Alla fine ho ceduto: diversamente da quanto mi ero ripromesso di fare, ho finito di rileggere Il re Pescatore (*1) del quale ho già accennato in La lingua degli angeli. “Galeotto” è stato un temporale: avendo precauzionalmente spento il calcolatore, non ho trovato niente di meglio che mettermi a leggerlo, così mi sono appassionato e a quel punto ho deciso di finirlo per “togliermelo” di mezzo...
Di seguito non ho intenzione di entrare nei dettagli della trama ma comunque c'è almeno un'osservazione/riferimento che potrebbe guastarne la lettura quindi occhio...
Comunque si tratta di un romanzo veramente piacevole e ben scritto. Notevole anche l'accuratezza storica con cui l'autore ha ricostruito l'ambientazione (l'assedio di Vienna del 1529): lo si capisce dai dettagli sulle armi e dalla precisione dei dettagli geografici e storici (non ne ho la certezza ma ho la sensazione che siano estremamente accurati).
L'autore è riuscito anche nella difficile impresa di conciliare insieme magia (è un libro di fantasia) e il suo funzionamento nell'ambientazione storica. E poi c'è re Artù: rex quondam, rexque futurus...
Una delle scene che più mi piacciono è quella della discesa attraverso una ripida scala nelle viscere della terra: secondo me è stata pesantemente ispirata da uno dei miei racconti preferiti di Lovecraft: I ratti nel muro...
Due dettagli mi hanno però infastidito nella traduzione: la costante e (molto) ricorrente traduzione di barraks, cioè “caserma”, con “baracche”; la scelta di lasciare in inglese il nome Suleiman invece di tradurlo con Solimano (il Magnifico), come invece è noto in Italia.
Non ricordavo bene il finale e mi ha “sorpreso” che sia amaro: la donna amata dal protagonista muore banalmente per una sfortunata coincidenza ma il vero colpevole è proprio lui che non ha mantenuto, per il proprio senso del dovere, delle promesse che le aveva fatto e, anzi, l'aveva illusa. «Molto è andato perso, ma c'è ancora molto da perdere»...
Il destino di Artù non è quello di essere felice ma di servire scopi maggiori. Da questo punto di vista il romanzo è rimasto fedele alla tradizione letteraria...
Conclusione: se avrete la fortuna di imbattervi in questo piccolo libretto non lasciatevelo scappare perché è decisamente piacevole!
Nota (*1): Il re pescatore di Tim Powers, Ed. Nord, 1992, trad. Annarita Guarnieri.
Ancora sulla sanità (pe' malati c'è la china...)
13 minuti fa
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