Stamani ho lavorato in giardino: lo odio, però sento che mi fa anche bene distrarmi con delle attività manuali. Credo che mi aiuti a essere più lucido quando poi posso riconcentrarmi sul teorico…
Oggi non ho voglia di scrivere niente di particolarmente impegnativo e così ne voglio approfittare per fare una panoramica dei libri che sto leggendo.
Secondo GoodReads.com sto leggendo 8 libri contemporaneamente. Seguo l’elenco partendo da quelli iniziati prima.
1. Per prima cosa mi sono accorto che non vedo “Vite parallele” di Plutarco: poi indagherò.
Comunque al momento sono fermo: ho quasi terminato il secondo volume della mia edizione in quattro libri. Un mese o due fa ho finito di leggere la vita di Cimone.
Però, siccome è un’edizione molto bella, non la scarabocchio con i miei appunti ma così facendo mi è difficile scriverne a distanza di tempo: è per questo che ultimamente delle “Vite parallele” non parlo mai…
2. “Social Psychology” di Myers e David: in realtà questo libro non l’ho iniziato molto tempo fa ma lo inserii su GoodReads appena comprato.
Come sapete è il libro sul quale cerco di concentrare maggiormente i miei sforzi: voglio completarlo per poi fare una revisione completa del primo capitolo dell’Epitome. Il problema è che sono quasi in fase di rigetto: non so se faccio bene a insistere o se invece dovrei andare dietro ai miei ritmi…
Non che non sia interessante, anzi! Anche oggi ho letto un paio di pagine e potenzialmente avrei da scriverci un pezzo: è che la psicosociologia inizia a uscirmi dalle orecchie!
3. “The Framers’ coup” di Klarman. Bel libro ma anche bello lungo e scritto in piccolo. Avanzo piano piano e mi sembra di non fare progressi nelle sue oltre 700 pagine!
Però è un’opera MOLTO importante per la mia formazione personale (non lo consiglierei assolutamente ad altri!): la descrizione precisa delle varie discussioni politiche, con le esigenze contrastanti delle parti coinvolte, è illuminante. Da una parte fa capire cosa sia il pragmatismo politico e la sua complessità, da un’altra, totalmente diversa, rende evidente come mai l’UE sia un aborto, nato senza la minima attenzione alla libertà e alla giustizia, confidando solo nella “buona volontà” di fare sempre il meglio per tutti dei suoi burocrati. Non ci siamo preoccupati di garantire pari dignità a tutti gli stati né che i cittadini la possano controllare e ora ci ritroviamo con uno stato (la Germania) che decide per tutti e la popolazione europea non ha voce in capitolo.
4. “Fenomenologia e genealogia della verità” di Zhok. Mi feci allettare dallo sconto importante di Amazon ma è un mattone. Al momento lo uso per tappare le porte USB del mio calcolatore in maniera che non vi entri la polvere.
5. “Una teoria della giustizia” di Rawls. Libro bello e importante: al momento però è disperso. Non vedendolo a giro non lo leggo. E comunque va gustato a bocconcini altrimenti non lo si digerisce. Meno male che ha i sottocapitoli di poche pagine!
6. “Il canto della meditazione” di Osho. L’ho iniziato a leggere per curiosità e basse aspettative: invece si sta rivelando molto piacevole: tutta un’altra profondità rispetto a Tolle!
7. “Agguato al lago rosso” di Peter Genito. È il mio libro “leggero”, quello che leggo quando sono troppo stanco per letture più impegnative ma da diversi giorni non vado avanti: infatti non mi sento stanco! Inoltre non ero ancora arrivato a quel punto di non ritorno quando la curiosità di conoscere come va a finire la storia ti spinge ad andare avanti nella lettura…
8. “Che guerra sarà” di Fabio Mini. Interessantissimo! Oggi ho letto altre due pagine ed ero fortemente tentato di scriverci un pezzo. Oltretutto vi ho trovato anche una riflessione da aggiungere alla mia Epitome…
9. “Who we are and how we got here” di Reich. Altro libro molto bello ma non l’ho trovato scritto molto chiaramente. Probabilmente l’autore è più bravo come ricercatore che come scrittore!
Per dare l’idea di come procedo nelle mie letture oggi ho letto circa un’oretta sulla sdraio in giardino. Vediamo così, senza toccare i libri, cosa mi ricordo!
Sono partito con Osho: ho letto la conclusione di un suo pensiero sull’illuminazione difficile da riassumere in poche parole: anche perché è uno di quei concetti che non si possono rinchiudere nel recinto delle definizioni e, infatti, l’autore procede per metafore, esempi e favole.
Poi sono passato alla tassa: la solita psicosociologia. Sto leggendo un capitolo che non mi stimola molto sul pregiudizio. Il motivo è che le ricerche riportate si basano su una tecnica psicologica che misura la velocità di risposta con cui si fanno delle associazioni: l’idea non mi tornava molto perché mi sembra che principalmente misuri la familiarità con alcuni concetti piuttosto che altro. Se io vivo circondato da facce bianche è ovvio che reagisco più lentamente a una faccia nera ma da qui a derivarne che uno è inconsciamente razzista ce ne passa. Molti psicologhi la pensano come me ma gli autori, mi pare più attenti a voler sostenere teorie politicamente corrette piuttosto che la verità scientifica, si limitano a citare questi dubbi ma poi vanno avanti per la loro strada.
Comunque le pagine che ho letto oggi erano piuttosto interessanti. Vediamo se ricordo la catena di idee: il pregiudizio è provocato dalla frustrazione che, a sua volta dipende dalla competizione: quando le risorse sono poche la competizione si fa più agguerrita e nascono così i pregiudizi verso le varie minoranze. Poi vi era il concetto di gruppo: l’identificarsi in un gruppo fa parte della nostra natura e ci rende più soddisfatti di noi stessi. Chi non riesce a ottenere successi personali trova le proprie gratificazioni nei successi del proprio gruppo. Tutte idee che inserirò nell’Epitome: in verità ci sono già ma vedrò di riesporle in maniera più esplicita.
Poi ho finito di correggere il quarto capitolo dell’Epitome: utile per riprendere il fiato.
Ho letto poi un po’ di “Framers’ coup”: sono al capitolo dove vengono illustrate le argomentazioni contro la ratifica della costituzione da parte degli anti-federalisti e le relative istanze dei federalisti.
Per dare l’idea in particolare leggevo che gli stati del Sud, data l’uguale rappresentanza di ogni stato al senato, temevano che la federazione sarebbe stata guidata dalla maggioranza di 7 contro 6 degli stati del Nord. Questo perché mancava la “super maggioranza” (8 contro 5), necessaria sotto gli articoli, per stabilire trattati commerciali.
Nella pagina successiva, in alto a destra, viene fatta una citazione che mi è piaciuta. Premetto che all’epoca si pensava che la popolazione degli stati del Sud sarebbe cresciuta maggiormente di quella del Nord riequilibrando così, almeno al Congresso, il potere fra Nord e Sud (cosa che invece non sarebbe successa!). La citazione era qualcosa del genere: “Lo sperare in un aumento di potere futuro equivale a lasciarsi felicemente incenerire oggi nella speranza di reincarnarsi domani”!
Nella stessa pagina, in basso, si parla poi dei diversi punti di vista delle religioni. I battisti (perseguitati ancora nel 1770) erano contrari alla ratifica perché le diverse confessioni non erano sufficientemente tutelate. Al contrario ai protestanti sembrava che le protezioni alle altre religioni fossero perfino troppe e avrebbero voluto legare le funzioni pubbliche al giuramento di essere buoni cristiani o, almeno, di credere in Dio. La nota della pagina seguente (in basso a sinistra), con la difesa dei federalisti, spiega che comunque il giuramento non avrebbe garantito niente visto che un ateo avrebbe potuto giurare il falso non temendo la punizione divina per gli spergiuri!
Buffo come qui mi ricordo bene anche la posizione delle informazioni nella pagina: beh, in realtà le ricordo anche per il libro di psicosociologia ma lì è facile visto che è pieno di figure e colori…
E infine ho letto un nuovo sottocapitolo di “Che guerra sarà” di Mini. Qui ho messo un sacco di sottolineature triple, punti esclamativi e “B” cerchiati: insomma vi ho trovato parecchio materiale degno di nota!
Il nocciolo fondamentale, che dovrò cercare di integrare nella mia Epitome, riguarda due grandi tendenze geopolitiche: la tendenza degli USA, come unica superpotenza, a contrastare Russia e Cina nel tentativo di mantenere la propria egemonia. Interessante la previsione di Mini (il libro è del 2017) secondo il quale gli USA dovranno riasserire la propria posizione dominante entro 5 anni altrimenti, sebbene ancora inferiori, Russia e Cina prenderebbero troppo slancio per essere fermate poi.
L’altra tendenza è quella delle potenze economiche, multinazionali e simili, a conquistare con la forza dell’economia sempre nuovi mercati e, in genere, a farlo a scapito del potere locale, con gli Stati ridotti sempre più a esattori di tasse che non devono fornire alcun servizio alla popolazione.
Ma su questo sottocapitolo devo assolutamente scriverci un pezzo a parte: ci sono poi diverse frasi che varrà la pena citare.
Intendiamoci: si tratta di concetti che ho già espresso nella mia Epitome (per questo anche mi piacciono così tanto) ma il punto di vista militare di Mini, che le vede come vere e proprie guerre combattute con armi non convenzionali, mi dà un nuovo punto di vista. Soprattutto mi stuzzica l’idea di considerare la seconda globalizzazione come una guerra: e in effetti la politica economica estera della Cina ha a sua volta degli aspetti militari: cioè prestiti e cooperazione in cambio di influenza politica e, magari, basi militari. Vedete l’attuale crisi fra Cina e USA per le Isole Salomone.
Questo è quel che mi ricordo senza risfogliare le pagine lette: poi, ovviamente, tanti altri concetti mi possono tornare in mente appena un’associazione, anche lasca, mi stimoli un’analogia o comunque un collegamento. Ho da tempo notato che assorbo più di quanto ricordo coscientemente. E poi non ho scritto tutto ciò che ricordavo ma solo quello che mi sembrava interessante!
Conclusione: come ho già spiegato sto sforzandomi di leggere più del solito e per questo non sono in grado di stare dietro a commentare tutti gli spunti interessanti in cui mi imbatto (che poi è la maniera migliore per memorizzarli) qui su questo ghiribizzo...
sabato 30 aprile 2022
venerdì 29 aprile 2022
Geneticamente ignorante
Da qualche giorno ho iniziato a leggere “Who we are and how we got here” di David Reich: avevo visto un video su Youtube dell’autore (che in pratica ripercorre l’introduzione del proprio libro) che mi aveva fatto un’ottima impressione e così, anche se non credo mi servirà per l’Epitome, decisi di leggerlo…
Si tratta di un libro di archeologia genetica un campo che ha messo il “turbo” dal 2006 in poi: anzi, probabilmente, questo libro del 2017 sarà già in parte obsoleto.
L’autore è la massima autorità in materia e a lui si devono diverse scoperte fondamentali sulla storia evolutiva dell’uomo, tutte realizzate grazie allo studio dei dati genetici recuperati dagli antichi reperti ossei.
Prima di addentrarsi nei dettagli, nel capitolo iniziale, ripercorre alcuni concetti genetici e fornisce delle cifre: e qui mi sono bloccato!
Quando vedo dei numeri infatti mi piace, per quanto possibile, verificarli rifacendo per conto mio i vari calcoli: mi diverto e mi aiuta a capire più in profondità la materia.
In questo caso però ci sto diventando matto, non riesco a raccapezzarmi nella sua logica.
Scusatemi se non sarò chiaro ma, come spiegato, io per primo non ho capito bene il meccanismo illustrato dall’autore.
Il genoma di ogni persona è composto dai 23 cromosomi paterni e dai 23 materni più il DNA mitocondriale (sempre materno): in totale 47 filamenti d’informazione genetica.
L’autore spiega che si devono tracciare questi filamenti. Ma c’è una complicazione: nella formazione di ovuli e spermatozoi i cromosomi possono combinarsi fra loro: un determinato cromosoma proveniente dalla madre potrebbe essere composto per un terzo dal cromosoma del nonno materno e per 2/3 da quello della nonna materna. L’autore parla di “splicing” ma cercando su Internet lo “splicing” sembra essere qualcosa di completamente diverso (mi sono già sorbito diversi video sull’argomento) piuttosto la descrizione del fenomeno sembra corrispondere a quella del “crossing over”. Ma non è questo il punto.
Vi è poi un’affermazione che a me pare ambigua l’autore spiega che nella formazione degli ovuli normalmente vi sono mediamente 45 di questi splicing/crossing-over che siano mentre per gli spermatozoi tale numero scende a 26: che significa “mediamente” qui? La media su cosa?
Altro mistero è che questi 71 (45+26) splicing/crossing-over sono considerati come filamenti di DNA materno o paterno: ma in realtà né la madre né il padre hanno questi filamenti: solo i rispettivi ovuli e spermatozoi li hanno.
Ma per l’autore se il singolo individuo ha, come detto, 47 filamenti allora alla generazione precedente i filamenti da considerare saranno 47 + 71 = 118 (per 2 ascendenti). Passando alla generazione dei nonni tale numero sale a 189 (47 + 71 + 71) per 4 ascendenti.
Nel grafico illustrativo si arriva fino alla 15° generazione con 1112 filamenti per 32.768 ascendenti.
Io non mi ci raccapezzo!
A parte il problema che ho fatto notare precedentemente ve ne è un altro: che significa 45 splicing/crossing-over medi per le donne e 25 per gli uomini? Alla fine i filamenti passati dalla madre sono sempre 23+1 e quelli dal padre 23…
Anche se si ipotizza che per ogni cromosoma vi sia il crossing-over si dovrebbe avere fra padre e madre 46 + 47 = 93 filamenti da considerare non 118!
Ieri sera ho poi fatto altre ricerche con Google. Cercando (o roba di questo genere!) “How often chromosome crossing over occurs in human” sono arrivato a un articolo aggiornato al 2018 (Crossing over) secondo il quale ne avvengono 75 per ovulo e 55 per spermatozoo: anche in questo caso non sono sicuro del significato ma, all’80%, direi si intenda mediamente sul singolo ovulo o spermatozoo.
Resta il dubbio di come mai questo numero sia così alto considerato che i cromosomi sono 23: se avvenisse un crossing-over per cromosoma si avrebbero 23 crossing-over, non 75 (e neppure 55).
In realtà ho letto (da qualche parte), sebbene più raramente, sullo stesso cromosoma possono avvenire anche due crossing-over (si arriverebbe a 46 così): evidentemente, mediamente, per ogni cromosoma avvengono circa 3 crossing-over: un po’ di più per gli ovuli e un po’ meno per gli spermatozoi.
Probabilmente è una banalità: la mia difficoltà nell’accettare questo dato è che le mie precedenti conoscenze del crossing-over risalgono alla terza liceo e all’epoca ebbi la sensazione, sebbene esplicitamente non leggessi nulla al riguardo, che si trattasse di un fenomeno estremamente raro: evidentemente è raro il contrario, cioè che non avvenga. Insomma la mia vecchia conoscenza relativa alla frequenza del crossing-over mi impediva di accettare la nuova.
Fatto questo piccolo passo avanti ci sono ancora molte cose che continuano a non tornarmi…
Però proprio adesso, mentre andavo in bagno, ho capito tutto!
Quello che confonde del 118 alla prima generazione di ascendenti è che viene calcolato come 47 + 71 dove 47 sono i cromosomi dei due genitori più il DNA mitocondriale materno. Questo fa pensare in termini di cromosomi ma in realtà l’autore sta ragionando in termini di spezzoni di DNA, non importa da dove provenienti: se gli spezzoni sono 3, non importa se provengono dallo stesso cromosoma, vengono contati sempre tre volte.
In altre parole il 118 non si riferisce a un numero di cromosomi (che del resto, come detto, a livello di genitori sarebbero al massimo 92) ma di spezzoni di essi.
A ogni generazione si aggiungono nuovi spezzoni dovuti al crossing-over ma solo questi.
Ecco quindi che si spiega numericamente l’apparente paradosso del numero di antenati che raddoppia a ogni generazione divenendo rapidamente superiore alla popolazione locale in una determinata epoca. In realtà il numero di frammenti passati, di lunghezza sempre minore, rimane molto più basso.
L’autore fa un esempio bellino (che solo adesso capisco per bene). Elisabetta II è separata da Guglielmo il Conquistatore da 24 generazioni: in teoria essa avrebbe quindi 2^24 = 16.777.216 trisavoli a quella generazione ma il numero di frammenti di DNA, sempre a tale generazione, è solo 1.751. Cioè il DNA attuale della regina è rintracciabile in 1.751 frammenti sparsi per i suoi trisavoli di tale generazione e quindi, bene che vada, avrà mediamente solo 1/1.751 del DNA di Guglielmo il Conquistatore o, più probabilmente, niente (*1): la regina non ha mediamente 1/2^24 del DNA di ogni suo ascendente della 24° generazione ma solo o 1/1751 oppure 0.
Mi accorgo desso che questo esempio in realtà non ci dice niente riguardo l’apparente paradosso del numero esponenziale di antenati: al massimo aiuta a immaginarsi (perché non c’è una relazione causale dalla frammentazione del DNA) come ci debbano essere degli antenati comuni sparsi qua e là…
Conclusione: metterò anche qui il marcatore “Peso” perché alla fine era una banalità che in parte non comprendevo per un mio “blocco mentale” (pensavo che il “crossing over” fosse rarissimo) e in parte perché non capivo il vero significato di “filamento/spezzone” ingannato dalla formula usata per calcolarne il numero (*2)...
Nota (*1): in realtà a causa dei matrimoni fra consanguinei, frequenti nell’antica nobiltà, tale percentuale potrebbe essere un po’ più alta. Ma l’esempio serve solo a dare l’idea di come l’eredità generica del singolo sia diluita in un numero limitato di antenati.
Tornando al nostro esempio
Nota (*2): Il numero di filamenti, per ogni cromosoma, è # “crossing-over” + 1. Volendo si può scrivere equivalentemente il tutto come # cromosomi + # “crossing over” (che però mi confondeva perché mi faceva pensare che si stesse in qualche maniera considerando direttamente i cromosomi più “altro”)...
Si tratta di un libro di archeologia genetica un campo che ha messo il “turbo” dal 2006 in poi: anzi, probabilmente, questo libro del 2017 sarà già in parte obsoleto.
L’autore è la massima autorità in materia e a lui si devono diverse scoperte fondamentali sulla storia evolutiva dell’uomo, tutte realizzate grazie allo studio dei dati genetici recuperati dagli antichi reperti ossei.
Prima di addentrarsi nei dettagli, nel capitolo iniziale, ripercorre alcuni concetti genetici e fornisce delle cifre: e qui mi sono bloccato!
Quando vedo dei numeri infatti mi piace, per quanto possibile, verificarli rifacendo per conto mio i vari calcoli: mi diverto e mi aiuta a capire più in profondità la materia.
In questo caso però ci sto diventando matto, non riesco a raccapezzarmi nella sua logica.
Scusatemi se non sarò chiaro ma, come spiegato, io per primo non ho capito bene il meccanismo illustrato dall’autore.
Il genoma di ogni persona è composto dai 23 cromosomi paterni e dai 23 materni più il DNA mitocondriale (sempre materno): in totale 47 filamenti d’informazione genetica.
L’autore spiega che si devono tracciare questi filamenti. Ma c’è una complicazione: nella formazione di ovuli e spermatozoi i cromosomi possono combinarsi fra loro: un determinato cromosoma proveniente dalla madre potrebbe essere composto per un terzo dal cromosoma del nonno materno e per 2/3 da quello della nonna materna. L’autore parla di “splicing” ma cercando su Internet lo “splicing” sembra essere qualcosa di completamente diverso (mi sono già sorbito diversi video sull’argomento) piuttosto la descrizione del fenomeno sembra corrispondere a quella del “crossing over”. Ma non è questo il punto.
Vi è poi un’affermazione che a me pare ambigua l’autore spiega che nella formazione degli ovuli normalmente vi sono mediamente 45 di questi splicing/crossing-over che siano mentre per gli spermatozoi tale numero scende a 26: che significa “mediamente” qui? La media su cosa?
Altro mistero è che questi 71 (45+26) splicing/crossing-over sono considerati come filamenti di DNA materno o paterno: ma in realtà né la madre né il padre hanno questi filamenti: solo i rispettivi ovuli e spermatozoi li hanno.
Ma per l’autore se il singolo individuo ha, come detto, 47 filamenti allora alla generazione precedente i filamenti da considerare saranno 47 + 71 = 118 (per 2 ascendenti). Passando alla generazione dei nonni tale numero sale a 189 (47 + 71 + 71) per 4 ascendenti.
Nel grafico illustrativo si arriva fino alla 15° generazione con 1112 filamenti per 32.768 ascendenti.
Io non mi ci raccapezzo!
A parte il problema che ho fatto notare precedentemente ve ne è un altro: che significa 45 splicing/crossing-over medi per le donne e 25 per gli uomini? Alla fine i filamenti passati dalla madre sono sempre 23+1 e quelli dal padre 23…
Anche se si ipotizza che per ogni cromosoma vi sia il crossing-over si dovrebbe avere fra padre e madre 46 + 47 = 93 filamenti da considerare non 118!
Ieri sera ho poi fatto altre ricerche con Google. Cercando (o roba di questo genere!) “How often chromosome crossing over occurs in human” sono arrivato a un articolo aggiornato al 2018 (Crossing over) secondo il quale ne avvengono 75 per ovulo e 55 per spermatozoo: anche in questo caso non sono sicuro del significato ma, all’80%, direi si intenda mediamente sul singolo ovulo o spermatozoo.
Resta il dubbio di come mai questo numero sia così alto considerato che i cromosomi sono 23: se avvenisse un crossing-over per cromosoma si avrebbero 23 crossing-over, non 75 (e neppure 55).
In realtà ho letto (da qualche parte), sebbene più raramente, sullo stesso cromosoma possono avvenire anche due crossing-over (si arriverebbe a 46 così): evidentemente, mediamente, per ogni cromosoma avvengono circa 3 crossing-over: un po’ di più per gli ovuli e un po’ meno per gli spermatozoi.
Probabilmente è una banalità: la mia difficoltà nell’accettare questo dato è che le mie precedenti conoscenze del crossing-over risalgono alla terza liceo e all’epoca ebbi la sensazione, sebbene esplicitamente non leggessi nulla al riguardo, che si trattasse di un fenomeno estremamente raro: evidentemente è raro il contrario, cioè che non avvenga. Insomma la mia vecchia conoscenza relativa alla frequenza del crossing-over mi impediva di accettare la nuova.
Fatto questo piccolo passo avanti ci sono ancora molte cose che continuano a non tornarmi…
Però proprio adesso, mentre andavo in bagno, ho capito tutto!
Quello che confonde del 118 alla prima generazione di ascendenti è che viene calcolato come 47 + 71 dove 47 sono i cromosomi dei due genitori più il DNA mitocondriale materno. Questo fa pensare in termini di cromosomi ma in realtà l’autore sta ragionando in termini di spezzoni di DNA, non importa da dove provenienti: se gli spezzoni sono 3, non importa se provengono dallo stesso cromosoma, vengono contati sempre tre volte.
In altre parole il 118 non si riferisce a un numero di cromosomi (che del resto, come detto, a livello di genitori sarebbero al massimo 92) ma di spezzoni di essi.
A ogni generazione si aggiungono nuovi spezzoni dovuti al crossing-over ma solo questi.
Ecco quindi che si spiega numericamente l’apparente paradosso del numero di antenati che raddoppia a ogni generazione divenendo rapidamente superiore alla popolazione locale in una determinata epoca. In realtà il numero di frammenti passati, di lunghezza sempre minore, rimane molto più basso.
L’autore fa un esempio bellino (che solo adesso capisco per bene). Elisabetta II è separata da Guglielmo il Conquistatore da 24 generazioni: in teoria essa avrebbe quindi 2^24 = 16.777.216 trisavoli a quella generazione ma il numero di frammenti di DNA, sempre a tale generazione, è solo 1.751. Cioè il DNA attuale della regina è rintracciabile in 1.751 frammenti sparsi per i suoi trisavoli di tale generazione e quindi, bene che vada, avrà mediamente solo 1/1.751 del DNA di Guglielmo il Conquistatore o, più probabilmente, niente (*1): la regina non ha mediamente 1/2^24 del DNA di ogni suo ascendente della 24° generazione ma solo o 1/1751 oppure 0.
Mi accorgo desso che questo esempio in realtà non ci dice niente riguardo l’apparente paradosso del numero esponenziale di antenati: al massimo aiuta a immaginarsi (perché non c’è una relazione causale dalla frammentazione del DNA) come ci debbano essere degli antenati comuni sparsi qua e là…
Conclusione: metterò anche qui il marcatore “Peso” perché alla fine era una banalità che in parte non comprendevo per un mio “blocco mentale” (pensavo che il “crossing over” fosse rarissimo) e in parte perché non capivo il vero significato di “filamento/spezzone” ingannato dalla formula usata per calcolarne il numero (*2)...
Nota (*1): in realtà a causa dei matrimoni fra consanguinei, frequenti nell’antica nobiltà, tale percentuale potrebbe essere un po’ più alta. Ma l’esempio serve solo a dare l’idea di come l’eredità generica del singolo sia diluita in un numero limitato di antenati.
Tornando al nostro esempio
Nota (*2): Il numero di filamenti, per ogni cromosoma, è # “crossing-over” + 1. Volendo si può scrivere equivalentemente il tutto come # cromosomi + # “crossing over” (che però mi confondeva perché mi faceva pensare che si stesse in qualche maniera considerando direttamente i cromosomi più “altro”)...
mercoledì 27 aprile 2022
Ipocrisie, anzi no
Oggi so da dove parto ma non dove arriverò… SE arriverò a qualche conclusione.
Chi mi legge con continuità conosce le mie posizioni su alcune questioni importanti: la politica, soprattutto italiana ma non solo, la gestione della pandemia, la censura etc.
Qualche volta mi è capitato di confrontarmi con amici/conoscenti su FB: raramente perché non mi piace sprecare tempo parlando con isterici che ripetono (male) cosa hanno sentito alla tivvù il giorno prima e che non cercano veramente di capire il pensiero altrui.
Però qualche volta mi è successo di poter impostare un dialogo razionale in cui ciascuna parte presenta i propri argomenti e controargomenti su cui si discute serenamente. Non facile perché, da buon INTP, quando vado in “modalità razionale” lo divento realmente, probabilmente anche a scapito della sensibilità necessaria per percepire prontamente l’umore del mio interlocutore. Io divento freddissimo: se un mio argomento viene provato falso non mi arrabbio ma semplicemente ne prendo atto, io ricerco la verità (a partire dai dati che ho ovviamente) e non mi importa se scopro che la mia opinione era sbagliata, anzi sono felice di correggermi e non essere più in errore.
Da anni, inizialmente con mio stupore, ho scoperto che non per tutti è così: un argomento, soprattutto quando vi è stato un investimento psicologico (e il testo di psicosociologia mi sta confermando tutte queste mie intuizioni), non può essere colpito senza ferire anche la personalità che si è avvinghiata a esso. Banalmente, quando una persona si accorge di avere torto, invece di essere felice di ammetterlo e correggersi, finisce per arrabbiarsi con me. Lo capisco perché da parte mia, in genere ancora assorto nel mio torpore razionale, mi vedo arrivare argomenti che sfuggono dalla logica della conversazione e pieni di colore emotivo (che di solito ignoro): inizialmente cerco di dargli un senso, cosa cioè il mio interlocutore volesse dire... solo più tardi capisco che aveva perso le staffe!
In pratica conversazioni produttive sono riuscite ad averle solo con INTJ e ISTJ: probabilmente ci sarebbero altri due o tre tipi psicologici con cui sarei in grado di confrontarmi ma, dato lo scarso numero di conoscenze personali, non mi è ancora capitato di farlo.
Comunque, quando il confronto razionale è possibile, ho notato che si giunge, risalendo logicamente da argomento ad argomento, a un nodo principale troppo intricato per essere sciolto.
Questo nodo equivale alla visione del mondo e in particolare al rapporto fra potere e società: per esempio a quanto siano affidabili le nostre istituzioni, se fanno realmente quello che dovrebbero in teoria fare… ecco, il punto di divergenza chiave è il rapporto fra essenza teorica e pratica.
In pratica io non mi fido delle nostre istituzioni: nel capitolo 15 della mia Epitome concludo che l’occidente, non solo l’Italia quindi, è in “decadenza” e da questo derivano tutta una serie di conseguenze fra cui la potenziale inaffidabilità di ogni istituzione democratica: se la testa è corrotta via via anche gli altri organi che da essa dipendono si corrompono a loro volta.
Ora che ci penso non è un caso che queste mie conversazioni più serie siano arrivate a un punto morto: i TJ in genere e gli INTJ e ISTJ in particolare credono fortemente nell’autorità costituita, nella logica e nell'ordine che essa rappresenta, impossibile quindi convincerli che essa sia fondamentalmente marcia.
Nella pratica quindi si arriva a situazioni di stallo del tipo:
Amico: “sì, ho capito, ma la FDA ha detto che XXX”.
KGB: “sì, lo so, ma la FDA non è affidabile per questa situazione”.
Amico: “sì, lo è e bisogna fidarsi di essa”.
Ora qui io sono in difficoltà perché per spiegare come mai sono convinto che la FDA non sia affidabile dovrei impiegare l’equivalente di 15 capitoli fitti di teorie che, in pratica, solo io conosco.
Dal mio punto di vista mi bastano quindi pochi indizi per convincermi che un’istituzione non funzioni più come dovrebbe perché considero il tutto nel particolare contesto della mia teoria: ad altri (specialmente se TJ) le stesse “prove” invece possono apparire al massimo come dimostrazione di un errore occasionale o il risultato di una singola mela marcia.
Difficile smuoversi da queste situazioni di stallo che richiederebbero un investimento di tempo che né io né il mio interlocutore abbiamo voglia di fare. E quindi qui ci blocchiamo.
Poi però spesso mi imbatto in notizie che confermano tutti i miei sospetti.
Per rimanere in argomento ho in mente il video rubato all’alto dirigente della FDA che ammette le ingerenze delle case farmaceutiche nelle decisioni prese da tale istituzione (per i collegamenti rimando al pezzo Illusione o realtà). Oppure, passando a un argomento leggermente parallelo, che dire di tutte le “magagne”, e uso un eufemismo, che stanno emergendo dai documenti che la Pfizer è stata costretta da un tribunale statunitense (vedi, per esempio, il corto Verità direttamente dalla Pfizer) a rendere pubblici?
Oops…
Avevo la vaga idea di scrivere di diverse ipocrisie che caratterizzano questo momento storico ma mi sono impelagato in questa spiegazione delle mie difficoltà di comunicazione!
Per esempio volevo scrivere del panico dei “liberali” per l’acquisizione di Twitter da parte di Musk con la relativa “minaccia” di un aumento della libertà di espressione. Perché i liberali infatti, che in teoria dovrebbero avere un “atteggiamento di comprensione e di rispetto per le opinioni altrui”, erano a favore della censura arbitraria delle opinioni diverse dalle proprie. Non è un bellissimo esempio di ipocrisia questo?
Conclusione: ma ormai mi sono dilungato più che abbastanza e non ha senso cominciare a scrivere un nuovo pezzo… Mi spiace essere andato fuori tema sprecando il tempo mio e di chi mi legge: per lavarmi la coscienza metterò il marcatore “Peso” a questo pezzo!
Chi mi legge con continuità conosce le mie posizioni su alcune questioni importanti: la politica, soprattutto italiana ma non solo, la gestione della pandemia, la censura etc.
Qualche volta mi è capitato di confrontarmi con amici/conoscenti su FB: raramente perché non mi piace sprecare tempo parlando con isterici che ripetono (male) cosa hanno sentito alla tivvù il giorno prima e che non cercano veramente di capire il pensiero altrui.
Però qualche volta mi è successo di poter impostare un dialogo razionale in cui ciascuna parte presenta i propri argomenti e controargomenti su cui si discute serenamente. Non facile perché, da buon INTP, quando vado in “modalità razionale” lo divento realmente, probabilmente anche a scapito della sensibilità necessaria per percepire prontamente l’umore del mio interlocutore. Io divento freddissimo: se un mio argomento viene provato falso non mi arrabbio ma semplicemente ne prendo atto, io ricerco la verità (a partire dai dati che ho ovviamente) e non mi importa se scopro che la mia opinione era sbagliata, anzi sono felice di correggermi e non essere più in errore.
Da anni, inizialmente con mio stupore, ho scoperto che non per tutti è così: un argomento, soprattutto quando vi è stato un investimento psicologico (e il testo di psicosociologia mi sta confermando tutte queste mie intuizioni), non può essere colpito senza ferire anche la personalità che si è avvinghiata a esso. Banalmente, quando una persona si accorge di avere torto, invece di essere felice di ammetterlo e correggersi, finisce per arrabbiarsi con me. Lo capisco perché da parte mia, in genere ancora assorto nel mio torpore razionale, mi vedo arrivare argomenti che sfuggono dalla logica della conversazione e pieni di colore emotivo (che di solito ignoro): inizialmente cerco di dargli un senso, cosa cioè il mio interlocutore volesse dire... solo più tardi capisco che aveva perso le staffe!
In pratica conversazioni produttive sono riuscite ad averle solo con INTJ e ISTJ: probabilmente ci sarebbero altri due o tre tipi psicologici con cui sarei in grado di confrontarmi ma, dato lo scarso numero di conoscenze personali, non mi è ancora capitato di farlo.
Comunque, quando il confronto razionale è possibile, ho notato che si giunge, risalendo logicamente da argomento ad argomento, a un nodo principale troppo intricato per essere sciolto.
Questo nodo equivale alla visione del mondo e in particolare al rapporto fra potere e società: per esempio a quanto siano affidabili le nostre istituzioni, se fanno realmente quello che dovrebbero in teoria fare… ecco, il punto di divergenza chiave è il rapporto fra essenza teorica e pratica.
In pratica io non mi fido delle nostre istituzioni: nel capitolo 15 della mia Epitome concludo che l’occidente, non solo l’Italia quindi, è in “decadenza” e da questo derivano tutta una serie di conseguenze fra cui la potenziale inaffidabilità di ogni istituzione democratica: se la testa è corrotta via via anche gli altri organi che da essa dipendono si corrompono a loro volta.
Ora che ci penso non è un caso che queste mie conversazioni più serie siano arrivate a un punto morto: i TJ in genere e gli INTJ e ISTJ in particolare credono fortemente nell’autorità costituita, nella logica e nell'ordine che essa rappresenta, impossibile quindi convincerli che essa sia fondamentalmente marcia.
Nella pratica quindi si arriva a situazioni di stallo del tipo:
Amico: “sì, ho capito, ma la FDA ha detto che XXX”.
KGB: “sì, lo so, ma la FDA non è affidabile per questa situazione”.
Amico: “sì, lo è e bisogna fidarsi di essa”.
Ora qui io sono in difficoltà perché per spiegare come mai sono convinto che la FDA non sia affidabile dovrei impiegare l’equivalente di 15 capitoli fitti di teorie che, in pratica, solo io conosco.
Dal mio punto di vista mi bastano quindi pochi indizi per convincermi che un’istituzione non funzioni più come dovrebbe perché considero il tutto nel particolare contesto della mia teoria: ad altri (specialmente se TJ) le stesse “prove” invece possono apparire al massimo come dimostrazione di un errore occasionale o il risultato di una singola mela marcia.
Difficile smuoversi da queste situazioni di stallo che richiederebbero un investimento di tempo che né io né il mio interlocutore abbiamo voglia di fare. E quindi qui ci blocchiamo.
Poi però spesso mi imbatto in notizie che confermano tutti i miei sospetti.
Per rimanere in argomento ho in mente il video rubato all’alto dirigente della FDA che ammette le ingerenze delle case farmaceutiche nelle decisioni prese da tale istituzione (per i collegamenti rimando al pezzo Illusione o realtà). Oppure, passando a un argomento leggermente parallelo, che dire di tutte le “magagne”, e uso un eufemismo, che stanno emergendo dai documenti che la Pfizer è stata costretta da un tribunale statunitense (vedi, per esempio, il corto Verità direttamente dalla Pfizer) a rendere pubblici?
Oops…
Avevo la vaga idea di scrivere di diverse ipocrisie che caratterizzano questo momento storico ma mi sono impelagato in questa spiegazione delle mie difficoltà di comunicazione!
Per esempio volevo scrivere del panico dei “liberali” per l’acquisizione di Twitter da parte di Musk con la relativa “minaccia” di un aumento della libertà di espressione. Perché i liberali infatti, che in teoria dovrebbero avere un “atteggiamento di comprensione e di rispetto per le opinioni altrui”, erano a favore della censura arbitraria delle opinioni diverse dalle proprie. Non è un bellissimo esempio di ipocrisia questo?
Conclusione: ma ormai mi sono dilungato più che abbastanza e non ha senso cominciare a scrivere un nuovo pezzo… Mi spiace essere andato fuori tema sprecando il tempo mio e di chi mi legge: per lavarmi la coscienza metterò il marcatore “Peso” a questo pezzo!
martedì 26 aprile 2022
A powerful monster...
Allettato da un’offerta al supermercato mi sono comprato una lattina da 50cl di Monster: a me pare uguale alla Red Bull.
Comunque non mi sono sbucate le ali.
Allora appuriamo - 26/4/2022
Appurato che l’intervento russo in Ucraina è stato provocato in tutti i modi dall’occidente, anzi dagli USA attraverso la NATO, per scopi puramente economici a vantaggio dell’industria bellica.
Appurato che l’Europa occidentale (“Fuck Europe!” è la dottrina USA da Obama in poi per il Vecchio continente) ha tutto da rimetterci.
Appurato che dell’intera Europa l’Italia è il paese che si impoverirà maggiormente.
Appurato che i media tradizionali ormai sono partiti per la tangente raggiungendo un livello di disinformazione ridicolo.
Appurato che le reti sociali censurano a più non posso, direttamente o indirettamente, qualsiasi opinione che non si conformi alla narrativa dominante.
Appurato che tutto questo sta accadendo per pura stupidità e incompetenza (con sporadici ma significativi casi di demenza senile) del potere politico e per l’avidità dei poteri economici.
Appurato tutto questo si scopre che non abbiamo ancora toccato il fondo.
Notizia di oggi è infatti che la Germania manderà carri anti aereo (o roba del genere) in Ucraina e la Russia ha prontamente risposto che si rischia realmente la terza guerra mondiale.
In altre parole l’occidente, o almeno i dementi che ci governano, stanno speculando sul bluff della Russia: in altre parole che nonostante le nuove provocazioni Mosca non allarghi il conflitto e che la Cina (non dimentichiamocela!) se ne stia buona…
È pura follia: invece di cercare la pace si continua a gettare benzina sul fuoco. E stiamo correndo questo rischio assurdo di distruzione totale con l’unico obiettivo di arricchire pochissimi a scapito della stragrande maggioranza della popolazione europea.
Come evitare di farsi manipolare dalla propaganda televisiva - 30/4/2022
Non accendete la tivvù: meglio non informati che disinformati.
Davvero non sto scherzando: per non farmi sviare dalla propaganda di guerra evito totalmente qualsiasi notizia al riguardo.
Avendo immediatamente censurato l’informazione russa (che ovviamente faceva propaganda russa, ne sono consapevole) non è più possibile distinguere i pochi fatti appurati: lo sforzo di provarci sarebbe veramente futile.
Pensavo di prendermi una VPN…
Notizia/video allarmante - 30/4/2022
L’ho scritto altrove ma è bene ribadirlo: la vera battaglia per la libertà sarà combattuta dagli americani negli USA. Il resto del mondo occidentale andrà, volente o nolente, a rimorchio adattandosi, più o meno rapidamente a quanto stabilito da Washington.
Questa è una conseguenza della decadenza e del ruolo guida degli USA ([E] 15.3): è ciò che accade negli USA che si riflette in Europa, non il viceversa.
Ebbene la notizia/video è questa: 'Orwellian overreach' : Biden White House slammed for trying to 'police free speech' dal canale Sky News Australia.
Come suggerisce il titolo si tratta di un’iniziativa orwelliana e, giustamente, osserva un opinionista, ai motti di “1984” andrebbe aggiunto “Democrazia è censura” (leggete il libro per capire a cosa si riferisce). Da vedere la signora che sarà a capo di questa iniziativa: a me ricorda la professoressa Umbridge di Harry Potter, solo peggio.
Il punto è che se salta la libertà d’espressione negli USA allora sì che tutto l’occidente finirebbe in una dittatura sebbene dall’apparenza democratica ([E] 15.6).
Per chi volesse capire... - 3/5/2022
... invece di accontentarsi della propaganda televisiva…
Intervista (stranamente) dal Corriere.it: Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» di Federico Fubini.
L’intervista è ottima perché le domande sono chiare e le risposte ancor di più.
Io, ovviamente, ci rivedo molto delle mie opinioni ma ogni lettore può giudicare da sé. In più, rispetto al mio pensiero, vi è la chiara illustrazione di un errore strategico occidentale negli anni ‘90 con la fine dell’URSS: c’era la chiara opportunità di aiutare la Russia a divenire veramente democratica aiutandola finanziariamente in quel periodo critico ma gli USA non vollero: la vedevano ancora come un avversario e, come in una profezia autorealizzantesi, la Russia è poi divenuto veramente tale.
Faccio poi notare (v. il recente Giustizia infantile) come Sachs non riduca la morale di questa guerra alla questione di chi abbia attaccato per primo: NON copio e incollo perché la sua risposta è ampia e articolata e non gli farei giustizia a ridurla a poche righe…
Comunque non mi sono sbucate le ali.
Allora appuriamo - 26/4/2022
Appurato che l’intervento russo in Ucraina è stato provocato in tutti i modi dall’occidente, anzi dagli USA attraverso la NATO, per scopi puramente economici a vantaggio dell’industria bellica.
Appurato che l’Europa occidentale (“Fuck Europe!” è la dottrina USA da Obama in poi per il Vecchio continente) ha tutto da rimetterci.
Appurato che dell’intera Europa l’Italia è il paese che si impoverirà maggiormente.
Appurato che i media tradizionali ormai sono partiti per la tangente raggiungendo un livello di disinformazione ridicolo.
Appurato che le reti sociali censurano a più non posso, direttamente o indirettamente, qualsiasi opinione che non si conformi alla narrativa dominante.
Appurato che tutto questo sta accadendo per pura stupidità e incompetenza (con sporadici ma significativi casi di demenza senile) del potere politico e per l’avidità dei poteri economici.
Appurato tutto questo si scopre che non abbiamo ancora toccato il fondo.
Notizia di oggi è infatti che la Germania manderà carri anti aereo (o roba del genere) in Ucraina e la Russia ha prontamente risposto che si rischia realmente la terza guerra mondiale.
In altre parole l’occidente, o almeno i dementi che ci governano, stanno speculando sul bluff della Russia: in altre parole che nonostante le nuove provocazioni Mosca non allarghi il conflitto e che la Cina (non dimentichiamocela!) se ne stia buona…
È pura follia: invece di cercare la pace si continua a gettare benzina sul fuoco. E stiamo correndo questo rischio assurdo di distruzione totale con l’unico obiettivo di arricchire pochissimi a scapito della stragrande maggioranza della popolazione europea.
Come evitare di farsi manipolare dalla propaganda televisiva - 30/4/2022
Non accendete la tivvù: meglio non informati che disinformati.
Davvero non sto scherzando: per non farmi sviare dalla propaganda di guerra evito totalmente qualsiasi notizia al riguardo.
Avendo immediatamente censurato l’informazione russa (che ovviamente faceva propaganda russa, ne sono consapevole) non è più possibile distinguere i pochi fatti appurati: lo sforzo di provarci sarebbe veramente futile.
Pensavo di prendermi una VPN…
Notizia/video allarmante - 30/4/2022
L’ho scritto altrove ma è bene ribadirlo: la vera battaglia per la libertà sarà combattuta dagli americani negli USA. Il resto del mondo occidentale andrà, volente o nolente, a rimorchio adattandosi, più o meno rapidamente a quanto stabilito da Washington.
Questa è una conseguenza della decadenza e del ruolo guida degli USA ([E] 15.3): è ciò che accade negli USA che si riflette in Europa, non il viceversa.
Ebbene la notizia/video è questa: 'Orwellian overreach' : Biden White House slammed for trying to 'police free speech' dal canale Sky News Australia.
Come suggerisce il titolo si tratta di un’iniziativa orwelliana e, giustamente, osserva un opinionista, ai motti di “1984” andrebbe aggiunto “Democrazia è censura” (leggete il libro per capire a cosa si riferisce). Da vedere la signora che sarà a capo di questa iniziativa: a me ricorda la professoressa Umbridge di Harry Potter, solo peggio.
Il punto è che se salta la libertà d’espressione negli USA allora sì che tutto l’occidente finirebbe in una dittatura sebbene dall’apparenza democratica ([E] 15.6).
Per chi volesse capire... - 3/5/2022
... invece di accontentarsi della propaganda televisiva…
Intervista (stranamente) dal Corriere.it: Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» di Federico Fubini.
L’intervista è ottima perché le domande sono chiare e le risposte ancor di più.
Io, ovviamente, ci rivedo molto delle mie opinioni ma ogni lettore può giudicare da sé. In più, rispetto al mio pensiero, vi è la chiara illustrazione di un errore strategico occidentale negli anni ‘90 con la fine dell’URSS: c’era la chiara opportunità di aiutare la Russia a divenire veramente democratica aiutandola finanziariamente in quel periodo critico ma gli USA non vollero: la vedevano ancora come un avversario e, come in una profezia autorealizzantesi, la Russia è poi divenuto veramente tale.
Faccio poi notare (v. il recente Giustizia infantile) come Sachs non riduca la morale di questa guerra alla questione di chi abbia attaccato per primo: NON copio e incollo perché la sua risposta è ampia e articolata e non gli farei giustizia a ridurla a poche righe…
Introduzione alla guerra
In questo periodo sto leggendo più di quanto riesca a commentare, soprattutto di psicosociologia.
Questa notte ho iniziato “Who we are and how we got here” di David Reich e ho finito di leggere l’introduzione di “Che guerra sarà” di Fabio Mini.
Per oggi ho intenzione di commentare questa seconda opera. Al riguardo ho già scritto poche parole nel corto Scrive il generale. Riepilogo in tre punti: 1. sostanzialmente d’accordo; 2. pessimismo autore; 3. manca menzione del ruolo dei media.
Copio e incollo il mio commento principale: «L’argomento centrale di queste tre pagine che ho letto è che la guerra o la minaccia della stessa fa comodo a tre categorie di persone: ai politici, che possono imporre più facilmente le proprie decisioni a una popolazione impaurita; ai produttori di armi, ovviamente per l’incremento di affari; ai militari, felici di poter “giocare” con i loro nuovi giocattoli.»
E queste erano le prime quattro pagine: ieri ne ho lette altrettante per terminare, come detto, l’introduzione.
Un nuovo concetto introdotto è l’eccessiva semplificazione della geopolitica: una semplificazione ottusa che fa perdere comprensione e porta a gravi errori di calcolo. Qui nell’introduzione Mini non specifica a chi (gli USA? Il mondo politico in generale?) si riferisce né le cause che l’hanno originata. Io comunque vi intravedo un possibile parallelo col mio concetto di decadenza ([E] 15).
Siccome è una novità ne copio e incollo il passaggio principale tratto da ([E] 15.1):
«[…] definisco quindi la decadenza come un effetto e, più precisamente, come l’incapacità di gestire efficacemente lo Stato.
Questo significa che quella comunemente chiamata “normale amministrazione” sarà estremamente inefficace e scadente ma soprattutto le emergenze, qualunque sia la loro natura, saranno affrontate in maniera completamente errata.
Ma cosa determina la “decadenza” ovvero l’incapacità di gestire efficacemente lo Stato?
I fattori sono essenzialmente quattro, tre interni alla società e uno esterno.
1. Incapacità → Il meccanismo che determina i vertici del parapotere politico dominante si è per qualche motivo inceppato cosicché a gestire effettivamente il potere arrivano delle persone che non hanno le dovute capacità.
2. Disinteresse → Il parapotere politico ha un sostanziale disinteresse per il bene collettivo dello Stato che dovrebbe guidare e si concentra esclusivamente sui propri interessi.
3. Inettitudine → La mancata percezione da parte della maggioranza della popolazione del declino unita all’incapacità di intervenire efficacemente.
4. Avversario → La mancanza di competizione esterna permette, e quindi indirettamente rende possibile il degrado della qualità del parapotere politico e, in generale, di tutte le strutture/istituzioni di uno Stato.»
Secondo Mini non vengono percepiti né affrontati diversi segnali di allarme: la crisi ecologica, la sovrappopolazione e la crescita delle diseguaglianza. Non gli sfugge poi il pericolo costituito dalla tecnologia con le incognite del mai provato prima. Tutto questo porta a un pericolo per la democrazia…
Un accenno all’Ucraina (il libro è del 2017): «Durante la crisi in Ucraina del 2014, per qualche mese è tornata la paura che imperava durante la Guerra Fredda. […]
Erano in molti a temere la guerra e altrettanti ad augurarsela, tanto per fare qualche affaruccio.» (*1)
Accenno breve ma significativo: col senno di poi, 8 anni dopo, chi voleva fare gli "affarucci", approfittando di un presidente USA non totalmente capace di intendere e volere, ha raggiunto il proprio scopo.
Nel complesso questa introduzione lascia diversi punti in sospeso che, suppongo, saranno poi affrontati e risolti nei capitoli successivi. Come detto però l’impostazione mi piace molto anche se spaventa che proprio un ex generale sia così preoccupato della possibilità della guerra.
In effetti, ripensandoci, nei giorni iniziali della recente crisi Ucraina quando ancora la seguivo, le parole di maggior buon senso venivano proprio dai militari: come a dire “i politici comandano ma non sanno quello che fanno”. Draghi no di sicuro e Biden si perde nella Casa Bianca ma anche gli altri capi di stato europei sono parecchio spersi in una crisi che non capiscono e che non sanno gestire: a partire dal gallinaccio francese appena rieletto! Insomma, se Macron è quello bravo pensate a come sono gli altri…
Il capitolo termina con un concetto molto interessante: la guerra influisce sulle generazioni ma, a loro volta, le generazioni influiscono sulla guerra.
La prima proposizione la condivido in pieno ([E] 3.5) la seconda devo ancor capire bene cosa intende: suppongo cultura di un’epoca ma non ne sono ancora certo.
Minni fa quindi un elenco delle diverse generazioni:
Generazione Perduta 1899-1926
Generazione Silenziosa 1927-1944
Generazione del Boom 1945-1963
Generazione X (o “invisibili”) 1964-1982
Generazione Y (o “Millennials”) 1983-2001
Generazione Z 2002 in poi
I capitoli successivi sono intitolati “Che guerra è per la generazione X” e simili quindi credo che capirò bene questa distinzione.
Comunque questa lista di generazioni mi ha colpito per più motivi.
Da un lato trovo interessante che si possa generalizzare a livello di mondo occidentale: questo è possibile solo grazie alla globalizzazione culturale (e al fatto che le prime due guerre mondiali furono, appunto, mondiali) ([E] 12.2).
Noto poi che la durata di queste generazioni è in genere minore della classica di 25 anni: 27, 17, 18, 18 e 18. Su Wikipedia trovo delle durate leggermente diverse (è introdotta anche la “Generazione Alpha” che inizierebbe nel 2010) spesso sui 15 anni.
Premesso che si tratta di date puramente arbitrarie mi chiedo però se ci sia un collegamento sull’evoluzione sempre più veloce della società…
Conclusione: insomma si prefigura un ottimo libro che sono curioso di leggere!
Nota (*1): tratto da “Che guerra sarà” di Fabio Mini, (E.) Nexus, 2017, pag 12.
Questa notte ho iniziato “Who we are and how we got here” di David Reich e ho finito di leggere l’introduzione di “Che guerra sarà” di Fabio Mini.
Per oggi ho intenzione di commentare questa seconda opera. Al riguardo ho già scritto poche parole nel corto Scrive il generale. Riepilogo in tre punti: 1. sostanzialmente d’accordo; 2. pessimismo autore; 3. manca menzione del ruolo dei media.
Copio e incollo il mio commento principale: «L’argomento centrale di queste tre pagine che ho letto è che la guerra o la minaccia della stessa fa comodo a tre categorie di persone: ai politici, che possono imporre più facilmente le proprie decisioni a una popolazione impaurita; ai produttori di armi, ovviamente per l’incremento di affari; ai militari, felici di poter “giocare” con i loro nuovi giocattoli.»
E queste erano le prime quattro pagine: ieri ne ho lette altrettante per terminare, come detto, l’introduzione.
Un nuovo concetto introdotto è l’eccessiva semplificazione della geopolitica: una semplificazione ottusa che fa perdere comprensione e porta a gravi errori di calcolo. Qui nell’introduzione Mini non specifica a chi (gli USA? Il mondo politico in generale?) si riferisce né le cause che l’hanno originata. Io comunque vi intravedo un possibile parallelo col mio concetto di decadenza ([E] 15).
Siccome è una novità ne copio e incollo il passaggio principale tratto da ([E] 15.1):
«[…] definisco quindi la decadenza come un effetto e, più precisamente, come l’incapacità di gestire efficacemente lo Stato.
Questo significa che quella comunemente chiamata “normale amministrazione” sarà estremamente inefficace e scadente ma soprattutto le emergenze, qualunque sia la loro natura, saranno affrontate in maniera completamente errata.
Ma cosa determina la “decadenza” ovvero l’incapacità di gestire efficacemente lo Stato?
I fattori sono essenzialmente quattro, tre interni alla società e uno esterno.
1. Incapacità → Il meccanismo che determina i vertici del parapotere politico dominante si è per qualche motivo inceppato cosicché a gestire effettivamente il potere arrivano delle persone che non hanno le dovute capacità.
2. Disinteresse → Il parapotere politico ha un sostanziale disinteresse per il bene collettivo dello Stato che dovrebbe guidare e si concentra esclusivamente sui propri interessi.
3. Inettitudine → La mancata percezione da parte della maggioranza della popolazione del declino unita all’incapacità di intervenire efficacemente.
4. Avversario → La mancanza di competizione esterna permette, e quindi indirettamente rende possibile il degrado della qualità del parapotere politico e, in generale, di tutte le strutture/istituzioni di uno Stato.»
Secondo Mini non vengono percepiti né affrontati diversi segnali di allarme: la crisi ecologica, la sovrappopolazione e la crescita delle diseguaglianza. Non gli sfugge poi il pericolo costituito dalla tecnologia con le incognite del mai provato prima. Tutto questo porta a un pericolo per la democrazia…
Un accenno all’Ucraina (il libro è del 2017): «Durante la crisi in Ucraina del 2014, per qualche mese è tornata la paura che imperava durante la Guerra Fredda. […]
Erano in molti a temere la guerra e altrettanti ad augurarsela, tanto per fare qualche affaruccio.» (*1)
Accenno breve ma significativo: col senno di poi, 8 anni dopo, chi voleva fare gli "affarucci", approfittando di un presidente USA non totalmente capace di intendere e volere, ha raggiunto il proprio scopo.
Nel complesso questa introduzione lascia diversi punti in sospeso che, suppongo, saranno poi affrontati e risolti nei capitoli successivi. Come detto però l’impostazione mi piace molto anche se spaventa che proprio un ex generale sia così preoccupato della possibilità della guerra.
In effetti, ripensandoci, nei giorni iniziali della recente crisi Ucraina quando ancora la seguivo, le parole di maggior buon senso venivano proprio dai militari: come a dire “i politici comandano ma non sanno quello che fanno”. Draghi no di sicuro e Biden si perde nella Casa Bianca ma anche gli altri capi di stato europei sono parecchio spersi in una crisi che non capiscono e che non sanno gestire: a partire dal gallinaccio francese appena rieletto! Insomma, se Macron è quello bravo pensate a come sono gli altri…
Il capitolo termina con un concetto molto interessante: la guerra influisce sulle generazioni ma, a loro volta, le generazioni influiscono sulla guerra.
La prima proposizione la condivido in pieno ([E] 3.5) la seconda devo ancor capire bene cosa intende: suppongo cultura di un’epoca ma non ne sono ancora certo.
Minni fa quindi un elenco delle diverse generazioni:
Generazione Perduta 1899-1926
Generazione Silenziosa 1927-1944
Generazione del Boom 1945-1963
Generazione X (o “invisibili”) 1964-1982
Generazione Y (o “Millennials”) 1983-2001
Generazione Z 2002 in poi
I capitoli successivi sono intitolati “Che guerra è per la generazione X” e simili quindi credo che capirò bene questa distinzione.
Comunque questa lista di generazioni mi ha colpito per più motivi.
Da un lato trovo interessante che si possa generalizzare a livello di mondo occidentale: questo è possibile solo grazie alla globalizzazione culturale (e al fatto che le prime due guerre mondiali furono, appunto, mondiali) ([E] 12.2).
Noto poi che la durata di queste generazioni è in genere minore della classica di 25 anni: 27, 17, 18, 18 e 18. Su Wikipedia trovo delle durate leggermente diverse (è introdotta anche la “Generazione Alpha” che inizierebbe nel 2010) spesso sui 15 anni.
Premesso che si tratta di date puramente arbitrarie mi chiedo però se ci sia un collegamento sull’evoluzione sempre più veloce della società…
Conclusione: insomma si prefigura un ottimo libro che sono curioso di leggere!
Nota (*1): tratto da “Che guerra sarà” di Fabio Mini, (E.) Nexus, 2017, pag 12.
lunedì 25 aprile 2022
Mascherine e pagliacciate
Ieri ho visto un meme su FB che riportava una dichiarazione di Bassetti (credo un virologo mediatico). Qualcosa del tipo: “Sono stato a un convegno in Portogallo e sono l’unico che tornato a casa dovrà indossare le mascherine: che tristezza!”
I motivi sono molteplici caro Bassetti, non stupirti!
1. si deve giustificare l’esistenza del verdepasso in totale assenza di emergenza (*1).
2. si deve giustificare l’obbligo di un vaccino obsoleto e praticamente inutile per gli ultracinquantenni.
3. la paura genera persuasione: e questo governo di incompetenti ha bisogno di tutta la persuasione possibile.
Nota (*1): ormai non ha più senso contare i contagi (sicuramente sottostimati) ma, al massimo, i ricoverati in ospedale PER covid e non CON covid.
Scrive il generale - 25/4/2022
Stanotte ho iniziato “Che guerra sarà” di Fabio Mini: ho letto solo poche pagine ma le ho trovate ottime. Ho già capito che l’autore è sulla mia stessa linea: strano pensando che si tratta di un ex generale…
L’argomento centrale di queste tre pagine che ho letto è che la guerra o la minaccia della stessa fa comodo a tre categorie di persone: ai politici, che possono imporre più facilmente le proprie decisioni a una popolazione impaurita; ai produttori di armi, ovviamente per l’incremento di affari; ai militari, felici di poter “giocare” con i loro nuovi giocattoli.
Le sue parole mi hanno ricordato la mia citazione di Einstein in Da Biden a Musk anche se, ripensandoci, manca il ruolo chiave dei media nel diffondere specifiche narrative fuorvianti.
Comunque su tutto predomina il pessimismo: non per niente questo libro ipotizza, anzi ritiene probabile, uno scontro fra superpotenze che, ovviamente, avrà esiti esiziali per tutti.
Ricordo poi che questo libro non è uscito adesso (*1) ma nel 2017!
Nota (*1): sicuramente tanti giornalisti/divulgatori saranno adesso impegnati a scrivere la propria versione dell’attuale crisi geopolitica…
Atto di Musk - 25/4/2022
Secondo un’ultim’ora di Bloomberg il consiglio direttivo di Twitter avrebbe accettato l’offerta di Musk! (v. Da Biden a Musk)
In altre parole Musk dovrebbe diventare il nuovo proprietario di Twitter: potremo quindi vedere se vorrà e potrà mantenere le promesse di trasparenza e di libertà d’espressione su cui si è più volte espresso anche negli ultimi giorni.
Difficilmente la situazione dei media potrà peggiorare e c’è invece la forte possibilità di un inaspettato miglioramento.
Ovviamente abituato a delusioni dopo delusioni non mi fido delle promesse e voglio vedere i fatti. Intanto speriamo che la notizia venga confermata (ma sembra che sia proprio così!)…
Piccola stranezza - 26/4/2022
Come sapete da qualche giorno sto seguendo Musk per l’acquisizione di Twitter: ovviamente mi sono subito messo a seguire il suo profilo su tale piattaforma.
Poi ieri, su YouTube, ho visto un video ormai vecchio di un’oretta che dava la notizia dell’acquisto (vedi il corto precedente qui sopra). Nel video, sullo sfondo, si intravedeva un cinguettio di Musk che festeggiava: così provai a cercarlo su Twitter per verificare l’autenticità della notizia ma non c’era! Pensai quindi fosse un fotomontaggio dell’autore del video e lasciai perdere (c’erano comunque conferme su molte agenzie di stampa)...
Tale cinguettio mi è apparso poi almeno due ore dopo la sua pubblicazione!
Una forma di censura o un ritardo tecnico? C’è da dire che ho notato strani ritardi anche sulla mia posta su Gmail: un paio di volte la posta della domenica mi arriva il lunedì. Coincidenze?
E stamani... - 26/4/2022
Per curiosità ho ricontrollato la situazione stamani e… Musk è tornato indietro nel tempo! I suoi cinguettii adesso sono fermi al 20 aprile!
A parte gli scherzi: ma cosa sta combinando Twitter??
Comunque, in alto a destra, fra le immagini recenti ci sono ancora quelle pubblicate ieri e nei giorni immediatamente precedenti!
Forse gli algoritmi non riescono a gestire la situazione? Troppi accessi tutti insieme alla sua pagina?
Vabbè… strano però…
I motivi sono molteplici caro Bassetti, non stupirti!
1. si deve giustificare l’esistenza del verdepasso in totale assenza di emergenza (*1).
2. si deve giustificare l’obbligo di un vaccino obsoleto e praticamente inutile per gli ultracinquantenni.
3. la paura genera persuasione: e questo governo di incompetenti ha bisogno di tutta la persuasione possibile.
Nota (*1): ormai non ha più senso contare i contagi (sicuramente sottostimati) ma, al massimo, i ricoverati in ospedale PER covid e non CON covid.
Scrive il generale - 25/4/2022
Stanotte ho iniziato “Che guerra sarà” di Fabio Mini: ho letto solo poche pagine ma le ho trovate ottime. Ho già capito che l’autore è sulla mia stessa linea: strano pensando che si tratta di un ex generale…
L’argomento centrale di queste tre pagine che ho letto è che la guerra o la minaccia della stessa fa comodo a tre categorie di persone: ai politici, che possono imporre più facilmente le proprie decisioni a una popolazione impaurita; ai produttori di armi, ovviamente per l’incremento di affari; ai militari, felici di poter “giocare” con i loro nuovi giocattoli.
Le sue parole mi hanno ricordato la mia citazione di Einstein in Da Biden a Musk anche se, ripensandoci, manca il ruolo chiave dei media nel diffondere specifiche narrative fuorvianti.
Comunque su tutto predomina il pessimismo: non per niente questo libro ipotizza, anzi ritiene probabile, uno scontro fra superpotenze che, ovviamente, avrà esiti esiziali per tutti.
Ricordo poi che questo libro non è uscito adesso (*1) ma nel 2017!
Nota (*1): sicuramente tanti giornalisti/divulgatori saranno adesso impegnati a scrivere la propria versione dell’attuale crisi geopolitica…
Atto di Musk - 25/4/2022
Secondo un’ultim’ora di Bloomberg il consiglio direttivo di Twitter avrebbe accettato l’offerta di Musk! (v. Da Biden a Musk)
In altre parole Musk dovrebbe diventare il nuovo proprietario di Twitter: potremo quindi vedere se vorrà e potrà mantenere le promesse di trasparenza e di libertà d’espressione su cui si è più volte espresso anche negli ultimi giorni.
Difficilmente la situazione dei media potrà peggiorare e c’è invece la forte possibilità di un inaspettato miglioramento.
Ovviamente abituato a delusioni dopo delusioni non mi fido delle promesse e voglio vedere i fatti. Intanto speriamo che la notizia venga confermata (ma sembra che sia proprio così!)…
Piccola stranezza - 26/4/2022
Come sapete da qualche giorno sto seguendo Musk per l’acquisizione di Twitter: ovviamente mi sono subito messo a seguire il suo profilo su tale piattaforma.
Poi ieri, su YouTube, ho visto un video ormai vecchio di un’oretta che dava la notizia dell’acquisto (vedi il corto precedente qui sopra). Nel video, sullo sfondo, si intravedeva un cinguettio di Musk che festeggiava: così provai a cercarlo su Twitter per verificare l’autenticità della notizia ma non c’era! Pensai quindi fosse un fotomontaggio dell’autore del video e lasciai perdere (c’erano comunque conferme su molte agenzie di stampa)...
Tale cinguettio mi è apparso poi almeno due ore dopo la sua pubblicazione!
Una forma di censura o un ritardo tecnico? C’è da dire che ho notato strani ritardi anche sulla mia posta su Gmail: un paio di volte la posta della domenica mi arriva il lunedì. Coincidenze?
E stamani... - 26/4/2022
Per curiosità ho ricontrollato la situazione stamani e… Musk è tornato indietro nel tempo! I suoi cinguettii adesso sono fermi al 20 aprile!
A parte gli scherzi: ma cosa sta combinando Twitter??
Comunque, in alto a destra, fra le immagini recenti ci sono ancora quelle pubblicate ieri e nei giorni immediatamente precedenti!
Forse gli algoritmi non riescono a gestire la situazione? Troppi accessi tutti insieme alla sua pagina?
Vabbè… strano però…
domenica 24 aprile 2022
Costa d'Avorio
Oggi (in realtà stanotte ma era passata la mezzanotte) ho finalmente finito di leggere, appendici comprese, “Democrazia cosa è” di Sartori iniziato lo scorso giugno!
Nel complesso le appendici, comprese quelle del 2007, sono state deludenti ma con qualche perla di cui scriverò in un’altra occasione: infatti non voglio scrivere del saggio di Sartori bensì, di un altro libriccino, di poco più di 100 pagine, che avevo iniziato a leggere la scorsa settimana: “La Francia in Costa d’Avorio: guerra e neocolonialismo” di Tony Akmel, (E.) Nexus, 2011.
Per caso ho conosciuto l’autore e, parlandoci, ho saputo di questa sua opera. L’argomento mi interessava: come tutti gli italiani, fino a qualche anno fa, sapevo poco o nulla dell’Africa, specialmente della storia più recente. Scrivendo la mia Epitome avevo fatto numerose ipotesi ma non erano assolutamente delle certezze: così mi comprai l’ottimo “I coloni dell’austerity” di Ilaria Bifarini. Il suo punto di vista è fortemente economico ma vi trovai tutte le conferme che cercavo e altro ancora. Era però un saggio che prendeva in esame l’intera Africa e mi era così rimasta la voglia di leggere qualcosa di più specifico per passare dal generale a un caso concreto.
Questo per spiegare la mia curiosità per il libro di Akmel. Aggiungo che, siccome non si trova più in commercio, l’autore è stato così gentile da prestarmi una sua copia personale: volendo quindi preservare il libro il più possibile non ho scribacchiato le mie usuali annotazioni a margine. Questo mi impedisce però di aggiungere riferimenti specifici a questo articolo dato che, come al solito, sono troppo pigro per andare a cercarli sul momento sfogliando le varie pagine!
Devo poi premettere che l’opera è molto essenziale: per il lettore medio, me compreso, sarebbero state utilissime delle introduzioni sui diversi attori, politici e non, del paese africano. Con una cinquantina di pagine extra il libro avrebbe potuto essere molto più chiaro e maggiormente accessibile.
Provo quindi a riassumere a grandi linea la storia moderna della Costa d’Avorio aiutandomi con un utilissimo schema presente in un’appendice finale. La colonizzazione francese inizia nel 1842 con dei protettorati sulla costa e si conclude con l’occupazione dell’intero paese nel 1893. La Costa d’Avorio torna indipendente nel 1960: il nuovo presidente “regna” per 33 anni fino alla propria morte nel 1993. Gli subentra, come da Costituzione, un suo uomo (Bediè) che poi vince le elezioni del 1995 alle quali però non partecipa Gbagbo, capo del principale partito d’opposizione FPI, non ritenendole libere né Ouattara a causa di dubbi sulla sua cittadinanza.
Nel 1999 vi è un colpo di stato militare che costringe alla fuga Bediè: nel 2000 vengono indette nuove elezioni che vengono vinte da Gbagbo.
Gbagbo inizia quindi una breve stagione di riforme economiche che vanno però a colpire gli interessi economici francesi dato che Parigi perde molti monopoli nella gestione delle ricche risorse naturali del paese: Gbagbo apre infatti a USA, Cina e ad altre nazioni.
La risposta francese non si fa attendere: come spiegato nel saggio della Bifarini, quando una democrazia dell’Africa centrale non protegge adeguatamente gli interessi francesi e, magari, si permette invece di tutelare il proprio popolo, la Francia interviene, anche brutalmente.
Nel caso della Costa d’Avorio l’intervento è indiretto: vengono infatti ben armati dei ribelli nel nord del paese, di varie nazionalità, guidati da Ouattara. Nel 2002 scatta la rivolta dei ribelli che causa migliaia di morti: l’esercito regolare ivoriano, nonostante sia peggio armato, riesce però a reagire respingendo i ribelli che devono così ritirarsi nel nord del paese.
Si raggiunge una situazione di stallo militare con Gbagbo ancora al potere ma privato del controllo sull’intero territorio nazionale.
Subito la Francia fa intervenire l’ONU e viene mandata una forza militare di interposizione africana affiancata da truppe francesi (che hanno un’importante base militare proprio in Costa d’Avorio): nei mesi successivi iniziano i negoziati di pace.
Akmel, l’autore, fa però notare diverse anomalie: l’ONU è stata creata per gestire i rapporti fra gli stati e non le questioni interne ai singoli paesi; l’ONU non ha quindi strumenti adeguati per gestirli; l’intervento dell’ONU con i relativi negoziati di pace dà automaticamente legittimità ai ribelli di Ouattara; la composizione delle parti invitate ai colloqui di pace (che si svolgeranno in Francia) è anomala: non vi è da una parte la Costa d’Avorio e dall’altra i ribelli, invece dei rappresentanti dei vari partiti (tre dei quali creati a posteriore dai ribelli) del paese. Il problema è che dei singoli partiti non hanno né il potere né il diritto di prendere decisioni per il proprio paese: è come se, per prendere una decisione importante che riguarda l’Italia, non si tratti col legittimo governo ma con i vari esponenti dei diversi partiti. Oltretutto le decisioni che verranno prese in queste sedi saranno talvolta in contrasto con i dettami della costituzione ivoriana.
La mia sensazione è che l’idea francese fosse quella di delegittimare il governo e le istituzioni ivoriane ma, contemporaneamente, dare la sensazione di imparzialità, equilibrio e rappresentanza di tutte le voci del paese.
La contraddizione più grossa, sebbene l’autore non lo scriva esplicitamente, è che la Francia diviene contemporaneamente mandante della ribellione ma anche arbitra della crisi risultante. Ovviamente non ci sono prove che le armi ai ribelli siano state fornite da Parigi ma tutti gli indizi puntano in tale direzione.
Nonostante tutti questi problemi Gbagbo, presente nella veste di capo del proprio partito e non di presidente della Costa d’Avorio, accetta le proposte di pace: in particolare cede parte dei propri poteri a un primo ministro stabilito ai negoziati ed esponenti dei ribelli entrano nel governo con dei propri rappresentanti; in cambio i ribelli avrebbero dovuto disarmarsi anche se poi, come vedremo, questa condizione non sarà rispettata.
Il libro, si capisce leggendolo, è stato scritto verso la fine del 2010 ma ad aprile 2011 vi è stata un’importante novità: essa è quindi riassunta in un capitolo di appendice. Sfruttando una risoluzione dell’ONU che ordinava la distruzione degli armamenti pesanti la Francia ha effettuato un attacco aereo su caserme e depositi di armi delle forze governative. Subito dopo le forze ribelli di Ouattara (che non erano state colpite dai francesi né erano state disarmate come stabilito dagli accordi di pace) sono passate all’offensiva prendendo il controllo dell’intero paese: Gbagbo è stato arrestato e successivamente estradato in Olanda per essere processato dal tribunale internazionale dell’Aia. Anche il figlio maggiore e la moglie sono stati arrestati e portati in luoghi sconosciuti, molti sostenitori hanno avuto la stessa sorte o, addirittura, sono stati uccisi. L’autore parla anche di torture…
Finisce così, con tristezza e delusione, il libro di Akmel che, prima di questa appendice, terminava invece con parole ricche di speranza.
Posso però aggiungere io un ulteriore “capitolo” che raddolcisce un minimo l’amarezza del libro.
Qualche mese fa (forse era l’estate del 2021?) incontrai un Akmel particolarmente euforico e soddisfatto: Gbagbo era infatti stato assolto dal tribunale internazionale dell’Aia: Akmel aveva intervistato uno dei giudici e progettava di scrivere un nuovo libro...
Ho dato un’occhiata anche alla pagina Wikipedia di Gbagbo: la versione italiana non è aggiornata e si ferma all’arresto e alla carcerazione in Olanda; la pagina inglese invece arriva al recentissimo ritorno di Gbagbo in patria.
Chiaramente in entrambe le versioni in linea predomina una narrativa in cui la Francia non ha colpe che, anzi, se ci sono (ma il tribunale dell’Aia ha stabilito che non è così), allora ricadono tutte su Gbagbo.
Personalmente credo però alla versione di Akmel: non perché lo conosco di persona ma perché la sua interpretazione dei fatti, incentrata sulla difesa degli interessi economici francesi, ha maggior senso e, del resto, è in linea con la rappresentazione della situazione geopolitica africana illustrata dalla Bifarini nel suo saggio.
Conclusione: un buon libro che sono contento di aver letto: una testimonianza che conferma quanto già avevo appreso da altre fonti. Forse Akmel non sarà il più oggettivo e distaccato degli autori, sempre infatti traspare il grande amore per la patria d’origine, ma la sua versione dei fatti è, proprio per questo, utile e significativa.
Nel complesso le appendici, comprese quelle del 2007, sono state deludenti ma con qualche perla di cui scriverò in un’altra occasione: infatti non voglio scrivere del saggio di Sartori bensì, di un altro libriccino, di poco più di 100 pagine, che avevo iniziato a leggere la scorsa settimana: “La Francia in Costa d’Avorio: guerra e neocolonialismo” di Tony Akmel, (E.) Nexus, 2011.
Per caso ho conosciuto l’autore e, parlandoci, ho saputo di questa sua opera. L’argomento mi interessava: come tutti gli italiani, fino a qualche anno fa, sapevo poco o nulla dell’Africa, specialmente della storia più recente. Scrivendo la mia Epitome avevo fatto numerose ipotesi ma non erano assolutamente delle certezze: così mi comprai l’ottimo “I coloni dell’austerity” di Ilaria Bifarini. Il suo punto di vista è fortemente economico ma vi trovai tutte le conferme che cercavo e altro ancora. Era però un saggio che prendeva in esame l’intera Africa e mi era così rimasta la voglia di leggere qualcosa di più specifico per passare dal generale a un caso concreto.
Questo per spiegare la mia curiosità per il libro di Akmel. Aggiungo che, siccome non si trova più in commercio, l’autore è stato così gentile da prestarmi una sua copia personale: volendo quindi preservare il libro il più possibile non ho scribacchiato le mie usuali annotazioni a margine. Questo mi impedisce però di aggiungere riferimenti specifici a questo articolo dato che, come al solito, sono troppo pigro per andare a cercarli sul momento sfogliando le varie pagine!
Devo poi premettere che l’opera è molto essenziale: per il lettore medio, me compreso, sarebbero state utilissime delle introduzioni sui diversi attori, politici e non, del paese africano. Con una cinquantina di pagine extra il libro avrebbe potuto essere molto più chiaro e maggiormente accessibile.
Provo quindi a riassumere a grandi linea la storia moderna della Costa d’Avorio aiutandomi con un utilissimo schema presente in un’appendice finale. La colonizzazione francese inizia nel 1842 con dei protettorati sulla costa e si conclude con l’occupazione dell’intero paese nel 1893. La Costa d’Avorio torna indipendente nel 1960: il nuovo presidente “regna” per 33 anni fino alla propria morte nel 1993. Gli subentra, come da Costituzione, un suo uomo (Bediè) che poi vince le elezioni del 1995 alle quali però non partecipa Gbagbo, capo del principale partito d’opposizione FPI, non ritenendole libere né Ouattara a causa di dubbi sulla sua cittadinanza.
Nel 1999 vi è un colpo di stato militare che costringe alla fuga Bediè: nel 2000 vengono indette nuove elezioni che vengono vinte da Gbagbo.
Gbagbo inizia quindi una breve stagione di riforme economiche che vanno però a colpire gli interessi economici francesi dato che Parigi perde molti monopoli nella gestione delle ricche risorse naturali del paese: Gbagbo apre infatti a USA, Cina e ad altre nazioni.
La risposta francese non si fa attendere: come spiegato nel saggio della Bifarini, quando una democrazia dell’Africa centrale non protegge adeguatamente gli interessi francesi e, magari, si permette invece di tutelare il proprio popolo, la Francia interviene, anche brutalmente.
Nel caso della Costa d’Avorio l’intervento è indiretto: vengono infatti ben armati dei ribelli nel nord del paese, di varie nazionalità, guidati da Ouattara. Nel 2002 scatta la rivolta dei ribelli che causa migliaia di morti: l’esercito regolare ivoriano, nonostante sia peggio armato, riesce però a reagire respingendo i ribelli che devono così ritirarsi nel nord del paese.
Si raggiunge una situazione di stallo militare con Gbagbo ancora al potere ma privato del controllo sull’intero territorio nazionale.
Subito la Francia fa intervenire l’ONU e viene mandata una forza militare di interposizione africana affiancata da truppe francesi (che hanno un’importante base militare proprio in Costa d’Avorio): nei mesi successivi iniziano i negoziati di pace.
Akmel, l’autore, fa però notare diverse anomalie: l’ONU è stata creata per gestire i rapporti fra gli stati e non le questioni interne ai singoli paesi; l’ONU non ha quindi strumenti adeguati per gestirli; l’intervento dell’ONU con i relativi negoziati di pace dà automaticamente legittimità ai ribelli di Ouattara; la composizione delle parti invitate ai colloqui di pace (che si svolgeranno in Francia) è anomala: non vi è da una parte la Costa d’Avorio e dall’altra i ribelli, invece dei rappresentanti dei vari partiti (tre dei quali creati a posteriore dai ribelli) del paese. Il problema è che dei singoli partiti non hanno né il potere né il diritto di prendere decisioni per il proprio paese: è come se, per prendere una decisione importante che riguarda l’Italia, non si tratti col legittimo governo ma con i vari esponenti dei diversi partiti. Oltretutto le decisioni che verranno prese in queste sedi saranno talvolta in contrasto con i dettami della costituzione ivoriana.
La mia sensazione è che l’idea francese fosse quella di delegittimare il governo e le istituzioni ivoriane ma, contemporaneamente, dare la sensazione di imparzialità, equilibrio e rappresentanza di tutte le voci del paese.
La contraddizione più grossa, sebbene l’autore non lo scriva esplicitamente, è che la Francia diviene contemporaneamente mandante della ribellione ma anche arbitra della crisi risultante. Ovviamente non ci sono prove che le armi ai ribelli siano state fornite da Parigi ma tutti gli indizi puntano in tale direzione.
Nonostante tutti questi problemi Gbagbo, presente nella veste di capo del proprio partito e non di presidente della Costa d’Avorio, accetta le proposte di pace: in particolare cede parte dei propri poteri a un primo ministro stabilito ai negoziati ed esponenti dei ribelli entrano nel governo con dei propri rappresentanti; in cambio i ribelli avrebbero dovuto disarmarsi anche se poi, come vedremo, questa condizione non sarà rispettata.
Il libro, si capisce leggendolo, è stato scritto verso la fine del 2010 ma ad aprile 2011 vi è stata un’importante novità: essa è quindi riassunta in un capitolo di appendice. Sfruttando una risoluzione dell’ONU che ordinava la distruzione degli armamenti pesanti la Francia ha effettuato un attacco aereo su caserme e depositi di armi delle forze governative. Subito dopo le forze ribelli di Ouattara (che non erano state colpite dai francesi né erano state disarmate come stabilito dagli accordi di pace) sono passate all’offensiva prendendo il controllo dell’intero paese: Gbagbo è stato arrestato e successivamente estradato in Olanda per essere processato dal tribunale internazionale dell’Aia. Anche il figlio maggiore e la moglie sono stati arrestati e portati in luoghi sconosciuti, molti sostenitori hanno avuto la stessa sorte o, addirittura, sono stati uccisi. L’autore parla anche di torture…
Finisce così, con tristezza e delusione, il libro di Akmel che, prima di questa appendice, terminava invece con parole ricche di speranza.
Posso però aggiungere io un ulteriore “capitolo” che raddolcisce un minimo l’amarezza del libro.
Qualche mese fa (forse era l’estate del 2021?) incontrai un Akmel particolarmente euforico e soddisfatto: Gbagbo era infatti stato assolto dal tribunale internazionale dell’Aia: Akmel aveva intervistato uno dei giudici e progettava di scrivere un nuovo libro...
Ho dato un’occhiata anche alla pagina Wikipedia di Gbagbo: la versione italiana non è aggiornata e si ferma all’arresto e alla carcerazione in Olanda; la pagina inglese invece arriva al recentissimo ritorno di Gbagbo in patria.
Chiaramente in entrambe le versioni in linea predomina una narrativa in cui la Francia non ha colpe che, anzi, se ci sono (ma il tribunale dell’Aia ha stabilito che non è così), allora ricadono tutte su Gbagbo.
Personalmente credo però alla versione di Akmel: non perché lo conosco di persona ma perché la sua interpretazione dei fatti, incentrata sulla difesa degli interessi economici francesi, ha maggior senso e, del resto, è in linea con la rappresentazione della situazione geopolitica africana illustrata dalla Bifarini nel suo saggio.
Conclusione: un buon libro che sono contento di aver letto: una testimonianza che conferma quanto già avevo appreso da altre fonti. Forse Akmel non sarà il più oggettivo e distaccato degli autori, sempre infatti traspare il grande amore per la patria d’origine, ma la sua versione dei fatti è, proprio per questo, utile e significativa.
venerdì 22 aprile 2022
Chiacchiere in libertà
Ho varie idee per brevi corti ma, per mia comodità, preferisco scriverli tutti insieme in un unico pezzo.
Ieri sera, dopo che avevo già programmato la pubblicazione del pezzo Da Biden a Musk, mi sono imbattuto in questo video: Poison pills, poison frogs, and protecting free speech - Elon Musk's Twitter play del canale DarkHorse Podcast Clips.
Mi sembra confermino la teoria che anch’io avevo proposto.
Interessante la parte in cui si spiega come certe strategie funzionino solo col numero “speciale” zero, ovvero quando tutte le società la perseguono senza eccezione. Nel caso in questione è possibile sopprimere la libertà di espressione e censurare, sia direttamente che indirettamente, solo se tutte le reti sociali (ovviamente mi riferisco solo ai giganti del settore) si accordano fra loro per fare così. Se uno solo di questi colossi agisse diversamente acquisterebbe immediatamente una fetta di mercato a danno della concorrenza.
Niente di nuovo comunque: un cartello funziona se tutte le società del medesimo settore lo sottoscrivono...
Oggi invece ho trovato questa interessantissima intervista allo stesso Musk: Elon Musk secures enough funding to take over Twitter. Poche parole che però sembrano confermare la mia interpretazione della sua volontà.
Ah! poi mi è venuta la curiosità si scoprire quale sia il tipo MBTI di Musk. Le teorie sono due: INTP e INTJ. A favore di INTJ vi è l’argomento che è questo tipo che, in genere, riesce a portare fino in fondo le imprese in cui si imbarca. Ma mi pare debole: anche gli INTP sono in grado di avere successo (per esempio Bill Gates è un INTP confermato). Di contro è nella natura degli INTP tendere a spaziare senza concentrarsi troppo su un singolo elemento: e questo mi pare conforme alla poliedrica natura delle iniziative imprenditoriali di Musk. A favore di INTP ci sarebbe poi anche il suo non prepararsi e non apparire impeccabile alle interviste (gli INTJ tendono a dare molta importanza anche alla forma esteriore) e il suo arrivare in ritardo anche ad appuntamenti importanti (*1).
Incuriosito dall’idea di tipi MBTI e personaggi famosi ho trovato un mosaico diverso dal solito di personaggi/relativo tipo a Historical figures da Reddit.com che rubo e ripropongo qui di seguito:
Vediamo chi riconosco partendo dall’angolo in alto a sinistra:
INTJ – Lenin → Non conosco Lenin ma mi pare plausibile.
INTP – Abramo Lincoln → Non l’avrei detto: in genere non si associano forti valori morali agli INTP (è roba più da INFP)…
ENTJ – Cesare (?) → Plausibile.
ENTP – Mao → Non saprei: non conosco bene gli ENTP. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare non hanno molto a che vedere con gli INTP dato che le funzioni dominante e secondaria sono invertite: INTP ha infatti Ti e poi Ne mentre gli ENTP hanno Ne e poi Ti. Secondo me gli INTP sono più simili agli ENTJ (con cui vanno d’accordo) che hanno Te e Ni.
INFJ – Rasputin (?) → Ah! Ah! Sì, direi che è plausibile! Gli INFJ sono caratterizzati dalle personalità “intense”. Io sospetto (non vuole fare il questionario!) di avere un amico INFJ e ci vado (come da teoria) estremamente d’accordo.
INFP - ?? → È un tipo psicologico che conosco perché mi sono convinto di esserlo stato per brevissimo tempo nella primissima infanzia: è caratterizzato dal fatto di essere super emotivo e instabile soprattutto da bambini. Ha di buono di essere una tipologia molto creativa e dai fermi principi morali. Il tizio della foto sembra abbastanza folle in effetti (sarà un poeta scommetto).
ENFJ - ?? → Non lo riconosco! E comunque non conosco questa tipologia quindi non potrei commentare tale associazione…
ENFP – il Che → Secondo una mia teoria proprio mia madre potrebbe essere stata una ENFP, e in effetti ci vedo molte affinità col famoso e fascinoso terrorista (oggi sarebbe chiamato così)…
ISTJ – Un presidente USA (?) → Plausibile: gli ISTJ sono solidi e affidabili, capaci di divenire grandi esperti di una materia.
ISFJ - ?? → Bo, conosco comunque poco il tipo: sospetto di avere un amico ma non posso confermare. Se ben ricordo dovrebbero essere tipi imprevedibili e piuttosto umorali.
ESTJ – Saddam → Ah! Ah! Sì, possibilissimo! Dopo la mia esperienza diretta con un “dittatorino” ESTJ riconosco facilmente questo tipo (v. il corto Un pazzo e un deficiente)…
ESFJ – Carter (?) → Non saprei… conosco bene gli ESFJ ma non Carter quindi non posso giudicare… Il tipo ESFJ è il più comune fra le donne e ha la caratteristica precipua di venire incontro al prossimo e soprattutto a chi è legato arrivando al punto di sacrificare se stesso…
ISTP – Rommel (?) → Non conosco il generale della foto, non sono neppure sicuro sia Rommel, comunque ISTP è una personalità interessante nota per essere quella classica dei “serial killer”! Estremamente logici (Ti dominante come per gli INTP) sono anche attenti ai dettagli (Se secondaria). Ah! Sono anche particolarmente cinici e ottimi sportivi… Io ho un amico che è il classico ISTP (spero non “serial killer”)…
ISFP - ?? → Bo… non conosco né il tizio né il tipo…
ESTP – Churchill → Non conosco il tipo psicologico…
ESFP – Reagan → Conosco poco il tipo ma credo sia quello classico degli attori quindi dovrebbe essere giusto…
Vabbè, oggi ho veramente caz####, ma ogni tanto ci vuole!
Conclusione: avevo altre cose da scrivere ma me ne sono immediatamente dimenticato. Mi torneranno in mente appena pubblico questo pezzo!
Nota (*1): la scarsa puntualità, ci tengo a precisarlo, è l’unica caratteristica da INTP che mi manca totalmente: a meno che arrivare MOLTO prima dell’orario fissato non possa essere considerato come un qualcosa di analogo...
Ieri sera, dopo che avevo già programmato la pubblicazione del pezzo Da Biden a Musk, mi sono imbattuto in questo video: Poison pills, poison frogs, and protecting free speech - Elon Musk's Twitter play del canale DarkHorse Podcast Clips.
Mi sembra confermino la teoria che anch’io avevo proposto.
Interessante la parte in cui si spiega come certe strategie funzionino solo col numero “speciale” zero, ovvero quando tutte le società la perseguono senza eccezione. Nel caso in questione è possibile sopprimere la libertà di espressione e censurare, sia direttamente che indirettamente, solo se tutte le reti sociali (ovviamente mi riferisco solo ai giganti del settore) si accordano fra loro per fare così. Se uno solo di questi colossi agisse diversamente acquisterebbe immediatamente una fetta di mercato a danno della concorrenza.
Niente di nuovo comunque: un cartello funziona se tutte le società del medesimo settore lo sottoscrivono...
Oggi invece ho trovato questa interessantissima intervista allo stesso Musk: Elon Musk secures enough funding to take over Twitter. Poche parole che però sembrano confermare la mia interpretazione della sua volontà.
Ah! poi mi è venuta la curiosità si scoprire quale sia il tipo MBTI di Musk. Le teorie sono due: INTP e INTJ. A favore di INTJ vi è l’argomento che è questo tipo che, in genere, riesce a portare fino in fondo le imprese in cui si imbarca. Ma mi pare debole: anche gli INTP sono in grado di avere successo (per esempio Bill Gates è un INTP confermato). Di contro è nella natura degli INTP tendere a spaziare senza concentrarsi troppo su un singolo elemento: e questo mi pare conforme alla poliedrica natura delle iniziative imprenditoriali di Musk. A favore di INTP ci sarebbe poi anche il suo non prepararsi e non apparire impeccabile alle interviste (gli INTJ tendono a dare molta importanza anche alla forma esteriore) e il suo arrivare in ritardo anche ad appuntamenti importanti (*1).
Incuriosito dall’idea di tipi MBTI e personaggi famosi ho trovato un mosaico diverso dal solito di personaggi/relativo tipo a Historical figures da Reddit.com che rubo e ripropongo qui di seguito:
Vediamo chi riconosco partendo dall’angolo in alto a sinistra:
INTJ – Lenin → Non conosco Lenin ma mi pare plausibile.
INTP – Abramo Lincoln → Non l’avrei detto: in genere non si associano forti valori morali agli INTP (è roba più da INFP)…
ENTJ – Cesare (?) → Plausibile.
ENTP – Mao → Non saprei: non conosco bene gli ENTP. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare non hanno molto a che vedere con gli INTP dato che le funzioni dominante e secondaria sono invertite: INTP ha infatti Ti e poi Ne mentre gli ENTP hanno Ne e poi Ti. Secondo me gli INTP sono più simili agli ENTJ (con cui vanno d’accordo) che hanno Te e Ni.
INFJ – Rasputin (?) → Ah! Ah! Sì, direi che è plausibile! Gli INFJ sono caratterizzati dalle personalità “intense”. Io sospetto (non vuole fare il questionario!) di avere un amico INFJ e ci vado (come da teoria) estremamente d’accordo.
INFP - ?? → È un tipo psicologico che conosco perché mi sono convinto di esserlo stato per brevissimo tempo nella primissima infanzia: è caratterizzato dal fatto di essere super emotivo e instabile soprattutto da bambini. Ha di buono di essere una tipologia molto creativa e dai fermi principi morali. Il tizio della foto sembra abbastanza folle in effetti (sarà un poeta scommetto).
ENFJ - ?? → Non lo riconosco! E comunque non conosco questa tipologia quindi non potrei commentare tale associazione…
ENFP – il Che → Secondo una mia teoria proprio mia madre potrebbe essere stata una ENFP, e in effetti ci vedo molte affinità col famoso e fascinoso terrorista (oggi sarebbe chiamato così)…
ISTJ – Un presidente USA (?) → Plausibile: gli ISTJ sono solidi e affidabili, capaci di divenire grandi esperti di una materia.
ISFJ - ?? → Bo, conosco comunque poco il tipo: sospetto di avere un amico ma non posso confermare. Se ben ricordo dovrebbero essere tipi imprevedibili e piuttosto umorali.
ESTJ – Saddam → Ah! Ah! Sì, possibilissimo! Dopo la mia esperienza diretta con un “dittatorino” ESTJ riconosco facilmente questo tipo (v. il corto Un pazzo e un deficiente)…
ESFJ – Carter (?) → Non saprei… conosco bene gli ESFJ ma non Carter quindi non posso giudicare… Il tipo ESFJ è il più comune fra le donne e ha la caratteristica precipua di venire incontro al prossimo e soprattutto a chi è legato arrivando al punto di sacrificare se stesso…
ISTP – Rommel (?) → Non conosco il generale della foto, non sono neppure sicuro sia Rommel, comunque ISTP è una personalità interessante nota per essere quella classica dei “serial killer”! Estremamente logici (Ti dominante come per gli INTP) sono anche attenti ai dettagli (Se secondaria). Ah! Sono anche particolarmente cinici e ottimi sportivi… Io ho un amico che è il classico ISTP (spero non “serial killer”)…
ISFP - ?? → Bo… non conosco né il tizio né il tipo…
ESTP – Churchill → Non conosco il tipo psicologico…
ESFP – Reagan → Conosco poco il tipo ma credo sia quello classico degli attori quindi dovrebbe essere giusto…
Vabbè, oggi ho veramente caz####, ma ogni tanto ci vuole!
Conclusione: avevo altre cose da scrivere ma me ne sono immediatamente dimenticato. Mi torneranno in mente appena pubblico questo pezzo!
Nota (*1): la scarsa puntualità, ci tengo a precisarlo, è l’unica caratteristica da INTP che mi manca totalmente: a meno che arrivare MOLTO prima dell’orario fissato non possa essere considerato come un qualcosa di analogo...
Da Biden a Musk
Allora, non so bene da dove partire: tanto per cambiare oggi so dove voglio arrivare ma ho il problema di legare insieme due argomenti e devo pensare alla strategia migliore per riuscirci…
Va bene, seguirò un criterio cronologico.
Torniamo a questa estate: un mio amico mi racconta dei problemi mentali di Biden riepilogandomi vari aneddoti talmente assurdi che sarebbero stati divertenti se non riguardassero l’uomo più potente del pianeta.
Qualche notizia era giunta anche a me ma non l’avevo presa troppo sul serio: l’avevo classificata come comune pubblicità negativa organizzata dalla parte politica avversa. Del resto è facile estrarre anche un video dal suo contesto e far passare per matto il suo protagonista…
Poi in autunno abbiamo visto come Biden abbia sposato la “linea dura” sul vaccino, considerato l’unica salvezza contro il virus. Non voglio né ripetermi né andare fuori tema ma per me il vaccino avrebbe dovuto essere solo uno di tanti altri strumenti a disposizione per combattere la pandemia, non l’unico. Ovviamente la scelta di Biden ha fatto felici le case farmaceutiche dato che anche la maggioranza dell’Europa occidentale gli è andata dietro ubbidiente; per non parlare dell’Italia dove il servo di altri servi ha cercato di sorpassare, riuscendoci, il padrone americano nel mostrare il proprio zelo liberticida nell’imporre il vaccino a tutta la popolazione.
Nell’autunno poi le ricerche sui limiti (notevoli) e rischi (significativi) dei vaccini hanno iniziato a moltiplicarsi: ma il mondo politico invece di fare un passo indietro, scusandosi con la popolazione per l’errore di valutazione commesso, ha preferito far finta di niente rincarando anzi la dose (!). Del resto, anche in questo caso, Biden ha dettato la via al resto dell’occidente.
Siamo poi arrivati all’inizio di questo 2022: fortunatamente il virus si è evoluto in una variante non pericolosa e, personalmente, continuo a pensare che l’immunità naturale che la variante omicron sta dando a tutto il mondo ne segnerà anche la fine come reale pericolo. Finalmente si è iniziata a vedere la luce in fondo al tunnel, "finalmente ci sarà un po’ di ripresa" credo abbiamo pensato un po’ tutti.
E invece cosa ti combina il presidente americano? Da oltre un decennio la crisi Russia-Ucraina sta sobbollendo: volendo ci sarebbero tutte le opportunità per giungere a un compromesso. Per esempio Ucraina nella UE ma con l’impegno scritto a non entrare nella NATO, scioglimento dei gruppi paramilitari di estrema destra e concessioni di autonomia ai territori del Donbass pur rimanendo sotto il controllo di Kiev. Probabilmente un accordo di questo genere, con qualche mugugno, sarebbe stato accettabile da tutti: problema risolto senza spargimento di sangue né sanzioni.
Ma invece di cercare la pace Biden fa di tutto per gettare benzina sul fuoco provocando la Russia, rifornendo di armi l’Ucraina e ventilando la sua entrata nella NATO in tempi brevissimi.
Il lavoro diplomatico della Merkel per la pace in Europa, cercando di avvicinare Russia alla UE e alla Germania, mandato in fumo in poche settimane...
L’Europa anche in questo caso va pedissequamente dietro al volere di Biden. Da notare che oltretutto il comportamento europeo (e dell’Italia in particolare) è autolesionistico: la nostra dipendenza di materia prime dalla Russia, e in particolare dall’energia, è enorme. Solo per il gas necessitiamo di 50 miliardi di metri cubi (cifra per difetto, ho sentito anche di 75) e al massimo possiamo rastrellare, pagando molto di più, sui 10 (cifra per eccesso, più realistico un 5). Insomma i conti non tornano e, soprattutto, non c'è verso di farli tornare specialmente in tempi brevissimi.
Tutti, a livello politico, ne sono consapevoli eppure fingono che non sia così.
Nel frattempo ci sorbiamo una propaganda di guerra e, a livello UE, per "amore" dell’informazione, si è subito deciso di censurare i canali russi. C’è stato insomma un goffo tentativo orwelliano di riscrivere la storia: di mostrare Putin come un pazzo scatenato oppure di trasformare reparti militari dichiaratamente neonazisti in partigiani della libertà. Insomma cose di questo genere…
Ora però siamo ad aprile e cosa sta accadendo?
Gli episodi di demenza senile (*0) a danno del presidente Biden si stanno moltiplicando e sono sempre più impressionanti. Da quando ho scritto il corto Come sta Biden? ci sono stati almeno altri due episodi significativi: cercate in rete il coniglio pasquale che ordina al presidente degli USA di non fare dichiarazioni avventate alla folla, oppure la moglie che gli bisbiglia di salutare una volta terminato il discorso oppure lo sguardo vuoto e smarrito mentre è subissato di domande dai giornalisti…
Per riconoscere i primi sintomi di demenza senza una visita specialistica bisogna passare molto tempo con la persona melata in maniera da poterne notare gli indizi, i piccoli cambiamenti. Il malato infatti, forse inconsciamente, impara a evitare tutte le attività che metterebbero in evidenza la propria incapacità.
Quando la malattia diviene palese anche all’osservatore occasionale allora significa che siamo ormai in una fase estremamente avanzata: sicuramente quando Biden è stato eletto egli era già ammalato ma semplicemente, dall'esterno, non si capiva. Col senno di poi numerose dichiarazioni di esponenti democratici del periodo assumono ora un significato molto diverso.
Chiaro che adesso è evidente che tutta la strategia politica di Biden va riletta alla luce di una parziale ma sostanziale incapacità di intendere e volere. È altrettanto chiaro che Biden non è in grado di guidare la sua squadra di governo e che, verosimilmente, è lui a essere guidato da essa.
Una squadra di governo senza una guida salda cade facilmente nell’anarchia: in questo caso mi immagino che si presti con estrema facilità al servizio dei potentati economici, di qualunque specie essi siano.
Ecco quindi spiegata l’ottusa sudditanza agli interessi delle case farmaceutiche e l’ancora più grave, anzi esecrabile, politica estera il cui vero scopo sembra essere quella di giustificare facilmente nuove spese per l’industria bellica, alimentata dalle tensioni geopolitiche.
Ovviamente questa narrativa, prima tutta a favore dei vaccini e adesso la propaganda di guerra, è stata resa possibile dal servilismo dei media totalmente allineati col potere.
Voglio citare un “complottista” che la pensava come me:
«I giornali di un paese possono, in due settimane, portare la folla cieca e ignorante a uno stato di esasperazione e di eccitazione da indurre gli uomini a indossare l’abito militare per uccidere e farsi uccidere allo scopo di permettere a ignoti affaristi di realizzare i loro ignobili piani.» (*1)
e «Bisogna rendersi conto che i potenti gruppi industriali interessati alla fabbricazione delle armi sono, in tutti i paesi, contrari al regolamento pacifico delle controversie internazionali e che i governanti non potranno realizzare questo scopo importante [la promozione della pace] senza l’appoggio energico della maggioranza della popolazione.» (*2)
Infine che dire dei politici europei?
Se, come dice il proverbio, nel regno dei ciechi l’orbo è re, ovvero che i ciechi seguono l’orbo, allora che dire di chi obbedisce pedissequamente agli ordini di un anziano affetto da demenza senile?
Come possono giustificare le loro politiche assurde, fallimentari e per giunta autolesionistiche?
Lo stesso Biden l’ha detto: “L’Europa subirà un colpo molto duro dalla guerra di sanzioni alla Russia ma sono disposto a pagarne il prezzo”. Capito? Lui è “disposto a pagarne il prezzo” che, infatti, pagheranno gli europei! Tutto del resto in linea col “fuck Europe!” dell’epoca Obama (v. il corto La voce del generale)…
Mi piace ricordare che accanto a Biden, anzi ossequiosamente qualche metro più indietro, a mani giunte e sorridente, avevamo la bella statuina Von der Leyen, impeccabilmente pettinata, elegantemente agghindata e, ovviamente, totalmente muta…
Nel nuovo capitolo della mia Epitome ([E] 15) ho introdotto il concetto di “decadenza” che nella mia particolare accezione indica una società guidata da un potere politico incapace: un presidente affetto da demenza senile ne è il più emblematico paradigma.
Sempre nello stesso capitolo spiego come nella crisi dell’occidente sia decisivo il ruolo guida degli USA: non penso quindi che sia un caso che proprio un presidente americano, chiaramente non in grado di adempiere al proprio ruolo, stia trascinando l’occidente verso il disastro più completo per il miope interesse di pochi.
A queste notizie mi chiedevo perché il partito democratico non spingesse per sostituire Biden con la vicepresidente Kamala Harris: il problema, se ho ben capito, è che la signora è diciamo “non brillante”; scelta insomma per ragioni di immagine più che di capacità.
Suppongo quindi che per la squadra presidenziale sia più semplice gestire un presidente che nel suo ottenebramento mentale fa ciò che gli viene suggerito piuttosto che una donna, sana di mente, ma potenzialmente imprevedibile…
Tornando a Biden, egli è (sfortunatamente) l’esempio di come, in una fase di decadenza complessiva, un cattivo presidente USA rischi di trascinare con sé l’intero occidente.
A questo riguardo ho scoperto qualcosa che potenzialmente potrebbe cambiare in maniera significativamente il futuro e, potenzialmente, invertirlo.
Non sono un appassionato di miliardari e quindi ho scoperto relativamente tardi Elon Musk: il fondatore della Tesla, SpaceX, Neuralink e di tante altre imprese eccezionalmente variegate e innovative.
Non sono un appassionato perché nel loro successo vedo sì una base di capacità ma soprattutto di fortuna, a partire dall’essere nati nel posto giusto (gli USA) al momento giusto.
Non vi vedo esempi di grande creatività ma solo di coincidenze che hanno premiato loro ma avrebbero potuto arricchire tanti altri imprenditori altrettanto se non più capaci. Se Bill Gates avesse deciso di divenire un fabbro allora l’IBM avrebbe commissionato il sistema operativo per i suoi PC a un altro fornitore che, più o meno, avrebbe avuto altrettanto successo.
Feci una riflessione analoga, riguardo gli scienziati, nel 2019 in Scienziati fortunati spiegando che i veri geni erano quelli che non si limitavano a una singola intuizione ma che ne avevano molteplici: «La fortuna di queste coincidenze positive però difficilmente si ripete ed ecco perché questi scienziati non hanno altri “acuti”. Al contrario esiste poi il genio che si prende sulle spalle una disciplina e la porta avanti di peso grazie a una serie continua di intuizioni. Questi scienziati sono quelli che possono fare più di una scoperta importante nel corso della loro carriera.»
Citavo poi Freud come esempio di genio ma, per esempio, possiamo aggiungerci Einstein oppure, andando nel passato, Newton o Galilei.
Ecco, l’eccezionalità di Musk sta proprio in questa sua poliedricità: non si è limitato a sfruttare il colpo di fortuna iniziale, che sicuramente avrà avuto, ma ha continuato a reinventarsi: nel suo campo egli equivale quindi ai geni della scienza.
Credo perciò che Musk sia un miliardario sui generis non banalmente intento ad accumulare denaro.
Recentemente egli ha fatto una mega offerta per l’acquisto di Twitter: secondo l’opinione di presunti esperti il prezzo che offre per azione è sostanzialmente superiore al valore di mercato e non vi è quindi ragione per cui il consiglio di amministrazione non l’accetti: eppure ha rifiutato.
Secondo questi esperti, e la loro ipotesi mi pare molto convincente, la ragione non è economica ma politica. Le posizioni di Musk sulla libertà di espressione e la censura sono estremamente libertarie e la sensazione è che, se egli divenisse il capo di Twitter, potrebbe portare alla luce tutti i meccanismi di censura, anche indiretta, nascosta negli algoritmi di tale piattaforma.
Adesso, a chi non gradisce le restrizioni di questi giganti informatici, viene detto di usare altri prodotti ma, in verità, non vi è scelta: abbandonare siti come FB, YouTube o, appunto, Twitter, equivale a restringere il proprio bacino si utenti di tre o quattro ordine di grandezza.
Ma se Twitter cambiasse nettamente politica, divenendo una piattaforma sostanzialmente libera, causerebbe un terremoto che costringerebbe gli altri colossi ad adeguarsi o a perdere sostanziali fette di mercato.
Chiaro che nel caso di Twitter queste dubbie strategie commerciali si intrecciano con scelte politiche ben definite: cosa succederebbe, per esempio, se si scoprisse che Twitter ha ingiustamente penalizzato Trump nell’ultima campagna elettorale? Gli USA non sono l’Italia e, credo, l’indignazione popolare costringerebbe alle dimissioni l’attuale presidente.
Ecco perché i vertici di Twitter sono costretti a rifiutare un’offerta economicamente molto vantaggiosa: da quel che ho capito sembra che Musk voglia rilanciare con un’offerta ancora più alta, forse proprio per dimostrare che, se anche questa seconda proposta venisse rifiutata, le ragioni non sarebbero economiche…
Io credo che a Musk verrà impedito in ogni modo di prendere il controllo di Twitter se la sua volontà fosse effettivamente quella di aprire gli armadi e vedere che scheletri nascondono.
Non credo quindi che Musk riuscirà nel suo intento ma se vi riuscisse, e se mantenesse davvero le proprie promesse, ne verrebbero fuori delle belle…
Ma cosa c’entra questa digressione su Musk con quanto scritto precedentemente?
Beh, io credo che Musk non si accontenti di fare soldi ma voglia effettivamente cambiare il mondo (*3). Come riuscirci? Beh, la strada più efficace sarebbe quella di divenire presidente degli USA.
Trump ha dimostrato che gli americani non hanno pregiudizi verso i miliardari: se Musk desse una ripulita a Twitter (rivoluzionando contemporaneamente le politiche ormai comuni in tale mercato) si costruirebbe un biglietto da visita notevole.
Un visionario negli affari come lui rimarrebbe un visionario anche in politica: ecco quindi che il mondo potrebbe improvvisamente cambiare anche notevolmente, forse perfino in meglio…
Conclusione: ma state sicuri che Musk non riuscirà a impadronirsi di Twitter oppure il governo gli vieterà di rivelare tutte le scorrettezze che sicuramente sono state fatte negli ultimi anni. Vedremo.
Ma non mi stupirei se Musk, diciamo nei prossimi dieci anni, scendesse ufficialmente nell’agone politico.
Ecco mi viene il dubbio che non sia nato negli USA (condizione necessaria per divenirne presidente) ma dovrei verificare…
… pensa te! è nato in Sudafrica, io invece avevo il dubbio che fosse canadese! Questo gli impedirebbe di divenire presidente degli USA… peccato!
Nota (*0): non sono un medico e quindi uso l’espressione “demenza senile” in senso generico per indicare la malattia, qualunque essa sia, che sta provocando il palese decadimento cognitivo del presidente USA.
Nota (*1): tratto da “Come io vedo il mondo” di Albert Einstein, (E.) Newton, 1975, R. Valori, pag. 14.
Nota (*2): ibidem, pag. 31.
Nota (*3): a parte la dichiarazione (da Wikipedia) “Ho investito in Twitter perché credo nel suo potenziale per essere la piattaforma per la libertà di parola in tutto il mondo”. Musk ha poi fondato OpenAI per lo sviluppo di un’Intelligenza Artificiale libera oppure ha reso liberamente disponibili i progetti della Tesla: ricordo di aver visto un video al riguardo dove l’intervistatrice gli chiedeva cosa ci guadagnava, Musk le rispondeva “nulla” e lei non capiva!
Va bene, seguirò un criterio cronologico.
Torniamo a questa estate: un mio amico mi racconta dei problemi mentali di Biden riepilogandomi vari aneddoti talmente assurdi che sarebbero stati divertenti se non riguardassero l’uomo più potente del pianeta.
Qualche notizia era giunta anche a me ma non l’avevo presa troppo sul serio: l’avevo classificata come comune pubblicità negativa organizzata dalla parte politica avversa. Del resto è facile estrarre anche un video dal suo contesto e far passare per matto il suo protagonista…
Poi in autunno abbiamo visto come Biden abbia sposato la “linea dura” sul vaccino, considerato l’unica salvezza contro il virus. Non voglio né ripetermi né andare fuori tema ma per me il vaccino avrebbe dovuto essere solo uno di tanti altri strumenti a disposizione per combattere la pandemia, non l’unico. Ovviamente la scelta di Biden ha fatto felici le case farmaceutiche dato che anche la maggioranza dell’Europa occidentale gli è andata dietro ubbidiente; per non parlare dell’Italia dove il servo di altri servi ha cercato di sorpassare, riuscendoci, il padrone americano nel mostrare il proprio zelo liberticida nell’imporre il vaccino a tutta la popolazione.
Nell’autunno poi le ricerche sui limiti (notevoli) e rischi (significativi) dei vaccini hanno iniziato a moltiplicarsi: ma il mondo politico invece di fare un passo indietro, scusandosi con la popolazione per l’errore di valutazione commesso, ha preferito far finta di niente rincarando anzi la dose (!). Del resto, anche in questo caso, Biden ha dettato la via al resto dell’occidente.
Siamo poi arrivati all’inizio di questo 2022: fortunatamente il virus si è evoluto in una variante non pericolosa e, personalmente, continuo a pensare che l’immunità naturale che la variante omicron sta dando a tutto il mondo ne segnerà anche la fine come reale pericolo. Finalmente si è iniziata a vedere la luce in fondo al tunnel, "finalmente ci sarà un po’ di ripresa" credo abbiamo pensato un po’ tutti.
E invece cosa ti combina il presidente americano? Da oltre un decennio la crisi Russia-Ucraina sta sobbollendo: volendo ci sarebbero tutte le opportunità per giungere a un compromesso. Per esempio Ucraina nella UE ma con l’impegno scritto a non entrare nella NATO, scioglimento dei gruppi paramilitari di estrema destra e concessioni di autonomia ai territori del Donbass pur rimanendo sotto il controllo di Kiev. Probabilmente un accordo di questo genere, con qualche mugugno, sarebbe stato accettabile da tutti: problema risolto senza spargimento di sangue né sanzioni.
Ma invece di cercare la pace Biden fa di tutto per gettare benzina sul fuoco provocando la Russia, rifornendo di armi l’Ucraina e ventilando la sua entrata nella NATO in tempi brevissimi.
Il lavoro diplomatico della Merkel per la pace in Europa, cercando di avvicinare Russia alla UE e alla Germania, mandato in fumo in poche settimane...
L’Europa anche in questo caso va pedissequamente dietro al volere di Biden. Da notare che oltretutto il comportamento europeo (e dell’Italia in particolare) è autolesionistico: la nostra dipendenza di materia prime dalla Russia, e in particolare dall’energia, è enorme. Solo per il gas necessitiamo di 50 miliardi di metri cubi (cifra per difetto, ho sentito anche di 75) e al massimo possiamo rastrellare, pagando molto di più, sui 10 (cifra per eccesso, più realistico un 5). Insomma i conti non tornano e, soprattutto, non c'è verso di farli tornare specialmente in tempi brevissimi.
Tutti, a livello politico, ne sono consapevoli eppure fingono che non sia così.
Nel frattempo ci sorbiamo una propaganda di guerra e, a livello UE, per "amore" dell’informazione, si è subito deciso di censurare i canali russi. C’è stato insomma un goffo tentativo orwelliano di riscrivere la storia: di mostrare Putin come un pazzo scatenato oppure di trasformare reparti militari dichiaratamente neonazisti in partigiani della libertà. Insomma cose di questo genere…
Ora però siamo ad aprile e cosa sta accadendo?
Gli episodi di demenza senile (*0) a danno del presidente Biden si stanno moltiplicando e sono sempre più impressionanti. Da quando ho scritto il corto Come sta Biden? ci sono stati almeno altri due episodi significativi: cercate in rete il coniglio pasquale che ordina al presidente degli USA di non fare dichiarazioni avventate alla folla, oppure la moglie che gli bisbiglia di salutare una volta terminato il discorso oppure lo sguardo vuoto e smarrito mentre è subissato di domande dai giornalisti…
Per riconoscere i primi sintomi di demenza senza una visita specialistica bisogna passare molto tempo con la persona melata in maniera da poterne notare gli indizi, i piccoli cambiamenti. Il malato infatti, forse inconsciamente, impara a evitare tutte le attività che metterebbero in evidenza la propria incapacità.
Quando la malattia diviene palese anche all’osservatore occasionale allora significa che siamo ormai in una fase estremamente avanzata: sicuramente quando Biden è stato eletto egli era già ammalato ma semplicemente, dall'esterno, non si capiva. Col senno di poi numerose dichiarazioni di esponenti democratici del periodo assumono ora un significato molto diverso.
Chiaro che adesso è evidente che tutta la strategia politica di Biden va riletta alla luce di una parziale ma sostanziale incapacità di intendere e volere. È altrettanto chiaro che Biden non è in grado di guidare la sua squadra di governo e che, verosimilmente, è lui a essere guidato da essa.
Una squadra di governo senza una guida salda cade facilmente nell’anarchia: in questo caso mi immagino che si presti con estrema facilità al servizio dei potentati economici, di qualunque specie essi siano.
Ecco quindi spiegata l’ottusa sudditanza agli interessi delle case farmaceutiche e l’ancora più grave, anzi esecrabile, politica estera il cui vero scopo sembra essere quella di giustificare facilmente nuove spese per l’industria bellica, alimentata dalle tensioni geopolitiche.
Ovviamente questa narrativa, prima tutta a favore dei vaccini e adesso la propaganda di guerra, è stata resa possibile dal servilismo dei media totalmente allineati col potere.
Voglio citare un “complottista” che la pensava come me:
«I giornali di un paese possono, in due settimane, portare la folla cieca e ignorante a uno stato di esasperazione e di eccitazione da indurre gli uomini a indossare l’abito militare per uccidere e farsi uccidere allo scopo di permettere a ignoti affaristi di realizzare i loro ignobili piani.» (*1)
e «Bisogna rendersi conto che i potenti gruppi industriali interessati alla fabbricazione delle armi sono, in tutti i paesi, contrari al regolamento pacifico delle controversie internazionali e che i governanti non potranno realizzare questo scopo importante [la promozione della pace] senza l’appoggio energico della maggioranza della popolazione.» (*2)
Infine che dire dei politici europei?
Se, come dice il proverbio, nel regno dei ciechi l’orbo è re, ovvero che i ciechi seguono l’orbo, allora che dire di chi obbedisce pedissequamente agli ordini di un anziano affetto da demenza senile?
Come possono giustificare le loro politiche assurde, fallimentari e per giunta autolesionistiche?
Lo stesso Biden l’ha detto: “L’Europa subirà un colpo molto duro dalla guerra di sanzioni alla Russia ma sono disposto a pagarne il prezzo”. Capito? Lui è “disposto a pagarne il prezzo” che, infatti, pagheranno gli europei! Tutto del resto in linea col “fuck Europe!” dell’epoca Obama (v. il corto La voce del generale)…
Mi piace ricordare che accanto a Biden, anzi ossequiosamente qualche metro più indietro, a mani giunte e sorridente, avevamo la bella statuina Von der Leyen, impeccabilmente pettinata, elegantemente agghindata e, ovviamente, totalmente muta…
Nel nuovo capitolo della mia Epitome ([E] 15) ho introdotto il concetto di “decadenza” che nella mia particolare accezione indica una società guidata da un potere politico incapace: un presidente affetto da demenza senile ne è il più emblematico paradigma.
Sempre nello stesso capitolo spiego come nella crisi dell’occidente sia decisivo il ruolo guida degli USA: non penso quindi che sia un caso che proprio un presidente americano, chiaramente non in grado di adempiere al proprio ruolo, stia trascinando l’occidente verso il disastro più completo per il miope interesse di pochi.
A queste notizie mi chiedevo perché il partito democratico non spingesse per sostituire Biden con la vicepresidente Kamala Harris: il problema, se ho ben capito, è che la signora è diciamo “non brillante”; scelta insomma per ragioni di immagine più che di capacità.
Suppongo quindi che per la squadra presidenziale sia più semplice gestire un presidente che nel suo ottenebramento mentale fa ciò che gli viene suggerito piuttosto che una donna, sana di mente, ma potenzialmente imprevedibile…
Tornando a Biden, egli è (sfortunatamente) l’esempio di come, in una fase di decadenza complessiva, un cattivo presidente USA rischi di trascinare con sé l’intero occidente.
A questo riguardo ho scoperto qualcosa che potenzialmente potrebbe cambiare in maniera significativamente il futuro e, potenzialmente, invertirlo.
Non sono un appassionato di miliardari e quindi ho scoperto relativamente tardi Elon Musk: il fondatore della Tesla, SpaceX, Neuralink e di tante altre imprese eccezionalmente variegate e innovative.
Non sono un appassionato perché nel loro successo vedo sì una base di capacità ma soprattutto di fortuna, a partire dall’essere nati nel posto giusto (gli USA) al momento giusto.
Non vi vedo esempi di grande creatività ma solo di coincidenze che hanno premiato loro ma avrebbero potuto arricchire tanti altri imprenditori altrettanto se non più capaci. Se Bill Gates avesse deciso di divenire un fabbro allora l’IBM avrebbe commissionato il sistema operativo per i suoi PC a un altro fornitore che, più o meno, avrebbe avuto altrettanto successo.
Feci una riflessione analoga, riguardo gli scienziati, nel 2019 in Scienziati fortunati spiegando che i veri geni erano quelli che non si limitavano a una singola intuizione ma che ne avevano molteplici: «La fortuna di queste coincidenze positive però difficilmente si ripete ed ecco perché questi scienziati non hanno altri “acuti”. Al contrario esiste poi il genio che si prende sulle spalle una disciplina e la porta avanti di peso grazie a una serie continua di intuizioni. Questi scienziati sono quelli che possono fare più di una scoperta importante nel corso della loro carriera.»
Citavo poi Freud come esempio di genio ma, per esempio, possiamo aggiungerci Einstein oppure, andando nel passato, Newton o Galilei.
Ecco, l’eccezionalità di Musk sta proprio in questa sua poliedricità: non si è limitato a sfruttare il colpo di fortuna iniziale, che sicuramente avrà avuto, ma ha continuato a reinventarsi: nel suo campo egli equivale quindi ai geni della scienza.
Credo perciò che Musk sia un miliardario sui generis non banalmente intento ad accumulare denaro.
Recentemente egli ha fatto una mega offerta per l’acquisto di Twitter: secondo l’opinione di presunti esperti il prezzo che offre per azione è sostanzialmente superiore al valore di mercato e non vi è quindi ragione per cui il consiglio di amministrazione non l’accetti: eppure ha rifiutato.
Secondo questi esperti, e la loro ipotesi mi pare molto convincente, la ragione non è economica ma politica. Le posizioni di Musk sulla libertà di espressione e la censura sono estremamente libertarie e la sensazione è che, se egli divenisse il capo di Twitter, potrebbe portare alla luce tutti i meccanismi di censura, anche indiretta, nascosta negli algoritmi di tale piattaforma.
Adesso, a chi non gradisce le restrizioni di questi giganti informatici, viene detto di usare altri prodotti ma, in verità, non vi è scelta: abbandonare siti come FB, YouTube o, appunto, Twitter, equivale a restringere il proprio bacino si utenti di tre o quattro ordine di grandezza.
Ma se Twitter cambiasse nettamente politica, divenendo una piattaforma sostanzialmente libera, causerebbe un terremoto che costringerebbe gli altri colossi ad adeguarsi o a perdere sostanziali fette di mercato.
Chiaro che nel caso di Twitter queste dubbie strategie commerciali si intrecciano con scelte politiche ben definite: cosa succederebbe, per esempio, se si scoprisse che Twitter ha ingiustamente penalizzato Trump nell’ultima campagna elettorale? Gli USA non sono l’Italia e, credo, l’indignazione popolare costringerebbe alle dimissioni l’attuale presidente.
Ecco perché i vertici di Twitter sono costretti a rifiutare un’offerta economicamente molto vantaggiosa: da quel che ho capito sembra che Musk voglia rilanciare con un’offerta ancora più alta, forse proprio per dimostrare che, se anche questa seconda proposta venisse rifiutata, le ragioni non sarebbero economiche…
Io credo che a Musk verrà impedito in ogni modo di prendere il controllo di Twitter se la sua volontà fosse effettivamente quella di aprire gli armadi e vedere che scheletri nascondono.
Non credo quindi che Musk riuscirà nel suo intento ma se vi riuscisse, e se mantenesse davvero le proprie promesse, ne verrebbero fuori delle belle…
Ma cosa c’entra questa digressione su Musk con quanto scritto precedentemente?
Beh, io credo che Musk non si accontenti di fare soldi ma voglia effettivamente cambiare il mondo (*3). Come riuscirci? Beh, la strada più efficace sarebbe quella di divenire presidente degli USA.
Trump ha dimostrato che gli americani non hanno pregiudizi verso i miliardari: se Musk desse una ripulita a Twitter (rivoluzionando contemporaneamente le politiche ormai comuni in tale mercato) si costruirebbe un biglietto da visita notevole.
Un visionario negli affari come lui rimarrebbe un visionario anche in politica: ecco quindi che il mondo potrebbe improvvisamente cambiare anche notevolmente, forse perfino in meglio…
Conclusione: ma state sicuri che Musk non riuscirà a impadronirsi di Twitter oppure il governo gli vieterà di rivelare tutte le scorrettezze che sicuramente sono state fatte negli ultimi anni. Vedremo.
Ma non mi stupirei se Musk, diciamo nei prossimi dieci anni, scendesse ufficialmente nell’agone politico.
Ecco mi viene il dubbio che non sia nato negli USA (condizione necessaria per divenirne presidente) ma dovrei verificare…
… pensa te! è nato in Sudafrica, io invece avevo il dubbio che fosse canadese! Questo gli impedirebbe di divenire presidente degli USA… peccato!
Nota (*0): non sono un medico e quindi uso l’espressione “demenza senile” in senso generico per indicare la malattia, qualunque essa sia, che sta provocando il palese decadimento cognitivo del presidente USA.
Nota (*1): tratto da “Come io vedo il mondo” di Albert Einstein, (E.) Newton, 1975, R. Valori, pag. 14.
Nota (*2): ibidem, pag. 31.
Nota (*3): a parte la dichiarazione (da Wikipedia) “Ho investito in Twitter perché credo nel suo potenziale per essere la piattaforma per la libertà di parola in tutto il mondo”. Musk ha poi fondato OpenAI per lo sviluppo di un’Intelligenza Artificiale libera oppure ha reso liberamente disponibili i progetti della Tesla: ricordo di aver visto un video al riguardo dove l’intervistatrice gli chiedeva cosa ci guadagnava, Musk le rispondeva “nulla” e lei non capiva!
giovedì 21 aprile 2022
Minoranza persuasiva
Ieri ho terminato il capitolo di psicosociologia sui gruppi: ne conoscevo già alcuni aspetti ma ho anche imparato molte nuove cose.
Come per il precedente capitolo sulla persuasione, ho spesso provato la fastidiosa sensazione che i gruppi di persone (ma anche la società nel suo complesso) siano dei greggi di stupide pecore che seguono l’ariete di turno soprattutto se è atletico, alto e mascolino… (aggiungeteci poi l’impatto sulla persuasione dell’aspetto fisico, v. La persuasione, e inizierete ad avere idea della stupidità umana)...
Insomma, leggere questo capitolo è stato una nuova sofferenza psicologica: probabilmente perché mi rendo sempre più conto di lottare contro i mulini a vento. L’uomo è biologicamente progettato per farsi fregare dal più forte e/o furbo di turno. Gli appelli alla logica, al semplice buon senso, ma anche le argomentazioni più rigorose e chiare recepiti la sera evaporano via dai cervellini ovini come la rugiada al mattino sugli steli d’erba in estate…
Però l’ultima sezione del capitolo è stata una sorpresa: l’argomento è infatti come e quando una minoranza nella società, o poche persone (anche un singolo) in un gruppo, riescano a convincere la maggioranza della propria ragione.
Come ho scritto sopra (e indirettamente anche in Pagnottare sociale) la mia esperienza personale è decisamente negativa e pessimistica al riguardo: non importa quanto fondate siano le ragioni della minoranza, la maggioranza non le ascolterà e, anzi, molti altri fattori psicologici contribuiscono a far sì che i pochi si conformino ai molti.
Ho quindi letto con estrema curiosità e interesse cosa hanno scritto gli autori Myers e Twenge al riguardo…
In verità alla fine non emerge nessuna rivelazione sconcertante ma procediamo con ordine.
Il primo fattore è la coerenza: la minoranza deve essere ferma e convinta della propria posizione. Un esperimento molto intelligente dimostra come una minoranza incerta renda la maggioranza più convinta della propria ragione.
Incidentalmente viene menzionata anche una mia convinzione (che nell’epitome chiamo “limite della resipiscenza”), traduco al volo: «Anche quando elementi della maggioranza capiscono che la persona in disaccordo è fattualmente o moralmente nel giusto, essi potrebbero comunque, se decidono di non cambiare, provare ostilità per tale individuo.»
Per me un comportamento illogico, totalmente assurdo e che faccio fatica a comprendere: ma ormai, essendo abituato a difendere e proporre opinioni fortemente minoritarie mi ero già reso conto che a volte non vi era altra spiegazione che un’ostinata pervicacia (*1).
Altri esperimenti dimostrano come la maggioranza sia portata più spesso alla riflessione dalla perseveranza della minoranza. In questo caso sono un po’ scettico: probabilmente gli autori si immaginano società e/o gruppi non profondamente divisi come gli attuali in Italia (ma anche altrove).
Essi danno per scontato che la politica promuova il dialogo, la comprensione reciproca e la tolleranza all’interno della società: per moltissime ragioni questa è infatti la strategia più proficua per la crescita di tutti. In realtà però la politica attuale è talmente degenerata che, in Italia (e altrove), si criminalizza chi la pensa diversamente: l’effetto è di erigere dei muri invalicabili che bloccano ogni comunicazione. L’esempio classico è quello dei pro-libertà (detti dai detrattori no-vax) accusati a gran voce da tutti i media di essere di volta in volta: fascisti, ignoranti, violenti, pericolosi, criminali, intolleranti, puzzoni e licantropi. Vabbè, non divaghiamo…
Un altro elemento importante è la fiducia in se stessi della minoranza (in questo caso specialmente del singolo in un gruppo avverso): la decisione con cui si prende la parola, la tranquillità con cui si discutono le idee altrui, magari con contro argomenti chiari e semplici (*2)…
Anche qui è possibile che gli autori abbiano ragione ma non so, come nel caso precedente, quanto questo effetto possa realizzarsi nella situazione italiana.
Come ho spiegato il problema è di comunicazione, del muro contro muro volutamente tirato su dalla classe politica, ovvero proprio da chi dovrebbe cercare di rendere la società più tollerante e aperta. Per avere un’idea della possibilità di comunicazione attualmente possibile tutti gli esperimenti citati andrebbero ripetuti simulando l’esasperata diffidenza reciproca fra maggioranza e minoranza (*3).
Il terzo fattore non mi sembra realmente tale: viene semplicemente spiegato che chi defeziona dalla maggioranza, finalmente convinto dagli argomenti della minoranza, diviene a sua volta particolarmente persuasivo nel convincere i suoi ex colleghi. È così che si spiega l’effetto valanga…
Mi chiedo se scientemente alcuni intellettuali organici si presterebbero a supportare temporaneamente gli argomenti della minoranza per poi, alla prima occasione utile, cambiare casacca e tornare alla maggioranza che gli appartiene: non credo ma non è assolutamente da escludere.
Infine, ma di nuovo non è per me un reale fattore (perché, come il precedente, non direttamente controllabile dalla minoranza), fondamentale è il ruolo del capo del gruppo (o della società). Se questo facilità la minoranza dandogli modo di esprimersi e impedendo le normali tendenze che portano la maggioranza a sopprimere le idee minoritarie, allora le possibilità di giungere a una comunicazione proficua o a una posizione di compromesso soddisfacente e utile a tutti si moltiplicano enormemente.
Ma appunto vediamo che a livello di società, in Italia ma anche altrove, sta avvenendo l’opposto: è proprio il potere politico che fa di tutto per esacerbare il dibattito ed evitare ogni sorta di confronto libero e aperto.
Non voglio dilungarmi troppo dato che il pezzo è già sufficientemente lungo ma la domanda fondamentale che dovremmo chiederci è: perché il potere politico sta facendo di tutto per dividere la società invece che unirla?
La mia spiegazione già la conoscete ma in estrema sintesi: non si tratta di ingenuità né di incompetenza ma di un preciso progetto teso a indebolire la popolazione diminuendone la coesione ([E] 3.6). Non caso ma volontà, non errore ma perversione.
Conclusione: che mondo di imbecilli...
Nota (*1): probabilmente sono esplicitamente arrivato a questa conclusione in Gli intelligenti e onesti del PD/PDL del 2014. Mentre cercavo questo pezzo per citarlo mi sono imbattuto in una mia “teoria della persuasione” che, alla luce del precedente capitolo letto (sulla persuasione appunto), ho trovato molto interessante a causa delle profonde intuizioni implicite in essa: Strategia di persuasione.
Nota (*2): qui in effetti io sono carente. I motivi sono molteplici: da una parte sono di mentalità molto aperta e quindi personalmente considero attentamente le idee altrui cercando di calarmi nei loro panni; sono lento a pensare e fatico a esprimermi fluidamente a parole; rifiuto di adoperare quelli che considero “trucchi” immorali (la via periferica, v. La persuasione) ma cerco di attenermi a fatti concreti e oggettivi; sono poi convinto che i miei sforzi siano vani e quindi inutili: che i miei interlocutori non abbiano né la volontà né la capacità di capire le mie idee. Tutti questi fattori messi assieme minano, se non la mia sicurezza, almeno la sua apparenza, che è poi ciò che conta, agli occhi del resto del gruppo.
Nota (*3): si potrebbero formare dei gruppi con una maggioranza di ebrei e una minoranza di tedeschi e dire ai primi che i secondi hanno avuto in passato simpatie neonaziste. Sono sicuro che qualunque fosse l’argomento della minoranza tedesca, per quanto buono e ben fondato, non riuscirebbe a cambiare minimamente l’opinione della maggioranza.
Con le dovute proporzioni questa è la situazione che, lo sottolineo, volutamente è stata creata in Italia dalla classe politica, ovviamente col contributo decisivo dei media.
Come per il precedente capitolo sulla persuasione, ho spesso provato la fastidiosa sensazione che i gruppi di persone (ma anche la società nel suo complesso) siano dei greggi di stupide pecore che seguono l’ariete di turno soprattutto se è atletico, alto e mascolino… (aggiungeteci poi l’impatto sulla persuasione dell’aspetto fisico, v. La persuasione, e inizierete ad avere idea della stupidità umana)...
Insomma, leggere questo capitolo è stato una nuova sofferenza psicologica: probabilmente perché mi rendo sempre più conto di lottare contro i mulini a vento. L’uomo è biologicamente progettato per farsi fregare dal più forte e/o furbo di turno. Gli appelli alla logica, al semplice buon senso, ma anche le argomentazioni più rigorose e chiare recepiti la sera evaporano via dai cervellini ovini come la rugiada al mattino sugli steli d’erba in estate…
Però l’ultima sezione del capitolo è stata una sorpresa: l’argomento è infatti come e quando una minoranza nella società, o poche persone (anche un singolo) in un gruppo, riescano a convincere la maggioranza della propria ragione.
Come ho scritto sopra (e indirettamente anche in Pagnottare sociale) la mia esperienza personale è decisamente negativa e pessimistica al riguardo: non importa quanto fondate siano le ragioni della minoranza, la maggioranza non le ascolterà e, anzi, molti altri fattori psicologici contribuiscono a far sì che i pochi si conformino ai molti.
Ho quindi letto con estrema curiosità e interesse cosa hanno scritto gli autori Myers e Twenge al riguardo…
In verità alla fine non emerge nessuna rivelazione sconcertante ma procediamo con ordine.
Il primo fattore è la coerenza: la minoranza deve essere ferma e convinta della propria posizione. Un esperimento molto intelligente dimostra come una minoranza incerta renda la maggioranza più convinta della propria ragione.
Incidentalmente viene menzionata anche una mia convinzione (che nell’epitome chiamo “limite della resipiscenza”), traduco al volo: «Anche quando elementi della maggioranza capiscono che la persona in disaccordo è fattualmente o moralmente nel giusto, essi potrebbero comunque, se decidono di non cambiare, provare ostilità per tale individuo.»
Per me un comportamento illogico, totalmente assurdo e che faccio fatica a comprendere: ma ormai, essendo abituato a difendere e proporre opinioni fortemente minoritarie mi ero già reso conto che a volte non vi era altra spiegazione che un’ostinata pervicacia (*1).
Altri esperimenti dimostrano come la maggioranza sia portata più spesso alla riflessione dalla perseveranza della minoranza. In questo caso sono un po’ scettico: probabilmente gli autori si immaginano società e/o gruppi non profondamente divisi come gli attuali in Italia (ma anche altrove).
Essi danno per scontato che la politica promuova il dialogo, la comprensione reciproca e la tolleranza all’interno della società: per moltissime ragioni questa è infatti la strategia più proficua per la crescita di tutti. In realtà però la politica attuale è talmente degenerata che, in Italia (e altrove), si criminalizza chi la pensa diversamente: l’effetto è di erigere dei muri invalicabili che bloccano ogni comunicazione. L’esempio classico è quello dei pro-libertà (detti dai detrattori no-vax) accusati a gran voce da tutti i media di essere di volta in volta: fascisti, ignoranti, violenti, pericolosi, criminali, intolleranti, puzzoni e licantropi. Vabbè, non divaghiamo…
Un altro elemento importante è la fiducia in se stessi della minoranza (in questo caso specialmente del singolo in un gruppo avverso): la decisione con cui si prende la parola, la tranquillità con cui si discutono le idee altrui, magari con contro argomenti chiari e semplici (*2)…
Anche qui è possibile che gli autori abbiano ragione ma non so, come nel caso precedente, quanto questo effetto possa realizzarsi nella situazione italiana.
Come ho spiegato il problema è di comunicazione, del muro contro muro volutamente tirato su dalla classe politica, ovvero proprio da chi dovrebbe cercare di rendere la società più tollerante e aperta. Per avere un’idea della possibilità di comunicazione attualmente possibile tutti gli esperimenti citati andrebbero ripetuti simulando l’esasperata diffidenza reciproca fra maggioranza e minoranza (*3).
Il terzo fattore non mi sembra realmente tale: viene semplicemente spiegato che chi defeziona dalla maggioranza, finalmente convinto dagli argomenti della minoranza, diviene a sua volta particolarmente persuasivo nel convincere i suoi ex colleghi. È così che si spiega l’effetto valanga…
Mi chiedo se scientemente alcuni intellettuali organici si presterebbero a supportare temporaneamente gli argomenti della minoranza per poi, alla prima occasione utile, cambiare casacca e tornare alla maggioranza che gli appartiene: non credo ma non è assolutamente da escludere.
Infine, ma di nuovo non è per me un reale fattore (perché, come il precedente, non direttamente controllabile dalla minoranza), fondamentale è il ruolo del capo del gruppo (o della società). Se questo facilità la minoranza dandogli modo di esprimersi e impedendo le normali tendenze che portano la maggioranza a sopprimere le idee minoritarie, allora le possibilità di giungere a una comunicazione proficua o a una posizione di compromesso soddisfacente e utile a tutti si moltiplicano enormemente.
Ma appunto vediamo che a livello di società, in Italia ma anche altrove, sta avvenendo l’opposto: è proprio il potere politico che fa di tutto per esacerbare il dibattito ed evitare ogni sorta di confronto libero e aperto.
Non voglio dilungarmi troppo dato che il pezzo è già sufficientemente lungo ma la domanda fondamentale che dovremmo chiederci è: perché il potere politico sta facendo di tutto per dividere la società invece che unirla?
La mia spiegazione già la conoscete ma in estrema sintesi: non si tratta di ingenuità né di incompetenza ma di un preciso progetto teso a indebolire la popolazione diminuendone la coesione ([E] 3.6). Non caso ma volontà, non errore ma perversione.
Conclusione: che mondo di imbecilli...
Nota (*1): probabilmente sono esplicitamente arrivato a questa conclusione in Gli intelligenti e onesti del PD/PDL del 2014. Mentre cercavo questo pezzo per citarlo mi sono imbattuto in una mia “teoria della persuasione” che, alla luce del precedente capitolo letto (sulla persuasione appunto), ho trovato molto interessante a causa delle profonde intuizioni implicite in essa: Strategia di persuasione.
Nota (*2): qui in effetti io sono carente. I motivi sono molteplici: da una parte sono di mentalità molto aperta e quindi personalmente considero attentamente le idee altrui cercando di calarmi nei loro panni; sono lento a pensare e fatico a esprimermi fluidamente a parole; rifiuto di adoperare quelli che considero “trucchi” immorali (la via periferica, v. La persuasione) ma cerco di attenermi a fatti concreti e oggettivi; sono poi convinto che i miei sforzi siano vani e quindi inutili: che i miei interlocutori non abbiano né la volontà né la capacità di capire le mie idee. Tutti questi fattori messi assieme minano, se non la mia sicurezza, almeno la sua apparenza, che è poi ciò che conta, agli occhi del resto del gruppo.
Nota (*3): si potrebbero formare dei gruppi con una maggioranza di ebrei e una minoranza di tedeschi e dire ai primi che i secondi hanno avuto in passato simpatie neonaziste. Sono sicuro che qualunque fosse l’argomento della minoranza tedesca, per quanto buono e ben fondato, non riuscirebbe a cambiare minimamente l’opinione della maggioranza.
Con le dovute proporzioni questa è la situazione che, lo sottolineo, volutamente è stata creata in Italia dalla classe politica, ovviamente col contributo decisivo dei media.
mercoledì 20 aprile 2022
Osho > Tolle
A fine gennaio scrissi il pezzo Tolle… et ambula dove commentavo “Un nuovo mondo” di Eckhart Tolle.
Spiegavo che, probabilmente influenzato da Marcuse, ero rimasto deluso dalla mancanza di attenzione di Tolle all’influenza della società sulla psicologia delle persone. Dove Freud dà alla società, anzi alla stessa civiltà, la colpa delle frustrazioni e quindi dei relativi disturbi psicologici: il conflitto fra desideri/pulsioni dell’individuo e gli obblighi causa le nevrosi. Per Freud cioè è inevitabile mentre Marcuse propone una società completamente nuova, di piena libertà e uguaglianza, per evitare la sorgente del problema.
Tolle invece non si pone il problema sociale: si ferma all’uomo che dovrebbe arrendersi alla propria situazione, non desiderare niente di diverso da quello che ha, ed essere così felice perché in pace con se stesso.
La spiritualità/filosofia di Tolle funziona nel senso che rende effettivamente chi la segue felice e sereno: ma è moralmente corretto accettare passivamente il male invece di combatterlo?
Lo scorso 24 febbraio (grazie a GoodReads.com!) ho iniziato “Il canto della meditazione” di Osho: era in casa e visto che mia mamma l’aveva tutto sottolineato, più per curiosità che per reale interesse, ho iniziato a leggerlo.
Al momento sono a circa un terzo e fino a ieri avrei avuto poco da dire: dal mio punto di vista super razionale vi ho trovato la generica saggezza che mi aspettavo di trovarci e, tutto sommato, molte analogie col pensiero di Tolle. Non me ne sono stupito perché credo alla massima di Confucio secondo la quale i grandi filosofi/mistici ripetono le stesse cose anche se non si sono mai conosciuti o appartengono a epoche diverse: il motivo è che l’essenza dell’uomo è sostanzialmente la stessa in ogni epoca e civiltà e così, quando le intuizioni sono realmente profonde, inevitabilmente si ripetono.
Devo dire però che, senza saper spiegare bene dove o perché, mi era parso che Osho fosse generalmente molto più profondo di Tolle.
Oggi ne ho trovato, dal mio punto di vista, la conferma.
Scrive Osho: «Quindi il primo Tu è la menzogna, l’azione. La pseudo-personalità che ti circonda. La faccia pubblica, la falsità. È una frode. La società te l’ha imposta e tu le hai dato la mano. Devi smetterla di cooperare con la menzogna sociale, poiché soltanto quando sei completamente nudo sei te stesso. Ogni abito è sociale. Tutte le idee e tutte le identità che pensi di avere sono sociali – ti vengono date dagli altri. Ed essi hanno le loro ragioni per darti queste idee – è uno sfruttamento sottile.» (*1)
In altre parole è la società che forza sull’individuo una maschera di ipocrisia, un falso sé, che corrisponde alla metafora dell’abito. L’uomo che si identifica con il proprio ruolo sociale si inganna e non potrà mai essere realmente felice, al massimo potrà illudersi di esserlo.
Questo perché, a parte poche fortunate eccezioni, vi sarà un conflitto fra le nostre pulsioni inconsce e gli obblighi che la società ci impone. In pratica questo è il conflitto fra civiltà e individuo identificato da Freud e ripreso da Marcuse.
Non per nulla già alla pagina successiva è lo stesso Osho che menziona Freud: «Questo primo Tu va abbandonato completamente. Freud ha aiutato molto l’umanità a diventare consapevole delle pseudo-personalità e della mente cosciente. La sua rivoluzione è molto più profonda di quella di Marx, la sua rivoluzione è molto più profonda di ogni altra rivoluzione. Essa va un profondità anche se non abbastanza. Essa raggiunge il secondo Tu. È il Tu represso, istintivo, inconscio. È tutto ciò che la società non ha permesso, è tutto ciò che la società ha costretto e rinchiuso dentro il tuo essere.» (*2)
Insomma non so ancora né intuisco (*3) quale sarà la soluzione proposta da Osho ma almeno si è posto il problema che invece Tolle ignora completamente.
Avevo iniziato la lettura di questo libretto con scarse aspettative ma adesso il mio interesse si è risvegliato! Oltretutto ho trovato anche un’epigrafe buona per la mia Epitome, cosa che per me è sempre un piacere e un incentivo...
Conclusione: e le sottolineature di mia madre? Assolutamente senza logica! Mi sembra che sottolineasse parole e frasi a casaccio… Quando scrivo della totale incomprensione fra me e mia mamma intendo anche questo: ragionavamo su piani completamente diversi che raramente si intersecavano fra loro...
Nota (*1): tratto da “Il canto della meditazione” di Osho, (E.) Mondadori, 2003, trad. Francesca Pinchera, pag. 61.
Nota (*2): ibidem, pag. 62.
Nota (*3): in realtà un’idea ce l’ho: secondo me Osho arriverà a proporre una società parallela una microsocietà che, a mio modesto parere, riecheggia le eresie spiritualistiche medievali (penso al pauperismo degli ordini mendicanti). Penso alla comunità di Osho nell’Oregon (mi sembra) e all’opposizione dell’autorità costituita.
Spiegavo che, probabilmente influenzato da Marcuse, ero rimasto deluso dalla mancanza di attenzione di Tolle all’influenza della società sulla psicologia delle persone. Dove Freud dà alla società, anzi alla stessa civiltà, la colpa delle frustrazioni e quindi dei relativi disturbi psicologici: il conflitto fra desideri/pulsioni dell’individuo e gli obblighi causa le nevrosi. Per Freud cioè è inevitabile mentre Marcuse propone una società completamente nuova, di piena libertà e uguaglianza, per evitare la sorgente del problema.
Tolle invece non si pone il problema sociale: si ferma all’uomo che dovrebbe arrendersi alla propria situazione, non desiderare niente di diverso da quello che ha, ed essere così felice perché in pace con se stesso.
La spiritualità/filosofia di Tolle funziona nel senso che rende effettivamente chi la segue felice e sereno: ma è moralmente corretto accettare passivamente il male invece di combatterlo?
Lo scorso 24 febbraio (grazie a GoodReads.com!) ho iniziato “Il canto della meditazione” di Osho: era in casa e visto che mia mamma l’aveva tutto sottolineato, più per curiosità che per reale interesse, ho iniziato a leggerlo.
Al momento sono a circa un terzo e fino a ieri avrei avuto poco da dire: dal mio punto di vista super razionale vi ho trovato la generica saggezza che mi aspettavo di trovarci e, tutto sommato, molte analogie col pensiero di Tolle. Non me ne sono stupito perché credo alla massima di Confucio secondo la quale i grandi filosofi/mistici ripetono le stesse cose anche se non si sono mai conosciuti o appartengono a epoche diverse: il motivo è che l’essenza dell’uomo è sostanzialmente la stessa in ogni epoca e civiltà e così, quando le intuizioni sono realmente profonde, inevitabilmente si ripetono.
Devo dire però che, senza saper spiegare bene dove o perché, mi era parso che Osho fosse generalmente molto più profondo di Tolle.
Oggi ne ho trovato, dal mio punto di vista, la conferma.
Scrive Osho: «Quindi il primo Tu è la menzogna, l’azione. La pseudo-personalità che ti circonda. La faccia pubblica, la falsità. È una frode. La società te l’ha imposta e tu le hai dato la mano. Devi smetterla di cooperare con la menzogna sociale, poiché soltanto quando sei completamente nudo sei te stesso. Ogni abito è sociale. Tutte le idee e tutte le identità che pensi di avere sono sociali – ti vengono date dagli altri. Ed essi hanno le loro ragioni per darti queste idee – è uno sfruttamento sottile.» (*1)
In altre parole è la società che forza sull’individuo una maschera di ipocrisia, un falso sé, che corrisponde alla metafora dell’abito. L’uomo che si identifica con il proprio ruolo sociale si inganna e non potrà mai essere realmente felice, al massimo potrà illudersi di esserlo.
Questo perché, a parte poche fortunate eccezioni, vi sarà un conflitto fra le nostre pulsioni inconsce e gli obblighi che la società ci impone. In pratica questo è il conflitto fra civiltà e individuo identificato da Freud e ripreso da Marcuse.
Non per nulla già alla pagina successiva è lo stesso Osho che menziona Freud: «Questo primo Tu va abbandonato completamente. Freud ha aiutato molto l’umanità a diventare consapevole delle pseudo-personalità e della mente cosciente. La sua rivoluzione è molto più profonda di quella di Marx, la sua rivoluzione è molto più profonda di ogni altra rivoluzione. Essa va un profondità anche se non abbastanza. Essa raggiunge il secondo Tu. È il Tu represso, istintivo, inconscio. È tutto ciò che la società non ha permesso, è tutto ciò che la società ha costretto e rinchiuso dentro il tuo essere.» (*2)
Insomma non so ancora né intuisco (*3) quale sarà la soluzione proposta da Osho ma almeno si è posto il problema che invece Tolle ignora completamente.
Avevo iniziato la lettura di questo libretto con scarse aspettative ma adesso il mio interesse si è risvegliato! Oltretutto ho trovato anche un’epigrafe buona per la mia Epitome, cosa che per me è sempre un piacere e un incentivo...
Conclusione: e le sottolineature di mia madre? Assolutamente senza logica! Mi sembra che sottolineasse parole e frasi a casaccio… Quando scrivo della totale incomprensione fra me e mia mamma intendo anche questo: ragionavamo su piani completamente diversi che raramente si intersecavano fra loro...
Nota (*1): tratto da “Il canto della meditazione” di Osho, (E.) Mondadori, 2003, trad. Francesca Pinchera, pag. 61.
Nota (*2): ibidem, pag. 62.
Nota (*3): in realtà un’idea ce l’ho: secondo me Osho arriverà a proporre una società parallela una microsocietà che, a mio modesto parere, riecheggia le eresie spiritualistiche medievali (penso al pauperismo degli ordini mendicanti). Penso alla comunità di Osho nell’Oregon (mi sembra) e all’opposizione dell’autorità costituita.
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