Credo che il seguente frammento di sogno sia piuttosto interessante perché, nonostante la sua semplicità, esprime chiaramente un mio certo pregiudizio verso le donne. La seguente parte è solo quella finale.
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L’alto dirigente di un’azienda di “software”, forse lo stesso Bill Gates della Microsoft, sta provando di fronte alle telecamere un nuovo programma per l’ufficio. Si tratta di una specie di assistente intelligente che dovrebbe facilitare il lavoro degli impiegati. Nella dimostrazione il dirigente è in collegamento con un collega russo con cui parla telefonicamente: sullo schermo appare automaticamente ciò che viene detto in russo e la sua traduzione. Il dirigente risponde sia in inglese che in russo, anche scrivendo direttamente con la tastiera; di tanto in tanto dà degli ordini in codice il cui significato non mi è chiaro (seguo piuttosto distrattamente e senza un reale interesse: mi sembra qualcosa di molto complicato e di concezione molto invadente tipicamente Microsoft che, di sicuro, mi guarderò bene dall’usare). Lo schermo è diviso da una sorta di pentagramma con il testo in russo sopra di esso è la versione inglese sotto. Di nuovo la funzione del pentagramma non mi è chiara: in parte vi sono inseriti i comandi in codice e in parte rappresenta forse una maniera rapida per accedere a diversi livelli di traduzioni intermedie. Nel complesso mi pare una porcheria…
La dimostrazione finisce e io inizio ad avere un ruolo più diretto nel sogno. Sono ad armeggiare su un portatile nella stessa stanza del dirigente e della sua assistente. Il tale sta inserendo direttamente dei comandi nel calcolatore per portare in linea un programma (probabilmente collegato a quello di cui aveva dato precedentemente la dimostrazione). Non so come né perché ma, visto che sono lì, inizio a dare dei suggerimenti generici al dirigente che però, sostanzialmente, li ignora non prendendoli in seria considerazione al contrario della sua assistente (che è russa o comunque straniera). Alla fine, come avevo previsto, c’è qualcosa che non funziona: quando egli prova a connettersi all’applicazione che avrebbe dovuto mettere in linea semplicemente non accade niente e lo schermo del navigatore rimane completamente bianco…
Io inizio a dare una nuova serie di suggerimenti su come cercare di identificare quale sia il problema ma il dirigente è estremamente seccato e fa per andarsene.
L’assistente però insiste chiedendogli di provare almeno uno dei miei suggerimenti che appariva semplice e sensato così il tizio si rimette a sedere mentre lei fa qualche vaga battuta scherzosa su di lui dimostrando una certa simpatia nei miei confronti.
Io, fino a quel momento, non conosco nessuno dei due: mi limito a dargli il mio parere ma non mi sento coinvolto né responsabile per e dal problema. Anche dei due non mi importa niente: l’uomo mi è indifferente e non ricordo neppure l’aspetto della donna.
Anzi a un certo momento inizio a pensare ai fatti miei e mi disegno a biro sulla pancia delle linee verticali che poi unisco fra loro, sulla parte alta, con dei semicerchi: come un’unica serie di “n” (o “m”!) continue…
Più o meno contemporaneamente mi accorgo però che il dirigente ha iniziato a raccontare un aneddoto sulla sua assistente: spiega di aver capito che lei fosse interessata a lui e di averne approfittato per una scappatella.
Nella classica maniera dei sogni, dove pare che i ricordi vengano creati sul momento in base all’opportunità, anch’io ricordo di aver avuto una storia con la donna anche se, dato il mio carattere, con un maggior coinvolgimento sentimentale rispetto all’avventura del dirigente.
Capisco allora che lo scopo delle parole del dirigente non è tanto ferire i miei sentimenti quanto quelli di lei: la vuole mettere in imbarazzo rivelandomi fatti che potrebbero diminuire la mia stima di ella.
In realtà io ascolto molto freddamente senza particolari reazioni: non so se il motivo è che della donna mi importi poco (ho solo vaghi ricordi di lei) oppure se ero entrato in uno stato psicologico di insensibilità volontaria: subito dopo però mi sveglio.»
La parte che considero interessante del sogno non è quella esplicita quanto i sottintesi psicologici/filosofici all’origine della sua genesi. Evidentemente alla base di essa vi è il mio pregiudizio sulle donne che considero pronte a subire l’immediato fascino dell’uomo potente o di successo di turno che appena strizzi loro l’occhio. Nel sogno rimango emotivamente indifferente alle parole del dirigente ma, di sicuro, non ne sono neppure particolarmente sorpreso.
Lo so: questa idea di donna opportunista, pronta a cedere i propri favori o addirittura a innamorarsi per interesse, non fa onore al mio inconscio. Ma la mia reazione fredda e distaccata mi fa pensare che io abbia ormai accettato questa caratteristica femminile come inevitabile: connaturata cioè nella donna.
Da notare che, sebbene questo presunto comportamento femminile non mi provochi forti reazioni emotive, non lo ritengo comunque moralmente positivo: anzi, trovo in realtà abietta l’idea di legare i propri sentimenti, più o meno direttamente, al denaro o anche al successo (*1) sociale ma, contemporaneamente, non colpevolizzo la donna che cede alla propria natura. Del resto gli uomini fanno qualcosa di simile: non sono attratti dalle donne in base alle loro qualità morali ma, sostanzialmente, dalle belle e non dalle brutte.
Conclusione: credo che questa visione così poco romantica dell’attrazione fra uomo e donna la dica lunga sul mio “percorso” sentimentale.
Nota (*1): il “successo” è infatti un qualcosa riconosciuto dalla società ma che non viene dall’interno della persona: dal mio punto di vista il “successo” (o la “notorietà” o la “fama”) può anche essere completamente immeritato e, certamente, non meritevole di attrazione di per sé. Come se la donna potesse nutrirsi o vantarsi del riflesso del “successo” del proprio compagno o amante. Dal mio punto di vista si vale infatti per i propri meriti non per quelli degli altri, sebbene a noi vicini.
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