«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

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sabato 21 febbraio 2015

AedE: Scena IV, Atto II

Le istruzioni in breve (la versione completa è qui):
  1. Fare partire il primo brano della scena
    • Regolare il volume della musica non troppo alto: si deve sentire chiaramente ma non deve distrarre
    • Per calarsi nella giusta atmosfera cercare di battere il ritmo della musica con la mano
    • Non prestare attenzione alle parole della musica o alle immagini del video: in genere il testo della canzone non avrà nessuna attinenza con la scena e potrebbe quindi distrarre e confondere il lettore. Abbandonarsi semplicemente all'atmosfera!
  2. Aspettare il tempo indicato prima di iniziare a leggere il testo della tragedia vero e proprio. E non sbirciare!
  3. Leggere con attenzione cercando di seguire la punteggiatura e “interpretando” i vari personaggi
  4. Finita la lettura aspettate che il brano musicale termini prima di avviare il successivo o passare alla scena seguente



Aspetta 2m

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[Andros dorme un sonno agitato mentre Ippandro lo veglia preoccupato]



Aspetta 50s

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[Andros si sveglia di soprassalto]
Andros – Vile tradimento! Tragiche perdite! O, Ippandro... [si solleva a sedere e si copre la faccia con le mani per diversi secondi] Crudeli memorie e parole ostili pesano ora su di me. Sapiente maestro che mi osservi preoccupato, incomplete furono le tue cure: per quanto possibile hai sanato il mio corpo, ma mai nessun rimedio potrà curare il male nato dall'inganno del mio stesso sangue. La mia colpa fu grande e l'ombroso Ares, ridendo, decise di aiutarmi punendomi...
Ippandro – Ares?! Il Dio ingiusto ti ha inviato? Aprimi il tuo cuore Andros e narrami la triste storia!
Andros – Euginea! Ora la ricordo: potente santa bevanda è il tuo nepente capace di farmela scordare! Sappi che Euginea, la bella, la prescelta dalla Dea del desiderio, Euginea la bennata dalla stella lucente, amavo troppo.
Mi illudevo che potesse divenire mia sposa... ma il severo Omotimo per me decise diversamente e la destinò al mio infido fratello Tichaos. Invece di accettare il suo volere con matura rassegnazione, o di oppormi a esso con virile determinazione, mi limitai a singhiozzare futili e deboli lacrime.
Ciò era già disdicevole e vergognoso ma, ben più grave, fu ciò che feci nei remoti eremi dove condussi il gregge ignaro: più volte, notte dopo notte e giorno dopo giorno, invocai gli dèi implorando la liberazione della morte. Sfortuna volle che, infine, il Dio adiaforo si degnasse di ascoltare la mia supplica: la morte recò seco, sanguinosa e implacabile, ma non a me, bensì ai miei cari e al mio villaggio tutto.
Un'orda di crudeli barbari piombò su di noi e fu subitanea carneficina. Io, dall'alto di un verde pascolo, lontano vidi il cremisi del sangue spandersi in basso, fra le bianche vie amiche. Improvvisamente rinsavito per l'orrore, e turbato dal timore di esserne stato la causa prima, decisi di correre incontro al mio destino con la spavalda rassegnazione di chi agogna la morte: giunto però a metà discesa, l'ombra vigliacca del falso Tichaos apparve. Con parole suadenti, ma il fiele era già sulla sua lingua, mi convinse a stringere un patto col Dio della violenza. Però giurai. Per i numi dell'Olimpo strinsi un sacro patto col mortifero Ares: vendetta contro l'invasore e, in cambio, accettai di vivere in perenne ambascia i miei rimanenti giorni.
Una folgore sancì la nostra alleanza ma, proprio allora, il subdolo Tichaos mi tradì per la prima volta profittando della mia fraterna fiducia. Mi condusse lontano dalla lotta, verso la cima della montagna, fino a un vetusto tempio dimenticato, sull'orlo di un precipizio. Là, mentre il rosso occhio del guardingo Ares ci osservava dal cielo serotino, l'immonda larva, ridendo di empia gioia, si scagliò verso di me.
Non so se la sua impalpabile forma, per un singolo momento di odio efferato, divenne solido ariete o se, invece, furono solo paura e sgomento a sbilanciarmi: ma so che caddi e, in un solo lungo eterno istante, fui inghiottito dal baratro affamato; poi dolore lancinante; poi il nulla. Vaghi ricordi del tuo volto preoccupato chino sul mio, e calde parole rassicuranti che non comprendevo...



Aspetta 1m 40s

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Ippandro – [alzandosi e voltandosi] Allora è così. Tu sei colui che aspettavo, che agognavo e che temevo.
Andros – Parla e non dubitare Ippandro: farò tutto ciò che mi è possibile per aiutarti. I tuoi benefici meritano guiderdone non timore. Parla che ti ascolto.

Ippandro – [tornando a voltarsi verso Andros] È così allora? Ieri scherzavo con un ragazzo, sofferente nel corpo ma sereno e allegro nello spirito; oggi discuto con uomo cupo e disilluso: sembra quasi che il dolore svezzi il bimbo ingenuo in uomo saggio...
Ebbene sappi che anch'io feci un patto con l'ingannevole Ares. Quando fuggii dalle fatali nozze di Ippodamia e Piritoo, a lungo vagai ramingo per l'intera Ellade: ma, per quanto io galoppi veloce, le bugie sempre mi precedettero; nessuno volle accogliere un fuggiasco, considerato ospite indegno, traditore e inseguito dallo stesso Imeneo. Anzi, più volte, la mucronata freccia sibilò acuta sussurrando al mio orecchio auguri di morte...
Fu così che, come una profezia realizzatasi solo in virtù dell'essere stata pronunciata, le menzogne su di me divennero verità. Iniziai a vivere di furti silenziosi e violente rapine mentre, ai miei occhi, tutti gli uomini mi apparvero perfidi lapiti.
Ma il leone, per quanto forte e feroce, da solo non può sopravvivere e, come belva considerato, contro Ippandro si organizzarono battute di caccia. Fu allora che anch'io strinsi un disgraziato patto con il dio che ben conosci, il fratello di Eris, dea della discordia, che credetti essermi benevolo perché, come lei, non invitato al fatidico matrimonio di re Piritoo.
I dettagli non ti interessino: sappi che chiesi di non dover mai temere, sotto la luce del sole, le armi degli uomini. Allora, beffato, mi ritrovai confinato in queste gallerie sotterranee: sì fortezza ma soprattutto prigione. Da qui posso uscire solo la notte: di giorno protetto, ma galeotto di questa tetra grotta. Ricevetti anche un magico mantello, intessuto di nebbie silenziose e diafani sospiri, che, calata l'oscurità, mi rende un fruscio invisibile sotto le stelle. E mi fu affidato un compito: nascosto dal manto, debbo recarmi una volta al mese, dopo il tramonto, alla base dell'aspro scoscendimento di brecciame sotto la parete precipite in cima alla quale si erge l'infausto tempio del Dio insaziabile: tutte le offerte sacrificate e lanciate giù dal dirupo sarebbero state mie ma, eziandio, avrei dovuto prendermi cura, con tutta la mia abilità, di qualsiasi uomo vi avessi trovato ferito.
Un dovere non arduo: raramente trovai corpi umani, mai vivi. Poi, per numerosi anni, niente di niente e, infine, tu... Lo spirito di tuo fratello non ti ha tradito come credi: nessun etereo spettro oserebbe opporsi alla ferma volontà di un dio. Al contrario ha solo compiuto, forse con esecrabile piacere, ciò che gli era stato ordinato.
Andros – Sento che ciò che mi dici non è tutto: cosa mi nascondi? Qual è il mio ruolo nel tuo patto?
Ippandro – [sorridendo ad Andros] Decisamente questi mesi di oscurità hanno affinato i tuoi sensi! È vero, c'è dell'altro: ma adesso non ho cuore per parlartene. Ancora non sei guarito e avrò tempo per dirti di più, con calma...
Andros – Pesando parole prudenti e sicure?
Ippandro – Anche questo è dovere del medico e tu, Andros, sei ancora il mio paziente.

Elenco dei brani in ordine di apparizione:
1. Pentagram di Nocturnal Rites
2. A Soldier's Tale di Cryonic Temple
3. Phoenix di Satyricon

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