Ieri sera ho finito di leggere la “terza” vita di Plutarco, ovvero quella di Licurgo. È veramente interessante!! E, come previsto, mi sono abituato all'italiano arcaico usato nella traduzione...
Della vita di Licurgo in realtà dice relativamente poco (non sono sicuro che sia un personaggio storicamente esistito (*1)): ciò che invece mi ha molto colpito è la dettagliata descrizione di come il famoso legislatore avrebbe organizzato le leggi e la società di Sparta. In pratica realizzò a tavolino una società all'apparenza utopistica ma che, nella pratica, durò per molti anni (Plutarco scrive per “cinque secoli” ma dubito che i suoi calcoli siano attendibili! (*1)) e che portò Sparta all'egemonia sulla Grecia.
La logica di Licurgo è ferrea: egli vede l'origine di ogni vizio nella cupidigia e, partendo da questo principio, organizza la società in maniera che, quasi “fisicamente”, non ci sia spazio nella vita degli spartani per il desiderio di ricchezze o di beni materiali. Da questo punto di vista mostra anche un acuto intuito psicologico che usa astutamente per rafforzare i meccanismi sociali che ha ideato.
E se i cittadini sono virtuosi allora non c'è necessità di leggi complesse e articolate perché essi tenderanno a fare spontaneamente, senza cioè esserne costretti, ciò che è bene e giusto. In caso di discordia poi meglio affidarsi al buon senso di un giudice saggio piuttosto che all'interpretazione del codice scritto.
Significativo al riguardo il seguente passaggio: «[Licurgo non volle leggi scritte...] Perché quel che più importa e ha maggiore efficacia per rendere una città felice, credeva stampato ne' costumi e ne' cuori de' cittadini dover rimanere immobile e stabile nella lor buona volontà, che è legame più forte della necessità, e per via di buona instituzione introduce nell'anima di ciascun giovane disposizione di legislatore. I leggieri contratti intorno al dare e all'avere, i quali or in una or in altra maniera secondo il il bisogno si mutano, pensò essere meglio non legare con necessità di scrittura... ...ma lasciargli alle occasioni e all'arbitrio d'uomini ben istruiti per aggiungere o levare secondo il lor giudizio. » (*2)
Sono d'accordo con Licurgo: adesso però non potremmo fare a meno delle leggi perché l'animo di molte persone è corrotto e non tende spontaneamente al bene. Ma il ruolo della legge moderna intesa come giustizia è spesso illusorio perché il suo compito principale è quello di essere il meccanismo per obbligare al rispetto di alcuni epomiti (le leggi): e tali epomiti, nel loro complesso, sono orientati alla tutela dei parapoteri e dello status quo, non della giustizia.
Qualche legge di Licurgo per dare l'idea di come ideò e modellò la società spartana.
- Per prima cosa ridistribuì la terra a tutti gli spartani in parti uguali capaci di produrre grossomodo la stessa quantità di beni.
- Gli uomini poi non cenavano in casa propria ma, tutti insieme, lo stesso cibo e nella stessa quantità in maniera che non si sviluppasse la golosità che reca con sé la voglia di avere di più.
- Eliminò l'oro e l'argento e fece coniare monete di ferro che avevano (poco) valore solo a Sparta: fu quindi impossibile accumulare una grande ricchezza visto che sarebbe stata ingombrante e che, probabilmente, sarebbe arrugginita rapidamente. Inoltre con monete di ferro non si potevano comprare i beni prodotti in altre città.
- Le case private poi dovevano avere la porta d'ingresso di legno grezzo e, allo stesso modo, il “palco” (non sono sicuro di cosa fosse, ma doveva trattarsi di un altro mobile): l'idea è che se uno spartano aveva la porta e il “palco” tagliati con l'accetta allora non avrebbe voluto avere altri mobili più raffinati perché sarebbero apparsi ridicoli a loro confronto: e se tutto l'arredamento era modesto allora anche le vesti raffinate non sarebbero state ritenute compatibili con esso e si sarebbero preferiti quindi gli abiti più semplici. E in questa ottica quindi tutto il lusso e il superfluo avrebbero avuto poco senso.
- I bambini che alla nascita non sembravano abbastanza forti venivano abbandonati in una grotta. E sembra che fosse ammissibile una certa promiscuità per cui il marito anziano era lieto che la sposa più giovane avesse un figlio da un guerriero vigoroso con l'idea che ciò avrebbe reso Sparta più forte.
- A sette anni i bambini venivano poi allevati tutti insieme con una organizzazione quasi militare dove ai più piccoli veniva insegnato dai ragazzi più grandi che, a loro volta, imparavano dagli spartani più anziani (suppongo che gli uomini fossero impegnati in altre attività). Oltre all'addestramento marziale l'insegnamento prevedeva che i giovani fossero in grado di rispondere con efficacia e sinteticità a domande molto complesse e filosofiche: chi non vi riusciva o era troppo prolisso veniva punito severamente. Da qui l'aggettivo “laconico”. Molto interessanti i numerosi esempi di famose risposte laconiche riportati da Plutarco. Tipo: il re Agide a un ateniese che commentava la strettezza delle strade di Sparta, rispose «E pure aggiunghiamo i nimici con esse.» (*2)
- Gli spartani non lavoravano (lo facevano gli iloti per loro) ma si dedicavano solamente all'esercizio e all'addestramente militare che sospendevano solo quando in guerra tanto che, paradossalmente, essa era quasi un riposo per loro...
- E poi le donne! Anche le fanciulle non dovevano restare chiuse in casa: tutte insieme invece si allenavano duramente: con la corsa, il getto del peso e del disco, la lotta, il tiro con l'arco... L'idea era di renderle meno effeminate, più resistenti al parto e capaci di procreare figli più forti.
- In alcune occasioni e feste le ragazze danzavano e giocavano nude davanti ai giovani: l'idea non era solo quella di non renderle inutilmente pudiche ma di fare in modo che queste schernissero e lodassero opportunamente i ragazzi perché «... 'l morso de' motti, accompagnato da giuoco, non era men pungente delle correzioni severe...» (*2) e questo spronava i ragazzi a imprese di valore.
Sempre riguardo le donne Plutarco scrive una frase che mi ha colpito perché non so bene come interpretare: egli scrive infatti che le spartane, a causa del loro contributo attivo nel mantenere vivi gli ideali della loro società, “credono” di essere partecipi, al pari degli uomini, di virtù e onore. Ecco mi chiedo il significato di quel “credere”: nell'italiano attuale si intenderebbe con un “credono ma si sbagliano” ma nell'italiano antico (XVI secolo) in cui è tradotto Plutarco si può anche interpretare questo “credere” con un “essere giustamente consapevoli”.
Probabilmente il significato corretto è proprio il secondo: poco dopo infatti è riportato un aneddoto che vede protagonista Gorgone (avete presente “300” e la moglie di Leonida? Ecco, è quella Gorgone!) che avrebbe poco senso. L'aneddoto: una forestiera disse a Gorgone «Voi sole, Spartane, comandate agli uomini» e lei replicò laconica «Perché noi sole partoriamo uomini.» (*2)
Ci sarebbero tante altre leggi e curiosità da segnalare ma non voglio dilungarmi oltre!
Conclusione: veramente una lettura piacevole! Ora sto leggendo la vita di Numa Pompilio: onestamente il nome non mi diceva niente ma anche questa non è male: forse un corto ci potrebbe scappare...
Nota (*1): Anche Wikipedia ha dubbi sulla storicità del personaggio che, comunque, porrebbe a cavallo del IX e VIII secolo a.C. ovvero, come indicato da Plutarco, circa cinque secoli prima del declino di Sparta. Ma non sarà una data basata proprio su quanto scritto da Plutarco?!
Nota (*2): Passaggi tratti da “Le vite parallele” Vol. I, di Plutarco, trad. Marcello Adriani il Giovane, Salani Editore, 1963.
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