Oggi (in realtà stanotte ma era passata la mezzanotte) ho finalmente finito di leggere, appendici comprese, “Democrazia cosa è” di Sartori iniziato lo scorso giugno!
Nel complesso le appendici, comprese quelle del 2007, sono state deludenti ma con qualche perla di cui scriverò in un’altra occasione: infatti non voglio scrivere del saggio di Sartori bensì, di un altro libriccino, di poco più di 100 pagine, che avevo iniziato a leggere la scorsa settimana: “La Francia in Costa d’Avorio: guerra e neocolonialismo” di Tony Akmel, (E.) Nexus, 2011.
Per caso ho conosciuto l’autore e, parlandoci, ho saputo di questa sua opera. L’argomento mi interessava: come tutti gli italiani, fino a qualche anno fa, sapevo poco o nulla dell’Africa, specialmente della storia più recente. Scrivendo la mia Epitome avevo fatto numerose ipotesi ma non erano assolutamente delle certezze: così mi comprai l’ottimo “I coloni dell’austerity” di Ilaria Bifarini. Il suo punto di vista è fortemente economico ma vi trovai tutte le conferme che cercavo e altro ancora. Era però un saggio che prendeva in esame l’intera Africa e mi era così rimasta la voglia di leggere qualcosa di più specifico per passare dal generale a un caso concreto.
Questo per spiegare la mia curiosità per il libro di Akmel. Aggiungo che, siccome non si trova più in commercio, l’autore è stato così gentile da prestarmi una sua copia personale: volendo quindi preservare il libro il più possibile non ho scribacchiato le mie usuali annotazioni a margine. Questo mi impedisce però di aggiungere riferimenti specifici a questo articolo dato che, come al solito, sono troppo pigro per andare a cercarli sul momento sfogliando le varie pagine!
Devo poi premettere che l’opera è molto essenziale: per il lettore medio, me compreso, sarebbero state utilissime delle introduzioni sui diversi attori, politici e non, del paese africano. Con una cinquantina di pagine extra il libro avrebbe potuto essere molto più chiaro e maggiormente accessibile.
Provo quindi a riassumere a grandi linea la storia moderna della Costa d’Avorio aiutandomi con un utilissimo schema presente in un’appendice finale. La colonizzazione francese inizia nel 1842 con dei protettorati sulla costa e si conclude con l’occupazione dell’intero paese nel 1893. La Costa d’Avorio torna indipendente nel 1960: il nuovo presidente “regna” per 33 anni fino alla propria morte nel 1993. Gli subentra, come da Costituzione, un suo uomo (Bediè) che poi vince le elezioni del 1995 alle quali però non partecipa Gbagbo, capo del principale partito d’opposizione FPI, non ritenendole libere né Ouattara a causa di dubbi sulla sua cittadinanza.
Nel 1999 vi è un colpo di stato militare che costringe alla fuga Bediè: nel 2000 vengono indette nuove elezioni che vengono vinte da Gbagbo.
Gbagbo inizia quindi una breve stagione di riforme economiche che vanno però a colpire gli interessi economici francesi dato che Parigi perde molti monopoli nella gestione delle ricche risorse naturali del paese: Gbagbo apre infatti a USA, Cina e ad altre nazioni.
La risposta francese non si fa attendere: come spiegato nel saggio della Bifarini, quando una democrazia dell’Africa centrale non protegge adeguatamente gli interessi francesi e, magari, si permette invece di tutelare il proprio popolo, la Francia interviene, anche brutalmente.
Nel caso della Costa d’Avorio l’intervento è indiretto: vengono infatti ben armati dei ribelli nel nord del paese, di varie nazionalità, guidati da Ouattara. Nel 2002 scatta la rivolta dei ribelli che causa migliaia di morti: l’esercito regolare ivoriano, nonostante sia peggio armato, riesce però a reagire respingendo i ribelli che devono così ritirarsi nel nord del paese.
Si raggiunge una situazione di stallo militare con Gbagbo ancora al potere ma privato del controllo sull’intero territorio nazionale.
Subito la Francia fa intervenire l’ONU e viene mandata una forza militare di interposizione africana affiancata da truppe francesi (che hanno un’importante base militare proprio in Costa d’Avorio): nei mesi successivi iniziano i negoziati di pace.
Akmel, l’autore, fa però notare diverse anomalie: l’ONU è stata creata per gestire i rapporti fra gli stati e non le questioni interne ai singoli paesi; l’ONU non ha quindi strumenti adeguati per gestirli; l’intervento dell’ONU con i relativi negoziati di pace dà automaticamente legittimità ai ribelli di Ouattara; la composizione delle parti invitate ai colloqui di pace (che si svolgeranno in Francia) è anomala: non vi è da una parte la Costa d’Avorio e dall’altra i ribelli, invece dei rappresentanti dei vari partiti (tre dei quali creati a posteriore dai ribelli) del paese. Il problema è che dei singoli partiti non hanno né il potere né il diritto di prendere decisioni per il proprio paese: è come se, per prendere una decisione importante che riguarda l’Italia, non si tratti col legittimo governo ma con i vari esponenti dei diversi partiti. Oltretutto le decisioni che verranno prese in queste sedi saranno talvolta in contrasto con i dettami della costituzione ivoriana.
La mia sensazione è che l’idea francese fosse quella di delegittimare il governo e le istituzioni ivoriane ma, contemporaneamente, dare la sensazione di imparzialità, equilibrio e rappresentanza di tutte le voci del paese.
La contraddizione più grossa, sebbene l’autore non lo scriva esplicitamente, è che la Francia diviene contemporaneamente mandante della ribellione ma anche arbitra della crisi risultante. Ovviamente non ci sono prove che le armi ai ribelli siano state fornite da Parigi ma tutti gli indizi puntano in tale direzione.
Nonostante tutti questi problemi Gbagbo, presente nella veste di capo del proprio partito e non di presidente della Costa d’Avorio, accetta le proposte di pace: in particolare cede parte dei propri poteri a un primo ministro stabilito ai negoziati ed esponenti dei ribelli entrano nel governo con dei propri rappresentanti; in cambio i ribelli avrebbero dovuto disarmarsi anche se poi, come vedremo, questa condizione non sarà rispettata.
Il libro, si capisce leggendolo, è stato scritto verso la fine del 2010 ma ad aprile 2011 vi è stata un’importante novità: essa è quindi riassunta in un capitolo di appendice. Sfruttando una risoluzione dell’ONU che ordinava la distruzione degli armamenti pesanti la Francia ha effettuato un attacco aereo su caserme e depositi di armi delle forze governative. Subito dopo le forze ribelli di Ouattara (che non erano state colpite dai francesi né erano state disarmate come stabilito dagli accordi di pace) sono passate all’offensiva prendendo il controllo dell’intero paese: Gbagbo è stato arrestato e successivamente estradato in Olanda per essere processato dal tribunale internazionale dell’Aia. Anche il figlio maggiore e la moglie sono stati arrestati e portati in luoghi sconosciuti, molti sostenitori hanno avuto la stessa sorte o, addirittura, sono stati uccisi. L’autore parla anche di torture…
Finisce così, con tristezza e delusione, il libro di Akmel che, prima di questa appendice, terminava invece con parole ricche di speranza.
Posso però aggiungere io un ulteriore “capitolo” che raddolcisce un minimo l’amarezza del libro.
Qualche mese fa (forse era l’estate del 2021?) incontrai un Akmel particolarmente euforico e soddisfatto: Gbagbo era infatti stato assolto dal tribunale internazionale dell’Aia: Akmel aveva intervistato uno dei giudici e progettava di scrivere un nuovo libro...
Ho dato un’occhiata anche alla pagina Wikipedia di Gbagbo: la versione italiana non è aggiornata e si ferma all’arresto e alla carcerazione in Olanda; la pagina inglese invece arriva al recentissimo ritorno di Gbagbo in patria.
Chiaramente in entrambe le versioni in linea predomina una narrativa in cui la Francia non ha colpe che, anzi, se ci sono (ma il tribunale dell’Aia ha stabilito che non è così), allora ricadono tutte su Gbagbo.
Personalmente credo però alla versione di Akmel: non perché lo conosco di persona ma perché la sua interpretazione dei fatti, incentrata sulla difesa degli interessi economici francesi, ha maggior senso e, del resto, è in linea con la rappresentazione della situazione geopolitica africana illustrata dalla Bifarini nel suo saggio.
Conclusione: un buon libro che sono contento di aver letto: una testimonianza che conferma quanto già avevo appreso da altre fonti. Forse Akmel non sarà il più oggettivo e distaccato degli autori, sempre infatti traspare il grande amore per la patria d’origine, ma la sua versione dei fatti è, proprio per questo, utile e significativa.
alla prima stazione
1 ora fa
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