Finalmente, dopo un anno e mezzo (grazie a Goodreads.com per tenerne traccia), ho terminato di leggere “Social Psychology 13E” di David G. Myers e Jean M. Twenge, (E.) Mc Graw Hill Education, 2019.
Nel complesso un ottimo libro: dopotutto l’ottimo corso di psicosociologia che avevo seguito anni fa era basato proprio su di esso.
Certo, più del libro, consiglio il corso in linea sempre che sia ancora disponibile gratuitamente: nel corso si ha una panoramica dell’80% dei concetti, oltretutto con video e altro materiale che lo rendono ancora più godibile. E tutto questo in una frazione del tempo necessario a leggere il tomo di 500 pagine (senza considerare la cinquantina e passa di indice, bibliografia e roba del genere). Il libro è quindi adatto a chi vuole approfondire e avere un punto di riferimento da poter consultare in caso di necessità.
Senza poi considerare il prezzo che (l’avevo dimenticato) è almeno il doppio di quello che dovrebbe essere. Mi vergogno a dire quanto l’ho pagato ma è un’esagerazione: sarebbe stato forse accettabile se avesse avuto il doppio delle pagine! Vabbè, col senno di poi…
Periodicamente ho scritto vari pezzi sui concetti più interessanti in cui mi sono imbattuto e quindi non starò a ripetermi.
Piuttosto voglio scrivere qualche parola sull’ultimo capitolo che ho terminato oggi, il 16°: “Social psychology and the sustainable future”.
Questa volta non ho avuto sorprese: il capitolo è deludente come mi aspettavo. L’ho già scritto ma giova ripeterlo: finché gli autori si limitano alla psicosociologia sono ottimi: quando però passano alla filosofia (senza neppure accorgersene) e alla politica iniziano a prendere granchi…
Il capitolo inizia a ricordare quanto siano limitate le risorse del mondo e quanto le stiamo consumando rapidamente. Va bene, qua e là ho qualche dubbio ma diciamo che accetto quanto scritto per buono.
La seconda parte è intitolata “Attiviamo uno stile di vita sostenibile” e le strategie sono sostanzialmente due: 1. sfruttare nuove tecnologie; 2. ridurre i consumi (e la popolazione) (*1).
E sul ridurre i consumi si vede il germe del paradosso politico e sociali che, evidentemente, sfugge agli autori.
Per disincentivare non si sa proporre di meglio che aumentare le tasse su certi prodotti servizi oppure fornire un riscontro immediato dei consumi/costi in maniera che si sappia immediatamente quanto si risparmia spegnendo lo schermo del calcolatore o una lampadina.
Il problema è che queste idee provocano delle discriminazioni basate sul reddito: i ricchi possono permettersi la carne animale, i poveri no. E poi ve lo immaginate Bezos che fa i salti di gioia a scoprire che spegnendo la lampada dell’ufficio quando va in bagno risparmia ben 20$ all’anno?
Queste sono ingiustizie basate su discriminazione economica. Il paradosso viene nella sezione successiva dove si spiega come la psicosociologia possa essere usata per cambiare la mentalità delle persone.
Il succo è che la ricchezza non dà la felicità e quindi, ne deducano, un po’ di povertà non farebbe troppo male.
Peccato però che nella parte precedente la ricchezza è utile a permettersi tutti quelle piccole e grandi comodità che costerebbero molto di più a causa delle tasse.
Ecco il paradosso: non è importante che siate ricchi ma se non lo siete non potrete permettervi le comodità a cui siete abituati. A voce cercano di convincere che il denaro non è poi così importante ma le politiche che consigliano dicono il contrario.
In un’altra parte del libro spiegano che i bambini a cui i genitori a parole insegnano una cosa ma nella pratica, col loro esempio, mostrano il contrario, divengono ipocriti.
Ecco quello che al massimo si otterrebbe: una popolazione ipocrita, che a parole si dice convinta che il denaro non sia importante ma che poi farebbe tutto il possibile per ottenerne sempre di più.
Ma non voglio dilungarmi troppo su questo capitolo: salto quindi molte note che evidenziano tante altre contraddizioni e ipocrisie.
Mi soffermo solo su un “Research close-up” (in pratica una scheda di approfondimento) dove uno scienziato ha raccolto tutti gli aspetti che portano al benessere individuale: 1. più emozioni positive; 2. meno emozioni negative; 3. felicità; 4. apprezzare la propria vita; 5. qualità della vita; 6. Salute, amicizie, famiglia.
In tutti questi aspetti il ruolo del denaro è “marginale” (le virgolette sono mie: nella società attuale tutto dipende dal denaro, la salute ne è forse l’esempio principale).
Spiegato questo è scritto:
«Tali misure del benessere possono essere utili ai governi quando discutono di economia, tasse, protezione della famiglia, sistema sanitario e progetti sociali [...]» (*2)
Ho riportato un frammento minimo (sono pigro) ma l’idea è che il governo, interessato al benessere della popolazione e, anzi, volendolo massimizzare, basi le proprie politiche sugli elementi sullodati.
Io non so che pensare: si tratta di ingenuità o ipocrisia? (scarto la stupidità perché assumo che lo scienziato debba essere intelligente)
Il governo non è MINIMAMENTE interessato non dico alla felicità ma neppure al benessere puramente materiale della propria popolazione. Le riprove le abbiamo continuamente: a chi giova la guerra in Ucraina voluta a tutti i costi dall’occidente (leggi NATO, leggi USA, leggi Biden, leggi alti papaveri democratici)?
Di certo non alla popolazione comune… A qualche popolazione occidentale è stato chiesto se erano favorevoli a questo conflitto? No: la guerra fa comodo ai produttori di armi e tanto basta.
Altro che la felicità delle persone: per guadagnare denaro la politica passa volentieri sulla vita di milioni di ucraini. Vabbè: sapete già come la penso, inutile aggiungere altro…
Questo però per far capire quanto poco capiscano questi psicosociologi appena abbandonano i loro esperimenti sugli studenti e iniziano a parlare di altro…
Infine nell’epilogo (mezza pagina) gli autori spiegano che il loro libro, anche se rigoroso, vuole anche essere “intellettualmente stimolante”. Beh, in questo obiettivo hanno fallito.
Associare i repubblicani ai difetti psicologici e i democratici ai pregi oppure citare Trump come esempio negativo e Obama come positivo non è una provocazione è solo essere politicamente schierati. Oppure tutte le foto politicamente corrette (con rigorosamente personaggi sorridenti di tutte le etnie che si danno la mano e collaborano insieme) non sono intellettualmente stimolanti ma sono invece tipiche di una specifica visione della vita che nella sostanza è ingenua o ipocrita.
Precedentemente ho rimarcato come alla sezione sulla riduzione dei consumi e della popolazione non si parli poi, per niente, della riduzione di quest’ultima.
Dove cresce la popolazione? Nei paesi poveri: è lì che la crescita della popolazione andrebbe contenuta. Cioè va bene che l’occidente “ricco” impari a consumare meno ma è semplicemente tutto inutile se dall’altra parte del mondo la popolazione raddoppia in pochi anni.
Però questo concetto, che sarebbe stato effettivamente “intellettualmente stimolante”, è stato tagliato perché è qualcosa che non si deve “dire” e ne è rimasta (involontariamente suppongo) traccia solo nell’introduzione della sezione…
Invece un’intuizione intellettualmente stimolante e provocante mi è venuta a me mentre leggevo queste pagine.
Probabilmente dovrei dedicarvi un pezzo a parte ma almeno voglio gettarne le basi adesso:
- la popolazione evolve geneticamente con relativa velocità, tipo poche migliaia di anni bastano per uniformare e differenziare una popolazione (da “Who we are and how we got here” di Reich).
- la popolazione sta divenendo più stupida.
- ma in effetti sta evolvendo: non è tanto la stupidità che viene premiata quanto il vivere in società senza protestare, ignorando le ingiustizie anche se palesi, il seguire le mode, l’essere docili e mansueti, l’incapacità di agire o di farsi un’opinione propria che sfidi il pensiero dominante.
- Tutte le caratteristiche sopra, dell’uomo pecora che vive bene nel gregge, si riassumono tendenzialmente con minore intelligenza. Ed ecco perché la stupidità, quella dell’uomo che evita le grane, che ubbidisce al potere senza farsi scrupoli, viene premiata.
- Alla fine è l’uomo che si sta evolvendo per divenire sempre più facilmente manipolabile dal potere. Il divenire più stupido ne è invece un effetto indiretto.
Questa, per la cronaca, è una teoria provocatoria e stimolante.
Conclusione: come ho detto il libro nel suo complesso è molto buono. Mi spiace salutarlo con una critica così severa al suo ultimo capitolo. Ma se gli psicosociologi politicamente/filosoficamente/moralmente non ci capiscono niente non è colpa mia...
Nota (*1): ho scritto “e la popolazione” fra parentesi perché è scritto così nell’introduzione al capitolo ma poi nella specifica sezione non ve ne è traccia. Ma su questo ritornerò quando commenterò l’epilogo del libro.
Nota (*2): tradotto al volo da “Social Psychology 13E” di David G. Myers e Jean M. Twenge, (E.) Mc Graw Hill Education, 2019, pag. 501.
alla prima stazione
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