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mercoledì 6 febbraio 2013

Il buono ma brutto Ingegnere (1/?)

Vedi il corto Da domani per qualche breve info su questo racconto...

***
Si svegliò di soprassalto: aveva passato una nottata terribile dormendo in posizione fecale. Il pensiero della riunione di lavoro che lo attendeva non gli aveva dato pace. A fatica si tirò fuori dal WC e, senza usare carta igienica né tirare lo sciacquone, andò in cucina a prepararsi la colazione. Le gambe intorpidite lo sostenevano a fatica ma, pur barcollando, raggiunse la sua meta.

La stanza era in disordine: un mucchio di vecchi piatti sporchi emergeva dal lavandino, la tavola era ingombra di cartoni per la pizza, cartacce e briciole, il pavimento era appiccicoso a causa dello sporco grasso che, come una moquette, ne ricopriva la superficie.
È incredibile quando c'era Maria Clara era tutto pulitissimo!” - pensò con rimpianto l'Ingegnere - “Devo essere più ordinato fino a quando non avrò trovato una sostituta...
Maria Clara era infatti la sua domestica filippina e si era licenziata la sera precedente.
L'Ingegnere avrebbe voluto raccogliere le idee per la riunione ma la sua mente non riusciva a concentrarsi: non facevano che vorticargli nella mente il pi greco, l'ipotenusa, le parentesi graffe, la radice quadrata e altri astrusi pensieri matematici. Evidentemente si era stancato con letture troppo impegnative la sera precedente: si ripromise così di smettere di leggere Topolino prima di giornate di lavoro impegnative.
Scuotendo la testa, come a scrollarsi di dosso queste indesiderate immagini numeriche, aprì il contenitore di cartone con la pizza del giorno prima e una mezza dozzina di olive andarono a nascondersi sotto altri rifugi...
Nauseato, aprì il frigo alla ricerca di qualcosa di commestibile: c'era solo un cartone di latte scaduto. L'annusò: non sembrava andato a male. Lo versò in un pentolino tutto bruciacchiato e ripensò allo strano sogno: era al cinema e stava litigando con degli sconosciuti quando un cagnaccio gli era saltato addosso. Che sogno patetico!
Cercò un bicchiere pulito; non ce ne erano e così scelse il meno sudicio e lo sciacquò rapidamente. Mentre si versava il latte una mosca gli saltò sul naso. Rapido come un serpente l'agguantò al volo con la mano sinistra mentre con la destra rovesciò il latte sul tavolo. Seccato staccò per ripicca un'ala alla mosca e l'osservò girare freneticamente su sé stessa sbattendo quella rimasta. Senza accorgersene iniziò a ridere come un bambino, sguaiatamente con dei singhiozzi convulsi e strozzati che sapevano di bile: impulsivamente riafferrò la mosca e se la nascose fra i riccioli unti.
Finalmente l'Ingegnere iniziò a sentirsi più tranquillo: adesso aveva qualcosa in testa, un'idea che gli zampettava sul cuoio capelluto incapace di staccarsene a causa dei capelli viscidi. Rassicurato andò a vestirsi.

Non sapeva se indossare le mutande o meno: poi, ricordandosi dell'importanza della giornata, optò per un tanga leopardato. “Non si sa mai” - pensò.
Pantaloni attillatissimi a zampa di cammello, mocassini neri e camicia blu scura sbottonata sul petto per lasciare intravedere la virile peluria brizzolata. Di nuovo un'incertezza sulla cravatta: “Maledizione! Oggi devo essere sicuro di me stesso come un castoro!”. Impulsivamente gettò via le cravatte e si mise al collo una pesante catena d'oro molto afro. Giacca begie con fazzoletto bianco che sbucava dal taschino e via: “adesso sono pronto per rollare!” si disse per farsi coraggio mentre barcollava tutto da una parte.

Arrivò in ufficio prima del solito. La sua segretaria, come sempre negli ultimi tre giorni, ignorò il suo saluto: l'Ingegnere si chiese se fosse morta. “Questo spiegherebbe il cattivo odore” - pensò. Ma aveva cose più importanti da fare che andare a spupazzarsi un cadavere vivo o morto che fosse. Quindi passò oltre e si chiuse in ufficio a leggere le email. L'inquietudine cresceva: in meno di un'ora la riunione sarebbe incominciata e lui avrebbe dovuto presentare il suo piano per l'azienda: le sue mani pelose sudavano e si contorcevano come salsicce sulla griglia ma senza il buon odore di arrosto. Eppure non riusciva a smettere di leggere la sua posta: la compulsione era troppo forte.
Finalmente cancellò l'ultimo messaggio e, prudentemente, non controllò se nel frattempo fosse giunto altro. Guardò l'ora: aveva ancora venti minuti per prepararsi. Così decise di aggiornare rapidamente il suo profilo anonimo su FB. Scrisse: “Raga, ho una riunione e non so che cazzo dire!”. Dopo pochi secondi giunse una risposta: era l'avvocato “ciucciami il calzino” scrisse seraficamente. “Boa chi molla!” aggiunse poco dopo un serpente.
Bello poter contare sugli amici...” - pensò, poi, arrivato a cinque, ricontrollò l'ora - “Ok, mancano dieci minuti, basta cazzeggiare!” si disse e, scendendo dagli scaffali sui quali si era arrampicato, iniziò a fare un po' di stretching.
Prima decise di sgranchirsi braccia e spalle, poi passò alla schiena e si piegò due volte in avanti, alla terza, il rumore di pantaloni che si lacerano gli fece capire che era stata una buona idea mettersi il tanga. Decise di smetterla con lo stretching: raccogliendo la propria fiducia in sé stesso si apprestò a dirigersi lentamente verso la sala riunione. Il piano era semplice: 1) sorridere a tutti 2) annuire appena se qualcuno gli rivolgeva la parola.
Mentre usciva la segretaria sembrò fissarlo ma non gli disse niente: “Maledetta, con quegli occhi vitrei mi avrà lanciato il malocchio!” pensò udendo qualcosa colpire la porta alle proprie spalle.

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