In teoria dovrei proseguire con il libro di psicosociologia ma in pratica oggi non ne avevo voglia e ho letto altro: “Agguato al lago rosso” di Peter Genito (un anomalo seguito di “Lecce homo”), “Democrazia cosa è” di Sartori e “The framers’ coup” di Klarman (nonostante sia un librone tendo a perderlo e a ritrovarlo a distanza di giorni!).
Sorprendentemente, ma non troppo, scriverò di “The framers’ coup”. “Sorprendentemente” perché è strano pensare che sia così ricco di spunti ma “non troppo” perché ormai sono mesi che periodicamente vi trovo materiale, idee e analogie che ripropongo qui sul ghiribizzo: insomma dovrei iniziare a essere abituato…
Oggi ho letto un sottocapitolo intitolato “Article I, Section 10” che verte su uno specifico passaggio della Costituzione americana che formalmente si impegna a vietare l’emissione di denaro cartaceo.
Ne ho già scritto in passato ma provo a riepilogare: durante la guerra d’indipendenza contro il Regno Unito la federazione delle ex colonie si era trovata a corto di denaro e era dovuta ricorrere all’emissione di obbligazioni per ottenere prestiti sia dall’Europa che dalla popolazione locale.
Il problema è che non potendo tassare la popolazione l'unione aveva grandi difficoltà a ripagarle: gli speculatori poi ne avevano fatto incetta pagandoli al di sotto del valore nominale da ex veterani che le avevano ottenuto in cambio della paga.
In genere i poveri, magari agricoltori, se ne erano dovuti disfare in cambio di contante mentre i ricchi (in genere abitanti delle città) le avevano accumulate.
Nel decennio successivo alla fine della guerra d’indipendenza, prima dell’adozione della Costituzione, ogni ex colonia aveva gestito la crisi di liquidità a modo suo: alcuni stati avevano stampato denaro cartaceo (invece di usare oro e argento) per soccorrere la popolazione più povera in difficoltà: questo denaro, usato anche per ripagare i creditori, era poi così finito nelle mani degli speculatori. In genere questi esperimenti erano stati positivi perché avevano fatto ripartire le economie locali senza gravare sui più poveri.
Gli speculatori però avrebbero preferito essere pagati in oro e argento perché, evidentemente, tale denaro era poi accettato in tutto il mondo e non solo nello stato di emissione del denaro cartaceo (che magari veniva cambiato a un valore più basso del nominale in un altra ex colonia).
Gli speculatori, anche in buona fede, si sentivano defraudati e ingannati quando venivano pagati con denaro cartaceo e quindi erano fortemente avversi a esso.
Idealmente volevano che gli agricoltori fossero tassati spietatamente, magari costretti a vendere sottocosto le loro proprietà, ma ottenendo così i pagamenti dei debiti in oro e argento.
Ecco, mi rendo conto di aver fatto un po’ di confusione mischiando insieme le obbligazioni dell’unione con i debiti/crediti della popolazione: ma le cose sono effettivamente legate insieme anche se non nella maniera semplicistica con cui le ho espresse io…
Il succo è che i poveri erano favorevoli al denaro cartaceo perché faceva ripartire l’economia salvandoli dal fallimento, mentre gli speculatori erano contrari perché tale moneta era meno sicura dell’oro e dell’argento.
Il sottocapitolo successivo è intitolato “Actual motivations”, cioè “Le vere motivazioni”, dei federalisti e degli anti-federalisti. Come dovrebbe essere ovvio a tutti, i contendenti non sempre dicevano le reali motivazioni del perché erano favorevoli o contrari alla costituzione ma piuttosto usavano quelle che sarebbero state recepite più positivamente dalla popolazione (che avrebbe dovuto votarne la ratifica).
Già questa spiegazione, data e accettata per scontata, contiene un insegnamento attualissimo: chi si fida delle spiegazioni del pensiero maggioritario spesso accusa di dietrologia chi la pensa diversamente.
Eppure la storia, di cui il caso della campagna per la ratifica della costituzione americana ne è solo un esempio, ci fornisce innumerevoli casi dove le dichiarazioni di una parte non sono oneste ed esplicite: anzi, forse è vero proprio il contrario, ci viene più spesso detto ciò che ci piace ascoltare piuttosto che la verità pura e semplice. Questo perché lo scopo di queste dichiarazioni è quella di manipolare l’opinione pubblica influenzandola a proprio favore e non di limitarsi a informarla.
Ovviamente le ragioni per essere pro o contro la nuova costituzione non si riducevano alla questione del denaro cartaceo.
Una differenza interessante era data dall’età: i federalisti (favorevoli all’adozione della costituzione) erano di circa una dozzina d’anni più giovani degli anti-federalisti.
Una teoria degli anni ‘60 per questa differenza spiega che i federalisti ricordavano soprattutto la guerra contro il Regno Unito: e soprattutto le difficoltà incontrate dall’esercito anche solo ad approvvigionarsi causate dalla mancanza di un forte governo centrale; i più anziani ricordavano meglio la fase che aveva portato al conflitto vero e proprio, ovvero le ingerenze del Regno Unito, equivalente a un forte potere centrale, nella politica ed economia delle colonie. Per questo i primi erano favorevoli alla ratifica della costituzione e i secondi contrari.
Probabilmente appena ieri sarei rimasto piuttosto scettico di fronte a questa teoria a causa della linea di confine forse un po’ troppo sottile.
Ma proprio stanotte, nel capitolo sulla persuasione del libro di psicosociologia, ho letto di un risultato molto interessante: le idee politiche si formano principalmente nell’adolescenza fino a trent’anni e poi rimangano stabili per il resto della vita.
Ecco quindi che anche una differenza di una dozzina di anni può essere determinante nell’assimilazione di specifici protomiti (o ideali/principi).
Tornando al denaro cartaceo forse vale la pena aggiungere un paio di osservazioni.
La maggioranza dei delegati che scrissero la costituzione erano ricchi o molto ricchi e, come tali, magari anche in buona fede, fortemente contrari al denaro cartaceo ritenuto una vera e propria calamità e ingiustizia.
Più in generale in molte ex colonie si stavano sviluppando delle forme democratiche ed egalitarie molto in anticipo sui tempi (per esempio, non ricordo più in quale stato, Maryland forse, anche le donne avevano ottenuto il diritto di voto!) che spaventavano i più ricchi ben consci della diminuzione del proprio potere politico. Il libro contiene tante citazioni significative che illustrano bene il pensiero dei potenti dell’epoca verso i politici di bassa estrazione sociale: siccome non ho voglia di copiare e tradurre mi limito a elencare gli aggettivi usati dai ricchi per descrivere tali politici: “middling” (mediocri), “whose ability or situation in life does not entitle them to it (al potere cioè)”, “stupidity”, “vice” (vizio), “meanness” (meschinità). Questi ricchi si consideravano al confronto “di miglior sorta” e ritenevano invece di aver “perso quell’influenza che (senza le riforme) avrebbero invece avuto”.
Queste persone vedevano in uno stato centralizzato forte, capace di imporre tasse alla popolazione, i cui rappresentanti politici fossero, a causa delle alchimie delle elezioni, appartenenti alle loro stesse classi sociali, la maniera migliore per tutelare i propri interessi.
Traduco al volo una citazione di un ricco dell’epoca: “Come un pubblico creditore, e soppesando, come molti altri buoni cittadini, il mio proprio vantaggio privato rispetto al bene pubblico, dovrei augurarmi la più rapida approvazione possibile della costituzione.”
Anche in questo caso la lezione mi sembra ovvia: i ricchi e potenti sono ben consci del potere e sono disposti a tutto per riprenderselo o incrementarlo. Chi oggi, basandosi sulla propaganda dei media e magari su un paio di articoli di Wikipedia, dà al prossimo del “complottista” perché sospetta che le istituzioni, in teoria neutrali e anzi dalla parte della maggioranza, vengano usate per danneggiare la popolazione, è invece proprio lui un ingenuo.
Ogni gruppo sociale vuole incrementare la propria forza (oggi equivalente alla ricchezza) e per riuscirci farà di tutto: chi quindi controlla i media li userà per influenzare a proprio favore il resto della popolazione e non certo per diffondere verità potenzialmente contro il suo proprio interesse.
Non capisco come mai così tante persone non si rendano conto di questa ovvietà: eppure sappiamo che se andiamo a comprare un auto nuova il venditore farà di tutto per convincerci della bontà dei suoi veicoli e, di certo, non ci dirà di rivolgerci a un suo concorrente che ha prezzi e vetture migliori. Come mai quindi è così difficile capire che i media fanno gli interessi dei loro proprietari?
Ma non vi ricordate più come negli anni ‘90 si insisteva sul fatto che le televisioni di Berlusconi facevano gli interessi politici di Berlusconi? Pensate quindi che oggi i giornali degli Agnelli non facciano gli interessi degli Agnelli?
Conclusione: mi mancano appena poche pagine per finire il capitolo sulla persuasione: probabilmente ci farò presto un pezzo. Alla fine, come si capisce anche leggendo il paragrafo qui sopra, è tutto collegato insieme. Qualsiasi cosa si legga che abbia un minimo di spessore teorico ci arricchisce: non è un caso che la popolazione legga sempre meno e per questo stia divenendo sempre più povera...
Panchina numero 15
43 minuti fa
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