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giovedì 2 giugno 2016

In disaccordo con Harari

Come spiegato nel corto Psicologia evoluzionistica sto finalmente leggendo Da animali a dèi di Harari: in genere ripercorre fedelmente i video del corso che seguii a suo tempo ma leggere le varie informazioni è diverso che ascoltarle.

Mi hanno colpito diversi piccoli capitoli che affrontano la questione del rapporto uomo donna: in effetti ricordo che ne parlò anche nel corso ma probabilmente lo seguii distrattamente senza rifletterci troppo.

La questione è semplice: mentre la distinzione fra sessi è chiara e univoca, la distinzione fra i due (e talvolta più) generi varia nel tempo ed è, fondamentalmente, un costrutto della fantasia umana ovvero ciò che Harari chiama realtà immaginaria e io, semplicemente, mito.
Però in tutte le società basate sull'agricoltura il ruolo della donna è sempre stato subordinato a quello dell'uomo. Talvolta si sono verificata delle singole eccezioni (come la regina Elisabetta I) ma, appunto, si è trattato solo di queste.
Come mai in tutte queste società, pur di epoche e regioni diverse, tutte le realtà immaginarie costruite dalla società hanno dato un ruolo secondario alle donne?

La teoria corrente è che queste realtà immaginarie abbiano una base biologica che le spieghi: ovvero che la diversa costituzione fisica abbia poi causato la creazione di miti in cui la donna ha solo un ruolo di sudditanza rispetto all'uomo.

Harari riporta le tre teorie principali (esaminandole una ad una in singoli capitoletti) ma, per ciascuna di esse, conclude che non sono del tutto convincenti e, anzi, talvolta tali differenze biologiche avrebbero dovuto favorire le donne invece di svantaggiarle.

Premetto che la questione non mi appassiona minimamente ma mi ha comunque colpito la conclusione di Harari, ovvero che le teorie che spiegano l'origine della discriminazione delle donne su base biologica non siano convincenti, perché normalmente sono d'accordo con lui (*1).
Ho la sensazione che Harari non volesse confermare l'origine biologica della discriminazione femminile: un po' per spirito di contraddizione (*2) ma anche, credo, per qualche sua ragione psicologica inconscia (*3) personale.

Normalmente Harari è estremamente lucido nelle sue analisi ma in questi tre capitoletti, sebbene ben scritti e apparentemente logici e consequenziali, mi pare che non voglia vedere e riconoscere l'ovvio.
Ad esempio la prima teoria che spiega la discriminazione femminile è la maggiore forza degli uomini rispetto alle donne. Harari spiega che ciò è vero solo mediamente e che, comunque, le donne hanno una maggiore resistenza alla fatica e alle malattie; con una serie di affermazioni speciose arriva poi alla conclusione che tale teoria non è convincente.
A me pare invece che, seppur solo mediamente, l'uomo è più forte della donna, ciò sia già sufficiente a dare il la alla creazione di miti che attribuiscano ruoli e compiti di secondo piano alle donne: se poi in tale società nascesse anche una bambina potenzialmente fortissima allora il ruolo impostole dalla società le impedirebbe di sviluppare le sue potenzialità e, in conclusione, non avrebbe modo di cambiare la situazione. La maggior resistenza alla fatica e alla malattia diventa irrilevante una volta costituitosi l'ordine immaginario: per la maggior resistenza alla fatica basta imporre alla donna più incombenze e per la resistenza alle malattie una alimentazione peggiore ed ecco che questi vantaggi si annullano.

L'unica obiezione a questa mia interpretazione è quella di avere un ordine immaginario che sembra precostituito in virtù della sola maggiore forza fisica media degli uomini rispetto alle donne. In realtà anche questa sarebbe una trasformazione progressiva che non esclude che, agli albori della civiltà, una tribù non abbia avuto un capo donna grazie alla sua forza: mi pare però plausibile che, indipendentemente dal padre, mediamente i figli maschi di tale donna fortissima sarebbero stati più forti delle figlie interrompendo così, dopo una generazione, il predominio sociale femminile.

Oltretutto Harari spiega il successo dell'agricoltura sulla caccia/raccolta in maniera analoga. Gli uomini non diventano agricoltori dall'oggi al domani ma progressivamente, lungo un percorso di generazioni, fino a quando non è più possibile tornare indietro...

Conclusione: mentre scrivevo riflettevo che l'unica possibilità, in una società antica basata sulla forza, per le donne di assicurarsi il potere politico sarebbe stata quella di non avere uomini. Ho così pensato al mito delle amazzoni e adesso ne vorrei sapere di più...

Nota (*1): o, volendo, lui è d'accordo con me e ha solo confermato delle mie vecchie intuizioni e supposizioni!
Nota (*2): vedi ad esempio l'idea che “il grano ha addomesticato l'uomo” e simili...
Nota (*3): come intuizione, anzi come sesto senso perché non è basata su nulla, la prima ipotesi che mi passa in mente è che Harari sia orfano di padre o che, comunque, sia strettamente legato e devoto alla propria madre o comunque a una figura femminile che lo abbia fortemente influenzato nell'infanzia (magari una zia o una sorella maggiore...). Ma è un'intuizione basata sul nulla: una scommessa che faccio con me stesso per poi divertirmi a scoprire se ho indovinato...

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