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venerdì 15 aprile 2022

La persuasione

Qualche giorno fa ho finito di leggere il capitolo sulla persuasione che, prevedibilmente, va a braccetto con la propaganda.

Prima di riassumerne gli aspetti principali voglio però fare un’osservazione a cui ho già accennato nei giorni scorsi: in tutto il capitolo non vi è il minimo accenno alla questione morale di quali mezzi siano leciti o no da usare per persuadere le altre persone. Spesso ci si basa semplicemente sul fine: se per esempio si tratta di convincere dei ragazzini a non bere alcoolici allora qualsiasi mezzo è lecito.
Personalmente la vedo in maniera molto diversa: da sempre sono consapevole, magari intuitivamente, di “mezzi e trucchi” per convincere il prossimo della bontà del mio giudizio ma mi sono sempre rifiutato di adoperarli. Il non limitarsi a dare delle semplici informazioni in maniera ordinata, chiara e precisa lo vedo come una mezza manipolazione: e io che vedo con orrore i tentativi di eterodirezione nei mie confronti non mi permetterei mai di adoperarla a mia volta sul prossimo.
Il risultato di questo mio modo di sentire è che leggendo di alcuni esperimenti non ho potuto evitare di provare una fastidiosa sensazione di disgusto nonostante, me ne rendevo chiaramente conto, gli autori neppure si ponessero il problema.
Detto questo vi risparmierò le mie note a margine dove più volte per tutto il capitolo esprimo la mia indignazione!

Il primo aspetto interessante della persuasione è che questa può avvenire attraverso due strade: la “via centrale” e la “via periferica”.
La “via centrale” è quella che io ritengo “lecita e corretta”: ovvero si espongono chiaramente le argomentazioni a favore di una certa teoria, magari discutendole e confrontandosi col nostro interlocutore. La conseguenza ovvia è che il nostro interlocutore deve essere concentrato, motivato e attento per seguire i nostri ragionamenti: alla fine, al netto di altri blocchi psicologici, verrà persuaso solo se i nostri argomenti sono stati convincenti.
La “via periferica” invece non si appella alla ragione del nostro interlocutore ma, piuttosto, gli fornisce suggerimenti inconsci su associazioni di idee uniti a messaggi estremamente semplici. Questa comunicazione non richiede la piena attenzione del soggetto: anzi, se questo fosse troppo consapevole e concentrato sul messaggio potrebbe accorgersi della sua debolezza e, quindi, rigettarlo. La via periferica è tipica della pubblicità ma, come vedremo, tanti suoi aspetti possono essere combinati insieme e ritrovati in molte forme di comunicazione.

In generale a volte è più efficace una via e a volte l’altra. A volte possono essere combinate insieme ottenendo un effetto estremamente efficace: alla spiegazione ordinata e razionale spesso il comunicatore è in grado di associare istintivamente (e non) tecniche tipiche della comunicazione periferica.

La persuasione dipende:
1. dal comunicatore;
2. dal messaggio in sé;
3. da come questo è comunicato;
4. e dal pubblico che lo riceve.

In teoria un messaggio complesso non può passare tramite la via periferica ma, per tutta una serie di meccanismi psicologici, questo non è sempre importante.
Se io convinco l’elettore Caio che Tizio è meglio di Sempronio (messaggio semplice che può passare con via periferica), allora Caio si convincerà autonomamente che anche il programma elettorale (messaggio complesso) di Tizio è superiore a quello del suo avversario.
Questa è in sintesi la ragione per cui molto raramente nelle trasmissioni elettorali si parla dei programmi e i vari candidati si limitano a cercare di dimostrare quanto essi siano “meglio” dei loro avversari.

Ma vediamo i diversi fattori che condizionano ciascuno dei quattro elementi sopraddetti.

1. Il comunicatore
- La sua credibilità.
- La sua conoscenza percepita dell’argomento.
- Lo stile dell’esposizione.
- La sua onestà percepita.
- Aspetto e fascino.

Non scendo nei dettagli ma vi potete immaginare, anche solo leggendo questa lista, che molti di questi elementi sono facilmente influenzabili dalla via periferica: troppo dipende dalla percezione (e talvolta dal pregiudizio) che chi ascolta ha di chi parla. Per non parlare poi della bellezza: inutile dire che l’uomo comune tende a confondere il bello (di chi parla) col vero (di ciò che dice)…

Aggiungo solo una nota su “l’effetto dormiente”: mi ha colpito perché come tanti altri fenomeni psicologici mi pare di non esserne vittima e, perciò, mi ha stupito e sorpreso.
In pratica si basa sulla debole memoria della maggioranza delle persone: quando inizialmente si apprende un’informazione la si lega alla credibilità della fonte; col tempo però ci si dimentica della fonte ma può rimanere ben impressa l’informazione. Ovvio che quando la fonte non è affidabile la persona che se ne è scordata può trovarsi a fare affidamento su una informazione fallace.
Personalmente do coscientemente (la valuto cioè esplicitamente) un grande peso alla credibilità della fonte e, forse per questo, ricordo chiaramente l’origine o, perlomeno, l’affidabilità che vi avevo legato. A questo si aggiunge che ho una memoria decisamente migliore della media: onestamente non credo di ricordare nessuna informazione senza avere una precisa idea della sua attendibilità.

2. Il contenuto del messaggio
- Ragione o emozione (un contenuto razionale è preferito dalle persone razionali mentre uno emotivo dalle altre).
- Buoni sentimenti (se si riesce a legare dei sentimenti positivi al messaggio allora esso sarà recepito più favorevolmente divenendo così più convincente).
- Suscitare paura (la paura sembra essere uno straordinario mezzo di persuasione; e il terrore funziona ancora di più! Chiaro perché i telegiornali spesso cercano di impaurire i telespettatori?).
- Il contesto del messaggio (a questa voce sono elencate diverse tecniche spesso usate dagli esperti di vendita che meriterebbero un pezzo a parte!)
- Un lato o due lati (lo includo solo perché citato dal libro ma secondo me troppe variabili influenzano la sua efficacia: in pratica a volte conviene esporre solo la nostra argomentazione mentre altre anche quella dall’avversario per poi confutarla).
- Priorità o “recenza” (è più efficace la prima argomentazione che ascoltiamo oppure l’ultima? Dipende: in generale la prima è avvantaggiata perché forma il giudizio iniziale di chi ascolta; se però passa del tempo fra la prima e la seconda argomentazione allora è quest’ultima a essere avvantaggiata (per la memoria da pesce rosso della gente!))

3. Il canale di comunicazione
- Esperienza attiva o passiva (quanto è coinvolto il pubblico? L’esperienza attiva stimola l’attenzione e la razionalità ed è quindi usabile quando gli argomenti sono buoni).
- Media o persone comuni (i media raggiungono un gran pubblico ma recentemente sono (giustamente!) ritenuti sempre meno credibili; i singoli invece sono spesso ritenuti come più onesti) (*1)
- Influenza a due passaggi (spesso i media non influenzano direttamente tutta la popolazione ma solo un sottoinsieme: saranno poi questi (“opinion leaders”) a diffondere il messaggio presso il resto della popolazione. Questo è particolarmente vero su argomenti specifici e/o tecnici: v. Gioco di prestigio).
- Immediatezza (più la comunicazione è naturale e più è efficace. In ordine di efficacia: il confronto faccia a faccia, la televisione, la radio, lo scritto).

4. Il pubblico
- L’età (esperienza di vita diversa formano pregiudizi diversi: vedi, per esempio, il recente Articolo 1, sezione 10)
- Stato mentale (Voce complessa: sta a indicare quello che pensa/sa il pubblico a cui ci si rivolge. A. se si è preparati agli argomenti saremo anche più resistenti a essi; B. Le distrazioni evitano di pensare a contro argomenti; C. il pubblico distratto è più suscettibile alla via periferica)

In generale è evidente come, quando gli argomenti sono deboli, la migliore possibilità di persuadere si ha attraverso la “via periferica” magari distraendo la razionalità dell’interlocutore con la paura, la bellezza o altro.
Se poi contiamo le voci che riguardano la via centrale e quella periferica ci accorgiamo che la seconda, anche solo numericamente, offre notevolmente più opportunità.

Il capitolo finisce con un’ampia sezione su come resistere alla persuasione: il succo è che per evitare i condizionamenti persuasivi non bisogna fornirne di ancora più forti e pervasivi, piuttosto si deve insegnare alle persone (specialmente a bambini e ragazzi) a pensare con la propria testa stimolandoli a ragionare su questioni anche relativamente semplici. Come dice la nota finale bisogna avere una mentalità aperta senza però eccedere nell’ingenuità!

Conclusione: un capitolo non facile da sintetizzare anche solo per la sua lunghezza. Mi sembra però di averne fornito una buona sintesi: fondamentale è la differenziazione, con tutte le conseguenti implicazioni, della via centrale e periferica.

Nota (*1): c’è da aggiungere che la relativa sezione non poneva in contrapposizione l’informazione dei media con quella magari diretta fornita dai singoli (che mi avrebbe interessato molto) ma le considerava insieme, quando vanno a sovrapporsi: cioè il messaggio dei media è rafforzato quando viene ribadito da una comunicazione diretta. Niente invece si dice di quando i media dicono una cosa e i singoli un’altra...

PS: retrodato questo pezzo di un giorno perché l'avevo scritto ieri dimenticandomi però di pubblicarlo!

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