Oggi voglio provare a scrivere rapidamente il pezzo sulla psicosociologia che rimando da giorni. Come ho già spiegato sto cercando di accelerare nella lettura del relativo testo perché voglio ristrutturare la forma del primo capitolo che al momento è un po’ imbarazzante. Il problema è che si tratta di un libro molto ricco di informazioni e che per tanto richiede tempo per essere assimilato. Ovviamente niente mi vieterebbe di leggermelo di un fiato ma in questa maniera ricorderei un 10% di quello che vi è scritto invece del, boh, 60% attuale…
Vabbè, partiamo. Come ho già accennato il 5° capitolo era sulle differenze di genere: cose che sapevo già, gli autori (una dei quali è fortunatamente una donna) si barcamenano fra dati fattuali e politicamente corretto. Avessi tempo e voglia potrei scriverci un pezzo.
Il 6° capitolo, “Conformity and obedience”, è decisamente più interessante: comunque conoscevo già due dei tre esperimenti classici: l’esperimento di Asch sulla pressione del gruppo e gli studi di Milgram sull’obbedienza. Ovvio che ho trovato dettagli e notizie aggiuntive ma niente di diverso da ciò che avrei potuto intuire da solo.
Per la cronaca l’esperimento classico che non conoscevo è quello di Sherif sulla formazione della norma: tutto in realtà piuttosto intuitivo e prevedibile: le persone si accordano fra loro intorno a un giudizio medio sbilanciato sull’opinione del maggior numero di persone.
Di ciò che conosco non sto a scrivere (*1) ma voglio evidenziare una questione interessante: cosa determina l’obbedienza (intendendo quella ottusa che scavalca la morale personale e, potenzialmente, può portare a commettere atrocità)?
1. La distanza (in tutti i sensi) dalla vittima.
2. La distanza dell’autorità (colui che ordina).
3. La legittimità (percepita) dell’autorità.
4. L’autorità dell’istituzione rappresentata da chi dà gli ordini (che a sua volta, vedi sopra, ha una sua specifica autorità).
5. Se qualcuno sfida apertamente l’autorità allora altri incerti facilmente si oppongono anch’essi (*2).
6. E ovviamente la psicologia del singolo. Apro una parentesi perché l’argomento mi sta molto a cuore dato che io tendo a NON conformarmi alla maggioranza. I fattori sono tantissimi e ci sarebbe una decina di pagine sui diversi fattori coinvolti: ciò che però più mi interessa sono i fattori psicologici che sono i seguenti. Tende a conformarsi: 1. chi vuole andare d’accordo con gli altri; 2. le persone coscienziose, attente all’ordine e alla puntualità; 3. conservatori (in tutti i sensi). Tende a NON conformarsi: 1. chi è più aperto a nuove esperienze; 2. chi crede nel libero arbitrio; 3. chi ha rispetto e comprensione per le idee altrui (*3).
Infine nelle ultime pagine c’è un sottocapitolo su chi vuole essere diverso e perché.
Un fenomeno interessante è la “reattanza”: ovvero la reazione delle persone quando queste hanno la sensazione di essere private della loro libertà.
Un altro caso è quando si vuole asserire la propria unicità: ma in realtà l’ideale è quello del “moderatamente unico” del raro cioè, non del diverso. Ovviamente un raro in meglio rispetto alla media della popolazione. A mio avviso si tratta di una sorta di narcisismo affine a quello di chi sta sempre al passo con la moda.
Inciso: la coscienza di noi stessi è basata sulle nostre peculiarità rispetto alla norma della società.
Al momento sono al capitolo 7°, “Persuasione”. L’argomento mi sta molto a cuore perché, prevedibilmente, si sovrappone alla propaganda. Ovviamente ho ritrovate in queste pagine molti dei meccanismi che si possono osservare nella “informazione” dei nostri media: la ragione è che questi, ormai da decenni, hanno smesso di informare e cercano invece di persuadere telespettatori e lettori.
Probabilmente su questo capitolo ci perderò un po’ più di tempo quando l’avrò terminato (sono a poco meno di metà).
Per il momento non ho fatto scoperte sconvolgenti ma, del resto, la mia infarinatura di psicosociologia era già discreta grazie al corso che seguii anni fa.
Conclusione: l’ho già scritto in un altro pezzo ma la sensazione che ho leggendo i risultati di questi esperimenti che evidenziano vari limiti umani è di disgusto. Si tratta di comportamenti che già da tempo avevo intuito essere comuni ma lo scoprire che sono così fortemente istintivi è veramente deprimente. Sembra che l’uomo sia stato progettato per farsi fregare dal prossimo col risultato di arrivare a società piramidali invece che egalitarie.
Probabilmente il mio disgusto è dovuto alla sensazione di lottare contro i mulini a vento, o forse sono più come Sisifo, non so…
Io mi sforzo di condividere le mie idee e opinioni nella speranza di essere costruttivo, di portare chi mi legge a riflessioni che arricchiscano o almeno facciano riflettere: ma invece il primo babbeo che legge una velina in televisione è molto più persuasivo di me.
Ecco un altro aspetto che è già emerso chiaramente dalla letture delle prime pagine di questo 7° capitolo è l’importanza che gli stessi autori danno al persuadere (compreso tutti i trucchi per riuscirci). Evidentemente solo io considero la persuasione immorale se non basata sull’enunciazione dei fatti ma ottenuta con altre astuzie: la persuasione (per me) non dovrebbe divenire manipolazione ma ormai questa è la norma e, anzi, è ritenuta lecita.
Nota (*1): questo pezzo lo scrivo più per me, per aiutarmi a memorizzare nuove nozioni, che per i lettori.
Nota (*2): la cosa buffa è che essi affermano che si sarebbero opposti comunque ma in realtà gli esperimenti dimostrano che non è così: pensano sinceramente che l’avrebbero fatto ma si autoingannano.
Nota (*3): mi riconosco in tutti questi punti tranne quello sulla puntualità. Stimo molto il mio tempo e quindi ho il massimo rispetto per quello altrui: mi dispiace moltissimo fare perdere tempo e quindi arrivo agli appuntamenti con largo anticipo. Anzi, proprio per questo, secondo alcune definizioni, non sarei puntuale perché arriverei troppo presto.
alla prima stazione
1 ora fa
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