Come ho scritto ieri ultimamente ho un sacco di idee ma, non annotandomele, tendo a dimenticarmene: si tratta infatti di episodi che colpiscono la mia fantasia sul momento ma, se non sono particolarmente incisivi o se non inizio a scriverne subito, dopo qualche giorno non ci penso più...
Oggi ad esempio volevo pubblicare un pezzo non troppo impegnativo ma non avevo idee bensì il ricordo di averle avute!
Allora, per semplicità, ho aperto il mio e-reader per controllare gli appunti sulle Operette morali sicuro di trovare nella grande quantità di annotazioni qualcosa di adatto alle necessità odierne...
Lo spunto proviene proprio dal capitolo iniziale Storia del genere umano dove il Leopardi narra di come Giove, in principio, avesse creato il mondo perfettamente a misura d'uomo. Le terre non erano divise dai mari, il cibo abbondava e bastava raccoglierlo, non c'erano guerre né malattie e le persone non avevano bisogno di lavorare...
Eppure gli uomini non erano felici e protestavano con Giove facendogli varie richieste più o meno opportune. Giove per un po' cerca di accontentarli ma poi si rende conto che è fatica inutile e che l'uomo, per sua natura, non potrà mai essere felice. Gli uomini infatti si stufano rapidamente anche delle più grandi novità e non apprezzano mai la propria fortuna.
Allora, invece di cercare di eliminare i presunti mali (*1) e accrescere i benefici degli uomini, decide di cambiare strategia: «[Giove] deliberò valersi di nuove arti a conservare questo misero genere [l'umanità] le quali furono principalmente due. L'una mescere la loro vita di mali veri; l'altra implicarla in mille negozi e fatiche, ad effetto d'intrattenere gli uomini, e divertirli [distrarli] quanto più si potesse dal conversare col proprio animo, o almeno col desiderio di quella loro incognita e vana felicità.» e poi «...ovviare alla sazietà e crescere colla opposizione dei mali il pregio de' beni; parte acciocché il difetto dei godimenti riuscisse agli spiriti esercitati in cose peggiori, molto più comportabile [sopportabile] che non aveva fatto per lo passato;»
Ecco, il capitolo iniziale prosegue tutto su questa idea ed è facile immaginarsi il Leopardi che sogghigna divertito mentre la condizione umana si fa sempre peggiore!
Infatti «...egli [Giove] si risolse, posta da parte ogni pietà, di punire in perpetuo la specie umana, condannandola per tutte le età future a miseria ben più grave che le passate.»
Tornando al titolo del pezzo, questo racconto mi ha ricordato un dettaglio della trama di Matrix che mi aveva sempre colpito: nel film, la realtà come la conosciamo, è solo un'illusione costruita da un supercalcolatore. Gli uomini infatti sono “allevati” per produrre energia e vivono addormentati in una specie di sogno perpetuo. Viene poi spiegato che il supercalcolatore aveva provato a costruire una realtà immaginaria “perfetta” ma gli stessi uomini l'avevano rifiutata proprio perché, per natura, sembrano aver bisogno delle avversità.
Esattamente quello che scrive il Leopardi!
Conclusione: e la “larva”?
Il significato attuale è quello di “bruco” ma Leopardi lo usa spesso con significato di “spirito”. Infatti (v. larva su Treccani.it) i significati originari sono del tenore di: spettro e fantasma ma anche di vana sembianza e falsa apparenza fino all'uso poetico per “maschera”. Fu infatti Linneo nel 1735 a usare il termine larva per bruco proprio perché la larva era vista come la “maschera” della farfalla (*2).
Nota (*1): “presunti” perché inizialmente non ve ne erano...
Nota (*2): il bruco si trasforma in farfalla con la metamorfosi
martedì 21 gennaio 2014
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