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domenica 31 gennaio 2016

Decameron settimo giorno: comare e compare

Dopo qualche mese di pausa ho finalmente ripreso a leggere il Decameron: diversamente dal solito mi sono ricordato di prendere pochi appunti e quindi non dovrò risfogliare tutti i racconti a caccia di idee.
Ma non credo che avrò molto da scrivere: nonostante l'alta aspettativa (prima o poi troverò dei racconti boccacceschi!) e il tema della giornata apparentemente favorevole (come le mogli hanno beffato i rispettivi mariti) non ho molte annotazioni: meglio, così farò prima...

La prima annotazione è sui vocaboli “compare” e “comare”: io li consideravo degli appellativi generici, delle varianti fuori moda di amico o conoscente: magari la “comare” un po' chiacchierona e il “compare” un po' furbastro...
Invece no: il loro significato era originariamente molto più specifico e corrispondeva a “padrino” e “madrina” nei battesimi. Ma la cosa più sorprendente è che questo creava una relazione fortissima, quasi fosse una parentela, anche con i genitori del bambino.
Nella terza novella infatti un uomo, innamorato di una donna sposata a un marito gelosissimo, non trova di meglio da fare che diventare padrino del loro figlio: in questa maniera egli diviene compare della madre (che a sua volta, se ho ben capito, diviene comare di lui) e del padre. E come compare ha libero accesso alla casa dell'amata e può parlarle liberamente: può così corteggiarla anche se, almeno inizialmente, la donna ha tutte le paure e i dubbi, dell'intraprendere una relazione incestuosa...

Nella quinta novella, ma in realtà anche in molte altre, appare un tema ricorrente: l'eccesso di gelosia, in genere da parte del marito verso la moglie. Mi pare interessante perché all'epoca, almeno secondo il Boccaccio, costituiva una giustificazione morale per il tradimento della moglie.
Intendiamoci: la consapevolezza che la moglie traditrice rischi l'inferno è presente e costante ma la sensazione è che la “morale comune” fosse decisamente più comprensiva verso lei e contraria agli eccessi del marito. Invece questa stessa simpatia/comprensione manca verso le donne picchiate dai mariti (violenza che a me sembrerebbe più grave della gelosia): sarebbe interessante saperne di più...

Un'altra osservazione generale, non legata cioè a una specifica novella, sulla morale dell'epoca è la seguente: apparentemente era molto più grave avere una relazione con una donna non sposata che con una moglie. Molto più grave cioè insidiare la “figlia di” che la “moglie di”!
E per “molto più grave” intendo dire che, almeno nelle novelle del Boccaccio, quando tale relazione veniva scoperta finiva molto male per entrambi gli amanti. Anche la figlia rischiava di venire travolta dall'ira paterna...
È interessante notare che, ancora nella Francia del XVIII secolo, i libertini non insidiavano le donne nubili ma solo quelle sposate: ad esempio madame Pompadour (v. La marchesa Pompadura) può iniziare le proprie “avventure” solo dopo essersi sposata.
Sulle ragioni del fenomeno ho molti sospetti ma, visto che non conosco il periodo storico, si tratta di intuizioni troppo azzardate e che, come tali, preferisco non condividere.

Il tema della relazione fra comare e compare ritorna anche nella decima novella: due grandi amici amano la stessa donna ma uno di loro è compare di questa (quindi padrino del figlio di lei) e riesce così ad avere una relazione con essa. Dopo qualche tempo però l'uomo muore e il suo spettro torna a visitare l'amico ancora vivo: il secondo gli chiede quali siano le pene che deve subire nell'inferno per aver avuto una relazione con la propria comare ma lo spirito gli riferisce cosa gli risposero altri dannati a queste sue stesse paure: «Va, sciocco, non dubitare, ché di qua non si tiene ragione alcuna delle comari!».
Così l'amico (quello vivo!) «...avendo udito che di lá niuna ragione si teneva delle comari, cominciò a far beffe della sua sciocchezza, per ciò che già parecchie n'avea risparmiate;»
La novella mi ha colpito perché il suo unico scopo sembra essere quello di arrivare a questa affermazione evidentemente contro i principi del tempo: è quindi questo evidentemente il pensiero di Boccaccio che lui vuole ribadire fortemente: aveva forse avuto l'autore stesso una relazione con una sua comare?

Conclusione: ancora mi rimangono da leggere tre giornate ma ormai temo che Boccaccio non fosse assolutamente boccaccesco!

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