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sabato 16 aprile 2022

Pagnottare sociale

Sto leggendo il capitolo sui “Gruppi” del libro di psicosociologia e, per una volta, ho trovato un fenomeno a cui sono particolarmente suscettibile!

Il fenomeno è detto “social loafing” che tradurrei con “pigrizia sociale”: numerosi esperimenti dimostrano che le persone che collaborano insieme in un gruppo, e se i vantaggi e meriti ottenuti saranno ripartiti in maniera equanime fra i suoi membri, si impegna meno duramente di quanto farebbe se dovesse fare lo stesso lavoro da soli.

Divertenti gli esperimenti col tiro alla fune (chi è solo, oppure pensa di esserlo, si impegna molto di più!) ma un esempio familiare a tutti è il gruppo di lavoro a scuola in cui i vari membri prenderanno lo stesso voto.

Le eccezioni vi possono essere: se i membri del gruppo sono abituati a collaborare insieme, se l’attività è piacevole e coinvolgente, se tutti sono estremamente motivati a raggiungere l’obiettivo finale e vi è la consapevolezza della necessità del massimo impegno dei singoli (come nelle squadre sportive) e simili (*1).

Io in queste situazioni, penso ai gruppi scolastici, do il meno possibile. Ma nel mio caso vi è una differenza sostanziale: a differenza della pigrizia sociale comune, dove i vari membri NON si rendono conto di impegnarsi meno di quanto farebbero da soli, io ne sono estremamente consapevole. La mia è infatti una scelta cosciente.
Già da bambino ho infatti capito che:
- La mia idea su come procedere è migliore e più efficace delle alternative proposte.
- Per applicare la mia idea, magari bizzarra, dovrei convincere gli altri membri del gruppo.
- Ma persuaderli mi è difficile: i pregi della mia idea sono sottili e difficili da spiegare e, onestamente, su due piedi non ho un elenco di argomentazioni a favore della mia proposta e contro quelle altrui: è tutto a un livello intuitivo.
- Quindi perché impegnarmi, dando il massimo, nel realizzare un progetto che non mi convince e che io avrei fatto in maniera totalmente diversa?
- Oltretutto non ho sensi di colpa visto che pur impegnandomi poco fornisco comunque un contributo nella media o superiore a quello degli altri: in pratica mi guadagno il voto che condividerò col resto del gruppo!

Alla fine lentamente mi estraniavo dagli altri compagni via via che vedevo che i miei suggerimenti cadevano nel vuoto: chiaramente un circolo vizioso in cui facevo sempre meno. Alla fine mi ritagliavo un compito semplice e chiaro, da svolgere autonomamente, e da completare nella maniera più veloce possibile.
Posso immaginarmi facilmente ai margini del gruppo mentre scarabocchio tutto scomposto sul mio quadernone per i fatti miei, comunque con le orecchie ben dritte ad ascoltare quello che veniva stabilito. A meno che non fossi così schifato e irritato da richiudermi completamente a riccio, a quel punto indifferente anche al voto che avremo preso (questo poteva accadere se facevo lo sforzo per proporre una mia idea, chiaramente migliore delle altre, e questa veniva respinta, probabilmente non capita).

Altre volte, se identificavo una persona in gamba (ovvero ragionevolmente intelligente), mi interfacciavo direttamente con essa magari riuscendo a farle capire un pregio di una qualche mia idea: col suo appoggio talvolta riuscivo a incidere un minimo sul progetto. Ma raramente ne valeva la pena. Anche perché a volte la mia singola idea non si fondeva bene col resto e alla fine rischiava di rimanere avulsa e poco integrata perdendo così significato e utilità...

Oppure potevo intervenire se vedevo che stava venendo intrapresa una strada disastrosa che avrebbe messo a rischio la sufficienza: ecco, quando la sensazione era netta avevo anche delle buone argomentazioni allora ero in grado di incidere. Oppure potevo intervenire quando si trovava un problema bloccante suggerendo soluzione alternative, accrocchi, per girarvi intorno…

Sì, decisamente non mi piacevano i lavori di gruppo: venivano fuori dei pasticci a cui ero felice di aver contribuito il minimo possibile. Sostanzialmente me ne sarei vergognato se fosse stato un mio esclusivo lavoro.

C’è anche da dire che non ricordo progetti che abbiano attirato la mia attenzione mettendomi voglia di fare del mio meglio per svolgerli bene: questo sarebbe stato un fattore determinante per FORSE farmi impegnare maggiormente (*1).

Mi chiedo se sarei stato un buon capo squadra se ne avessi ottenuto il comando. Il tipo psicologico INTP, da quel che ho letto, è un capo appena discreto ma io penso che sarei stato molto in gamba. Avrei ottimizzato secondo le capacità di ognuno: mi immagino come un allenatore che mette i giocatori giusti al posto giusto… ma chissà!

Una buona domanda sarebbe: “come mai, se avevi tutte queste buone idee, non prendevi tu l’iniziativa di guidare il gruppo?”.
Sicuramente precipua è la tendenza psicologica a stare sulle mie però prendevo anche alla lettera ciò che dicevano gli insegnanti, ovvero che avremmo dovuto collaborare tutti insieme, senza una gerarchia cioè. Stupidamente non mi rendevo che qualcuno poi, prendendo l’iniziativa, agiva effettivamente nella sostanza da capo: se all’epoca me ne fossi accorto avrei cercato di impedirlo con vigore. Io invece avevo in mente il modello democratico in cui ciascuno proponeva e poi si decideva tutti insieme, logicamente, cosa fare. In chi prendeva l’iniziativa vedevo uno sciocco volenteroso e non un capetto che voleva imporsi sugli altri...
Credo poi che le cattive esperienze iniziali mi abbiano tolto molta fiducia nella possibilità di riuscire a ottenere qualcosa di buono.

Principalmente questi lavori di gruppo sono esperienze delle elementari e delle medie, forse qualcosa anche al liceo (dove avevo sì una reputazione di grande capacità ma ero anche in una fase particolarmente introversa della mia vita). All’università mi capitò forse di collaborare in un paio di progetti di gruppo: qui lavorando con amici che mi conoscevano relativamente bene riuscii a integrarmi un po’ di più anche se probabilmente le mie passate esperienze negative, magari anche solo inconsciamente, mi frenavano molto. Ricordo che una volta mi capitò di essere accoppiato a uno sconosciuto per un progetto di “simulazione informatica”: un tipo eccezionale, super estroverso, simpaticissimo, che partecipò con grande successo a una puntata di Forum, facendo ridere tutto il pubblico e la Dalla Chiesa, con un caso chiaramente inventato e da lui recitato perfettamente. Ci trovammo un paio di volte per lavorare insieme ma poi iniziò a darmi buca con scuse varie e variopinte.
Con sua grande irritazione consegnai il progetto da solo spiegando alla professoressa che il mio collega non aveva potuto aiutarmi! INTP sì, fesso no…

Conclusione: va beh, questo pezzo si è guadagnato il marcatore “Peso”: dubito infatti che queste mie chiacchiere possano essere di interesse per i lettori…

Nota (*1): mi viene in mente quando partecipai nella squadra del mio circolo scacchistico: allora detti il massimo. Anzi paradossalmente mi impegnai molto più che quando giocavo come singolo (degli scacchi mi piaceva il problema che ponevano non tanto la competizione con l’avversario o il vincere di per sé. Quando invece dovetti giocare per la squadra ero invece determinato a vincere. Per la cronaca quel giorno fui l’unico a vincere del mio gruppo!)

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