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mercoledì 15 settembre 2021

Attentato all'informazione

Ho finalmente terminato di leggere la parte sulle elezioni centroamericane in La fabbrica del consenso di Chomsky. Come ho già spiegato era molto noiosa e ripetitiva: in pratica capitolo dopo capitolo dimostrava con dovizia di particolari i due pesi e due misure con cui i media statunitensi giudicarono le elezioni in due paesi “amici” e in uno nemico.

La parte attuale parla invece dell’attentato di Ali Ağca al Papa e della cosiddetta “pista bulgara”, ovvero la teoria secondo la quali i mandanti dell’attentato fossero i servizi segreti bulgari ovviamente sotto indicazione di Mosca.
La teoria della “pista bulgara” fu creata a tavolino da dei giornalisti americani (di cui uno ex CIA ed esperto di propaganda) e aggiornata, anche notevolmente, con l’evolversi delle vicende. Si trattava di ipotesi tutte arbitrarie e senza prove concrete a sua conferma.

Io all’epoca ero un bimbetto ma ricordo benissimo i titoloni dei giornali con cui veniva discussa anche in Italia la questione.
All’epoca ero troppo piccolo per interessarmene approfonditamente eppure ho la sensazione di averla sempre considerata una teoria come un’altra, non insomma una verità certa: come se un giorno ci fosse stata una conferma e il seguente una smentita...
C’è da dire che: 1. questa mia sensazione, che non è un ricordo vero e proprio, potrebbe essere errata; 2. più probabilmente però all’epoca l’informazione italiana era migliore di quanto non sia adesso; probabilmente l’esistenza di un PCI forte e che faceva opposizione reale comportava che anche i quotidiani non di sinistra non potessero ignorare la difesa di Mosca che, ovviamente, aveva ottimi argomenti per evidenziare l’infondatezza delle accuse.

Mentre negli USA negli anni ‘80 (il giro di boa era probabilmente avvenuto con l’amministrazione Carter presidente dal 1977 al 1981) c’era già un’inversione di tendenza con tutta la politica (democratici e repubblicani) che iniziava a schierarsi compatta dalla parte dei parapoteri economici, in Italia eravamo, una volta tanto positivamente, ancora indietro in questo processo. Negli anni ‘80 vi era ancora una positiva e reale contrapposizione fra le diverse forze politiche: un equilibrio precario che però, per esempio, garantiva un’informazione molto più onesta dell’attuale.

Pensate alla situazione in Ucraina: pensate veramente che la pappina di informazione scodellata dalla propaganda statunitense e ripetuta parola per parola dai nostri media corrisponda alla totale verità?
Ecco, se per assurdo una vicenda analoga la si fosse avuta negli anni ‘80 allora una parte dei nostri giornali avrebbe riportato anche il punto di vista russo (che a sua volta non sarebbe stata la verità) e il dibattito che sarebbe scaturito dalle versione contrastanti avrebbe aiutato il comune cittadino a farsi un’idea più realistica dei fatti.

Voglio provare a telefonare a mio padre per vedere cosa si ricorda e se anche lui ha la sensazione che all’epoca in Italia la “pista bulgara” fosse considerata solo come una teoria strumentale.
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Sì, ho sentito un paio di voci che, sebbene in maniera vaga, sembrano confermare la teoria che all’epoca, in Italia, la qualità dell’informazione fosse molto superiore all’attuale.
Mio padre mi ha anche dato un buon consiglio: provare a vedere cosa scrivevano effettivamente i giornali dell’epoca. È però un po’ troppo impegnativo per i miei gusti: sopratutto perché non ci sono date esatte da guardare, dovrei leggere intere settimane a campione per farmi un’idea della reale tendenza visto che il singolo articolo del singolo giornalista potrebbe essere fuorviante.

Comunque stanotte (questo articolo lo avevo iniziato a scrivere ieri) sono andato ulteriormente avanti nella lettura del libro di Chomsky e vi ho trovato parziale conferma alla mia teoria.
Viene spiegato che negli USA l’unica ricostruzione che circolava era quella della pista bulgara (ovviamente tacendone tutti i punti deboli) e venivano ignorati, per esempio, “[…] i dubbi avanzati dalla stampa italiana sulla possibilità che Agca, mentre era in prigione, avesse ricevuto promesse o minacce.” (perché, lo ricordo, Agca confermò la pista bulgara solo dopo 17 mesi di carcere).

Sarebbe interessante capire quando l’informazione italiana ha preso la via del declino.
Personalmente credo sia tutto iniziato col crollo dell’URSS e la conseguente degenerazione del PCI: non voglio dire che quotidiani come “l’Unità” fossero una voce oggettiva e credibile. Anche allora tutti i media erano faziosi solo che la loro faziosità non era “unidirezionale” come adesso: dal confronto delle voci discordanti era così possibile intuire, sebbene in maniera imprecisa, quali fossero i fatti sostanziali.

Conclusione: ieri riflettevo che Chomsky ha fatto un ottimo lavoro di indagine e di raccolta dati con “La fabbrica del consenso” ma manca leggermente nell’impianto teorico. Tanta tanta informazione ammucchiata insieme senza una guida per interpretarla. Mi spiego meglio: quali sono le metodologie usate dalla stampa per disinformare? Quali sono gli obiettivi? Chomsky dà delle indicazioni al riguardo ma io avrei generalizzato molto di più. Se avrò voglia, alla conclusione del libro, magari ci scriverò un pezzo specifico.

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