra le sue grazie.
Michael Douglas è istronico ma in senso negativo: interpreta un poliziotto che dovrebbe perdere la testa per la Stone ma in realtà sembra già mezzo matto di suo.
Probabilmente all’epoca fece scalpore anche il genere di donna interpretato dalla Stone: sicura di sé, di successo, bisessuale, sessualmente aggressiva che sceglie i suoi uomini e li usa come oggetti.
Detto questo la trama è proprio leggera ed estremamente traballante.
Non sono un esperto di gialli ma sul finale l’investigatore sfoglia delle foto in cui si vedono la Stone e una psicologa della polizia (da lei incastrata) alla laurea: quest’ultima ha i capelli scuri mentre invece avrebbe dovuto averli biondi secondo la versione della Stone… vabbè… le lacune sono così tante…
E il secondo film? Non c’è più spazio! Lo rimando al corto successivo!
Compassato e basta - 13/8/2020
Proprio ieri sera ho finito di vedere un nuovo film su Tarzan del 2017.
Capisco il problema del regista: come fare una pellicola su Tarzan che non ricalchi quanto già visto e ben risaputo (a partire dal capolavoro “Greystoke – La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie” del 1984) e che porterebbe a infelici confronti?
La soluzione adottata è stata quella di inventarsi una storiella a casaccio da far avvenire dopo il ritorno di Tarzan in Inghilterra e di mostrare le sue origine tramite delle analessi (cioè dei flashback). Non so: forse con una storia interessante e delle analessi significative avrebbe potuto anche funzionare ma non è questo il caso…
Buona l’idea di dare un ruolo maggiore a Jane (che però si riduce a essere prigioniera con all'attivo un paio di tentativi di fuga infruttuosi). In ossequio all’ideologia politicamente corretta del nostro tempo è stato poi aggiunto un personaggio di colore, un americano (inviato dal governo degli USA! Ah! Ah! Ah!) che aiuta Tarzan e che fornisce dei momenti comici.
Alla fine abbiamo un Tarzan fiacco, timido, compassato come tutta la pellicola.
Gli effetti speciali? Eccezionali… se fossero stati fatti 20 anni fa. Tutti gli animali sono stati infatti realizzati al calcolatore: che dire? Si vede troppo bene...
Non c’è 2 senza 3 - 14/8/2020
E ieri sera mi sono visto Karate Kid: diversamente da molti miei coetanei non l’ho mai particolarmente apprezzato e non sono neppure sicuro di aver visto i seguiti.
Il motivo è che il giovane protagonista mi è antipaticissimo: non so neppure dire il perché, è qualcosa a pelle. Già lo sguardo non mi piace e, a ripensarci, gli occhi mi ricordano un altro attore che mi sta anch’esso antipatico: Matthew Broderick…
Comunque devo ammettere che la trama è ben costruita: forse per i gusti attuali è un po’ lenta ma riesce bene nel suo scopo: presentare il protagonista come vittima e a farlo poi trionfare sui suoi avversari. Tutto sommato la trama sarebbe banale se non fosse per il fascino del maestro giapponese di karate: con la sua misteriosa storia, la sua imperscrutabilità e la sua dignità aliena. Insomma una storia parallela che si fonde bene con la principale: un padre adottivo che insegna al figlio a superare le difficoltà della vita.
Libbri - 14/8/2020
Sulla mia posta elettronica ho un epistola in cui tengo la lista dei libri che voglio comprare: quando vi aggiungo qualcosa me la rimando: è la maniera più sicura per averla sempre a portata di mano. Immagino che i possessori di telefonini-furbi (il 99% delle persone) rideranno di me…
Di solito poi vado in libreria e compro i pochi libri presenti: di solito al massimo un paio…
L’ultima volta ho provato con Amazon: erano tutti disponibili tranne uno che era comunque possibile ordinare, sempre tramite Amazon, da terzi!
Così ho avuto l’imbarazzo della scelta e alla fine me ne sono comprato ben quattro di cui uno piuttosto costoso (32€).
Ora voglio far “fruttare” questa spesa, ovvero leggere i miei acquisti: avevo quindi pensato di reintrodurre il giorno del libro interamente dedicato alla lettura. Alla fine però credo che tale esperienza sia troppo stressante per chi, come me, è abituato a stare “appiccicato” al calcolatore e ho quindi deciso che, a partire da oggi, semplicemente dedicherò ufficialmente un’ora alla lettura.
Può sembrare poco ma, conoscendomi, spesso finirò per leggere molto di più…
Articolo che mi ha colpito solo perché contiene un accenno a “Test rapidi”: mi chiedo infatti se siano lo stesso tipo di esame rapido suggerito dal dr. Mina (v. Speciale coronavirus 24). Gli articoli, come tutti quelli italiani del resto, è scritto per analfabeti funzionali e le informazioni sono vaghe e fumose: non è possibile capirlo da quelle poche righe.
Ovviamente sarei contento che per una volta l’Italia fosse all’avanguardia ma conoscendo i miei polli, i politici italiani, suppongo che si tratti sì di esami rapidi ma di quelli estremamente costosi in maniera che qualcuno abbia molto da guadagnarci: esami che quindi non sarebbero fatti a tutti ma solo a campione (arrivando, secondo me, al risultato inutile di mettere in quarantena tutte le classi).
Comunque vedremo...
Due film a caso - 13/8/2020
Nei giorni scorsi ho rivisto il vecchio “Basic Instinct”: decisamente sopravvalutato.
I suoi unici due punti di forza sono Sharon e la Stone che mostra le sue grazie.
Michael Douglas è istronico ma in senso negativo: interpreta un poliziotto che dovrebbe perdere la testa per la Stone ma in realtà sembra già mezzo matto di suo.
Probabilmente all’epoca fece scalpore anche il genere di donna interpretato dalla Stone: sicura di sé, di successo, bisessuale, sessualmente aggressiva che sceglie i suoi uomini e li usa come oggetti.
Detto questo la trama è proprio leggera ed estremamente traballante.
Non sono un esperto di gialli ma sul finale l’investigatore sfoglia delle foto in cui si vedono la Stone e una psicologa della polizia (da lei incastrata) alla laurea: quest’ultima ha i capelli scuri mentre invece avrebbe dovuto averli biondi secondo la versione della Stone… vabbè… le lacune sono così tante…
E il secondo film? Non c’è più spazio! Lo rimando al corto successivo!
Compassato e basta - 13/8/2020
Proprio ieri sera ho finito di vedere un nuovo film su Tarzan del 2017.
Capisco il problema del regista: come fare una pellicola su Tarzan che non ricalchi quanto già visto e ben risaputo (a partire dal capolavoro “Greystoke – La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie” del 1984) e che porterebbe a infelici confronti?
La soluzione adottata è stata quella di inventarsi una storiella a casaccio da far avvenire dopo il ritorno di Tarzan in Inghilterra e di mostrare le sue origine tramite delle analessi (cioè dei flashback). Non so: forse con una storia interessante e delle analessi significative avrebbe potuto anche funzionare ma non è questo il caso…
Buona l’idea di dare un ruolo maggiore a Jane (che però si riduce a essere prigioniera con all'attivo un paio di tentativi di fuga infruttuosi). In ossequio all’ideologia politicamente corretta del nostro tempo è stato poi aggiunto un personaggio di colore, un americano (inviato dal governo degli USA! Ah! Ah! Ah!) che aiuta Tarzan e che fornisce dei momenti comici.
Alla fine abbiamo un Tarzan fiacco, timido, compassato come tutta la pellicola.
Gli effetti speciali? Eccezionali… se fossero stati fatti 20 anni fa. Tutti gli animali sono stati infatti realizzati al calcolatore: che dire? Si vede troppo bene...
Non c’è 2 senza 3 - 14/8/2020
E ieri sera mi sono visto Karate Kid: diversamente da molti miei coetanei non l’ho mai particolarmente apprezzato e non sono neppure sicuro di aver visto i seguiti.
Il motivo è che il giovane protagonista mi è antipaticissimo: non so neppure dire il perché, è qualcosa a pelle. Già lo sguardo non mi piace e, a ripensarci, gli occhi mi ricordano un altro attore che mi sta anch’esso antipatico: Matthew Broderick…
Comunque devo ammettere che la trama è ben costruita: forse per i gusti attuali è un po’ lenta ma riesce bene nel suo scopo: presentare il protagonista come vittima e a farlo poi trionfare sui suoi avversari. Tutto sommato la trama sarebbe banale se non fosse per il fascino del maestro giapponese di karate: con la sua misteriosa storia, la sua imperscrutabilità e la sua dignità aliena. Insomma una storia parallela che si fonde bene con la principale: un padre adottivo che insegna al figlio a superare le difficoltà della vita.
Libbri - 14/8/2020
Sulla mia posta elettronica ho un epistola in cui tengo la lista dei libri che voglio comprare: quando vi aggiungo qualcosa me la rimando: è la maniera più sicura per averla sempre a portata di mano. Immagino che i possessori di telefonini-furbi (il 99% delle persone) rideranno di me…
Di solito poi vado in libreria e compro i pochi libri presenti: di solito al massimo un paio…
L’ultima volta ho provato con Amazon: erano tutti disponibili tranne uno che era comunque possibile ordinare, sempre tramite Amazon, da terzi!
Così ho avuto l’imbarazzo della scelta e alla fine me ne sono comprato ben quattro di cui uno piuttosto costoso (32€).
Ora voglio far “fruttare” questa spesa, ovvero leggere i miei acquisti: avevo quindi pensato di reintrodurre il giorno del libro interamente dedicato alla lettura. Alla fine però credo che tale esperienza sia troppo stressante per chi, come me, è abituato a stare “appiccicato” al calcolatore e ho quindi deciso che, a partire da oggi, semplicemente dedicherò ufficialmente un’ora alla lettura.
Può sembrare poco ma, conoscendomi, spesso finirò per leggere molto di più…
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