Una premessa: tanto tempo fa (v. introduzione a Ragguaglio) mi ero comprato una traduzione del Corano, con calma ne avevo letto buona parte e avevo iniziato a preparare un pezzo molto interessante (v. note finali a Chipped and yes proxy), poi mi ero reso conto che l'articolo era più impegnativo del previsto (v. il corto Iniziato), MOLTO più impegnativo (v. introduzione a Piccolo grande orgoglio), fino poi a non farne di niente (v. note finali a W Harari!)...
In pratica avrei avuto molte cose interessanti da dire, avevo in parte già scritto i pezzi veri e propri ma alla fine, anche su consiglio di amici, avevo deciso di non farne di niente: mi ero autocensurato...
Mi ero reso conto che molte delle mie osservazioni sarebbero apparse come delle critiche al Corano e, visto che esso è ritenuto la voce diretta di Dio, avrei rischiato di essere considerato blasfemo (*1) dai credenti.
Però avevo continuato a rifletterci ed ero giunto alla conclusione che forse non ero pronto per la lettura diretta e autonoma del Corano e che avrei dovuto provare a leggere un libro introduttivo che mi aiutasse a comprenderne il senso più profondo oltre a quello più letterale.
Finalmente ho finito di leggere Il Corano – una biografia di Bruce Lawrence, Ed. Newton Compton, 2007, trad. Milvia Faccia che comprai proprio per questo motivo ormai circa 5 anni fa (v. Compulsioni collaterali).
In realtà il libro è pessimo: nonostante sia scritto da un professore universitario prevale lo spirito del fedele dando un'enfasi religiosa, per i miei gusti eccessiva, a molte parti del testo. Si ripete molto spesso quanto sia meraviglioso e profondo il Corano senza però spiegare cosa ci sia effettivamente di così meraviglioso e profondo!
Nel complesso un libro vago e superficiale che mi lascia, in pratica, con tutti i dubbi e le perplessità che avevo prima di iniziare a leggerlo. Questo anche perché la sua impostazione non è quella che speravo (che desse cioè un'infarinatura sul Corano e, magari, ne spiegasse i punti più paradossali per chi, come me, ha un retroscena culturale completamente diverso) limitandosi invece a presentare dei personaggi che hanno avuto un impatto significativo sull'interpretazione di tale libro sacro.
I primi due capitoli sono, ovviamente, su Maometto: abbastanza interessanti anche se non chiarissimi.
Molto interessante il terzo capitolo su Â'isha che sposò Maometto all'età di 9 anni. Si devono a lei e alla sua prodigiosa memoria molti ricordi sugli ultimi anni di vita del profeta. Ebbe insomma un ruolo non secondario nell'indirizzare e guidare i primi musulmani: per l'autore fu la donna più importante dopo la prima moglie Khadîja.
Dal 5° capitolo inizia a trattare i vari commentatori al Corano Ja'far, Tabarî e altri: indirettamente viene confermato che il Corano ha più livelli di interpretazione e i singoli versetti possono essere suddivisi fra quelli “evidenti” (ovvero comprensibili a tutti) e quelli interpretabili (da chi conosce già bene l'intero Corano, dagli Imam, dal profeta oppure solo da Dio). Inoltre in arabo ci sono rime, il testo è considerato meravigliosamente poetico (*2) e lo si apprezza maggiormente quando è ben recitato ad alta voce.
Il capitolo 7 è su Roberto di Ketton: l'autore della prima traduzione in latino del Corano nel XII secolo. La sua versione è intitolata La legge dello pseudo-profeta Maometto ma in realtà si tratta di una traduzione molto accorta, più concentrata sul senso che letterale: è interessante che Ketton si sia basato su vari commentari arabi per comprendere e quindi tradurre i versetti di più difficile interpretazione. Insomma, nonostante l'atmosfera del tempo (l'epoca delle crociate), Roberto di Ketton fa una traduzione che cerca genuinamente di conoscere e capire il libro sacro dei musulmani invece di screditarlo dandone una versione superficiale e letterale.
Nei capitoli successivi ci sono gli interpreti mistici del Corano (Arabî e Rûmi) fino ad arrivare a intellettuali musulmani di tempi più recenti.
Ad esempio nel capitolo 11° è descritta la figura di Ahmad Khan, un intellettuale indiano del XIX secolo: come i cristiani anche i musulmani si sono dovuti interrogare sul rapporto fra Dio e la scienza. Ahmad Khan risolve il problema spiegando che anche le leggi della scienza sono state create da Dio e che il Corano va interpretato da ogni generazione tenendo conto della situazione corrente: non c'è alcuna contraddizione fra scienza e Corano e per questo Ahmad Khan nega ogni sorta di miracolo: ad esempio, anche il Viaggio Notturno di Maometto non fu reale ma una sorta di visione indotta da Dio.
Nella parte finale c'è anche un capitolo su Osama Bin Laden: il suo terrorismo aveva infatti delle basi teoriche religiose. Inoltre non era rivolto solo contro gli USA ma anche contro la monarchia saudita, colpevole di aver tradito la propria fede. Secondo l'autore però Bin Laden basava le sue teorie su versetti estratti dal loro contesto e ne distorceva il loro significato. Comunque interessante.
L'ultimo capitolo, il 15°, parla invece di medicina e spiega come si possa guarire anche da gravi malattie come l'AIDS usando il Corano. In pratica il guaritore prescrive al paziente delle formule prese dal Corano (*3) che vanno copiate in tazze o stoviglie: in queste viene poi versata l'acqua che, una volta sciolto l'inchiostro, deve essere bevuta dal malato.
L'autore non taccia queste pratiche come semplice superstizione (anzi fornisce anche il collegamento a un sito per guarire dall'AIDS!) e questo mi ha confermato l'impressione iniziale che lo studioso abbia ceduto il posto al fedele, forse non fanatico ma di sicuro molto entusiasta.
Conclusione: l'unica utilità di questo libro è stata quella di confermarmi i più livelli di interpretazione del Corano; poi però, tutti gli argomenti che sfiora, seppure interessanti, non vengono abbastanza approfonditi da essere di una qualche utilità.
Nota (*1): Ho scoperto poi che alcune delle mie argomentazioni sarebbero state analoghe a quelle di Salman Rushdie e del suo Versetti satanici, ma non ne sono sicuro perché non ho letto tale libro...
Nota (*2): Mi chiedo quanto abbia influito sui canoni di bellezza poetica dei musulmani.
Nota (*3): dalle ultime due sure del Corano, dette “ta'wîdh”, dalle loro prime parole che significano “Mi rifugio”.
alla prima stazione
1 ora fa
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