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sabato 6 agosto 2022

Guerra facile

Oggi “dovrei” scrivere del sorprendentemente interessante capitolo sul “conflitto e accordo” che ho finito di leggere ma non ne ho voglia: è impegnativo e fa caldo.

Invece preferisco parlare di una riflessione che per anni mi ha angustiato e che finalmente ha avuto risposta.

Mi chiedevo come facesse il moderno potere politico democratico a portare il proprio paese in guerra. Come sapete la guerra fa comodo ed è voluta da pochi, che con essa si arricchiscono, ed è combattuta col sangue e il dolore della stragrande maggioranza della popolazione.
Come fa quindi uno stato moderno a convincere i propri cittadini a sacrificarsi per fare arricchire chi è già straricco?

Ovviamente so e sapevo che la questione non è data nell’onesta brutalità di come l’ho esposta io qui sopra: alla popolazione devono essere fornite delle giustificazioni speciose: in qualche maniera bisogna convincerla a sacrificarsi per un qualche bene superiore.

Mi chiedevo quindi quali potessero essere le argomentazioni usate, quale sarebbe stata la reazione della popolazione e così via.

Ebbene con la guerra in Ucraina ho avuto molte risposte se non tutte. E, prevedibilmente, sono rimasto molto deluso: non solo dagli italiani ma da tutti gli europei.
Come si entra in guerra? Lo si fa e basta, senza chiedere il permesso della popolazione (che difficilmente lo darebbe), e poi si usa la propaganda per giustificare l’azione e si censura chi prova a dissentire.
Ma quello che è più disarmante è che la propaganda non deve fare grandi sforzi: bastano tre o quattro concetti elementari (ma anche da asilo nido) ripetuti alla nausea e subito si convince almeno metà della popolazione della bontà della guerra. Non servono prove, non servono buone argomentazioni, basta solo ripetere qualche bugia strombazzandola di continuo, magari ridicolizzando chi prova a opporsi a essa, ed ecco che nei cervellini di buona parte della popolazione diventa verità: fioriscono così le bandierine gialle e blu e tutte le altre cretinate con cui la popolazione è invitata a sostenere la causa del potere.
La guerra si rivela essere una follia dove la popolazione si impoverisce? Nessun problema: è colpa del nemico “cattio cattio” e non dei folli che l’hanno voluta e provocata. Un muratore rompe un tubo con una martellata? La colpa non è del muratore ma del tubo che si è rotto. Il livello di “logica” è questo.

Poi sì, c’è anche una percentuale significativa di persone che pensano con la propria testa e che vedono chiaramente che la guerra è un errore: in base alla loro specifica preparazione possono portare argomentazioni economiche, geopolitiche, logiche o semplicemente morali contro di essa. Ma è tutto inutile perché sono comunque una minoranza e, per giunta, denigrata o ridicolizzata dai media che obbediscono in maniera totale e assoluta agli ordine del potere, distorcendo la verità senza ritegno né imbarazzo.
Gli argomenti della minoranza illuminata, per quanto buoni, sono insufficienti a far cambiare idea a una sola pecora: dato che il gregge si basa unicamente sulla narrativa dominante, non importa quanto assurda ed errata.

In pratica la risposta alla mia domanda, che ipotizzavo essere profonda e complessa, è in verità banale: lo Stato dichiara guerra e poi lavora di propaganda: già questo è sufficiente per convincere un 50% circa della popolazione (i --TJ e gli –FJ) che essa sia giusta.

Ora la guerra in Ucraina, per il momento, ci coinvolge solo economicamente ma anche così i danni si prospettano così grandi che inevitabilmente provocheranno la loro scia di disperazione e morti. Vedremo quando a ottobre, rigorosamente dopo le elezioni, la situazione inizierà a precipitare se la popolazione si sveglierà dal torpore indotto dai media bugiardi e inizierà a capire come stanno veramente le cose.
Soprattutto ho fiducia nell’intelligenza dei –TJ che, messi di fronte all’evidenza, sappiano riconoscerla come tale.

Conclusione: ma in realtà non dovrei avere nessuna fiducia né speranza: in cinquant’anni non ho ancora capitolo la lezione fondamentale sulla stupidità umana.

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