Uffa! Proprio oggi che avevo voglia di scrivere mi tocca commentare una nuova giornata del Decameron. Il problema è sempre lo stesso: non ho note e dovrò scorrere le varie novelle per ricordarmi di cosa trattano e, mi auguro, qualche altra osservazione interessante...
Fiammetta, la regina di turno, per controbilanciare le tristi novelle della giornata precedente, decide che il tema della giornata siano gli amori andati a buon fine dopo grande periglio (*1).
La prima novella, anche se non mi è piaciuta, almeno esprime un concetto interessante: la forza dell'amore è così grande da riuscire a far rinsavire i folli.
Da notare come anche in questa storia compaia l'isola di Creta: per alcune riflessioni su questo particolare rimando a Decameron quarto giorno.
La seconda novella riafferma ancor più chiaramente un aspetto che, inizialmente, mi aveva molto sorpreso. Una ragazza di Lipari crede che il suo innamorato sia morto e per questo decide di suicidarsi gettandosi in mare: arrivata al largo non ne ha però il coraggio e, in balia dei venti, viene portata in Tunisia.
Ed ecco che qui viene salvata da un'anziana e pia donna musulmana che la protegge prendendola al proprio servizio. Allo stesso tempo, il ragazzo di lei non è morto ma prigioniero del re di Tunisi: grazie ai propri consigli riesce a ottenerne la benevolenza perché egli «...savio signore era».
Alla fine i due amanti si riuniscono e vengono fatti tornare a Lipari con ricchi doni.
Di nuovo mi stupisce l'estremo rispetto con cui sono visti i musulmani (e questo nonostante le scorrerie di pirati sulle coste!) dal Boccaccio nel quattordicesimo secolo.
Il terzo racconto è una storiella breve, sostanzialmente di azione: due amanti fuggono da Roma per potersi sposare, si perdono, si imbattono in dei nemici e poi in dei ladroni ma alla fine giungono a un castello amico e là, finalmente, possono sposarsi (*2).
Magari è da notare l'importanza della volontà famigliare: il ragazzo è un nobile importante mentre la ragazza una semplice popolana. Nonostante che il ragazzo la voglia sposare la sua famiglia si oppone e, per questo, lui fugge insieme a lei: e per famiglia non intendo i genitori (che suppongo deceduti perché non menzionati) ma altri parenti che si recano («...tutti furono a lui e biasimarongli forte ciò che egli voleva fare;») da lui per dissuaderlo.
La quarta novella è piuttosto divertente a causa di ripetute allusioni a un volatile: dico solo che la ragazza, per potersi congiungere di notte col proprio innamorato, dice al padre che vuole dormire in un'altra stanza per poter ascoltare il canto degli usignoli. Immaginatevi il resto.
Invece la quinta novella mi ha lasciato indifferente. Una bimba viene adottata da un ricco mercante, quando anni dopo si trasferiscono in un'altra città, si scopre che lei è la figlia scomparsa di un nobile del luogo: agnizione.
Anche la sesta novella è piuttosto insulsa ma almeno ha un elemento che mi ha colpito: il re cristiano di Sicilia (*3) ha un palazzo adibito, in pratica, ad harem: mi chiedo se sia un caso che lo abbia proprio il re di Sicilia oppure se è la reminiscenza di un'usanza araba.
La settima storia è abbastanza simile alle altre: un giovane schiavo liberato (era stato rapito dagli arabi) ottiene grandi favori da un importante nobile ma poi si innamora della figlia e questa resta incinta. Quando il padre lo scopre manda il ragazzo alla forca e offre alla figlia la scelta fra l'avvelenarsi o l'essere pugnalata da un servo. Poi tutto finisce bene quando l'ambasciatore armeno riconosce il ragazzo come un importante nobile del proprio paese...
Per motivi personali un particolare mi ha molto interessato: l'Armenia è chiamata dal Boccaccio “Erminia”. Un cognome molto diffuso dalle mie parti è proprio “Ermini”: in un'altra fonte avevo letto che gli “ermini” erano gli “armeni” (che, da bravi mercanti, avevano le proprie basi commerciali e piccole comunità anche in Toscana) ma mi era sempre rimasto il dubbio che fosse solo una specie di paraetimologia: adesso, con questo secondo riscontro, sono invece sicuro che l'origine del cognome sia veramente questa...
L'ottava novella è interessante: sono sempre stato particolarmente all'erta, anche nelle novelle precedenti, quando si parlava di fantasmi. Ero infatti curioso di capire come venivano conciliati con la religione cristiana. Fino a questa novella non avevo trovato indicazioni conclusive ma questo caso è piuttosto esplicito: si tratte di anime rimaste sulla terra per decisione di Dio che intende così punirle per i loro peccati. Non entro nei dettagli ma la scena dei due fantasmi avrebbe potuto trovarsi tranquillamente nell'Inferno di Dante. C'è il contrappasso fra colpa e pena e la ripetizione ciclica della punizione che si rinnova sempre uguale a se stessa.
Questo non è una sorpresa: è noto che il Boccaccio fosse un grande ammiratore di Dante.
Il nono racconto mi ha fatto stare male! Il protagonista, che per amore si era (vanamente) rovinato divenendo povero, sacrifica la sua ultima ricchezza, un bellissimo falcone, per non lasciare digiuna a pranzo l'amata che era venuta a trovarlo. Povero falcone! La mancanza di gratitudine verso l'animale non avrebbe dovuta essere premiata dalla felice conclusione amorosa: ma evidentemente la morale dell'epoca non era come la nostra... anzi, in questo caso, dovrei dire “come la mia”...
Oltretutto l'aver ucciso il falco causa indirettamente la morte del figlio della donna: narrativamente necessaria per farle ereditare le ricchezze del marito e condividerle poi con il nuovo sposo. Ma a me del ragazzino non importa... povero falco! (*4)
Anche l'ultima storia del solito Dioneo non salva la giornata. Di solito i suoi racconti sono quelli più audaci e divertenti ma in questo caso non mi convince.
Una giovane e bella donna, rossa (e quindi particolarmente focosa) finisce per sposare un ricco omosessuale che vorrebbe, col matrimonio, nascondere le proprie preferenze sessuali.
Il Boccaccio apparentemente (*5) è tutto per la donna e la giustifica nel cercarsi amanti fuori dal matrimonio perché, dopo tutto, ella infrangerebbe solo le leggi degli uomini mentre il marito, cercando ragazzi, rompe sia quelle degli uomini che di natura. Una sera però il marito torna a casa prima del tempo e finisce per scoprire il bellissimo amante scelto dalla giovane moglie.
Probabilmente la parte più divertente, che i lettori attuali non possono cogliere completamente, è la reazione del marito: dai racconti di questo tipo si comprende infatti che la reazione ritenuta normale ai tempi del Boccaccio avrebbe dovuto essere quella di perdere il lume della ragione e cercare di uccidere il rivale. Il marito invece, dopo la sorpresa iniziale, accorgendosi della bellezza del giovane ha una reazione molto pacata e la moglie ne approfitta infatti per spiegare le proprie ragioni. Il marito dice poi alla moglie che da ora in poi non dovrà più preoccuparsene e risolve la situazione, non è detto chiaramente ma c'è un'allusione piuttosto esplicita, andando a letto tutti e tre insieme...
Vedo adesso che nelle note viene indicata come “fonte precisa” le Metamorfosi di Apuleo (v. serie col marcatore Apuleo)... voglio controllare di cosa si tratti perché non riesco a ricordare niente di analogo al riguardo... Uffa! Non riesco a trovare il volumetto in questione (*6)...
Conclusione: non so se sia stata una buona idea iniziare questa serie: dopo l'entusiasmo iniziale trovo la maggior parte delle novelle piuttosto noiose. Soprattutto non ho incontrato ancora nessuna storia che definirei propriamente boccaccesca!
Nota (*1): Ho usato il termine “periglio” spontaneamente, senza pensarci troppo, poi mi è venuto il dubbio e ho verificato: in effetti “periglio” è dato come termine solo poetico o arcaico di “pericolo”. Il fatto è che tendo ad adattarmi e imitare ciò che leggo: l'ho sempre notato ma, nel caso del Boccaccio, è particolarmente evidente... E mi trattengo!
Nota (*2): Per sintesi, qui e in altre novelle, evito di entrare nei dettagli della trama inserendo però delle piccole inesattezze. Ad esempio, in questa novella, non ho menzionato che i due amanti sono momentaneamente divisi; nella precedente non ho menzionato il ruolo di interprete di una donna cristiana...
Nota (*3): Federico II d'Aragona. Il Boccaccio è piuttosto esplicito e le note, quasi sempre, riescono a identificare a quale personaggio storico si alluda.
Nota (*4): nel mio viario non uso faccine ma in questo caso le avrei messe volentieri: si capisce che scherzo?
Nota (*5): dico "apparentemente" perché ho la sensazione che strizzi l'occhio anche al marito: ma dovrei riconsiderarla con più attenzione per esserne sicuro...
Nota (*6): per mio riferimento futuro: libro IX 14-28...
alla prima stazione
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