«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

giovedì 27 agosto 2020

Appunti di letture

[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.6.0 "BW").

L’idea di leggere almeno un’ora al giorno sta funzionando benissimo: come immaginavo finisco poi leggere molto più a lungo col risultato di avanzare piuttosto rapidamente.

Per adesso sono molto contento dei miei recenti acquisti: l’idea di oggi è di dare un assaggio di ciò che mi ha più colpito di ciascuno di essi…

Il primo libro è Storia politica del mondo di Jonathan Holslag, (E.) Il Saggiatore, 2019, trad. Giulia Poerio.
Temevo di aver acquistato (a caro prezzo!) un bidone: ovvero un volume troppo superficiale che, concentrandosi sugli eventi storici, non sarebbe riuscito a trattare le dinamiche politiche (che sono quello che mi interessava). In realtà l’opera è effettivamente molto superficiale ma è comunque a un livello che trovo utile e da cui conto di ricavare delle buone intuizioni.

Intanto un buon esempio per la legge dell’alleanza ([E] 5.10) e dell’implosione ([E] 5.11). Nel 668 a.C. Assurbanipal diviene sovrano degli assiri e ne espande l’impero arrivando a conquistare perfino l’Egitto. L’impero Assiro non pare avere ormai più rivali, anche la grande rivale Babilonia è conquistata.
Abbiamo quindi a livello del Medio Oriente quello che è a tutti gli effetti un potere egemone politico che ha inglobato un gran numero di regni di cui mantiene il controllo con la forza militare (grazie alle tasse) e con governatori eunuchi che si sorvegliano a vicenda.
Nel 650 a.C. vi è però una grave carestia: la tensione in tutte le province, comprese Egitto e Babilonia, sale.
Grazie all’energia, il carisma e le capacità di Assurbanipal l’impero è mantenuto sotto controllo ma alla sua morte la situazione precipita: babilonesi, sciti e medi si ribellano alleandosi insieme. L’impero è spaccato e dopo un paio di sconfitte militare decisive (612 a.C. distruzione di Ninive, capitale assira; 605 a.C. battaglia di Carchemish) crolla definitivamente.
Ma evidentemente i medi sono quelli che hanno più guadagnato da questo riassetto del potere e rapidamente formano un proprio impero sulle ceneri di quello assiro.

De Il padiglione d’oro di Yukio Mishima ho già scritto in Nansen e Joshu. Ancora (sono a poco meno di metà) non ho inquadrato il romanzo che comunque scorre bene.
Aggiungo che la soluzione al “tema zen” di cui avevo già scritto è piuttosto deludente: si tratta di un’allegoria in cui il micio rappresenta le “illusioni del sé” e le “fantasticherie fallaci”; la spiegazione degli zoccoli sulla testa è poi debole.
Ma questa è la spiegazione del maestro del protagonista e non ha quindi la pretesa di essere l’interpretazione definitiva.
In realtà mi sono reso conto che tutti questi temi zen NON possono avere una risposta unica perché altrimenti non sarebbero utili alla meditazione: piuttosto devono permettere di perdersi in essi fino a trovare nuove idee e possibilità.
Nel complesso la mia spiegazione semi anagogica mi piace molto di più: almeno spiega benissimo gli zoccoli in testa!

Sto poi leggendo una raccolta di commedie di Henrik Ibsen: al momento ho letto “Un nemico del popolo”, “I pilastri della società” e “Spettri”. “Un nemico del popolo” è attualissima e mi sono appuntato varie potenziali epigrafi. “I pilastri della società” ha per tema l’ipocrisia con l’utile contrapposto al giusto e alla verità: bellino ma il finale dove tutto finisce bene è deludente. “Spettri” affronta una tematica più famigliare: la parte abbastanza attuale è il matrimonio in cui la moglie sacrifica la propria vita per nascondere al mondo i vizi del marito, altri elementi sono però ancor più superati.
Nel complesso mi piace molto ed è forse il libro che leggo più volentieri: non troppo impegnativo ma con spunti notevoli.

Infine sto leggendo Meglio di niente di Danilo Breschi, (E.) Mauro Pagliai, 2017. Un’opera strana o, almeno, io me l’aspettavo diversa. Mi sarebbe piaciuto che l’autore spiegasse organicamente il proprio punto di vista mentre invece è una collezione di articoli debolmente collegati fra loro. Intendiamoci: singolarmente sono scritti molto bene e spesso sono ricchi di spunti interessanti. Ma in genere si tratta di commenti o recensioni ad altre opere: nella prima parte Breschi spiega il pensiero dell’autore che andrà a commentare e poi esprime i propri dubbi su alcuni punti ed evidenzia dove si trova d’accordo. Alla fine il suo pensiero complessivo va ricavato indirettamente, rimettendo insieme tutti questi frammenti: per il lettore è una fatica extra che personalmente mi sarei risparmiato volentieri.
Come detto però i singoli articoli sono spesso interessanti: quello letto ieri, “Populismo che fa bene, populismo che fa male”, mi ha fatto finalmente capire un concetto che mi sfuggiva e sul quale un mio amico era da un paio di anni che si sforzava di spiegarmelo senza però riuscirci!
Provo a scriverlo con parole mie: il populismo porta con sé un pericolo.
La sua ideologia è limitata e, principalmente, consiste in un insieme di critiche al governo in carica. La conseguenza è che l’elemento aggregante non sono i suoi principi ma la figura carismatica del suo archegete (*1). Alla fine il populismo rischia di identificarsi con tale figura e non a regole e principi. Esasperando poi il concetto di volontà popolare c’è il rischio che tale figura si senta giustificata a violare le regole democratiche. Da questo punto di vista sia Mussolini che Hitler presero il potere partendo da un passaggio democratico in cui il popolo si identificava col loro partito e questo, a sua volta, con loro stessi: da cui si ricavava che la loro volontà era la volontà del popolo e che quindi avevano il diritto di agire arbitrariamente in suo nome.
Curiosamente non avevo assolutamente notato questa analogia tutto sommato piuttosto evidente: per mia natura ho un pensiero molto indipendente e di certo, per quanto possa essere favorevole a un particolare populismo, non pendo dalle labbra del suo archegete. Non è un caso che già a pochi mesi dalle elezioni del 2013 criticassi tranquillamente Grillo o come adesso sono, mi pare, obiettivamente critico su Salvini.
Sicuramente questa nuova consapevolezza si evolverà in un nuovo sottocapitolo sui “pericoli dei populismi” in una prossima versione dell’Epitome (ma non nella 1.6.1)…

Conclusione: ho poi terminato il secondo romanzo di Salgari sul Corsaro Nero e ho quasi finito il “terribile” Storia di Dio che continuo a leggere in bagno...

Nota (*1): “archegete” è la mia traduzione, in effetti bruttina, di leader...

Nessun commento:

Posta un commento