Oggi mi prendo una pausa dalla mia epitome e ne approfitto per commentare un altro libro (v. il recente Pepem) che ho scaricato da Progetto Gutenberg: Il concilio di Ferdinando Petruccelli della Gattina, Ed, F.lli Treves, 1869 (scaricato da ben 4 persone me compreso!) (*1).
Il libro mi è interessato per vari motivi: in parte le idiosincrasie del cristianesimo con le loro controversie dottrinali mi hanno sempre affascinato e divertito; recentemente avevo poi letto diversi articoli sul concilio Vaticano I sugli Historia (v. ad esempio Ultimisstoria 5) tanto che anch'io mi ero sbilanciato dandone una possibile lettura. Ma soprattutto mi ha incuriosito leggere le previsione dell'autore su quanto il concilio avrebbe stabilito: il libro fu infatti scritto (e penso pubblicato, vedi la nota (*1)) alla vigilia del conclave (*2).
Mi chiedevo se l'autore si aspettasse il dogma dell'infallibilità e, in pratica, la chiusura della Chiesa su se stessa. Ovviamente non si può riempire un libro di questo genere solo con delle previsioni e, infatti, per gran parte dei capitoli, viene riepilogata la storia dei vari concili. Come spiegato mi ero già imbattuto nella storia dei concili ma mi sono comunque divertito a rileggerla anche perché l'autore aggiunge diversi aneddoti curiosi.
Lo stile non è certo quello serio, meticoloso e distaccato dei saggi moderni ma è invece piuttosto colloquiale, comunque piacevole. Da vari accenni (*3) e battute ironiche si capisce poi che l'autore non doveva essere molto credente e, se lo era, doveva esserlo a modo suo.
Curiosamente la prima annotazione è di “itagliano”. Dalle mie parti (vicino Firenze) ho sentito spesso dire la parola “gliè” che non riuscivo bene a inquadrare grammaticalmente. In genere viene usata in frasi del tipo: D. “Dov'è Maria?”, R. “(e)gliè andata a messa!” oppure D. “Cos'è quello?”, R. “Gliè un libro di storia”...
Ma ecco che Ferdinando della Gattina mi chiarisce il mistero con una sua frase: «L'immenso punto interrogativo che si eleva sulla situazione egli è questo:...»
Ecco quindi la soluzione “gliè” non ha niente a che vedere con l'articolo “gli” ma è dato dalla fusione di “egli” ed “è” con la “e” iniziale che a volte si sente e a volte no ed è usato come pronome sia maschile che femminile.
Scommessa: Ferdinando Petruccelli della Gattina era originario dei dintorni di Firenze. Controllo al volo su Wikipedia... ach! No, non c'entra niente! Comunque sono sicuro che la mia spiegazione dello “gliè” è corretta...
La seconda annotazione riguarda invece un accenno alle donne che mi ha fatto drizzare le antenne. Si tratta di una frase dell'autore da cui traspare una sorta di maschilismo paternalistico che trovo molto divertente perché quasi ingenuo.
Il periodo in questione è il seguente: «...la Chiesa domina ancora su quella parte della popolazione che i Governi sottraggono all'istruzione primaria, e su quella che i mariti ed i padri non sanno tenere entro il santuario della famiglia.»
Ma non mancano altri esempi!
Riguardo lo gnosticismo: «Le credenze de' gnostici, mescolate di sogni i più strani e di pratiche carnali le più esagerate, dovevano naturalmente sedurre le donne.»
Oppure: «Pur troppo le imperatrici, dappertutto e sempre, s'immischiano in tutto – in un dogma, del pari che in un'acconciatura.»
Oppure: «A quell'epoca tutti si occupavano di teologia, come noi [uomini!] ci occupiamo di politica; e le donne discorrevano [non si “occupavano” che implica un'attenzione più profonda, ma, in pratica, "chiacchieravano"] insieme delle due ipostasi, come oggidì discorrono di stoffe.»
La dottrina dell'iconoclastia (ovvero dell'abolizione di ogni forma di immagine sacra equiparata all'idolatria) fu sconfitta grazie all'intervento decisivo dell'imperatrice Irene. Appunto: «Irene, era donna, quantunque devota; e le immagini sono un ornamento, un oggetto di toeletta. Una donna non può essere iconoclasta.»
Donna brutta e vecchia: «Ma, dopo tutto, Prassede era brutta, ed aveva tutte le smanie d'una donna di quarant'anni.»
Un po' di curiosità su vari concili:
- Concilio d'Antiochia: «...due Padri ch'erano morti durante la sessione non vollero mancare al loro compito. Si posero nottetempo gli atti suggellati entro le loro tombe, e la mattina seguente si trovarono firmati.»
- Concilio di Costantinopoli: riguardo l'influenza dell'imperatore su decisioni religiose «... [i Padri del concilio] …conservarono sulla sedia di Costantinopoli Nettario, un vecchio non ancora battezzato, ma protetto dall'imperatore.»
- Concilio di Efeso: Il seguente passaggio ricorda niente ai miei lettori? «San Cirillo, l'assassino d'Ipazia, accusò Nestorio all'imperatore di non ammettere la divinità di Gesù e di ricusare a Maria il titolo di madre di Dio, “non potendo (egli diceva) essere nello stesso tempo la madre del Figlio e del Padre”». Suggerimento: vedi Ulrike: la veRità...
- Concilio di Cartagine: concili con discussioni violente → «I Padri gridavano “che bisognava tagliare in due tutti quelli che dividevano in due Gesù-Cristo”. E due Padri calpestavano il patriarca Flaviano, che morì per le ferite ricevute.»
- Di cosa fu accusato Federico II: «...che Federico voleva ridurre il clero alla povertà degli apostoli; che non aveva assistito mai alla messa; che teneva delle concubine saracene; che aveva detto con Averroè, il mondo essere stato ingannato da tre impostori: Mosè, Maometto e Gesù, l'ultimo de' quali era il meno glorioso.» (*4)
- Concilio di Costanza: Papa Giovanni XXII fu deposto da questo concilio ma il Papa successivo Martino V lo nominò di nuovo cardinale e... «Allora Giovanni domandò i suoi tesori, deposti presso il suo banchiere Cosimo de' Medici, il quale rispose: che ei non poteva restituire al cardinale Cossa quello che aveva ricevuto dal Papa Giovanni XXII! E fu questo il primo fondamento della ricchezza dei Medici.» Lo sceneggiato della RAI riporta questo aneddoto?
- Dialogo fra il principe di Piombino e Gregorio XVI (1831-1846) riguardo la ferrovia → «Quando il principe di Piombino, reduce da un viaggio a Londra, gliene parlò, Gregorio XVI rispose “Non è possibile: Aristotele ha detto: Quidquid movetur ab alio movetur. Ora, chi muove il vapore?” E siccome il principe, dotto come il papa, si limitava a replicare: “Ma, Santo Padre io ho viaggiato così”... ...Gregorio rimase stupefatto; poscia in tono melanconico osservò: "E dove andremo noi di questo passo?"»
Ma veniamo alle previsioni vere e proprie (negli ultimi capitoli).
L'autore riporta delle indiscrezioni del Times secondo cui il concilio durerà appena tre settimane: in realtà, anche a causa della guerra fra Francia e Prussia, durerà due anni.
Ma nel complesso l'autore ha molta fiducia nei vescovi non italiani («I vescovi, meno i romani, giungono tutti da paesi liberi, e la libertà è come la luce...») che portino una ventata di rinnovamento e, soprattutto, maggiore libertà anche all'interno della Chiesa: «Finalmente la teoria del prete libero nello Stato libero è la dottrina democratica e nazionale dell'avvenire; quella che lascierà ai fedeli scegliere, pagare e controllare il loro curato, ed ai curati scegliere il loro vescovo, ...»
Colpisce poi la preoccupazione su come i vari stati potrebbero accogliere eventuali decisioni del concilio in contrasto con le rispettive leggi vigenti: ormai siamo abituati a pensare a Stato e religione come a due entità ben divise ma questo testo ci ricorda che non è sempre stato così...
La conclusione dell'autore oggi ci appare ovvia: «...gli Stati misti lascieranno concordemente in disparte l'opera del Concilio di Roma, non riconoscendo pei loro sudditi altra direzione legittima fuori di quella che emana dai rappresentanti del paese e dalle leggi della nazione.»
Riguardo al Sillabo (un documento pubblicato nel 1864 dove il Papa aveva anticipato molti temi, fra cui la dottrina dell'infallibilità del pontefice, che saranno poi discussi nel concilio) l'autore è scettico: «Il papa ha potuto pubblicare il suo piccolo Sillabo come un fatto personale; ma un Concilio, nel secolo decimonono, indietreggerà forse davanti l'enormità di proclamare codeste follie come principii di fede.»
E poi, citando il vescovo di Fulda: «Giammai un Concilio generale potrà stabilire un dogma, che non sia contenuto nelle Scritture e nelle tradizioni apostoliche...» e prosegue dicendo che il concilio non andrà in contraddizione con la scienza, con la libertà e il benessere delle nazioni e simili.
Anche l'autore la pensa così ma non si sbilancia perché il Sillabo «condanna come un errore la semplice supposizione che il papa “potesse o dovesse riconciliarsi e venire ad un componimento -reconciliare et componere- col progresso, col liberalismo e colla civiltà moderna».
L'autore prevede che se le “aberrazioni” del Sillabo (contro la scienza e il progresso) dovessero essere approvate dal Concilio allora «...gli Stati si separeranno dalle credenze della Chiesa universale… …ciascuna nazione avrà il suo Credo; e che le Chiese nazionali, come la gallicana di un tempo, si stabiliranno dappertutto.»
Ma forse la sintesi migliore del pensiero di Fernando Petruccelli della Gattina è nelle seguenti frasi: «La Chiesa nazionale è l'ultima tappa per giungere al prete libero nello Stato libero, ch'è la costituzione della Chiesa dell'avvenire; poiché, non bisogna dimenticarlo, la gerarchia uccide la fede.» e «Nel 1848, Pio IX uccise il papato; nel 1870, egli ucciderà la Chiesa. Il Concilio di Roma è il Solferino del potere spirituale.»
Conclusione: l'unica previsione indovinata dall'autore è quella sul distacco fra Chiesa e Stati nazionali per il resto, sia le previsioni catastrofiche che le sue speranze, non si sono realizzate. Comunque interessante...
Nota (*1): nella copertina l'anno di stampa è 1896 ma all'interno l'autore firma l'opera nell'agosto 1869 e, sicuramente, il libro è stato scritto prima del concilio e non dopo!
Nota (*2): Papa Pio IX lo convocò nel 1868 ma la prima seduta si tenne nel dicembre del 1869.
Nota (*3): un esempio dalle mie note: «La Chiesa non esitò mai a pronunciarsi contro la libertà, qualunque sia la forma che questa prenda, politica, scientifica o religiosa.»
Nota (*4): nelle stesse pagine è anche citato l'intervento di un personaggio che mi è, indirettamente caro a causa dei ricordi che mi rievoca: si tratta di Taddeo da Sessa, il protonotario di Federico II che lo difese coraggiosamente (ma inutilmente) nel Concilio che ne votò la scomunica. Perché mi è caro? “TaddeoSessa” era la parola chiave usata da mio zio per accedere al suo calcolatore!
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