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venerdì 1 febbraio 2013

Paramorosonoide 1/10

1. Agenzia di scontri

Allacciare contatti, scambiarsi sguardi...” ma allora perché mi hanno dato la cartellina nera!? Quella donna che ride di me l'ha rossa, quell'uomo dal sorriso idiota verde, così come la donna cicciottella che parla con quel grassone dalla cartella gialla... Cazzo, non si fa così! Va bene che comunque questa pagliacciata, questa cazzo di speed date, non avrebbe portato a niente ma almeno potevate evitare di sabotarmi! Voglio sentire che scusa mi inventa la segretaria bionda all'ingresso.

«Scusi, io ho la cartellina nera.» le dico. Lei mi guarda e fa finta di non capire «Come?». «Mi avete dato il questionario nella cartellina nera...» e vedo che la stronza continua a far finta di niente. Ci guardiamo in silenzio: so che incuto timore quando guardo fisso le persone. «Ne... ne vuole una diversa?» chiede lei. Figuriamoci! Ormai tutti mi hanno visto con la nera in mano e cambiarla è inutile. Ma almeno la stronza adesso sa che ho capito il loro gioco. Non le rispondo: giro sui tacchi e vado verso l'angolo col tavolo degli stuzzichini. Sento sulla schiena l'irritante risolino soddisfatto della segretaria: sono tentato di girarmi di scatto per sorprenderla mentre mi ghigna dietro ma non lo faccio. So che lei sarebbe più veloce a fare una faccia compita e io rischierei di fare la figura dello stupido: non le darò questa soddisfazione...

Il tavolo con i sandwich è troppo affollato. Devio verso quello delle bevande e mi servo l'unica disponibile: una sangria all'arancia di colore rosso acquerello. Leggermente alcoolico temo. Ma chi se ne frega: questo pomeriggio fa così schifo che non può peggiorare. Mi appoggio alla parete e, incrociando le braccia sulla stupida cartellina, fisso cupamente gli altri clienti dell'agenzia. Un paio di donne prima vedono la mia cartellina e poi mi ridono in faccia. Ma sono troppo orgoglioso per nasconderla e così continuo a stringerla sul petto, bene in vista. Rispondo alle risa con il mio sguardo torvo e le vigliacche fanno finta di niente e si girano. Solo un uomo, con la cartellina blu, osa avvicinarsi per riempire due bicchieri. Lo fisso per tutto il tempo. Lui mi guarda di sottecchi un paio di volte, forse biascica uno “scusi”, ma io rimango zitto e lo squadro serio. Se ne va rapido rapido porgendo un bicchiere a una donna con la cartellina rosa: ovviamente la più carina. “Bravo, sei stato coraggioso... per essere un coniglio...” penso che se mi avesse provocato l'avrei fatto a pezzi: sono molto forte e arrabbiato. Continuo a sorseggiare lentamente la mia bevanda.

Guardo l'orologio: ancora mezz'ora di questo strazio. Sono costretto a prendermi un'altra sangria perché mi sento stupido col bicchiere vuoto in mano. L'atmosfera è cambiata: si sono formati numerosi gruppetti misti che scherzano e ridono con voce stridula: sembrano oche che starnazzano. Sono patetici. Io, ovviamente, sono ancora solo ma del resto era inevitabile visto che mi avevano affibbiato la cartella nera... Vedo una donna di mezz'età che va a parlare con la segretaria bionda all'ingresso: sono sicuro che le sta chiedendo di me anche se hanno la buona grazia di non indicarmi né guardarmi. Ecco! Ho parlato troppo presto: la donna mi ha guardato ma, accorgendosi che la fissavo, ha distolto immediatamente gli occhi. Sorrido ironico e indico il dorso nero della mia cartellina. Avrei voglia di strozzare qualcuno. La donna finisce di parlare con la segretaria e io continuo a seguirla con lo sguardo. Ovviamente la chiacchierona si sofferma a sparlare di me con un'altra donna. Oca pettegola. Comunque non era il mio tipo. Affogo la mia rabbia nella bevanda acidula: gradevole però.

L'ora è finita: la segretaria batte le mani e, con finta allegria, si rivolge a quelli che chiama i suoi “ospiti”. Io non la sto nemmeno a sentire. Sono nauseato dall'ipocrisia di questa farsa. Sto quasi per andarmene via subito: poi ci ripenso e masochisticamente decido di assaporare fino in fondo questa umiliazione che mi riempie di bile. Vedo che tutti gli “ospiti” vanno a sedersi dietro a dei piccoli separé: io vado in quello più lontano, nell'angolo più nascosto. Barcollo un po' ma mi riprendo. Mi lascio cadere sul divanetto al suo interno. Su un minuscolo tavolino noto un telefono con un foglio d'istruzioni. Lo studio per un attimo: è coloratissimo, pieno di vignette complicate, punti esclamativi e cuoricini vari. Lo getto via e con rabbia tiro il filo del telefono per staccarlo. Senza volere lo strappo: sorrido soddisfatto “Vi sta bene visto che mi avete fregato”. Almeno nessuno mi disturberà. Non c'è niente da fare e così mi sdraio sul divano: i piedi mi penzolano oltre il bracciolo ma sto ragionevolmente comodo. Mi sto assopendo ma non me ne importa. Sento un bisbiglio indistinto che proviene dai loculi vicini. In sottofondo c'è la voce baritonale di un uomo punteggiata dalle risatine isteriche di una donna: non ne distinguo le parole ma non mi importa perché la rabbia mi ha reso esausto. Passa del tempo e i miei sensi si acutizzano: adesso riesco a sentire tutte le voci e mi sembra che il mio nome venga ripetuto all'infinito. Parlano di me ovviamente: tutte le pecore coalizzate contro il lupo. Eppure, rifletto, non conoscono il mio nome... ah già: l'ha spifferato la segretaria alla donna pettegola: per questo lo sanno tutti adesso... Perdo il senso del tempo e il rancore si assopisce con me. Sto per chiudere gli occhi ma poi arriva lei. Ed è bellissima!

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