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lunedì 18 ottobre 2021

Errore strategico

[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.8.0 "Verdepasso").

Da qualche giorno avevo una nuova idea in testa. Ormai sono da anni consapevole che la democrazia sia solo un’illusione, uno strumento per controllare la maggioranza della popolazione e contemporaneamente proteggere gli interessi dei parapoteri.
Nel XX secolo, almeno in occidente gli interessi dei parapoteri e quelli della popolazione sono andati sostanzialmente a braccetto ma, grossomodo a partire dall’ultimo quarto di secolo la situazione ha iniziato a cambiare.
Questi argomenti li ho ampiamente trattati nell’Epitome e non voglio stare qui a ripetermi: in pratica l’influenza dei parapoteri economici sulle democrazie è cresciuta a dismisura mentre quella della popolazione comune è rimasta stabile o è addirittura diminuita (grazie a strumenti di forte persuasione come le televisioni). La conseguenza è che i parapoteri economici hanno iniziato, col totale appoggio del mondo politico, a moltiplicare la loro ricchezza a danno della gente comune: ecco, in poche parole, spiegata la crescita vertiginosa della diseguaglianza economica.

Questa verità è ormai per me ovvia. Ho notato che recentemente molti intellettuali ne comprendono intuitivamente dei frammenti: non cioè lo schema completo delle diverse interazioni sociali e psicologiche (che evidenzio nella mia Epitome) ma dei sottoinsiemi, magari prossimi alla formazione culturale dello specifico intellettuale. Il giurista si accorgerà di principi giuridici “forzati”, il medico noterà che argomenti sanitari sono usati a sproposito, l’economista capirà immediatamente che certi provvedimenti favoriranno i forti a discapito dei deboli etc…

Il succo è che per me è chiaro che ormai, specialmente con Draghi, qualsiasi decisione del governo è orientata a favorire parapoteri, principalmente esteri e poi italiani. Questo in qualsiasi iniziativa: specialmente economica ma non solo.
Del resto questo andazzo di riduzione di diritti e libertà e di conseguente impoverimento economico va avanti da una ventina d’anni con una forte accelerazione nell’ultima dozzina (dal governo Monti in poi per capirci). Eppure la maggioranza degli italiani non se ne rende conto: tuttora le responsabilità della crisi economica, sociale e democratica non sono chiare. La maggioranza della popolazione continua a credere alla narrativa dei media tradizionali: questi continuano a ripetere che tutto va bene, che siamo fortunati perché potrebbe andare peggio, che l’UE è buona e giusta e…. non ne ho idea: ho smesso di ascoltare le favole quando ero bambino e quindi non conosco i dettagli di quelle raccontate dai media adesso spacciate per informazione…

In questo panorama decisamente cupo, dove il popolo è un gregge inconsapevole che sta per essere portato al macello, una novità ha smosso le acque.
La pandemia sta venendo gestita come un’opportunità economica per i parapoteri economici e, in questo caso specifico, le grandi multinazionali del farmaco.
Come ho spiegato non si tratta di niente di nuovo dal mio punto di vista: la tendenza di fare gli interessi dei forti calpestando diritti e libertà dei deboli (il 99,9% della popolazione) è ormai una costante. Certo in questo caso c’è la novità del rischio più o meno calcolato (credo “meno”) di giocare con la salute della popolazione: insomma, probabilmente una nuova soglia di cinismo è stata superata.

La vera novità però non è questa (del resto era solo questione di tempo) ma che una parte significativa della popolazione piuttosto trasversale inizia a rendersene conto. Certo, sempre una minoranza soverchiata dalla disinformazione dei media tradizionali, ma comunque una minoranza percentualmente significativa.
Per i grandi CEO (*1) che guidano le multinazionali la salute è un prodotto come un altro: una merce su cui è possibile, e moralmente lecito, speculare per trarne il massimo profitto possibile.
Per questo l’occasione della pandemia non è andata persa: le leve politiche giuste sono state spinte e la politica sanitaria che garantisse il massimo profitto per le aziende farmaceutiche è stata scelta con fermezza, senza guardare a qualsiasi altra possibilità, dai governi occidentali. Questo senza preoccuparsi se si trattasse anche della strategia migliore per la salute pubblica: nella morale del (v.) profittismo il guadagno è più importante, è più “bene” cioè, della vita umana.

Ma per la gente comune non è così: la salute è ancora considerata un bene primario. Gli interventi economici dubbi sono compresi pienamente nei loro effetti da pochissimi mentre le sottili questioni giuridiche, che magari si risolvono in meno libertà, provocano solo degli sbadigli nella popolazione cloformizzata dai media (i quali ripetono il loro solito mantra che tutto va bene). Se però si tocca la salute la reazione di attenzione provocata è molto più forte: come si vede in Italia (e non solo) una fetta significativa della popolazione si è resa conto che la politica gioca con la loro salute per favorire gli interessi economici di pochi.
È un parziale risveglio della società, per il resto tutta compresa nel suo sonno anodino e acquiescente, certo minimo e soverchiato dal fuoco di sbarramento dei media e dai suoi appelli all’odio, o almeno al disprezzo morale e intellettuale, verso chi osa puntare il dito contro il re nudo.
È poco ma è qualcosa.

La mia riflessione di questi giorni è la seguente: è possibile che questa consapevolezza possa essere portata al livello successivo? Ovvero la comprensione che la gestione della pandemia contro la popolazione e a favore degli interessi economici dei parapoteri economici non è un’eccezione ma la norma di questo tempo: che lo stesso disprezzo per il benessere della maggioranza vi è anche nella gestione di qualsiasi ambito della società e dell’economia.
Non so: come ho premesso io mi trovo a un livello di consapevolezza sociopolitica molto più avanzato. Per me è ovvio: ma questo non significa che lo sia per tutti. Comunque vedo dei segnali incoraggianti: i frammenti con cui la realtà viene compresa stanno divenendo sempre più grandi.

Stanotte appunto riflettevo su questa intuizione però non ero sicuro di volerci scrivere sopra un pezzo: temevo fosse un’idea troppo sottile, che quindi avrei scritto solo per me stesso…
Poi però, al mattino, mi sono imbattuto in un buon articolo del professor Zhok: SENZA TITOLO da FB.

Come al solito scritto benissimo (sebbene vi avverta una certa stanchezza e la mancanza della sua solita ironia caustica) il suo pensiero segue un percorso simile al mio per arrivare però alla stessa conclusione: «Se in passato, per inerzia, per quieto vivere, per "delega agli esperti" si è immaginato che, insomma, ci si doveva/poteva fidare, ora questo non è proprio più possibile.

Ora sappiamo che senza una ferrea sorveglianza critica, senza una nuova partecipazione diffidente e senza la disponibilità a lottare, qualunque cosa, letteralmente qualunque, potrà essere fatta passare su di noi, contro di noi, senza che nessun meccanismo 'istituzionale' di resistenza si attivi.
»

Conclusione: mi piace pensare che, per avidità e ingordigia, i parapoteri abbiano compiuto un passo falso svelando troppo apertamente il loro controllo sulla politica: ma onestamente credo che la consapevolezza che hanno risvegliato sia troppo poco e troppo tardi. I forti sono ormai troppo potenti e hanno il potere di ribaltare la libertà. Troppe persone ancora si fidano della politica e delle istituzioni: la loro passività, quando non vero e proprio sostegno ai forti, sarà decisiva per mantenere gli equilibri sostanzialmente immutati. Quando si renderanno conto del loro errore sarà troppo tardi per poter porvi rimedio.

Nota (*1): che, non sorprendentemente, hanno spesso personalità psicopatiche: principalmente indifferenza per le sofferenze del prossimo...

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