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martedì 31 ottobre 2017

Euro, -i o Euro, -is?

In più occasioni ho scritto di quanto mi piacesse la mia insegnante di italiano del liceo (v. La prof G.). Uno dei motivi è che lei, come me, odiava il latino e mise subito in chiaro che ne avremmo studiato il meno possibile. In quinta poi, verificato che non sarebbe stato fra le materie d'esame, lo abbandonammo del tutto.

E in effetti la conoscenza del latino non mi è mancata: negli ultimi trent'anni mi sarebbe servita solo due volte. La prima fu oltre una decina di anni fa, quando volli scrivere un breve motto che misi in un mio racconto (non pubblicato qui sul viario), e che attribuii a Lattanzio: all'epoca risolsi il problema affidandomi a un mio zio che conosceva MOLTO bene il latino(*1).
La seconda volta è stata ieri per la mia vignetta su “Goofynomics”: il professor Bagnai fa spesso citazioni e io ne cercavo una semplice (in latino) in cui inserire la parola “euro” e giocare poi su Goofy ↔ Pippo. Vabbè, è inutile che la descriva: andate a vedere l'ultima vignetta pubblicata nella legenda...

Alla fine mi sono deciso per sovrapporre due diverse frasi (tratte da Proverbi latini su Wikiquote):
Amoris vulnus sanat idem qui facit
e
Salus extra Ecclesiam non est

Chiaramente questo immenso sforzo letterario (!) mi ha messo in forte difficoltà e, molto più faticosamente di quanto si potrebbe credere, ho costruito la “mia” frase:
Extra eurum euri vulnus sanatur

Appena pubblicato mi è però venuto il dubbio: non sarebbe forse più corretto tradurre “euro” con euro, -is, neutro della terza declinazione, invece che con eurum, -i della seconda? (*2)
Se così fosse il genitivo sarebbe “euris” e non “euri” mentre l'accusativo rimarrebbe “eurum”...
Vabbè: è inutile che mi lambicchi il cervello con qualcosa che non so dirimere. L'unica soluzione è rivolgermi a qualcuno che sappia un po' più latino di me...

Infine sono molto felice di aver usata nell'altra frase un vocativo: per tutto il liceo mi è sembrato un caso inutile e invece stavolta sono riuscito a utilizzarlo e, soprattutto, in una declinazione in cui è diverso dal nominativo! Mi riferisco a Pippus, -i che ho stabilito essere un nome proprio della 2° declinazione maschile e che, quindi, al vocativo fa “Pippe” → “o Pippo”...

Conclusione: scusate questo pezzo inutile ma volevo darmi un po' di soddisfazione per lo sforzo fatto! (e mettere le mani avanti in caso di svarioni di latino...)

Nota (*1): “...pugna adversus eam tentari aut fugere potest sed ad ultimum omnes victi atque consecuti sunt.” da De ira Dei, Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (ovvero «... si può combatterla o fuggirla ma, alla fine, tutti sono sconfitti e tutti sono raggiunti»). Come si può osservare la frase tradotta da mio zio era decisamente più complessa! Aggiungo anche che il De ira Dei è un'opera perduta di Lattanzio... Ah e poi c'era il motto di uno stemma nobiliare: “Sepelio tantum ea quae possideo”...
Nota (*2): sul mio vecchio vocabolario di latino ho un Eurus, -i maschile della seconda declinazione. Ma è il nome proprio di un vento mentre, secondo me, la moneta dovrebbe essere un neutro...

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