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giovedì 19 febbraio 2015

Riciclo 1/2

Circa un mesetto fa mi fu richiesto di scrivere un documento che poi è però rimasto in un limbo da cui, probabilmente, mai riemergerà.
Siccome non mi piace buttare il mio lavoro ho deciso di pubblicarne qui, su due puntate, la prima parte.
In realtà i miei lettori riconosceranno pensieri che ho già espresso in altri pezzi (specialmente nei vari KGB sullo stato del mondo 1, 2 e 3) ma credo che rivederli, di nuovo, in forma forse leggermente diversa, aiuti a far comprendere meglio le mie idee.

Per cui ecco qui la prima parte dove riassumo la situazione italiana/europea e la tendenza al declino delle democrazie occidentali:

Sfortunatamente l'economica italiana è, ormai da molti anni, in declino e questo ha portato il nostro paese sull'orlo del tracollo.
Il lavoro è scarso, quello che abbiamo è di cattiva qualità e con contratti che tutelano sempre meno i lavoratori. La percentuale di disoccupazione giovanile è schizzata alle stelle. Lo Stato ha meno soldi e, oltre a spenderli male, taglia sempre di più i servizi essenziali mantenendo invece intatti i privilegi di pochi.
Le scuole, quando va bene, sono appena agibili: non ci sono risorse per studenti e insegnanti. La cultura non è vista come un investimento ma come una spesa da tagliare.
I fondi per la sanità sono sempre meno e le regioni riversano quindi i costi sui cittadini rendendo un servizio, sancito dalla Costituzione come un diritto gratuito, un lusso che sempre meno persone possono permettersi. Paradossalmente ne risente la prevenzione col risultato che i cittadini si curano sempre più tardi e quindi con un costo sociale, ma anche economico, sempre maggiore.
L'ambiente, una delle maggiori risorse dell'Italia, non per niente soprannominata il “Bel Paese”, è considerato dalla politica attuale come un bene inesauribile e da sfruttare alla ricerca del guadagno nel brevissimo termine. Si pensa solo a cementificare e a grandi opere, inutili o quasi, che recano benefici minimi alla maggioranza della popolazione: al contrario non si investe seriamente nella prevenzione ambientale e il risultato sono le alluvioni che, ormai annualmente, flagellano l'Italia con costi umani ed economici insostenibili.
E non dimentichiamo l'importanza dell'ambiente per il turismo e il cibo. La qualità dell'alimentazione è in relazione diretta con quella dell'ambiente. Ma la politica invece di incentivarne la qualità va nella direzione opposta favorendo le grandi multinazionali: eppure si tratta di un tesoro enorme che all'estero ci invidiano, che i turisti non smettono di lodare, e che potrebbe divenire un volano per la ripresa del paese. E tutelare la qualità del cibo equivale a tutelare la salute dei cittadini.

L'elenco di ciò che non funziona potrebbe essere molto più lungo ma è fondamentale capire come il declino dell'Italia non sia frutto del caso. Da una parte la globalizzazione ha aumentato la competizione in ogni settore: in nome del profitto si è sacrificato prima la qualità, dopo la sicurezza e la salute, poi princìpi, diritti e valori e, alla fine, ci stiamo accorgendo che non ci rimane niente.

Non si è poi capito che, con la globalizzazione, anche il livello e la qualità della politica diveniva un fattore determinante per il successo internazionale di un paese: da questo punto di vista l'Italia paga agli altri stati un deficit di capacità che si riflette in costi sempre maggiore per le industrie e i cittadini. Una palla al piede di corruzione, clientelismo e miopia politica che anche la nota intraprendenza degli italiani, famosi per l'arte di arrangiarsi, non riesce più a compensare.

Infine c'è la tendenza del nuovo millennio. Rispetto a duecento anni fa, quando la democrazia come la intendiamo adesso iniziò a muovere i suoi primi passi, gli uomini, nel senso di elettori, non sono cambiati troppo: da una parte c'è maggiore istruzione, anche se orientata al nozionismo e non alla cultura, ma dall'altra esistono nuovi media, come la televisione, capaci di influenzare le opinioni a livelli impensabili. Contemporaneamente però le industrie e i poteri finanziari sono cresciuti, divenendo sempre più grandi e potenti: la loro capacità di influenza sui governi è parimenti aumentata divenendo sempre più in grado di orientare l'azione politica verso la difesa dei loro interessi economici. In passato, quando questi poteri economici avevano dimensioni nazionali, i loro interessi coincidevano quindi con quelli del paese di origine e, almeno di riflesso, parte del benessere arrivava a tutta la popolazione; adesso però questi poteri economici sono divenuti delle multinazionali e, proprio per questo, non necessariamente il loro paese di origine trae benefici dai loro guadagni: il denaro non ha confini e viene inseguito dovunque si trovi senza alcun riguardo per i diritti delle popolazioni che vi si frappongono. L'esempio della FIAT è emblematico: per tale multinazionale non è la salute del mercato italiano che fa la differenza…
I governi, indipendentemente se di sinistra o di destra, fanno adesso sempre più gli interessi dei grandi gruppi economici transnazionali e questo, come nel caso dell'Italia, anche a scapito dei loro stessi elettori, della maggioranza della popolazione e perfino delle generazioni future.

In Italia tale deriva è divenuta evidente col governo Monti prima, con quello Letta poi e, adesso, col governo Renzi che con iniziative come il Job Act si prepara a svendere i diritti degli italiani per non parlare poi dei beni comuni come l'acqua. Il meccanismo democratico è infatti inceppato: i media tranne pochissime eccezioni, sono al servizio più o meno diretto degli stessi poteri internazionali che orientano le decisioni dei governi locali, e non fanno il loro lavoro di informazione chiara, onesta e imparziale. Al contrario, si affrettano a confermare la versione ufficiale: quando l'azione politica è dubbia ci si sforza di dimostrarla positiva e, quando invece è palesemente disastrosa per la popolazione, la si dipinge come un male inevitabile, una medicina amara ma necessaria per guarire.

La conseguenza è però che i cittadini non hanno i mezzi per capire quale sia il proprio interesse, a differenza dei grandi poteri economici che lo sanno sempre benissimo, e per questo finiscono per votare di pancia legittimando così l'azione politica oppure, constatata l'ininfluenza del proprio voto, astenersi. Il calo dei votanti in Italia ci dà chiaramente la dimensione di questo problema: i cittadini si allontanano dalla politica e questa ne è ben felice perché può così agire con meno controlli.

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