Oggi, nonostante la stanchezza (è sempre lo stesso giorno in cui ho dormito poche ore: v. La pulzella eretica), voglio scrivere de “Il secolo breve” di Hobsbawm.
Ne ho letto solo 5/6 pagine ma le ho riempite di osservazioni…
Il primo spunto, che mi sono annotato anche come epigrafe, è la conferma di una mia teoria che ho espresso nell’Epitome. All’inizio del XX secolo il marxismo era vivo e vitale con molte correnti e interpretazioni: forse sorprendentemente era anche molto democratico sia all’interno di sé che all’esterno.
Il problema fu il trionfo dell’URSS che, a causa della sua forza fu il punto di riferimento (e talvolta si impose) come “socialismo reale”. L’assenza di flessibilità e di dibattito interno rese il comunismo sovietico anchilosato col risultato che fu travolto dall’evoluzione del tempo crollando su se stesso: ma l’effetto più grave fu che all’epoca non vi erano altre varianti di marxismo più vitali che potessero prenderne il posto ideologico. Il risultato fu che il liberismo esasperato di cui adesso iniziamo a subire i disastri sulla nostra pelle ebbe campo libero.
Vi risparmio la mia usuale citazione autoreferenziale (chi è interessato può leggere [E] D.5)…
Come fu possibile questa trasformazione? Secondo Hobsbawm in parte è inevitabile in tutti i partiti che hanno una struttura fortemente gerarchica che chi arrivi all’estremo vertice tenda a prendere per sé tutti i poteri. Nel concreto già Lenin, anche se animato da buone intenzione, essendo una persona molto pratica e sicura delle proprie ragioni preferì centralizzare il potere. Ma ancora Lenin era piuttosto democratico: certo non si faceva scrupolo di zittire gli avversari che la pensavano diversamente ma egli confidava nella propria abilità dialettica che gli permetteva di far trionfare le proprie ragioni. Fu invece con Stalin che l’URSS divenne una vera e propria dittatura non democratica.
Sarebbe interessante ipotizzare come sarebbe divenuta l’URSS, e quali quindi sarebbero state le sorti del marxismo, se Lenin non fosse morto prematuramente.
Qualche citazione: «[…] una volta che il socialismo divenne un movimento di massa le sottigliezze teoriche si trasformarono inevitabilmente nel migliore dei casi in un catechismo, oppure nel caso peggiore in simboli di identità e di lealtà, come una bandiera alla quale si deve il saluto.» (*1)
Questo avvenne dopo la rivoluzione del 1917 quando il partito crebbe esponenzialmente riempiendosi di burocrati poco o nulla colti.
«Come ogni buon generale – e Lenin era fondamentalmente uno stratega sul campo – egli non voleva che le discussioni nei ranghi dell’esercito ostacolassero l’efficacia operativa. Inoltre, come altri generali, Lenin era convinto di saperla più lunga di tutti e aveva poco tempo da dedicare alle opinioni altrui.» (*1) e poi «[…] egli non confidò mai sulla sua autorità all’interno del partito, ma sempre sulla sua capacità argomentativa.» (*2) (*3)
Per spiegare quello che avevo scritto precedentemente di Lenin.
Al contrario Stalin, un piccoletto di 160 cm, era molto insicuro e usò quindi tutta la forza della propria carica per conservare il potere con terrore e paura.
Conclusione: vabbè, avevo molto meno da scrivere di quel che mi sembrava. Probabilmente mi sono entusiasmato un po’ troppo trovando conferma della mia teoria...
Nota (*1): tratto da “Il secolo breve” di Eric J. Hobsbawm, (E.) BURexploit, 2009, trad. Brunello Lotti, pag. 454.
Nota (*2): ibidem, pag. 455.
Nota (*3): da un punto di vista psicologico punterei quindi su un Lenin ENTP mentre su Stalin non mi sbilancio perché non ho abbastanza informazioni (ma non mi stupirei fosse un ESTJ!). Come al solito vado adesso a controllare sul mio scarsamente attendibile sito di riferimento…
Ok: il sito inattendibile dà Lenin come INTJ e secondariamente, ma a distanza, come ENTJ. ENTJ ci può anche stare ma INTJ?! Quando mai un introverso ama discutere con gli altri??
Il solito sito invece dà Stalin come ENTJ e, con una discreta percentuale, ESTJ.
Uhmm...
alla prima stazione
1 ora fa
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