Qualche giorno fa ho scritto il post Paradubbio nel quale (consiglio comunque di rileggerlo) mi chiedevo quanti fossero i telespettatori effettivamente interessati alle paralimpiadi e spiegavo perché io non ne fossi particolarmente attratto.
Nei giorni seguenti ho continuato a pensarci (ero stato quasi tentato di aggiungere un “Edit” per chiarire qualche passaggio) e a stare all'erta su possibili articoli su questo argomento. Oggi, sul corriere.it ho trovato il seguente: Fantozzi contro tutti. Prima di spiegarne il contenuto voglio però premettere a cosa ero autonomamente arrivato con le mie riflessioni degli ultimi giorni.
Parlare “male” o comunque, come nel mio caso, esprimere perplessità su un qualcosa considerato unanimemente come positivo mi aveva messo in imbarazzo con la mia coscienza.
Indipendentemente da quanto mi dicesse la ragione mi sentivo un po' in colpa e temevo che, nella mia insensibilità, mi fosse sfuggita qualche considerazione, pur banale, ma che avrebbe potuto far cambiare totalmente il mio giudizio...
In realtà, riflettendoci, mi sono tranquillizato: l'elemento fondamentale del mio ragionamento è che i miei dubbi non nascono da una volontà di “discriminare”, conscia o inconscia, ma dal suo esatto opposto! Ovvero considero i paratleti solamente come degli atleti che rappresentano un gruppo di persone, senza preoccuparmi minimamente delle loro menomazioni.
Cioè, il mio scarso interesse per la manifestazione, si basa essenzialmente sul numero relativamente piccolo di persone rappresentate dagli atleti delle paralimpiadi.
Nel mio post precedente avevo sparato (completamente a caso) la cifra di sette milioni che, grossomodo, equivaleva alla Svizzera. E concludevo scrivendo: chi è interessato ai campionati svizzeri a parte gli stessi svizzeri?
Questo era, più o meno, il succo dell'edit che ero stato tentato di aggiungere al mio vecchio post...
Ma veniamo a quanto trovato su un blog (intitolato InVisibili) del Corriere.it: l'autore prende lo spunto da alcune frasi pronunciate da Paolo Villaggio che riporta virgolettate. Le copio e incollo qui di seguito: «La mia non è crudeltà – puntualizza Villaggio – ma è crudele esaltare una finta pietà. Questo è ipocrita. Sembrano Olimpiadi organizzate da De Amicis con dei ‘personaggini’. Non fa ridere una partita di pallacanestro di gente seduta in sedia a rotelle – aggiunge – Io non le guardo, fa tristezza vedere gente che si trascina sulla sedia con arti artificiali. Mi sembra un po’ fastidioso, non è divertente”. Poi Villaggio continua: “Ce n’è una, cieca, che fa i 200 metri in pista. Dicevano che si allena con due persone a fianco che le dicono dove andare. Tanto vale allora correre con il bastone»
Il punto di vista di Villaggio è diametralmente opposto al mio in quanto pone al centro del suo discorso le diversità. In altre parole lui non guarda le paralimpiadi perché è disturbato dalla visione delle menomazioni dei partecipanti. Si intuisce tra le righe che considera la spettacolarizzazione di questo evento dovuta a secondi fini, probabilmente commerciali: ma forse sono io che qui mi spingo troppo oltre nel cercare di comprendere...
Personalmente apprezzo la sua sincerità: anche a me ha fatto un po' impressione vedere una gara di atletica con delle belle ragazze alle quali, magari, mancava un braccio. Nel mio caso però tale sensazione non era dominante e credo sia dovuta solo alla mancanza di abitudine a vedere tali menomazioni. Probabilmente, se avessi la pazienza di guardarmi tutte le paralimpiadi, alla fine di esse quasi non ci farei più caso. D'altronde mi rendo conto che non siamo tutti uguali e che alcune persone, nel bene o nel male, sono più sensibili di me di fronte a certe scene.
Cosa risponde il post di InVisibili alle affermazioni di Villaggio?
Beh, dice che sono reazioni sbagliate ma dà per scontato che se ne conosca il perché.
Soprattutto non risponde alla mia domanda iniziale (quella del post precedente) e cioè non dà alcun buon motivo per cui si dovrebbe guardare le paralimpiadi.
L'autore cita poi un articolo di un giornalista inglese disabile e fa dei raffronti con la propria esperienza sportiva. Francamente non riesco a cogliere il punto del giornalista inglese e, di conseguenza, mi sfugge anche il successivo raffronto...
Infine chiude dicendo che, probabilmente, molti ancora la pensano come Villaggio e termina con una bella frase “Lo sport è una vetrina strepitosa delle opportunità e delle potenzialità, e gli atleti paralimpici sono le avanguardie di un movimento che si declina ogni giorno in termini di diritti, di leggi, di solidarietà, di vicinanza attiva”. Forse un po' troppo retorica ma bella...
In conclusione anche il post del Corriere.it non ha risposto alla mia domanda iniziale ma comunque ha aggiunto nuovi elementi di riflessione...
Ah! dimenticavo: molto interessanti anche i numerosi commenti a tale post!
alla prima stazione
1 ora fa
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