Una riflessione fatta mentre scrivevo l'epitome. Ragionavo che l'occidente non si è tenuto stretto i propri progressi scientifici come se fossero degli importanti segreti ma, anzi, li ha condivisi col resto del mondo. Tale prodigalità ha permesso a molte nazioni asiatiche di raggiungere gli stessi livelli scientifici occidentali e di divenire così estremamente competitive: sia economicamente che militarmente (penso alla Cina).
Eppure l'importanza della scienza è, dovrebbe essere, ben nota. Il capitalismo è riuscito a sostenersi fino a oggi proprio grazie a essa: ai nuovi prodotti, alle nuove forme d'energia, ai nuovi materiali, tutti ottenuti grazie al progresso scientifico.
Ma se la scienza è una risorsa così preziosa perché è stata distribuita così a piene mani?
Io credo che le ragioni siano molteplici: la tradizione (l'apertura a tutti delle università), i libri di testo (chiunque li può comprare), i singoli individui (un professore può decidere di condividere con chi vuole le proprie conoscenze), etc...
È poi nella natura della scienza poter crescere proprio grazie alla condivisione delle idee fra più persone: se una teoria è tenuta segreta molto difficilmente verrà migliorata o altre ne verranno elaborate basate su di essa.
Quanto detto è sicuramente vero eppure non è sufficiente a spiegare il comportamento dell'occidente: probabilmente positivo per il bene del mondo ma autolesionistico per il proprio interesse.
È bene ricordare che la scienza ha rappresentato uno dei tre pilastri su cui si è basato l'imperialismo europeo: economia, scienza e forza militare. L'economia finanzia la scienza e l'esercito; la scienza inventa nuove armi e nuovi prodotti; l'esercito conquista mercati e materie prime...
Ancora adesso la scienza va a braccetto con l'economia: l'economia non può infatti crescere senza la scienza e la scienza ha bisogno di denaro per poter progredire.
Non dovrebbe far riflettere la maniera come le industrie proteggano i propri segreti industriali in confronto agli stati nazionali?
Ecco, la mia intuizione è che la nostra epoca ponga l'accento sui protomiti capitalisti e in particolare esalti l'importanza del denaro ponendolo a misura di tutto.
Il grande industriale è servito e riverito (e nel caso di Steve Jobs pure santificato!), le sue parole ricevono ampio spazio sui media e la loro influenza sulla politica può essere significativa.
Eppure ugualmente importanti (non di più né di meno) sono gli scienziati che con le loro scoperte rendono possibile la crescita economica: ma questi, per la struttura della nostra società, guadagnano una frazione del denaro dei grandi industriali e, salvo rare eccezioni, la loro voce è completamente ignorata dai media.
Ecco, io credo che si tratti di una specie di dissonanza cognitiva dell'intera società: la mentalità comune, tutta concentrata sul denaro, non riesce a ritenere due persone ugualmente importanti se queste hanno due redditi completamente diversi. E allora, per eliminare questa ambiguità logica, si finisce per presumere che il loro lavoro, ovvero la scienza, sia molto meno importante, magari perfino scontato, di quello degli industriali: senza magari considerare che l'industriale può aver semplicemente ereditato la propria posizione e, di conseguenza, valere poco o nulla come persona; al contrario lo scienziato diventa tale solo grazie alle proprie capacità...
Ma di nuovo, per i media (ma anche per la società nel suo complesso), vale di più la battuta su una partita di calcio di un Agnelli/Elkann XXX piuttosto che la profonda riflessione di un brillante ricercatore universitario.
E questa cecità si ripropone nel rapporto denaro/scienza: le nazioni occidentali sono state avare di denaro (considerato fondamentale) e prodighe di scienza (considerata scontata) anche se poi alla fine è grazie alla scienza che si genera denaro!
Vi ricordate qual era il mantra dei nostri ottusi politici negli anni '90: qualcosa del tipo “per competere nell'epoca della globalizzazione bisogna essere innovativi e allora il genio italiano.... bla, bla, bla...”. Dove l'innovazione non sarebbe altro che un aspetto della scienza.
I nostri politici non si rendevano conto che con la loro semplificazione davano la scienza per scontata, sottovalutandola e banalizzandone l'importanza strategica.
E probabilmente, in questa totale mancanza di comprensione della realtà di quali siano i parametri vitali della buona salute di uno stato, si capiscono le radici della “fuga dei cervelli” dall'Italia: i geni che ci guidano (v. Cervello evaso) non se ne preoccupano perché si tratta di cervelli e non soldi: ma in realtà questi cervelli hanno la potenzialità per generare enorme ricchezza solo che lo faranno non in Italia ma altrove...
Conclusione: ho divagato; pezzo l'ho scritto metà ieri e metà oggi mentre mi diverto a seguire le vicenda dell'amico maltese Lorenzo (v. Ove navighi?)...
alla prima stazione
1 ora fa
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