Ieri sera ho finito di leggere l’introduzione, piuttosto lunga, di “Collasso” di Diamond dove si spiega l’argomento del libro e se ne anticipano alcuni dei risultati.
Come suggerisce il sottotitolo, “Come le società scelgono di vivere o di morire”, l’autore cerca di catalogare i motivi per cui alcune civiltà sono crollate mentre altre hanno prosperato.
Questo sottotitolo però mi fa alzare un sopracciglio: secondo la mia teoria infatti, per la prima legge del potere, nessun gruppo e quindi nessuna società desidera indebolirsi né, tantomeno, crollare.
Inoltre la società intesa come democratastenia, ovvero popolazione in generale, non decide mai nulla: sono sempre i parapoteri che decidono come e dove guidare il resto della popolazione.
Quindi il sottotitolo “corretto”, secondo me, avrebbe dovuto essere: “Come chi guida la società sbaglia i propri calcoli e la porta al crollo invece che al successo”. Ma capisco che la sua formulazione sia di maggior effetto!
Poi Diamond elenca le cinque “famiglie” di cause che portano al crollo di una società:
1. un disastro ecologico provocato dall’uomo.
2. un disastro ecologico naturale (come il cambiamento climatico).
3. una civiltà nemica.
4. il venire meno del sostegno di una civiltà amica.
5. la risposta che la civiltà dà ad alcune problematiche.
Tutti questi fattori sono detti “famiglie” perché, suppongo, vi siano più varianti degli stessi. Per esempio la sovrappopolazione rientra nel punto 1 ma, per alcuni aspetti/conseguenze, nel 2.
Il punto 5 mi sembra una specie di jolli dato che è estremamente vago: vedremo nei casi concreti cosa intende.
L’accento molto forte sul disastro ecologico mi lascia perplesso: come scrissi quando commentai “The fate of Rome” lo storico, e a maggior ragione il non storico, tende a interpretare il passato lasciandosi guidare dalla mentalità del presente. Per la caduta dell’impero romano durante l’illuminismo si accusava l’influenza negativa della religione cristiana, nel XIX e inizio XX secolo si ipotizzava una sorta di darwinismo di civiltà dove la maggior “vigoria” delle razze germaniche avrebbe trionfato sulla mollezza decadente dei romani, all’inizio del XXI secolo predominava il cambiamento climatico: non dubito che la prossima moda (a seguito della recente pandemia) sarà il ritorno alla teoria delle epidemie...
L’autore elenca poi una lunga serie di civiltà, sia attuali che del passato, per studiarne e compararne le diversità e giungere così a dimostrare le proprie conclusioni.
Se ho ben capito l’autore dovrebbe affrontare anche la caduta dell’Impero Romano d’Occidente che è l’unico fenomeno che conosco con quel minimo di profondità per poter giudicare con cognizione di causa le sue interpretazioni.
Oltretutto qui c’è una forte sovrapposizione con la mia teoria della decadenza: il “crollo” definitivo di per sé non mi interessa e non mi ci sono mai confrontato ma, nel caso dell’Impero Romano, credo che l’aspetto di decadenza sia precipuo e sono sicuro che anche Diamond lo affronterà probabilmente facendolo rientrare nel punto 5.
Molte delle civiltà che analizzerà si svilupparono in luoghi isolati come varie isole dell’oceano Pacifico. Io ho subito drizzato le orecchie appuntandomi a pag. 21: “[KGB] società piccole e isolate + vulnerabili a fattori esterni. In I.R. carestia solo in alcune zone.”
Diamond mi “risponde” due pagine dopo: «Affinché il lettore non giunga erroneamente alla conclusione che questi [modelli basati su società “piccole” e localizzate in “aree marginali”] non possono essere validi modelli per le grandi società moderne a noi tanto familiari, desidero spiegare perché ho scelto di osservare da vicino proprio questi popoli e non altri. Le piccole società sono esempi particolarmente chiari di ciò che intendo illustrare poiché i vari fenomeni da me analizzati vi comparirono più velocemente ed ebbero esiti più drastici che in società più grandi.» (*1)
Io non sono totalmente persuaso dalle ragioni dell’autore ma attendo con curiosità di leggere i casi che proporrà.
Il fatto è che qui mi sembra lui scelga di studiare le società più piccole in quanto modelli semplificati in scala delle più grandi: ma questa similitudine fra modello e realtà può essere fuorviante perché mentre le singole dimensioni (altezza, profondità e larghezza) si dimezzano, il volume invece diviene 1/8 e così tutto quanto è in proporzione con esso come il peso.
Al di là della metafora del modello voglio dire che alcuni aspetti delle civiltà maggiori potrebbero semplicemente non essere presenti nelle minori e non si può escludere che potrebbero essere differenze significative…
Da un altro punto di vista, passando alla teoria della fragilità di Taleb, una civiltà basata su un’isola, piccola insomma, non ha ridondanza e questo la rende fragile. Nell’Impero Romano quando una regione soffriva una carestia venivano inviate delle navi cariche di grano da altre regione più produttive: la semplice estensione dell’impero garantiva cioè della ridondanza nella produzione di cibo tale che carenze anche significative da una parte potevano essere superate grazie all’abbondanza di altre. Oltretutto questo dava modo alla popolazione di adattarsi e di superare il problema che avrebbe invece sopraffatto una società piccola e isolata.
Conclusione: vedremo come l’autore affronterà questi limiti. Il primo capitolo è sul Montana attuale e non mi attira molto: se ho ben capito dovrebbe essere il modello di uno stato occidentale. A mio avviso però la densità di popolazione è troppo bassa: nella mia teoria dell’espansione ([E] 22.2) il Montana è ancora alla Fase 1, quella in cui è possibile sfruttare il territorio, mentre la maggior parte dell’occidente è nella Fase 3. Poi ovviamente il Montana è all’interno degli USA e questo aggiunge tutta una serie di vincoli e condizioni… vedremo...
Nota (*1): tratto da “Collasso” di Jared Diamond, (E.) Einaudi, 2014, trad. Francesca Leardini, pag. 23.
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