[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.5.1 "Fase 2").
Quattro anni fa (v. L’uomo color arancione) cercai per qualche mese di seguire l’attività politica di Trump per poter rispondere alla domanda che mi ero posto sull’Epitome e sul ghiribizzo: Trump rappresenta un populismo reale o apparente? Per provenienza sociale Trump avrebbe dovuto essere dalla parte dei parapoteri ma, come singolo individuo, non potevo darlo per scontato.
Il problema era trovare informazioni corrette ed equilibrate sul suo operato: sulla nostra stampa rimbalzavano infatti le notizie dei media americani che, lo sappiamo, erano tutti schierati contro di lui: a me non interessava della retorica spiccia su quanto fosse “cattivo” e “impreparato” ma solo i fatti. Allora provai a seguire il sito ufficiale della Casa Bianca: ma anche questo, mi resi conto, era (comprensibilmente) fuorviante in senso opposto: ovvero troppo a favore dell’operato di Trump.
Insomma per informarmi correttamente avrei dovuto fare uno sforzo non indifferente incrociando l’informazione pro e contro Trump per cercare di identificare i fatti che mi interessavano e che volevo giudicare per stabilire il suo tipo di populismo.
Alla fine la mia sensazione fu che Trump fosse in “buona fede” ovvero che rappresentasse un populismo reale ma che, non avendo letto la mia Epitome (!), non sapesse esattamente quale fosse il problema degli USA (e di tutto il mondo occidentale) e agisse quindi, in accordo con la mia teoria ([E] 13.6), dando un colpo al cerchio (ovvero ai parapoteri) e uno alla botte (la democratastenia).
Per questo approfittai dell’occasione per cessare di seguire con attenzione Trump: decisi che sarebbe stato più semplice valutare il suo operato al termine del mandato e, soprattutto, osservare l’andamento di dati economici difficilmente contestabili: tipo l’andamento dell’occupazione, l’andamento della distribuzione della ricchezza (anche se questo ha una notevole inerzia) etc…
E così cercherò di fare anche se so già che sarà MOLTO difficile trovare i dati utili non inquinati da passioni politiche…
Comunque stamani sono tornato a riflettere su Trump a causa di questo articolo: Trump ha firmato ordine su social media: 'Twitter fa attivismo politico' su Ansa.it
Sfortunatamente l’articolo (suppongo basato su qualche agenzia americana) riesce nella difficile impresa di non spiegare cosa prevede l’iniziativa di Trump. Impossibile giudicarla dalla sola frase (cito a memoria) “i social non avranno più l’immunità per i contenuti pubblicati”.
Tutta la questione è nata a causa della censura da parte di Twitter di alcuni cinguettii del presidente americano. O, se non censura, questi sono stati segnalati come “errati” ovvero come “informazione false”. Semplicemente un’altra forma di censura: e non posso non pensare alla vera e propria follia di YouTube che pochi giorni fa ha censurato perfino MedCram rimuovendone dei video giudicati “falsi” o chissà che altro...
A mio avviso Trump avrebbe dovuto prendere l'occasione per difendere la libertà d’espressione di tutti gli utenti vietando ogni forma di censura. Non è chiaro invece (grazie alla pochezza dell’articolo dell’Ansa che non ha neppure provato a dare qualche dettaglio in più) quale sia la relazione contro la censura dell’iniziativa di Trump: anzi, sembrerebbe andare nella direzione opposta! Proprio perché le reti sociali diventerebbero responsabili dei contenuti degli utenti ecco che allora sarebbero incoraggiate ad AUMENTARE la censura per proteggersi da eventuali rischi legali.
E, individuata l'aporia, vado quindi a cercare su altre fonti cosa è veramente successo…
La ricerca è stata breve: Trump signs executive order to narrow protections for social media platforms di David Smith su TheGuardian.com (*1)
Questo è un articolo: spiega i fatti, i punti di vista di Trump e Twitter e vi aggiunge delle considerazioni intelligenti. La considerazione “intelligente” in questo caso sarebbe una parafrasi di quanto avevo già scritto io, ovvero che l’iniziativa di Trump potrebbe portare a un aumento della censura e non alla sua diminuzione.
In realtà, per come la vedo io, è semplicemente l’inizio di una battaglia politica. Il punto di partenza di Trump è (mia sintesi) “Voi reti sociali siete tutelate e protette legalmente perché siete piattaforme neutre dove tutti possono esprimere quello che pensano: se però censurate ecco che allora non siete più neutre e, dunque, non avete più diritto alle sopraddette tutele”. Messa così la sua iniziativa ha senso. Questa mossa di Trump mi sembra però solo una minaccia alle reti sociali in ottica preelettorale: fra qualche mese inizierà il lungo processo elettorale americano e il presidente USA non vuole essere ostacolato anche dalle reti sociali visto che ha già i media tutti contro. In pratica quindi Trump dice a Twitter: non mi ostacolare o io farò altrettanto (a Wall Street i vari giganti del settore hanno già perso terreno). Al che Twitter cercherà di capire quanto supporto ha da i democratici, valuterà quali sono i rischi e pericoli e alla fine, suppongo, troverà un accordo sottobanco col presidente.
In altre parole la mossa di Trump contro Twitter non mi sembra andare in direzione della tutela della libertà d’espressione di tutti (cosa che sarebbe stata ottima rafforzando la democratastenia) ma solo della propria (decisamente meno utile sebbene comprensibile).
Era ovvio che questa mia brevissima indagine non avrebbe comunque, in nessun caso, risolto il dilemma di quale sia il tipo di populismo di Trump ma speravo comunque di ottenere un indizio più preciso.
Alla fine quello che emerge è soprattutto l’inadeguatezza dell’informazione italiana: leggendo l’articolo dell’Ansa non si capisce niente di quanto accaduto, le azioni di Trump appaiono semplicemente prive di senso e Twitter la povera vittima innocente. Basta leggere un articolo del giornale inglese per capire invece come stanno le cose.
Che poi anche valutando a occhio la lunghezza dei due articoli si ha che quello dell’Ansa è lungo una schermata mentre quello di TheGuardian tre. Qualità e quantità sono due dimensioni distinte che anzi, spesso, non vanno d’accordo: in questo caso però il maggiore approfondimento di TheGuardian aumenta la comprensione della vicenda…
Conclusione: se avessi letto prima TheGuardian invece di Ansa mi sarei risparmiato la stesura di un pezzo sostanzialmente inutile!
Nota (*1): in realtà la mia scelta di leggere l’articolo di TheGuardian non è stata casuale. Ricordavo dall’epoca di Snowden e Assange che quella mi era sembrata la fonte d’informazione più equilibrata e oggettiva. Ho scoperto leggendo l’appello alla fine dell’articolo che l’indipendenza è la loro linea editoriale: tutti i media strombazzano la propria oggettività ma pochissimi vi riescono. The Guardian mi pare uno di questi...
venerdì 29 maggio 2020
mercoledì 27 maggio 2020
Nessuna sorpresa
Notizia: Le sardine diventano una corrente del Pd di Sarah Buono su IlFattoQuotidiano.it
In realtà lo sono sempre state...
Ah, poi... - 30/5/2020
...ho iniziato la stesura della nuova versione, la 1.5.2, dell’Epitome…
Per adesso ho controllato quattro capitoli: ho quasi finito la revisione completa iniziata quando ancora ero alla versione 1.3.0; mi mancherebbero da rivedere solo i capitoli 18 e 19!
Ho controllato i capitoli 8, 9, 11 e 12: non ho trovato grandi problemi ma mi sono reso conto che l’11 era una vita che non lo ricontrollavo!
Ora devo decidere se riguardare anche i due capitoli mancanti o dare una rilettura alle mie note e vedere se c’è qualche cosa da inserire di non troppo impegnativo.
La logica vorrebbe che io rivedessi i due capitoli mancanti: ma sono molto pigro e davvero mi fa una grande fatica rileggere e correggere. Se avessi qualche lettore farei questo piccolo sforzo extra per rispetto nei loro confronti ma visto che essenzialmente scrivo per me stesso non sono convinto che ne valga la pena di fare ciò che non mi diverte e che trovo noioso...
Lentezza - 4/6/2020
Notizia: Test sierologici, contattato un terzo del campione da Ansa.it
Non ci credo!
Avevo letto che si era iniziato a contattare i cittadini l’altra settimana e davo per scontato che in pochi giorni avrebbero terminato e a fine settimana si avessero già i risultati: invece non siamo a niente!
E, lo sapete, personalmente sono convinto che questa indagine sia fondamentale per capire quale sia effettivamente al situazione italiana e quindi prendere decisioni sul covid-19 motivate e che non siano vere e proprie scommesse.
La ragione di questa lentezza, oltre alle usuali pastoie burocratiche italiane, credo che sia nel disinteresse della politica sulla questione: cosa che la dice lunga sulla miopia del governo...
Rintontito - 6/6/2020
Oggi ho lavorato per gran parte della mattina e tutto il pomeriggio all’Epitome!
Alla fine mi sono deciso per la versione 1.6.0: ho ricontrollato anche i due capitoli che mi mancavano per riguardarli tutti (dalla versione 1.3.0!) almeno una volta e ho aggiunto del nuovo materiale. In particolare oggi ho rivisto il sottocapitolo 7.2 alla luce di quanto emerso dalla lettura della Volpato (v. Diseguaglianze) e già che c’ero ne ho riorganizzato l’intera struttura.
Ormai ho quasi finito questa nuova stesura: penso che all’inizio della settimana salvo contrattempi la pubblicherò in linea…
Solo due pagine in più rispetto alla 1.5.1 ma le novità e le correzioni sono molte significative: la considero una degna versione 1.6.0!
Grande ottimista - 8/6/2020
Secondo me della serie A vedremo giocare al massimo 3 turni (mentre gli altri campionati, con forse l’unica eccezione dello spagnolo, arriveranno fino alla fine).
Squadre e soprattutto giocatori non hanno voglia di giocare questa estate: tutta questa pantomima è solo per ottenere i soldi dei diritti televisivi.
Poi vedremo: non mi baso su dati concreti o notizie segrete: è solo la mia personale sensazione/intuizione e, come sapete, non sono un grande ottimista! Onestamente spero si sbagliarmi perché ho voglia di calcio e normalità...
In realtà lo sono sempre state...
Ah, poi... - 30/5/2020
...ho iniziato la stesura della nuova versione, la 1.5.2, dell’Epitome…
Per adesso ho controllato quattro capitoli: ho quasi finito la revisione completa iniziata quando ancora ero alla versione 1.3.0; mi mancherebbero da rivedere solo i capitoli 18 e 19!
Ho controllato i capitoli 8, 9, 11 e 12: non ho trovato grandi problemi ma mi sono reso conto che l’11 era una vita che non lo ricontrollavo!
Ora devo decidere se riguardare anche i due capitoli mancanti o dare una rilettura alle mie note e vedere se c’è qualche cosa da inserire di non troppo impegnativo.
La logica vorrebbe che io rivedessi i due capitoli mancanti: ma sono molto pigro e davvero mi fa una grande fatica rileggere e correggere. Se avessi qualche lettore farei questo piccolo sforzo extra per rispetto nei loro confronti ma visto che essenzialmente scrivo per me stesso non sono convinto che ne valga la pena di fare ciò che non mi diverte e che trovo noioso...
Lentezza - 4/6/2020
Notizia: Test sierologici, contattato un terzo del campione da Ansa.it
Non ci credo!
Avevo letto che si era iniziato a contattare i cittadini l’altra settimana e davo per scontato che in pochi giorni avrebbero terminato e a fine settimana si avessero già i risultati: invece non siamo a niente!
E, lo sapete, personalmente sono convinto che questa indagine sia fondamentale per capire quale sia effettivamente al situazione italiana e quindi prendere decisioni sul covid-19 motivate e che non siano vere e proprie scommesse.
La ragione di questa lentezza, oltre alle usuali pastoie burocratiche italiane, credo che sia nel disinteresse della politica sulla questione: cosa che la dice lunga sulla miopia del governo...
Rintontito - 6/6/2020
Oggi ho lavorato per gran parte della mattina e tutto il pomeriggio all’Epitome!
Alla fine mi sono deciso per la versione 1.6.0: ho ricontrollato anche i due capitoli che mi mancavano per riguardarli tutti (dalla versione 1.3.0!) almeno una volta e ho aggiunto del nuovo materiale. In particolare oggi ho rivisto il sottocapitolo 7.2 alla luce di quanto emerso dalla lettura della Volpato (v. Diseguaglianze) e già che c’ero ne ho riorganizzato l’intera struttura.
Ormai ho quasi finito questa nuova stesura: penso che all’inizio della settimana salvo contrattempi la pubblicherò in linea…
Solo due pagine in più rispetto alla 1.5.1 ma le novità e le correzioni sono molte significative: la considero una degna versione 1.6.0!
Grande ottimista - 8/6/2020
Secondo me della serie A vedremo giocare al massimo 3 turni (mentre gli altri campionati, con forse l’unica eccezione dello spagnolo, arriveranno fino alla fine).
Squadre e soprattutto giocatori non hanno voglia di giocare questa estate: tutta questa pantomima è solo per ottenere i soldi dei diritti televisivi.
Poi vedremo: non mi baso su dati concreti o notizie segrete: è solo la mia personale sensazione/intuizione e, come sapete, non sono un grande ottimista! Onestamente spero si sbagliarmi perché ho voglia di calcio e normalità...
martedì 26 maggio 2020
Speciale Coronavirus 18
Non ho grandi novità: mi limiterò quindi a riassumere rapidamente le ultime quattro puntate diMedCram…
18/5 (72° puntata)
- Una ricerca ha verificato l’efficacia di quattro esami (tre tedeschi e uno americano) per controllare la positività al covid-19: sono andati tutti bene. Da profano ho notato che quelli con la sensitività più alta avevano la specificità minore e viceversa. Evidentemente se ci si massimizza una caratteristica si perde qualcosa nell’altra…
- Ricerca del 13/5. Sembra che l’esame che dà la percentuale di “A1c” nel sangue, ovvero la percentuale di glucosio legata ai globuli rossi, sia un’ottima misura delle gravità dell’infezione da covid-19. Stress ossidativo e simili: come già spiegato dal dottore nei precedenti video..
- Negli USA hanno chiuso gli studi dentistici: da noi non credo, giusto? Sembra che siano centri di contagio molto pericolosi e ancora mancano delle procedure sicure per riaprirli. Stranamente non avevo mai sentito altro al riguardo…
20/5 (73° puntata)
- Ricerca coreana del 19/5 (forse ne avevo già accennato nel precedente speciale, non ricordo: di sicuro l’avevo già sentita da un’altra fonte) spiega il motivo dei “ripositivi”, ovvero delle persone tornate positive al covid-19. L’esame per gli antigeni riconosce anche solo frammenti dell’RNA del virus anche quando questo è inerte. Altri esami hanno confermato che queste persone in realtà non sono più malate né possono infettarne altre.
22/5 (74° puntata)
- La vitamina D fa bene (e di sicuro non fa male!): nuove conferme. Io è da marzo che lo sapevo e che la prendo…
- Polemica molto educata del dottor Seheult nei confronti della censura di Youtube che rimuove i video che non seguono le indicazioni del WHO (come se fino ad adesso avessero sempre fatto tutto bene!). Le argomentazioni già le sapete: le opinioni scientifiche non si devono censurare. La verità emerge dal dibattito scientifico: non è l’autorità a stabilirla.
Ovviamente io sono d’accordo: anzi, come sapete, sono sempre e comunque contro la censura che non è MAI utile o positiva.
25/5 (75° puntata)
- Il dottor Seheult è preoccupato per la prematura riapertura parziale della California dove lavora: vedremo come andrà.
- Una recente ricerca inglese svolta attraverso l’autopsia di numeri polmoni di deceduti per covid-19 (e per confronto anche di comune influenza) ha mostrato una marcata peculiarità: gravi danni all’endotelio dei polmoni con microtrombi nei capillari ha contatto degli alveoli. La teoria del dottor Seheult (vedi puntate precedenti) ha ricevuto un’importante conferma.
- Altra buona notizia: una ricerca (su particolari globuli bianchi, non sono stato attento ai dettagli...) del 14/5 pare suggerire che l’immunità al covid-19 sarà lunga. Utile anche per i vaccini.
Aggiungo qualche considerazione personale.
- Sono contento che su MedCram si sia aperto il dibattito sulla censura. Come sapete la mia teoria è che la tendenza alla riduzione delle libertà individuali sia generalizzata: è quindi bene che inizi a diffondersi la consapevolezza di quanto essa sia sbagliata…
- Nei giorni scorsi (o era stamani?) ho letto che la WHO ha lanciato l’allarme sull’idrossiclorochina. Prontamente Youtube ha rimosso il video 71 di MedCram proprio su tale argomento. Il video (ne scrissi nel precedente speciale) mostrava una ricerca secondo la quale l’idrossiclorochina era utile ed efficace nelle fasi iniziali della malattia ma non in quelle più gravi. Sono curioso di scoprire su quali ricerche si basi l’annuncio della WHO: spero che il dottor Seheult lo spieghi nel prossimo futuro.
- Domenica scorsa ho visto, venendo via da casa di mio padre, numerosi assembramenti. Certo che se la gente si mette d’impegno per diffondere il covid-19 allora non si va da nessuna parte.
Ma questo fa parte del problema di fondo: la responsabilizzazione della popolazione. Concetto totalmente assente dalla mente dei nostri governanti ma che invece sarebbe stato fondamentale. L’ho già scritto: il covid-19 non sparisce per decreto c’era prima e c’è adesso. La gente, soprattutto che ha dei sintomi anche minimi, dovrebbe usare la massima prudenza ed evitare i contatti con l’esterno: lo Stato dovrebbe aiutare i cittadini facendo i tamponi anche ai paucisintomatici che lo richiedano. Invece… speriamo bene ma sono pessimista…
Conclusione: sì, sono pessimista anche se per adesso i dati attendibili (quelli delle morti e dei malati in terapia intensiva) sono positivi.
18/5 (72° puntata)
- Una ricerca ha verificato l’efficacia di quattro esami (tre tedeschi e uno americano) per controllare la positività al covid-19: sono andati tutti bene. Da profano ho notato che quelli con la sensitività più alta avevano la specificità minore e viceversa. Evidentemente se ci si massimizza una caratteristica si perde qualcosa nell’altra…
- Ricerca del 13/5. Sembra che l’esame che dà la percentuale di “A1c” nel sangue, ovvero la percentuale di glucosio legata ai globuli rossi, sia un’ottima misura delle gravità dell’infezione da covid-19. Stress ossidativo e simili: come già spiegato dal dottore nei precedenti video..
- Negli USA hanno chiuso gli studi dentistici: da noi non credo, giusto? Sembra che siano centri di contagio molto pericolosi e ancora mancano delle procedure sicure per riaprirli. Stranamente non avevo mai sentito altro al riguardo…
20/5 (73° puntata)
- Ricerca coreana del 19/5 (forse ne avevo già accennato nel precedente speciale, non ricordo: di sicuro l’avevo già sentita da un’altra fonte) spiega il motivo dei “ripositivi”, ovvero delle persone tornate positive al covid-19. L’esame per gli antigeni riconosce anche solo frammenti dell’RNA del virus anche quando questo è inerte. Altri esami hanno confermato che queste persone in realtà non sono più malate né possono infettarne altre.
22/5 (74° puntata)
- La vitamina D fa bene (e di sicuro non fa male!): nuove conferme. Io è da marzo che lo sapevo e che la prendo…
- Polemica molto educata del dottor Seheult nei confronti della censura di Youtube che rimuove i video che non seguono le indicazioni del WHO (come se fino ad adesso avessero sempre fatto tutto bene!). Le argomentazioni già le sapete: le opinioni scientifiche non si devono censurare. La verità emerge dal dibattito scientifico: non è l’autorità a stabilirla.
Ovviamente io sono d’accordo: anzi, come sapete, sono sempre e comunque contro la censura che non è MAI utile o positiva.
25/5 (75° puntata)
- Il dottor Seheult è preoccupato per la prematura riapertura parziale della California dove lavora: vedremo come andrà.
- Una recente ricerca inglese svolta attraverso l’autopsia di numeri polmoni di deceduti per covid-19 (e per confronto anche di comune influenza) ha mostrato una marcata peculiarità: gravi danni all’endotelio dei polmoni con microtrombi nei capillari ha contatto degli alveoli. La teoria del dottor Seheult (vedi puntate precedenti) ha ricevuto un’importante conferma.
- Altra buona notizia: una ricerca (su particolari globuli bianchi, non sono stato attento ai dettagli...) del 14/5 pare suggerire che l’immunità al covid-19 sarà lunga. Utile anche per i vaccini.
Aggiungo qualche considerazione personale.
- Sono contento che su MedCram si sia aperto il dibattito sulla censura. Come sapete la mia teoria è che la tendenza alla riduzione delle libertà individuali sia generalizzata: è quindi bene che inizi a diffondersi la consapevolezza di quanto essa sia sbagliata…
- Nei giorni scorsi (o era stamani?) ho letto che la WHO ha lanciato l’allarme sull’idrossiclorochina. Prontamente Youtube ha rimosso il video 71 di MedCram proprio su tale argomento. Il video (ne scrissi nel precedente speciale) mostrava una ricerca secondo la quale l’idrossiclorochina era utile ed efficace nelle fasi iniziali della malattia ma non in quelle più gravi. Sono curioso di scoprire su quali ricerche si basi l’annuncio della WHO: spero che il dottor Seheult lo spieghi nel prossimo futuro.
- Domenica scorsa ho visto, venendo via da casa di mio padre, numerosi assembramenti. Certo che se la gente si mette d’impegno per diffondere il covid-19 allora non si va da nessuna parte.
Ma questo fa parte del problema di fondo: la responsabilizzazione della popolazione. Concetto totalmente assente dalla mente dei nostri governanti ma che invece sarebbe stato fondamentale. L’ho già scritto: il covid-19 non sparisce per decreto c’era prima e c’è adesso. La gente, soprattutto che ha dei sintomi anche minimi, dovrebbe usare la massima prudenza ed evitare i contatti con l’esterno: lo Stato dovrebbe aiutare i cittadini facendo i tamponi anche ai paucisintomatici che lo richiedano. Invece… speriamo bene ma sono pessimista…
Conclusione: sì, sono pessimista anche se per adesso i dati attendibili (quelli delle morti e dei malati in terapia intensiva) sono positivi.
mercoledì 20 maggio 2020
Umorismo notturno
Premetto che stanotte ho dormito malissimo svegliandomi e alzandomi cento volte a causa di un temporale per staccare e riattaccare il router…
Comunque in un sogno ero in compagnia dei miei zii di Pisa (in verità la casa era però quella dello zio Gip (*1)). Lo zio leggeva il giornale mentre la zia si preparava ad andare a preparare da mangiare (era molto brava). Io, che ero nella stessa stanza, la prendo in giro e la pungolo ironicamente: “Ma il purè quante volte hai dovuto provare a farlo prima di imparare?” recentemente infatti l’ho cucinato anch’io e, usando le buste già pronte, è davvero facile.
Lo so, detto così non fa ridere: è che dipende dal tono, dal rapporto che ho con la persona, dal contesto… Però mi sono svegliato e l’ho trovato un frizzo molto divertente.
Infatti poi mi sono riaddormentato e ho sognato di raccontare a mio padre tale sogno! (a lui, sempre in sogno, invece non è parso molto divertente…)
Nota (*1): ricordo adesso che, per qualche motivo a me incomprensibile, la maggior parte dei miei incubi sono ambientati proprio nella casa dei miei zii di Pisa. Probabilmente per questo, sognandoli, gli ho voluto cambiare abitazione...
Coincidenze - 22/5/2020
Ieri ho visto le prime due puntate di The boys una serie di grande successo di PrimeVideo: il mondo è popolato di super eroi ma questi non sono tutti super buoni alla Marvel per intenderci, anzi...
Oggi ho guardato la terza puntata dove uno dei sette supereroi più famosi del paese va a cercare della droga custodita dalla sua fidanzata. Lei gli consegna una borsa da cui lui estrae un contenitore con tre boccette piene di un liquido blu.
Per un secondo mi sono sentito confuso, una strana sensazione di déjà vu: dove e quando avevo già visto un’immagine molto simile?
Dopo un attimo mi sono ricordato: ieri, da mio padre, abbiamo visto insieme la 19° puntata della 3° stagione. Kirk, Spock e il dr. Bones: devono trovare un vaccino per una febbre pestilenziale che ha colpito l’equipaggio. Dopo varie peripezie lo trovano e anch’esso è conservato in un contenitore con tre boccette di liquido blu...
Le “prove” - 22/5/2020
Ho vinto la mia pigrizia e ho fatto un paio di schermate: da questi singoli fotogrammi non si vede bene il colore del liquido ma vedendo le sequenze complete ci si accorge chiaramente che il colore è blu in entrambi i casi.
Bambini - 22/5/2020
«I bambini non mi piacciono: mi ricordano… …bambini!» (cit. American Dad)
Eroine - 25/5/2020
a qualche giorno mi sto imbottendo di serie su PrimeVideo: dopo The boys (che mi piace moltissimo) sono passato a Heroes. Heroes è una serie piuttosto tradizionale dove delle persone comuni scoprono di avere dei super poteri: varie storie che si intrecciano fra loro e il cattivo di turno…
Fra i vari personaggi uno dei miei preferiti è un bella bionda, l’attrice Ali Larter: bella faccia, splendido corpo…
Labbra un po’ particolari con gli incisivi in grande evidenza quando sorride: mi ricordava qualcuno. Improvvisamente mi sono ricordato! Naso, bocca e mascella sono UGUALI a quelli di Sigourney Weaver: non mi sarei stupito se ne fosse statala figlia!
Non ho notato subito la somiglianza forse perché Ali ha gli occhi chiari e, appunto, almeno in questa serie è bionda…
martedì 19 maggio 2020
Paese che vai...
Ieri mi sono per caso imbattuto in Rete in un articolo di una mia cugina: per la precisione quella che scrive bene…
Al di là dei contenuti che coscientemente scelgo impegnativi e difficili da trattare il mio stile è faticoso: la parola non mi viene facile, è uno sforzo continuo e spesso frustrante. Me ne rendo conto indirettamente quando rileggo ciò che ho scritto: ogni volta vi apporterei decine di correzioni senza comunque mai esserne totalmente soddisfatto. Poi, è chiaro, ormai sono dieci anni che porto avanti questo diario virtuale, un po’ sono anche migliorato!
Però diciamo che mediamente mi sento da 6½; in buona giornata arrivo a 7 ed, eccezionalmente, un paio di volte all’anno, scriverò pezzi da 7½…
Ecco, mia cugina per capirci, quando scrive male le vengono pezzi da 7... e non aggiungo altro!
Nell’articolo in questione (*1) l’autrice cerca di rispondere alla seguente domanda: “Perché ho scelto di vivere nel mio paese?”.
Alla fine la risposta che lei si dà è che vivere a Montelupo, il paese in questione, la fa sentire parte di una comunità, una specie di famiglia allargata in cui tutti si conoscono: probabilmente una fonte di energia e sicurezza psicologica. Ma questa è una mia illazione.
Io invece non ho particolari radici: soprattutto da bambino la mia famiglia si è trasferita più volte sia nei dintorni di Firenze che all’interno della città stessa. Non ho ricordi di luoghi che mi siano particolarmente cari e ai quali posso legare la mia crescita: si tratta di sfondi sempre diversi…
Proprio per questo mi sono più volte chiesto se mi sarebbe piaciuto vivere in un’altra realtà, di paese appunto.
Non so… da una parte l’idea di rimanere costantemente in contatto con persone che conosco da una vita un po’ mi intriga ma, nel complesso, temo che per me sarebbe stato un peso: io che valuto così tanto la mia libertà, per quanto di natura e spirito indipendente, mi sarei comunque sentito legato dall’immagine data di me stesso ai miei concittadini. Del resto, come ho (forse) già chiarito riguardo ciò che scrivo sulla mia persona su questo sito, non mi importa dell’opinione che si forma su di me chi non mi conosce né temo quelle di chi mi conosce bene: mi disturbano invece le opinioni superficiali e i collegamenti errati che chi mi conosce poco potrebbero fare leggendo i miei scritti. E questa conoscenza superficiale e diffusa sarebbe probabilmente la norma vivendo in un paese. Le persone avrebbero la presunzione di avermi “capito”, di avermi ben “inquadrato”, mentre invece non sarebbero andate oltre il “cappotto”, ovvero il mio strato più esterno. Sarei stato etichettato ed evitato.
Mia madre, anche lei originaria di un piccolo paese di provincia, ripeteva spesso quanto fosse felice di essersene andata e, ne sono convinto, di aver così evitato la pressione sociale alla quale era grata di non dover rispondere o rendere conto.
Alla fine suppongo che tutto dipenda da quanto si sia integrati in una comunità: se si è un membro apprezzato e stimato allora la società ti ripaga dandoti appunto apprezzamento e stima che, a loro volta, si traducono in un senso di sicurezza e protezione; vice versa però, se le tue scelte ti portano oltre il comune sentire, allora le stesse forze sociali del paese iniziano a muoversi contro di te, ti ostracizzano, “mormorano” o ridono alle tue spalle, indirettamente ti ostacolano nella tua libertà di esprimerti e comportati, cercano di coartarti.
L’articolo di mia cugina tutto sommato mi convince che questo sia davvero il caso: lei è una persona stimata e rispettata ma io, se vivessi in un paese, non sarei supportato da una rete di benevole conoscenze ma, piuttosto, sarei la mosca finita nella tela di un ragno. Certo non mi mangerebbe subito ma mi lascerebbe lì, chiuso in un bozzolo, allo stesso tempo vicino e lontano da tutto: in mezzo agli altri ma separato dagli altri.
Sono pessimista: credo che alla fine la società, dove ogni uomo valuta se stesso confrontandosi con i propri vicini, sia come un gioco a somma zero. I pro e i contro per la totalità della popolazione si annullano: ma se si è fortunati, ovvero ben integrati nella società, allora se ne riceve un beneficio mentre, in caso contrario, se ne viene danneggiati.
Del resto la società umana “funziona” così: essa è più efficace se la sua popolazione pensa in maniera uniforme e, di conseguenza, ha sviluppato i suoi mezzi, psicologici e non solo, per zittire le voci fuori dal coro, per portare tutti a allo stesso pensiero comune, ovviamente tendenzialmente vieto e conformista, a uniformarsi. E quando la società non ha la forza di cambiare la realtà di una persona con la sua pressione ecco che allora si accontenta dell’apparenza, dell’ipocrisia: magari si arriva a tollerare chi si conosce malvagio o disonesto se però riesce a mantenere una facciata di vuota e falsa moralità. Ma non divaghiamo nella palude dell’ipocrisia che aprirebbe tutto un altro capitolo!
Conclusione: se devo essere incompreso preferisco esserlo da parte di voi miei lettori, che non sapete chi sono, e non da parte di chi incontro e saluto ogni giorno!
Nota (*1): automaticamente ero entrato in modalità “preservare la riservatezza altrui” e non pensavo di citare direttamente il suo articolo ma poi mi sono reso conto che è pubblico e che quindi l’unica informazione che marginalmente lederebbe la sua riservatezza è solo il fatto che sia mia cugina! Ma dato che, leggendo questo ghiribizzo, non è chiaro chi io sia alla fine non aggiungo niente a quanto non sappiate già di lei stessa da ciò che ha scritto di sé. In definitiva mi sento quindi libero di condividere qui il collegamento al suo articolo: Ghost writers: Montelupo / Racconta. “Il mio paese” di Aglaia Viviani. su BibliotecaMontelupo.Wordpress.com
Al di là dei contenuti che coscientemente scelgo impegnativi e difficili da trattare il mio stile è faticoso: la parola non mi viene facile, è uno sforzo continuo e spesso frustrante. Me ne rendo conto indirettamente quando rileggo ciò che ho scritto: ogni volta vi apporterei decine di correzioni senza comunque mai esserne totalmente soddisfatto. Poi, è chiaro, ormai sono dieci anni che porto avanti questo diario virtuale, un po’ sono anche migliorato!
Però diciamo che mediamente mi sento da 6½; in buona giornata arrivo a 7 ed, eccezionalmente, un paio di volte all’anno, scriverò pezzi da 7½…
Ecco, mia cugina per capirci, quando scrive male le vengono pezzi da 7... e non aggiungo altro!
Nell’articolo in questione (*1) l’autrice cerca di rispondere alla seguente domanda: “Perché ho scelto di vivere nel mio paese?”.
Alla fine la risposta che lei si dà è che vivere a Montelupo, il paese in questione, la fa sentire parte di una comunità, una specie di famiglia allargata in cui tutti si conoscono: probabilmente una fonte di energia e sicurezza psicologica. Ma questa è una mia illazione.
Io invece non ho particolari radici: soprattutto da bambino la mia famiglia si è trasferita più volte sia nei dintorni di Firenze che all’interno della città stessa. Non ho ricordi di luoghi che mi siano particolarmente cari e ai quali posso legare la mia crescita: si tratta di sfondi sempre diversi…
Proprio per questo mi sono più volte chiesto se mi sarebbe piaciuto vivere in un’altra realtà, di paese appunto.
Non so… da una parte l’idea di rimanere costantemente in contatto con persone che conosco da una vita un po’ mi intriga ma, nel complesso, temo che per me sarebbe stato un peso: io che valuto così tanto la mia libertà, per quanto di natura e spirito indipendente, mi sarei comunque sentito legato dall’immagine data di me stesso ai miei concittadini. Del resto, come ho (forse) già chiarito riguardo ciò che scrivo sulla mia persona su questo sito, non mi importa dell’opinione che si forma su di me chi non mi conosce né temo quelle di chi mi conosce bene: mi disturbano invece le opinioni superficiali e i collegamenti errati che chi mi conosce poco potrebbero fare leggendo i miei scritti. E questa conoscenza superficiale e diffusa sarebbe probabilmente la norma vivendo in un paese. Le persone avrebbero la presunzione di avermi “capito”, di avermi ben “inquadrato”, mentre invece non sarebbero andate oltre il “cappotto”, ovvero il mio strato più esterno. Sarei stato etichettato ed evitato.
Mia madre, anche lei originaria di un piccolo paese di provincia, ripeteva spesso quanto fosse felice di essersene andata e, ne sono convinto, di aver così evitato la pressione sociale alla quale era grata di non dover rispondere o rendere conto.
Alla fine suppongo che tutto dipenda da quanto si sia integrati in una comunità: se si è un membro apprezzato e stimato allora la società ti ripaga dandoti appunto apprezzamento e stima che, a loro volta, si traducono in un senso di sicurezza e protezione; vice versa però, se le tue scelte ti portano oltre il comune sentire, allora le stesse forze sociali del paese iniziano a muoversi contro di te, ti ostracizzano, “mormorano” o ridono alle tue spalle, indirettamente ti ostacolano nella tua libertà di esprimerti e comportati, cercano di coartarti.
L’articolo di mia cugina tutto sommato mi convince che questo sia davvero il caso: lei è una persona stimata e rispettata ma io, se vivessi in un paese, non sarei supportato da una rete di benevole conoscenze ma, piuttosto, sarei la mosca finita nella tela di un ragno. Certo non mi mangerebbe subito ma mi lascerebbe lì, chiuso in un bozzolo, allo stesso tempo vicino e lontano da tutto: in mezzo agli altri ma separato dagli altri.
Sono pessimista: credo che alla fine la società, dove ogni uomo valuta se stesso confrontandosi con i propri vicini, sia come un gioco a somma zero. I pro e i contro per la totalità della popolazione si annullano: ma se si è fortunati, ovvero ben integrati nella società, allora se ne riceve un beneficio mentre, in caso contrario, se ne viene danneggiati.
Del resto la società umana “funziona” così: essa è più efficace se la sua popolazione pensa in maniera uniforme e, di conseguenza, ha sviluppato i suoi mezzi, psicologici e non solo, per zittire le voci fuori dal coro, per portare tutti a allo stesso pensiero comune, ovviamente tendenzialmente vieto e conformista, a uniformarsi. E quando la società non ha la forza di cambiare la realtà di una persona con la sua pressione ecco che allora si accontenta dell’apparenza, dell’ipocrisia: magari si arriva a tollerare chi si conosce malvagio o disonesto se però riesce a mantenere una facciata di vuota e falsa moralità. Ma non divaghiamo nella palude dell’ipocrisia che aprirebbe tutto un altro capitolo!
Conclusione: se devo essere incompreso preferisco esserlo da parte di voi miei lettori, che non sapete chi sono, e non da parte di chi incontro e saluto ogni giorno!
Nota (*1): automaticamente ero entrato in modalità “preservare la riservatezza altrui” e non pensavo di citare direttamente il suo articolo ma poi mi sono reso conto che è pubblico e che quindi l’unica informazione che marginalmente lederebbe la sua riservatezza è solo il fatto che sia mia cugina! Ma dato che, leggendo questo ghiribizzo, non è chiaro chi io sia alla fine non aggiungo niente a quanto non sappiate già di lei stessa da ciò che ha scritto di sé. In definitiva mi sento quindi libero di condividere qui il collegamento al suo articolo: Ghost writers: Montelupo / Racconta. “Il mio paese” di Aglaia Viviani. su BibliotecaMontelupo.Wordpress.com
domenica 17 maggio 2020
Speciale Coronavirus 17
Tre brevi:
- Come ho scritto (v. Speciale Coronavirus 16 e precedenti) ho più di qualche dubbio sull’efficacia della Fase 2: comunque se e quanto funzioni lo potremo iniziare a vedere da questa settimana. Gli unici dati certi che abbiamo sono quelli dei ricoveri e delle morti che però sono in ritardo di 2-4 settimane sul giorno dell’infezione: dovremo quindi iniziare a vedere da questa settimana se c’è un aumento nel numero dei ricoveri e dalla prossima (o addirittura da quella successiva) per le morti.
- Articolo: Conte: 'Ripartire con un rischio calcolato da accettare' da Ansa.it
No! Non si è trattato di un rischio calcolato! L’ho spiegato in Speciale Coronavirus 14 nell’aggiornamento del 22/4: prendere decisioni senza basarsi su dati non è un rischio calcolato ma solo una scommessa. Senza sapere quanti siano i contagiati e quanti siano i guariti (ovvero una ricerca epidemiologica a livello nazionali sugli anticorpi e non sugli antigeni) non si può prendere decisioni affidabili o motivate. Poi una scommessa può essere vinta, come speriamo tutti, o persa...
- Un’altra mia abitudine per tenere allenata la memoria è quella di memorizzare i prezzi dei prodotti che compro al supermercato e poi verificare con lo scontrino che corrispondano: a seconda del periodo e dei supermercati trovo spesso degli errori. Comunque un effetto collaterale è che mi accorgo anche delle variazioni dei prezzi. È da parecchio che mi dimenticavo di scriverlo ma ho notato aumenti su molti prodotti.
Da circa una settimana, ma soprattutto da questo giovedì, mi sento un po’ strano: con la testa leggera. Ieri e stamani mi sono controllato la febbre: 36.8° e 36.4°. Quindi niente febbre ma di sicuro non mi sento normale. No tosse o altri sintomi.
Non so cosa fare: ovviamente la mia paura è che sia covid-19 non tanto per me ma per il rischio di infettare i miei parenti…
Mi sono anche rimesso in pari con gli ultimi video di MedCram: erano piuttosto brevi ma ho trovato un’informazione particolarmente interessante. Ricordate l’idrossiclorochina? Ne scrissi mesi fa, immagino già a febbraio, e da allora si sono alternate ricerche con risultati contrastanti riguardo la sua efficacia: ebbene una ricerca, ancora non verificata dai pari, ha dato risultati altamente significativi: in particolare sembra che l'idrossiclorochina (+ zinco) NON serva a niente con i pazienti gravi, quelli in terapia intensiva per intenderci, mentre è invece molto efficace per i malati ricoverati in ospedale ma ancora non gravi! Ah, e anche lo zinco (sotto forma di solfato di zinco) sembrerebbe essere fondamentale...
Questo potrebbe spiegare i risultati ambigui finora ottenuti…
Conclusione: lo so è un pezzo un po’ breve! In origine infatti volevo farci un corto ma poi vi ho aggiunto altri dettagli...
- Come ho scritto (v. Speciale Coronavirus 16 e precedenti) ho più di qualche dubbio sull’efficacia della Fase 2: comunque se e quanto funzioni lo potremo iniziare a vedere da questa settimana. Gli unici dati certi che abbiamo sono quelli dei ricoveri e delle morti che però sono in ritardo di 2-4 settimane sul giorno dell’infezione: dovremo quindi iniziare a vedere da questa settimana se c’è un aumento nel numero dei ricoveri e dalla prossima (o addirittura da quella successiva) per le morti.
- Articolo: Conte: 'Ripartire con un rischio calcolato da accettare' da Ansa.it
No! Non si è trattato di un rischio calcolato! L’ho spiegato in Speciale Coronavirus 14 nell’aggiornamento del 22/4: prendere decisioni senza basarsi su dati non è un rischio calcolato ma solo una scommessa. Senza sapere quanti siano i contagiati e quanti siano i guariti (ovvero una ricerca epidemiologica a livello nazionali sugli anticorpi e non sugli antigeni) non si può prendere decisioni affidabili o motivate. Poi una scommessa può essere vinta, come speriamo tutti, o persa...
- Un’altra mia abitudine per tenere allenata la memoria è quella di memorizzare i prezzi dei prodotti che compro al supermercato e poi verificare con lo scontrino che corrispondano: a seconda del periodo e dei supermercati trovo spesso degli errori. Comunque un effetto collaterale è che mi accorgo anche delle variazioni dei prezzi. È da parecchio che mi dimenticavo di scriverlo ma ho notato aumenti su molti prodotti.
Da circa una settimana, ma soprattutto da questo giovedì, mi sento un po’ strano: con la testa leggera. Ieri e stamani mi sono controllato la febbre: 36.8° e 36.4°. Quindi niente febbre ma di sicuro non mi sento normale. No tosse o altri sintomi.
Non so cosa fare: ovviamente la mia paura è che sia covid-19 non tanto per me ma per il rischio di infettare i miei parenti…
Mi sono anche rimesso in pari con gli ultimi video di MedCram: erano piuttosto brevi ma ho trovato un’informazione particolarmente interessante. Ricordate l’idrossiclorochina? Ne scrissi mesi fa, immagino già a febbraio, e da allora si sono alternate ricerche con risultati contrastanti riguardo la sua efficacia: ebbene una ricerca, ancora non verificata dai pari, ha dato risultati altamente significativi: in particolare sembra che l'idrossiclorochina (+ zinco) NON serva a niente con i pazienti gravi, quelli in terapia intensiva per intenderci, mentre è invece molto efficace per i malati ricoverati in ospedale ma ancora non gravi! Ah, e anche lo zinco (sotto forma di solfato di zinco) sembrerebbe essere fondamentale...
Questo potrebbe spiegare i risultati ambigui finora ottenuti…
Conclusione: lo so è un pezzo un po’ breve! In origine infatti volevo farci un corto ma poi vi ho aggiunto altri dettagli...
sabato 16 maggio 2020
Tre veloci
Oggi voglio dedicare il resto della giornata, almeno fino a dopo cena, alla lettura e quindi non voglio neppure scrivere molto al calcolatore.
Ieri ho finito di vedere una strana miniserie su Netflix: “Into the night” mi pare si chiami. Mi ha lasciato con un piccolo mistero che mi sono divertito a cercare di risolvere. Finito l’articolo andrò a scoprire la soluzione in Rete…
Il genere è catastrofico (e siccome mi piace molto sono di bocca buona), tratto da un romanzo, e mette insieme il solito gruppo di personaggi improbabili che devono collaborare per sopravvivere.
Fin da subito ho notato il totale disprezzo degli sceneggiatori per la geografia e, soprattutto, per le distanze. L’aereo deve volare al buio perché la luce del sole uccide e quindi è costretto a volare costantemente verso ovest per evitare di essere raggiunto dall’alba.
Il problema fondamentale è che alla sesta puntata hanno finito tutti i soldi: l’areo, faticosamente arrivato da Bruxelles fino al Canada nelle precedenti cinque puntate, ha sorvolato USA/Canada, oceano Pacifico e Russia (oppure hanno tagliato passando dall'Artico?) ed è tornato a Bruxelles: qui, sempre in corsa contro il tempo, scoprono l’esistenza di un rifugio segreto in Bulgaria o comunque in un paese a molte centinaia di chilometri verso Est. Dovrebbero fare un altro giro intorno alla Terra ma volendo chiudere la miniserie ci volano direttamente! Vabbè, qui mi sono cadute le braccia…
Mi sono chiesto quindi di dove fosse la produzione: quelle americane sanno valutare bene i soldi necessari quindi è europea.
Inoltre la lingua originale non era l’inglese: me ne accorgo perché voce e sottotitoli non corrispondono, sono due traduzioni diverse.
Non è tedesca perché non ci sono personaggi tedeschi. Idem non dovrebbe essere francese a meno che non considerino il Belgio roba loro…
I personaggi sono: un italiano, qualche belga, un turco, un polacco, qualche russo, un’inglese e un marocchino. Tutte nazionalità compatibili con l’immigrazione in Belgio. La presenza dei russi mi lascia perplesso però. Magari il romanzo originale è russo (anche se potrebbe essere un artificio per permettere alla trama di interagire con i russi: ma in tal caso ne sarebbe bastato uno invece ce ne sono ben tre: due donne e un bambino) o magari belga (esistono degli scrittori in Belgio?!) e la produzione è belga/inglese. Anche la protagonista femminile inglese è bruttina: scelta in linea con lo stile “realistico” britannico… bo...
Ora vado a controllare su Wikipedia!
Stanotte un incubo diverso dal solito: ero inseguito da un Alien gigante ma c’era tutta una sottotrama più complessa di sfondo che adesso non ricordo ma intuisco a spezzoni e basta…
Un mio amico ridacchierà sotto i baffi!
Infine un’intuizione avuta stamani mentre mi facevo la tazza di tè al microonde: la democrazia americana fu innovativa perché la sua costituzione fu scritta da esponenti dei poteri medi. O comunque si trattava di parapoteri ancora non molto differenziati dalla democratastenia.
In Europa quando è giunta la democrazia è sempre stata mediata, adattata per le varie esigenze nazionali, da parapoteri ormai ben strutturati e affermati, lontani dalle esigenze della popolazione.
Ecco perché gli USA sono la nazione dove, nonostante l’attuale crisi democratica comune a tutto l’occidente, la democratastenia è più libera e quindi (le due cose sono strettamente collegate) ha più potere.
Conclusione: vabbè, ora faccio gli esercizi per la memoria e poi spengo il calcolatore!
Ieri ho finito di vedere una strana miniserie su Netflix: “Into the night” mi pare si chiami. Mi ha lasciato con un piccolo mistero che mi sono divertito a cercare di risolvere. Finito l’articolo andrò a scoprire la soluzione in Rete…
Il genere è catastrofico (e siccome mi piace molto sono di bocca buona), tratto da un romanzo, e mette insieme il solito gruppo di personaggi improbabili che devono collaborare per sopravvivere.
Fin da subito ho notato il totale disprezzo degli sceneggiatori per la geografia e, soprattutto, per le distanze. L’aereo deve volare al buio perché la luce del sole uccide e quindi è costretto a volare costantemente verso ovest per evitare di essere raggiunto dall’alba.
Il problema fondamentale è che alla sesta puntata hanno finito tutti i soldi: l’areo, faticosamente arrivato da Bruxelles fino al Canada nelle precedenti cinque puntate, ha sorvolato USA/Canada, oceano Pacifico e Russia (oppure hanno tagliato passando dall'Artico?) ed è tornato a Bruxelles: qui, sempre in corsa contro il tempo, scoprono l’esistenza di un rifugio segreto in Bulgaria o comunque in un paese a molte centinaia di chilometri verso Est. Dovrebbero fare un altro giro intorno alla Terra ma volendo chiudere la miniserie ci volano direttamente! Vabbè, qui mi sono cadute le braccia…
Mi sono chiesto quindi di dove fosse la produzione: quelle americane sanno valutare bene i soldi necessari quindi è europea.
Inoltre la lingua originale non era l’inglese: me ne accorgo perché voce e sottotitoli non corrispondono, sono due traduzioni diverse.
Non è tedesca perché non ci sono personaggi tedeschi. Idem non dovrebbe essere francese a meno che non considerino il Belgio roba loro…
I personaggi sono: un italiano, qualche belga, un turco, un polacco, qualche russo, un’inglese e un marocchino. Tutte nazionalità compatibili con l’immigrazione in Belgio. La presenza dei russi mi lascia perplesso però. Magari il romanzo originale è russo (anche se potrebbe essere un artificio per permettere alla trama di interagire con i russi: ma in tal caso ne sarebbe bastato uno invece ce ne sono ben tre: due donne e un bambino) o magari belga (esistono degli scrittori in Belgio?!) e la produzione è belga/inglese. Anche la protagonista femminile inglese è bruttina: scelta in linea con lo stile “realistico” britannico… bo...
Ora vado a controllare su Wikipedia!
Stanotte un incubo diverso dal solito: ero inseguito da un Alien gigante ma c’era tutta una sottotrama più complessa di sfondo che adesso non ricordo ma intuisco a spezzoni e basta…
Un mio amico ridacchierà sotto i baffi!
Infine un’intuizione avuta stamani mentre mi facevo la tazza di tè al microonde: la democrazia americana fu innovativa perché la sua costituzione fu scritta da esponenti dei poteri medi. O comunque si trattava di parapoteri ancora non molto differenziati dalla democratastenia.
In Europa quando è giunta la democrazia è sempre stata mediata, adattata per le varie esigenze nazionali, da parapoteri ormai ben strutturati e affermati, lontani dalle esigenze della popolazione.
Ecco perché gli USA sono la nazione dove, nonostante l’attuale crisi democratica comune a tutto l’occidente, la democratastenia è più libera e quindi (le due cose sono strettamente collegate) ha più potere.
Conclusione: vabbè, ora faccio gli esercizi per la memoria e poi spengo il calcolatore!
giovedì 14 maggio 2020
Speciale Coronavirus 16
In questi giorni ho continuato a tenermi aggiornato seguendo i video del canale MedCram ma ho perso di vista la situazione italiana. Del resto in questi mesi non ho trovato una fonte di informazione soddisfacente: le veline di Stato non mi interessano, la retorica non mi interessa e i dati veri e propri sono ben nascosti, confusi e frammentari.
Come ho scritto nel precedente Pessimismo NON mi pare che ci si stia muovendo bene in questa nuova fase: essenzialmente manca la responsabilizzazione del cittadino (sano o malato per DPCM) e gli strumenti (facilità di fare il tampone anche con pochi sintomi) per aiutarlo nelle sue scelte. Prima eravamo tutti malati per DPCM ora siamo tutti sani sempre per decreto: ovviamente la situazione non era così né un mese fa né adesso.
Come spiegato l’unica speranza che la malattia non riprenda a diffondersi sono le mascherine dato che il distanziamento sociale e il bel tempo non dovrebbero influire più di tanto.
Ma per prendere buone decisioni, o almeno per provarci, bisognerebbe conoscere almeno quanto il covid-19 sia stato ed è diffuso nella popolazione: ovvero una ricerca epidemiologica con l’analisi degli anticorpi (per sapere anche chi ha avuto la malattia ed è guarito). Mi era parso di aver capito che una ricerca di tal genere fosse iniziata il 4 maggio ma non ne ho saputo più nulla: ho controllato rapidamente in rete ma non ho trovato notizie anche se, non avendo seguito la cronaca italiana, potrebbe essermi sfuggita…
Ma veniamo agli aggiornamenti di MedCram: cercherò di essere più sintetico del solito dato che l’interesse per informazioni “vecchie” non sarà altissimo.
5 Maggio
- Come spiegato nel precedente aggiornamento l’autore si è convinto che il covid-19 sia una malattia dell’endotelio (l’insieme dei vasi sanguigni) più che dell’apparato respiratorio: il virus sfrutta i polmoni per trasmettersi da persona a persona ma non è lì che fa i maggiori danni. Le difficoltà respiratorie sarebbero anche esse legate a coaguli nel sangue che impediscono il buon funzionamento degli alveoli e quindi il ricambio dell’ossigeno.
- Personalmente mi sembra che la posizione del dr. Seheult sia un po’ estrema: mi pare più ragionevole la ricerca italiana, da lui stesso citata, in cui si afferma che la malattia possa assumere più forme. Ma è possibile, anzi probabile, che io lo abbia frainteso su questo aspetto…
- Comunque la puntata era incentrata su uno schema riassuntivo molto utile ma che, essendo pieno di frecce, non posso qui replicare (comunque ne darò una versione semplificata nel prossimo aggiornamento) e che mette in relazione il covid-19 con ACE2, AT-II, AT 1-7, radicali O2. Il cui succo è che il covid-19 provoca un aumento dei radicali nel sangue che a loro volta provocano numerosi altri problemi (fino ad arrivare ai trombi).
6-Maggio
- Più volte avevo scritto che il dottore lavora a New York: beh, avevo capito male! Lui lavora in California!
- Alcuni farmaci potrebbero, IN TEORIA, contrastare gli effetti del covid-19 ma ci vorranno ancora ricerche in tal senso: non entro nei dettagli troppo tecnici…
- Ricerca del 15/4/2020: infezioni acute di covid-19 portano a ECD (infiammazione dell’endotelio).
- Interessante spiegazione di cosa sia il WFS (von Willebrand Factor Secretion) ovvero una secrezione prodotta da apposite cellule contenute nell’endotelio che contrastano le emorragie emettendo una sostanza filamentosa che lega insieme i globuli rossi. Questa sostanza può essere emessa anche quando non ci sono emorragie ma l’endotelio è infiammato.
- Catena di causalità: covid-10 → ↓ ACE2 → ↑ AT-II e ↓ AT 1-7 → radicali O2 → ECD → ↑ WFS → trombosi. Ovviamente è solo un’ipotesi sebbene essa appaia sempre più probabile.
- Da un’indagine cinese alcuni tipi di sangue sembrano essere più vulnerabili: in particolare il sangue di tipo A mentre, al contrario, il tipo O è più resistente.
- Cita ricerca italiana (2007) secondo la quale al sangue di tipo O è associato un livello più basso di vWF (von Willebrand Factor).
- Ricerca cinese del 27/4/2020: trattamento con anticoagulanti sembrano diminuire il rischio di morte nei pazienti con covid-19.
8 Maggio
- Maggiore vulnerabilità minoranze può avere molte ragioni (soprattutto economiche) ma ci sono anche ricerche mediche che suggeriscono una maggiore vulnerabilità dell’endotelio dei neri.
11 Maggio
- Il video è particolarmente tecnico ed è incentrato sul possibile uso dei farmaci NAC (antiossidanti) nel contrasto al covid-19. Dopo un’introduzione generica vengono citate varie ricerche degli ultimi vent’anni (e oltre), di cui un paio italiane, che attraverso numerosi passaggi portano a quella del 14/4/2020 in cui si afferma che i farmaci NAC sono efficaci contro il covid-19.
Una considerazione generale: ho avuto la sensazione che solo quando la malattia ha colpito direttamente gli USA la ricerca sul virus sia realmente iniziata. Ovviamente è una sensazione in parte dovuta all’impegno della massima potenza economica e scientifica su questo fronte ma c’è anche qualcosa di più…
Quando la malattia era solo in Cina si sono avute solo ricerche estremamente specifiche su cui, mi è parso, la comunità scientifica internazionale non ha fatto molto affidamento; con la malattia in Europa la situazione è forse migliorata: più ricerche e forse più affidabili ma sempre molto limitate e specifiche. È solo con la malattia negli USA che sembra si inizi a mettere insieme i pezzi del rompicapo.
Ripeto che è solo una mia SENSAZIONE ma mi pare che solo negli USA ci sia sufficiente apertura mentale per pensare e dare credito alle voci fuori dal coro, a chi inquadra il problema da una prospettiva completamente diversa. Si dà fiducia al singolo mentre l’autorità scientifica è meno monolitica: ed ecco che le nuove teorie possono prosperare più liberamente con beneficio per tutti.
Soprattutto colpisce il confronto con l'aridità cinese dove, sembra, anche in campo scientifico il singolo scienziato esiti a proporre un'idea completamente nuova.
Non credo che in Italia potrebbe esistere un equivalente del dr Seheult: nel clima attuale di caccia alle streghe qualsiasi voce fuori dal coro è tacciata come bufala e l’unica realtà accettata, anche in campo medico, è quella toccata dalla bacchetta magica della politica che, come abbiamo visto, può trasformare da sani a malati e viceversa. Beh, con in più qualche sussiegoso santone della scienza ammirato e ascoltato dai media, almeno fino a quando la sua omelia giornaliera non va contro gli interessi delle case farmaceutiche.
A riguardo delle case farmaceutiche, l’argomento è stato appena sfiorata dal dr Seheult, ma esiste il rischio, almeno potenziale, che si facciano meno ricerche su cure a basso costo, magari con farmaci già esistenti, nel tentativo di trovare invece una terapia nuova e costosa ma molto più vantaggiosa da un punto di vista economico.
Conclusione: come al solito ulteriori aggiornamenti potrei pubblicarli qui di seguito nei prossimi giorni, altrimenti finiranno in un altro Speciale Coronavirus...
Come ho scritto nel precedente Pessimismo NON mi pare che ci si stia muovendo bene in questa nuova fase: essenzialmente manca la responsabilizzazione del cittadino (sano o malato per DPCM) e gli strumenti (facilità di fare il tampone anche con pochi sintomi) per aiutarlo nelle sue scelte. Prima eravamo tutti malati per DPCM ora siamo tutti sani sempre per decreto: ovviamente la situazione non era così né un mese fa né adesso.
Come spiegato l’unica speranza che la malattia non riprenda a diffondersi sono le mascherine dato che il distanziamento sociale e il bel tempo non dovrebbero influire più di tanto.
Ma per prendere buone decisioni, o almeno per provarci, bisognerebbe conoscere almeno quanto il covid-19 sia stato ed è diffuso nella popolazione: ovvero una ricerca epidemiologica con l’analisi degli anticorpi (per sapere anche chi ha avuto la malattia ed è guarito). Mi era parso di aver capito che una ricerca di tal genere fosse iniziata il 4 maggio ma non ne ho saputo più nulla: ho controllato rapidamente in rete ma non ho trovato notizie anche se, non avendo seguito la cronaca italiana, potrebbe essermi sfuggita…
Ma veniamo agli aggiornamenti di MedCram: cercherò di essere più sintetico del solito dato che l’interesse per informazioni “vecchie” non sarà altissimo.
5 Maggio
- Come spiegato nel precedente aggiornamento l’autore si è convinto che il covid-19 sia una malattia dell’endotelio (l’insieme dei vasi sanguigni) più che dell’apparato respiratorio: il virus sfrutta i polmoni per trasmettersi da persona a persona ma non è lì che fa i maggiori danni. Le difficoltà respiratorie sarebbero anche esse legate a coaguli nel sangue che impediscono il buon funzionamento degli alveoli e quindi il ricambio dell’ossigeno.
- Personalmente mi sembra che la posizione del dr. Seheult sia un po’ estrema: mi pare più ragionevole la ricerca italiana, da lui stesso citata, in cui si afferma che la malattia possa assumere più forme. Ma è possibile, anzi probabile, che io lo abbia frainteso su questo aspetto…
- Comunque la puntata era incentrata su uno schema riassuntivo molto utile ma che, essendo pieno di frecce, non posso qui replicare (comunque ne darò una versione semplificata nel prossimo aggiornamento) e che mette in relazione il covid-19 con ACE2, AT-II, AT 1-7, radicali O2. Il cui succo è che il covid-19 provoca un aumento dei radicali nel sangue che a loro volta provocano numerosi altri problemi (fino ad arrivare ai trombi).
6-Maggio
- Più volte avevo scritto che il dottore lavora a New York: beh, avevo capito male! Lui lavora in California!
- Alcuni farmaci potrebbero, IN TEORIA, contrastare gli effetti del covid-19 ma ci vorranno ancora ricerche in tal senso: non entro nei dettagli troppo tecnici…
- Ricerca del 15/4/2020: infezioni acute di covid-19 portano a ECD (infiammazione dell’endotelio).
- Interessante spiegazione di cosa sia il WFS (von Willebrand Factor Secretion) ovvero una secrezione prodotta da apposite cellule contenute nell’endotelio che contrastano le emorragie emettendo una sostanza filamentosa che lega insieme i globuli rossi. Questa sostanza può essere emessa anche quando non ci sono emorragie ma l’endotelio è infiammato.
- Catena di causalità: covid-10 → ↓ ACE2 → ↑ AT-II e ↓ AT 1-7 → radicali O2 → ECD → ↑ WFS → trombosi. Ovviamente è solo un’ipotesi sebbene essa appaia sempre più probabile.
- Da un’indagine cinese alcuni tipi di sangue sembrano essere più vulnerabili: in particolare il sangue di tipo A mentre, al contrario, il tipo O è più resistente.
- Cita ricerca italiana (2007) secondo la quale al sangue di tipo O è associato un livello più basso di vWF (von Willebrand Factor).
- Ricerca cinese del 27/4/2020: trattamento con anticoagulanti sembrano diminuire il rischio di morte nei pazienti con covid-19.
8 Maggio
- Maggiore vulnerabilità minoranze può avere molte ragioni (soprattutto economiche) ma ci sono anche ricerche mediche che suggeriscono una maggiore vulnerabilità dell’endotelio dei neri.
11 Maggio
- Il video è particolarmente tecnico ed è incentrato sul possibile uso dei farmaci NAC (antiossidanti) nel contrasto al covid-19. Dopo un’introduzione generica vengono citate varie ricerche degli ultimi vent’anni (e oltre), di cui un paio italiane, che attraverso numerosi passaggi portano a quella del 14/4/2020 in cui si afferma che i farmaci NAC sono efficaci contro il covid-19.
Una considerazione generale: ho avuto la sensazione che solo quando la malattia ha colpito direttamente gli USA la ricerca sul virus sia realmente iniziata. Ovviamente è una sensazione in parte dovuta all’impegno della massima potenza economica e scientifica su questo fronte ma c’è anche qualcosa di più…
Quando la malattia era solo in Cina si sono avute solo ricerche estremamente specifiche su cui, mi è parso, la comunità scientifica internazionale non ha fatto molto affidamento; con la malattia in Europa la situazione è forse migliorata: più ricerche e forse più affidabili ma sempre molto limitate e specifiche. È solo con la malattia negli USA che sembra si inizi a mettere insieme i pezzi del rompicapo.
Ripeto che è solo una mia SENSAZIONE ma mi pare che solo negli USA ci sia sufficiente apertura mentale per pensare e dare credito alle voci fuori dal coro, a chi inquadra il problema da una prospettiva completamente diversa. Si dà fiducia al singolo mentre l’autorità scientifica è meno monolitica: ed ecco che le nuove teorie possono prosperare più liberamente con beneficio per tutti.
Soprattutto colpisce il confronto con l'aridità cinese dove, sembra, anche in campo scientifico il singolo scienziato esiti a proporre un'idea completamente nuova.
Non credo che in Italia potrebbe esistere un equivalente del dr Seheult: nel clima attuale di caccia alle streghe qualsiasi voce fuori dal coro è tacciata come bufala e l’unica realtà accettata, anche in campo medico, è quella toccata dalla bacchetta magica della politica che, come abbiamo visto, può trasformare da sani a malati e viceversa. Beh, con in più qualche sussiegoso santone della scienza ammirato e ascoltato dai media, almeno fino a quando la sua omelia giornaliera non va contro gli interessi delle case farmaceutiche.
A riguardo delle case farmaceutiche, l’argomento è stato appena sfiorata dal dr Seheult, ma esiste il rischio, almeno potenziale, che si facciano meno ricerche su cure a basso costo, magari con farmaci già esistenti, nel tentativo di trovare invece una terapia nuova e costosa ma molto più vantaggiosa da un punto di vista economico.
Conclusione: come al solito ulteriori aggiornamenti potrei pubblicarli qui di seguito nei prossimi giorni, altrimenti finiranno in un altro Speciale Coronavirus...
martedì 12 maggio 2020
E tre!
Oleg mi ha ricontattato e stavolta è stato lui a confondermi le idee!
Mi ha detto di aver ripensato al problema che gli avevo dato e poi mi ha portato fuori strada. Il suo ragionamento è stato il seguente: sia M una funzione che ci dà il numero di possibili risultati per ogni insieme di eventi di cui vogliamo poi valutare la fortuna. Ovviamente M dipende da N, ovvero dal numero di singoli eventi. Nel nostro caso dove i risultati di un singolo evento possono essere solo 2 (colpito o mancato) avremo M(1)=2, M(2)=4, M(3)=8 etc…
Poi mi ha chiesto, per M(1), quali valori mi aspettassi potesse assumere la fortuna: ingenuamente gli ho risposto 100% colpito, cioè fortuna massima e 0% mancato, fortuna minima (o sfortuna massima). “Benissimo” mi ha risposto: “e per M(100500) cosa avresti per tutti centri?”.
Qui ho capito dove voleva andare a parare ma gli ho comunque risposto: “di nuovo 100%”. Ma è ovvio che così la fortuna espressa dal 100% di M(1) non è confrontabile col 100% di M(100500).
Sul momento mi ha convinto e così sono ritornato a propugnare l’approccio del calcolo della probabilità della distanza dalla media: non ho ripensato al fatto, come spiegato in Aggiornamento matematico, che c’è una sorta di equivalenza fra calcolo della distanza dalla media e probabilità dei singoli eventi.
Anzi mi è tornata in mente un’idea che avevo avuto prima di decidermi a contattare Oleg che mi era venuta in mente vedendo i video sul covid-19 dove la bontà delle ricerche è misurata col “p-value”: se il p-value è minore di un certo valore allora la probabilità che la ricerca sia significativa è maggiore del 95% o del 99% e così via. Mi sembrava logico che si potesse usare un meccanismo analogo per calcolare la fortuna. All’epoca però avevo provato brevemente a vedere la teoria che vi era dietro ma mi ero subito impaurito preferendo lasciar perdere…
Prima però avevo fatto un passo indietro: tornando a propugnare il calcolo della distanza della probabilità di un risultato dalla media. Nel mio “broken English” (più che a scrivere bene cercavo di essere rapido):
«but I initially wanted to measure the probability of difference from the mean
...
but what it is is for M(1)
and for M(100500)?
...
I think that for M(1) should be something around 50% and for M(100550) should be 0,000-many zeros-0001% then luckness could be 1-this percentage
luckness would not be linear but I don't care..».
Ma qui Oleg mi ha detto che c’era un’altra strada e io ho lascito perdere dimenticandomi di questo preciso esempio.
E invece avevo ragione! Era stato fuorviante pensare alla fortuna astrattamente come un valore da 0 a 100 (o da 0 a 1) e dire che “volevo” per il singolo centro di M(1) un valore di fortuna massima di 100. Ciò non ha senso per fare un singolo centro con, ad esempio, una probabilità del 60% non occorre la “massima” fortuna, anzi: si è leggermente sfortunati se si manca il bersaglio!
Invece la probabilità di tutti centri per M(100500), supponendo una probabilità uguale per tutti gli eventi del 50%, sarebbe prossima allo zero (cioè (1/2)^100500).
Con la mia formula la fortuna nel primo caso sarebbe 1-0.6=.4 mentre nel secondo 1-0,000-molti zero-0001% = 0,999-molti nove-9999. Nel primo caso neppure si dovrebbe parlare di fortuna mentre nel secondo sarebbe altissima, quasi 1 (valore che sarebbe sempre irraggiungibile).
Insomma tutto comparabile e nessun problema.
Invece Oleg ha cercato di convincermi con numerosi esempi che non si può parlare di misura della fortuna perché essa è incalcolabile e indistinguibile. Poi Oleg mi ha di nuovo parlandomi dei problemi di “affidabilità” matematica delle valutazioni con le “stelline” che spesso si vedono in rete. Lui vi vedeva un collegamento col calcolo della fortuna ma a me sembravano più attinenti alla valutazione della casualità…
Non sto a entrare nei dettagli ma alla fine gli ho detto che “casualità” e “fortuna” sono concetti diversi: mentre sul primo sono d’accordo che non ci sia un modo per individuarla e riconoscerla sulla seconda dipende solo dalla definizione, cosa che mi sembrava fattibile.
Anche a lui era venuto in mente il p-value e mi ha presentato un video molto bellino che spiega bene un apparente paradosso statistico/matematico: ma ne scriverò a parte (credo!) per non appesantire troppo questo pezzo.
Alla fine ci siamo salutati e io mi sono ripromesso di investigare nuovamente sul p-value…
Conclusione: dopo qualche tempo però (questo scambio di idee è stato sabato) mi sono reso conto che l’idea originale (1 – probabilità insieme di risultati) continuava ad andare bene e che quindi aveva poco senso complicarsi la vita. Però nel frattempo ho capito che il p-value è strettamente legato alla varianza che, in generale, è molto più facile da calcolare che la funzione di distribuzione di un evento. Nelle ricerche mediche infatti non si preoccupano della funzione di distribuzione (che probabilmente non sarebbe neppure calcolabile mancando troppi elementi) ma adoperano tranquillamente il p-value: insomma potrebbe valere la pena verificare come funziona perché potrebbe essere un metodo molto più semplice e generale per misurare la fortuna...
Mi ha detto di aver ripensato al problema che gli avevo dato e poi mi ha portato fuori strada. Il suo ragionamento è stato il seguente: sia M una funzione che ci dà il numero di possibili risultati per ogni insieme di eventi di cui vogliamo poi valutare la fortuna. Ovviamente M dipende da N, ovvero dal numero di singoli eventi. Nel nostro caso dove i risultati di un singolo evento possono essere solo 2 (colpito o mancato) avremo M(1)=2, M(2)=4, M(3)=8 etc…
Poi mi ha chiesto, per M(1), quali valori mi aspettassi potesse assumere la fortuna: ingenuamente gli ho risposto 100% colpito, cioè fortuna massima e 0% mancato, fortuna minima (o sfortuna massima). “Benissimo” mi ha risposto: “e per M(100500) cosa avresti per tutti centri?”.
Qui ho capito dove voleva andare a parare ma gli ho comunque risposto: “di nuovo 100%”. Ma è ovvio che così la fortuna espressa dal 100% di M(1) non è confrontabile col 100% di M(100500).
Sul momento mi ha convinto e così sono ritornato a propugnare l’approccio del calcolo della probabilità della distanza dalla media: non ho ripensato al fatto, come spiegato in Aggiornamento matematico, che c’è una sorta di equivalenza fra calcolo della distanza dalla media e probabilità dei singoli eventi.
Anzi mi è tornata in mente un’idea che avevo avuto prima di decidermi a contattare Oleg che mi era venuta in mente vedendo i video sul covid-19 dove la bontà delle ricerche è misurata col “p-value”: se il p-value è minore di un certo valore allora la probabilità che la ricerca sia significativa è maggiore del 95% o del 99% e così via. Mi sembrava logico che si potesse usare un meccanismo analogo per calcolare la fortuna. All’epoca però avevo provato brevemente a vedere la teoria che vi era dietro ma mi ero subito impaurito preferendo lasciar perdere…
Prima però avevo fatto un passo indietro: tornando a propugnare il calcolo della distanza della probabilità di un risultato dalla media. Nel mio “broken English” (più che a scrivere bene cercavo di essere rapido):
«but I initially wanted to measure the probability of difference from the mean
...
but what it is is for M(1)
and for M(100500)?
...
I think that for M(1) should be something around 50% and for M(100550) should be 0,000-many zeros-0001% then luckness could be 1-this percentage
luckness would not be linear but I don't care..».
Ma qui Oleg mi ha detto che c’era un’altra strada e io ho lascito perdere dimenticandomi di questo preciso esempio.
E invece avevo ragione! Era stato fuorviante pensare alla fortuna astrattamente come un valore da 0 a 100 (o da 0 a 1) e dire che “volevo” per il singolo centro di M(1) un valore di fortuna massima di 100. Ciò non ha senso per fare un singolo centro con, ad esempio, una probabilità del 60% non occorre la “massima” fortuna, anzi: si è leggermente sfortunati se si manca il bersaglio!
Invece la probabilità di tutti centri per M(100500), supponendo una probabilità uguale per tutti gli eventi del 50%, sarebbe prossima allo zero (cioè (1/2)^100500).
Con la mia formula la fortuna nel primo caso sarebbe 1-0.6=.4 mentre nel secondo 1-0,000-molti zero-0001% = 0,999-molti nove-9999. Nel primo caso neppure si dovrebbe parlare di fortuna mentre nel secondo sarebbe altissima, quasi 1 (valore che sarebbe sempre irraggiungibile).
Insomma tutto comparabile e nessun problema.
Invece Oleg ha cercato di convincermi con numerosi esempi che non si può parlare di misura della fortuna perché essa è incalcolabile e indistinguibile. Poi Oleg mi ha di nuovo parlandomi dei problemi di “affidabilità” matematica delle valutazioni con le “stelline” che spesso si vedono in rete. Lui vi vedeva un collegamento col calcolo della fortuna ma a me sembravano più attinenti alla valutazione della casualità…
Non sto a entrare nei dettagli ma alla fine gli ho detto che “casualità” e “fortuna” sono concetti diversi: mentre sul primo sono d’accordo che non ci sia un modo per individuarla e riconoscerla sulla seconda dipende solo dalla definizione, cosa che mi sembrava fattibile.
Anche a lui era venuto in mente il p-value e mi ha presentato un video molto bellino che spiega bene un apparente paradosso statistico/matematico: ma ne scriverò a parte (credo!) per non appesantire troppo questo pezzo.
Alla fine ci siamo salutati e io mi sono ripromesso di investigare nuovamente sul p-value…
Conclusione: dopo qualche tempo però (questo scambio di idee è stato sabato) mi sono reso conto che l’idea originale (1 – probabilità insieme di risultati) continuava ad andare bene e che quindi aveva poco senso complicarsi la vita. Però nel frattempo ho capito che il p-value è strettamente legato alla varianza che, in generale, è molto più facile da calcolare che la funzione di distribuzione di un evento. Nelle ricerche mediche infatti non si preoccupano della funzione di distribuzione (che probabilmente non sarebbe neppure calcolabile mancando troppi elementi) ma adoperano tranquillamente il p-value: insomma potrebbe valere la pena verificare come funziona perché potrebbe essere un metodo molto più semplice e generale per misurare la fortuna...
domenica 10 maggio 2020
Historielline 2
Vabbè, per completezza voglio concludere il mio commento al resto del numero 280 del giugno del 1981 di Historia: vedi il precedente Historielline…
Ma partiamo dalla fine, anzi dalla quarta di copertina, con un "divertente" quiz: nell’ultima di copertina c’è una delle poche pubblicità della rivista, si tratta di un autoveicolo (colore bianco), con una foto frontale sotto un cielo azzurro. La pubblicità recita: «Bellissima!» scritto in grande e poi, più in piccolo, prosegue con «XXX nelle nuove versioni Super, Special e Sport.»
Qual è la macchina bellissima pubblicizzata? Provate a indovinare!
La risposta al termine di questo pezzo…
La scorsa “puntata” mi ero fermato a pagina 40 (perché ero arrivato lì a leggere) proseguiamo quindi con ordine.
L’articolo successivo era su un ospedale storico milanese: saltato.
Un articolo minore e poi quello principale su Sant’Antonio: l’ho letto ma l’ho trovato piuttosto noioso. Dei “misteri e prodigi” di Sant’Antonio, come indicato dal titolo, non si parla: la biografia infatti è storica e c’è solo qualche accenno ai suoi miracoli.
L’unico elemento che mi ha colpito è il ruolo della sorte (altri direbbero della Provvidenza) nella vita del Santo: il primo intervento del destino è quando una tempesta lo fa naufragare, o comunque porta la sua nave, in Italia mentre cercava di tornarsene a casa (era portoghese) dal nord Africa: una bella distanza!
Qui entra a far parte dei francescani (San Francesco era ancora in vita) ma ovviamente nessuno lo conosce in Italia e così lo spediscono in un monastero isolato.
Il secondo intervento del destino lo si ha qualche anno dopo: era andato con i suoi confratelli all'inaugurazione a Forlì (mi pare!) di una chiesa. Chi doveva fare il discorso improvvisamente si ammala e così, senza grosse aspettative, viene chiesto a Sant’Antonio di sostituirlo. E invece la sua omelia è un successone: i superiori si rendono conto delle sue qualità (eloquenza e dottrina) e così inizia la sua carriera nell’ordine.
Articolo sulle bellezze di Praga: saltato. Poi un articolo sull’acconciatura dei capelli: spigolato qua e là e guardato i disegni. Poco da dire: il succo è che solo recentemente l’attenzione all’acconciatura dei capelli è diventata un’esclusiva femminile: nei secoli precedenti anche gli uomini passavano molto tempo a curarseli portandoli lunghi..
Articoletto sui personaggi “più importanti” della prima guerra mondiale: circa una ventina di trafiletti di biografie di vari politici e regnanti…
Poi l’articolo equivalente di un bait click mi ha attirato: era intitolato «Un amaro boccone di “carne trita”». Descrive un sotterfugio usato dagli alleati per far credere ai nazisti che gli americani sarebbero sbarcati in Grecia e non in Italia… Ma la mia sensazione è che sia una mezza balla: non entro nei dettagli…
Poi un articolo sulla mitologia: una delle fatiche di Ercole, la caccia al cinghiale Erimanzio. Niente di nuovo ma la mitologia mi piace e quindi l’ho letto.
Poi articoletti e rubriche varie: saltati.
L’articolo seguente è intitolato “Nell’ombra calda dell’Islam erra lo spirito dell’amazzone del deserto” con, nella pagina a lato, un disegno bruttino di una donna a cavallo. Inizialmente quindi non l’avevo preso in considerazione ma nelle pagine seguenti (le foto le guardo sempre perché sono comunque interessanti) capisco di cosa tratta: una giovane ragazza, una poetessa o una scrittrice non so, si “innamora” dell’Islam e si trasferisce in nord Africa per abbracciarne la cultura.
La foto che mi ha colpito è quella di un ragazzino col fez che poi, leggendo la didascalia, si scopre essere la ragazza in questione. A questo punto ero molto incuriosito ma l’ultima foto dell’articolo mostra una tomba squallida: nella corrispondente didascalia si viene a sapere che l’avventurosa ragazza, Isabella Eberhardt (che aveva adottato il nome di Fatima Manubia) muore a 27 anni in una inondazione. Siccome sono romantico e mi piacciono i lieti fini ho preferito non leggere altro…
Solito articolo sulla seconda guerra mondiale: un mitragliatore automatico eccezionale dei nazisti che però Hitler aveva boicottato: bo, sarà… (solo foto e occhiello).
Un paio di rubriche (storia di nomi e dizionario di battaglie) e poi c’è l’articolo «Si può marcire alla Bastiglia con i favori della Pompadour». Qualche anno fa avevo letto un libro sulla marchesa e quindi ho letto anche questo articolo dal titolo non molto chiaro e un po’ fuorviante. Si narra la storia di un giovane, un bastardo dal padre nobile, che nel tentativo di farsi notare organizza un innocuo imbroglio ai danni della Pompadour: la polizia l’arresta e finisce alla Bastiglia. Poi viene scarcerato ma qualche tempo dopo viene riarrestato per altri motivi. Evasione rocambolesca ma dopo tre giorni viene riacciuffato. Viene graziato ma poi ne combina un’altra e torna in prigione dove vi resta per molti anni. Esce pochi anni prima della rivoluzione e vive poi a lungo e muore a 80 anni. Secondo l’articolo il motivo della terza lunga prigionia è dovuto alla vendetta della Pompadour: bo, a me pare strano però che questa si ricordasse ancora di lui… E come mai, se lei lo aveva in odio, era stato scarcerato le prime due volte?
Rubrica su personaggi famosi dell’antichità, in questo caso su Empedocle. Divertente e interessante: probabilmente il preclaro agrigentino era un megalomane e riteneva di avere origini divine, reincarnatosi fra gli uomini come punizione di una colpa passata! Per esempio nella dedica ai suoi concittadini di una sua opera (Purificazioni) scrive: «Amici, che la città presso il biondo Acragrante abitate / Salve! Io in mezzo a voi divino nume non più mortale / mi aggiro, su tutti onorato come si conviene». E altri indizi (per esempio il peculiare abbigliamento) avallano questa teoria…
E qual era allora la macchina “Bellissima!” della pubblicità sulla quarta di copertina?
Si trattava nientepopodimeno che di una FIAT 127 che io, proprio così bella, non me la ricordavo essere…
Conclusione: mi sono pescato un altro Historia a casaccio dalla collezione di mio zio ma fortunatamente ho anche finito di leggere Insomnia di Stephen King: quindi credo che riprenderò le mie usuali letture. Magari ci scriverò comunque un pezzo se qualche articolo mi stimola delle riflessioni, vedremo...
Ma partiamo dalla fine, anzi dalla quarta di copertina, con un "divertente" quiz: nell’ultima di copertina c’è una delle poche pubblicità della rivista, si tratta di un autoveicolo (colore bianco), con una foto frontale sotto un cielo azzurro. La pubblicità recita: «Bellissima!» scritto in grande e poi, più in piccolo, prosegue con «XXX nelle nuove versioni Super, Special e Sport.»
Qual è la macchina bellissima pubblicizzata? Provate a indovinare!
La risposta al termine di questo pezzo…
La scorsa “puntata” mi ero fermato a pagina 40 (perché ero arrivato lì a leggere) proseguiamo quindi con ordine.
L’articolo successivo era su un ospedale storico milanese: saltato.
Un articolo minore e poi quello principale su Sant’Antonio: l’ho letto ma l’ho trovato piuttosto noioso. Dei “misteri e prodigi” di Sant’Antonio, come indicato dal titolo, non si parla: la biografia infatti è storica e c’è solo qualche accenno ai suoi miracoli.
L’unico elemento che mi ha colpito è il ruolo della sorte (altri direbbero della Provvidenza) nella vita del Santo: il primo intervento del destino è quando una tempesta lo fa naufragare, o comunque porta la sua nave, in Italia mentre cercava di tornarsene a casa (era portoghese) dal nord Africa: una bella distanza!
Qui entra a far parte dei francescani (San Francesco era ancora in vita) ma ovviamente nessuno lo conosce in Italia e così lo spediscono in un monastero isolato.
Il secondo intervento del destino lo si ha qualche anno dopo: era andato con i suoi confratelli all'inaugurazione a Forlì (mi pare!) di una chiesa. Chi doveva fare il discorso improvvisamente si ammala e così, senza grosse aspettative, viene chiesto a Sant’Antonio di sostituirlo. E invece la sua omelia è un successone: i superiori si rendono conto delle sue qualità (eloquenza e dottrina) e così inizia la sua carriera nell’ordine.
Articolo sulle bellezze di Praga: saltato. Poi un articolo sull’acconciatura dei capelli: spigolato qua e là e guardato i disegni. Poco da dire: il succo è che solo recentemente l’attenzione all’acconciatura dei capelli è diventata un’esclusiva femminile: nei secoli precedenti anche gli uomini passavano molto tempo a curarseli portandoli lunghi..
Articoletto sui personaggi “più importanti” della prima guerra mondiale: circa una ventina di trafiletti di biografie di vari politici e regnanti…
Poi l’articolo equivalente di un bait click mi ha attirato: era intitolato «Un amaro boccone di “carne trita”». Descrive un sotterfugio usato dagli alleati per far credere ai nazisti che gli americani sarebbero sbarcati in Grecia e non in Italia… Ma la mia sensazione è che sia una mezza balla: non entro nei dettagli…
Poi un articolo sulla mitologia: una delle fatiche di Ercole, la caccia al cinghiale Erimanzio. Niente di nuovo ma la mitologia mi piace e quindi l’ho letto.
Poi articoletti e rubriche varie: saltati.
L’articolo seguente è intitolato “Nell’ombra calda dell’Islam erra lo spirito dell’amazzone del deserto” con, nella pagina a lato, un disegno bruttino di una donna a cavallo. Inizialmente quindi non l’avevo preso in considerazione ma nelle pagine seguenti (le foto le guardo sempre perché sono comunque interessanti) capisco di cosa tratta: una giovane ragazza, una poetessa o una scrittrice non so, si “innamora” dell’Islam e si trasferisce in nord Africa per abbracciarne la cultura.
La foto che mi ha colpito è quella di un ragazzino col fez che poi, leggendo la didascalia, si scopre essere la ragazza in questione. A questo punto ero molto incuriosito ma l’ultima foto dell’articolo mostra una tomba squallida: nella corrispondente didascalia si viene a sapere che l’avventurosa ragazza, Isabella Eberhardt (che aveva adottato il nome di Fatima Manubia) muore a 27 anni in una inondazione. Siccome sono romantico e mi piacciono i lieti fini ho preferito non leggere altro…
Solito articolo sulla seconda guerra mondiale: un mitragliatore automatico eccezionale dei nazisti che però Hitler aveva boicottato: bo, sarà… (solo foto e occhiello).
Un paio di rubriche (storia di nomi e dizionario di battaglie) e poi c’è l’articolo «Si può marcire alla Bastiglia con i favori della Pompadour». Qualche anno fa avevo letto un libro sulla marchesa e quindi ho letto anche questo articolo dal titolo non molto chiaro e un po’ fuorviante. Si narra la storia di un giovane, un bastardo dal padre nobile, che nel tentativo di farsi notare organizza un innocuo imbroglio ai danni della Pompadour: la polizia l’arresta e finisce alla Bastiglia. Poi viene scarcerato ma qualche tempo dopo viene riarrestato per altri motivi. Evasione rocambolesca ma dopo tre giorni viene riacciuffato. Viene graziato ma poi ne combina un’altra e torna in prigione dove vi resta per molti anni. Esce pochi anni prima della rivoluzione e vive poi a lungo e muore a 80 anni. Secondo l’articolo il motivo della terza lunga prigionia è dovuto alla vendetta della Pompadour: bo, a me pare strano però che questa si ricordasse ancora di lui… E come mai, se lei lo aveva in odio, era stato scarcerato le prime due volte?
Rubrica su personaggi famosi dell’antichità, in questo caso su Empedocle. Divertente e interessante: probabilmente il preclaro agrigentino era un megalomane e riteneva di avere origini divine, reincarnatosi fra gli uomini come punizione di una colpa passata! Per esempio nella dedica ai suoi concittadini di una sua opera (Purificazioni) scrive: «Amici, che la città presso il biondo Acragrante abitate / Salve! Io in mezzo a voi divino nume non più mortale / mi aggiro, su tutti onorato come si conviene». E altri indizi (per esempio il peculiare abbigliamento) avallano questa teoria…
E qual era allora la macchina “Bellissima!” della pubblicità sulla quarta di copertina?
Si trattava nientepopodimeno che di una FIAT 127 che io, proprio così bella, non me la ricordavo essere…
Conclusione: mi sono pescato un altro Historia a casaccio dalla collezione di mio zio ma fortunatamente ho anche finito di leggere Insomnia di Stephen King: quindi credo che riprenderò le mie usuali letture. Magari ci scriverò comunque un pezzo se qualche articolo mi stimola delle riflessioni, vedremo...
sabato 9 maggio 2020
Doppio apprezzamento
La mia seguente riflessione è stata stranamente apprezzata su FB e quindi la ripropongo anche qui:
«Riflessione che butto lì: Il problema degli esperti è che, di fronte a situazioni/problemi nuovi, tendono ad adottare soluzioni e paradigmi noti. Cercano di approssimare la novità a una forma già conosciuta ma questo non sempre è possibile o efficace.»
Ah! già: in realtà l’avevo già pubblicato con l’aggiunta del riferimento al detto sufi zoccoli/cavallo/zebra!
Vabbè, allora pubblico un commento a un pezzo di un amico preoccupato di un possibile nuovo aumento del numero dei contagi con la “Fase 2”: stranamente l’ha apprezzato molto e l’ha addirittura citato ad altre persone:
«I problemi sono vari:
1. la quarantena generalizzata funziona poco (i contagi calano lentissimamente) ed è economicamente costosissima.
2. ancora non si sa quale sia la situazione epidemiologica in Italia: i malati attualmente sono centomila (quelli accertati), un milione o dieci milioni?
Per il punto 1 occorrerebbe fare delle quarantene mirate ovvero non ai sani ma solo agli ammalati compresi i paucisintomatici e asintomatici: ciò significa fare tamponi anche a chi ha pochi sintomi e lievi. Ma da questo punto di vista siamo rimasti fermi al palo: semplicemente ci manca la capacità di fare più tamponi. Il risultato è che persone ammalate, a loro insaputa, escono e diffondono il virus mentre tantissime persone potenzialmente sane sono costrette a rimanere in casa.
Sapere quale sia esattamente la situazione epidemiologica sarebbe invece necessario per prendere decisioni come quella della riapertura: sapere la percentuale di quante sono le persone infette o che lo sono state sarebbe fondamentale. Da qualche parte ho letto che una ricerca di questo tipo dovrebbe essere iniziata questo lunedì ma non so quando i risultati saranno pronti.
L’unica differenza positiva rispetto alla situazione di due mesi fa è l’uso generalizzato delle mascherine, il distanziamento sociale e la bella stagione: speriamo che questi affetti combinati fra loro siano sufficienti a contrastare il contagio altrimenti, come hai scritto tu, fra un mese siamo punto e a capo. Anch’io sono pessimista: il distanziamento sociale serve il giusto e il virus ha già dimostrato in altri paesi di resistere bene alle alte temperature climatiche. In pratica c’è solo da sperare nelle mascherine...»
Il libro peggiore - 11/5/2020
Qualche giorno fa sono finalmente riuscito a terminare “Insomnia” di Stephen King: lui scrive benissimo e tecnicamente è ineccepibile però la storia è veramente debole e si trascina con lentezze esasperante verso un climax che poi non c’è.
Pur non essendo un grande lettore di King ero sicuro che questo fosse uno dei suoi peggiori romanzi e così, per curiosità, ho cercato in rete l’inevitabile lista che ordinava dal peggiore al migliore tutti i suoi romanzi lunghi. King è estremamente prolifico e ha all’attivo una sessantina di volumi (senza considerare le serie che nella lista occupavano un’unica posizione).
Beh, la mia aspettativa è andata delusa: mi sembra che “Insomnia” fosse in 12° posizione!
L’unica consolazione è che nel suo commento l’autore della lista scrive anche che lo stesso King giudica questa sua opera un “fallimento”. Io credo che King sappia ciò che dice...
Azzeccato - 15/5/2020
Nel senso di mangiato dalle zecche!
Questo anno sono arrivate all’improvviso ma in gran quantità. E sono diverse dal solito: sono piccoline e chiare, color pelle; negli anni passati erano piccoline e nere.
Ne ho già prese 5 o 6: basta che vada in giardino per qualche lavoretto e, se mi inginocchio per strappare un erbaccia, ecco che prendo anche una zecca: insomma Bisba, poverina, non ha colpe...
Epitome? - 18/5/2020
Ho già una mezza idea di riprendere in mano l’Epitome: del resto l’ultima versione è stata piuttosto leggera e non mi ha tolto molte energie.
Anche la nuova versione che ho in mente sarebbe sostanzialmente solo una revisione: ovvero correzione di qualche capitolo che non controllo da tempo e, qua e là, le solite aggiunte, precisazioni e i più rari tagli (ogni tanto cancello qualcosa anche se non sembra perché complessivamente aggiungo più materiale di quanto non ne tolga!).
La nuova versione sarebbe quindi la 1.5.2: poi, come al solito, mi conosco abbastanza per sapere che mi conviene assecondare il mio umore e ispirazione per massimizzare la mia produttività: se durante la stesura sentirò l’esigenza di aggiunte più sostanziose non mi tirerò indietro (come del resto ho fatto per la 1.5.1 con l’aggiunta di un breve nuovo sottocapitolo e lo spostamento di numerosi altri).
Comunque vedremo...
Follia - 19/5/2020
«“Da quando è stata dichiarata un’emergenza globale per la salute pubblica, lo scorso gennaio, abbiamo lavorato per consentire alle persone di venire in contatto con informazioni certe e verificate, provenienti solo da fonti certificate e da sanitari esperti e per impedire che informazioni dannose si diffondessero sulle nostre app” si legge infatti in un comunicato del colosso di Menlo Park.» da WhatsApp, le nuove restrizioni hanno fatto crollare le condivisioni del 70% su IlFattoQuotidiano.it
E come si riconoscono le “fonti certificate” e i “sanitari esperti”?
Erano quelli che a febbraio dicevano che il covid-19 era una comune influenza? O quelli che dicevano che solo i sintomatici potevano trasmettere la malattia? Oppure è l’OMS che fino a marzo negava l'esistenza della pandemia? E potrei continuare…
Il punto è che la scienza non progredisce con la censura ma col confronto: un confronto dove tutte le voci sono poste sullo stesso piano e hanno lo stesso diritto di esporre le proprie teorie.
Mi si potrebbe rispondere che la scienza non la si fa su WhatsApp: è vero ma un principio sbagliato, quello della censura, inutile e probabilmente dannoso, resta tale dovunque lo si applichi.
Ovviamente poi il vero obiettivo, come più volte abbiamo cercato di spiegare, non è il contrasto alle bufale ma la riduzione della libertà d’espressione degli utenti: riduzione che si traduce in maggiore controllo politico, etc...
«Riflessione che butto lì: Il problema degli esperti è che, di fronte a situazioni/problemi nuovi, tendono ad adottare soluzioni e paradigmi noti. Cercano di approssimare la novità a una forma già conosciuta ma questo non sempre è possibile o efficace.»
Ah! già: in realtà l’avevo già pubblicato con l’aggiunta del riferimento al detto sufi zoccoli/cavallo/zebra!
Vabbè, allora pubblico un commento a un pezzo di un amico preoccupato di un possibile nuovo aumento del numero dei contagi con la “Fase 2”: stranamente l’ha apprezzato molto e l’ha addirittura citato ad altre persone:
«I problemi sono vari:
1. la quarantena generalizzata funziona poco (i contagi calano lentissimamente) ed è economicamente costosissima.
2. ancora non si sa quale sia la situazione epidemiologica in Italia: i malati attualmente sono centomila (quelli accertati), un milione o dieci milioni?
Per il punto 1 occorrerebbe fare delle quarantene mirate ovvero non ai sani ma solo agli ammalati compresi i paucisintomatici e asintomatici: ciò significa fare tamponi anche a chi ha pochi sintomi e lievi. Ma da questo punto di vista siamo rimasti fermi al palo: semplicemente ci manca la capacità di fare più tamponi. Il risultato è che persone ammalate, a loro insaputa, escono e diffondono il virus mentre tantissime persone potenzialmente sane sono costrette a rimanere in casa.
Sapere quale sia esattamente la situazione epidemiologica sarebbe invece necessario per prendere decisioni come quella della riapertura: sapere la percentuale di quante sono le persone infette o che lo sono state sarebbe fondamentale. Da qualche parte ho letto che una ricerca di questo tipo dovrebbe essere iniziata questo lunedì ma non so quando i risultati saranno pronti.
L’unica differenza positiva rispetto alla situazione di due mesi fa è l’uso generalizzato delle mascherine, il distanziamento sociale e la bella stagione: speriamo che questi affetti combinati fra loro siano sufficienti a contrastare il contagio altrimenti, come hai scritto tu, fra un mese siamo punto e a capo. Anch’io sono pessimista: il distanziamento sociale serve il giusto e il virus ha già dimostrato in altri paesi di resistere bene alle alte temperature climatiche. In pratica c’è solo da sperare nelle mascherine...»
Il libro peggiore - 11/5/2020
Qualche giorno fa sono finalmente riuscito a terminare “Insomnia” di Stephen King: lui scrive benissimo e tecnicamente è ineccepibile però la storia è veramente debole e si trascina con lentezze esasperante verso un climax che poi non c’è.
Pur non essendo un grande lettore di King ero sicuro che questo fosse uno dei suoi peggiori romanzi e così, per curiosità, ho cercato in rete l’inevitabile lista che ordinava dal peggiore al migliore tutti i suoi romanzi lunghi. King è estremamente prolifico e ha all’attivo una sessantina di volumi (senza considerare le serie che nella lista occupavano un’unica posizione).
Beh, la mia aspettativa è andata delusa: mi sembra che “Insomnia” fosse in 12° posizione!
L’unica consolazione è che nel suo commento l’autore della lista scrive anche che lo stesso King giudica questa sua opera un “fallimento”. Io credo che King sappia ciò che dice...
Azzeccato - 15/5/2020
Nel senso di mangiato dalle zecche!
Questo anno sono arrivate all’improvviso ma in gran quantità. E sono diverse dal solito: sono piccoline e chiare, color pelle; negli anni passati erano piccoline e nere.
Ne ho già prese 5 o 6: basta che vada in giardino per qualche lavoretto e, se mi inginocchio per strappare un erbaccia, ecco che prendo anche una zecca: insomma Bisba, poverina, non ha colpe...
Epitome? - 18/5/2020
Ho già una mezza idea di riprendere in mano l’Epitome: del resto l’ultima versione è stata piuttosto leggera e non mi ha tolto molte energie.
Anche la nuova versione che ho in mente sarebbe sostanzialmente solo una revisione: ovvero correzione di qualche capitolo che non controllo da tempo e, qua e là, le solite aggiunte, precisazioni e i più rari tagli (ogni tanto cancello qualcosa anche se non sembra perché complessivamente aggiungo più materiale di quanto non ne tolga!).
La nuova versione sarebbe quindi la 1.5.2: poi, come al solito, mi conosco abbastanza per sapere che mi conviene assecondare il mio umore e ispirazione per massimizzare la mia produttività: se durante la stesura sentirò l’esigenza di aggiunte più sostanziose non mi tirerò indietro (come del resto ho fatto per la 1.5.1 con l’aggiunta di un breve nuovo sottocapitolo e lo spostamento di numerosi altri).
Comunque vedremo...
Follia - 19/5/2020
«“Da quando è stata dichiarata un’emergenza globale per la salute pubblica, lo scorso gennaio, abbiamo lavorato per consentire alle persone di venire in contatto con informazioni certe e verificate, provenienti solo da fonti certificate e da sanitari esperti e per impedire che informazioni dannose si diffondessero sulle nostre app” si legge infatti in un comunicato del colosso di Menlo Park.» da WhatsApp, le nuove restrizioni hanno fatto crollare le condivisioni del 70% su IlFattoQuotidiano.it
E come si riconoscono le “fonti certificate” e i “sanitari esperti”?
Erano quelli che a febbraio dicevano che il covid-19 era una comune influenza? O quelli che dicevano che solo i sintomatici potevano trasmettere la malattia? Oppure è l’OMS che fino a marzo negava l'esistenza della pandemia? E potrei continuare…
Il punto è che la scienza non progredisce con la censura ma col confronto: un confronto dove tutte le voci sono poste sullo stesso piano e hanno lo stesso diritto di esporre le proprie teorie.
Mi si potrebbe rispondere che la scienza non la si fa su WhatsApp: è vero ma un principio sbagliato, quello della censura, inutile e probabilmente dannoso, resta tale dovunque lo si applichi.
Ovviamente poi il vero obiettivo, come più volte abbiamo cercato di spiegare, non è il contrasto alle bufale ma la riduzione della libertà d’espressione degli utenti: riduzione che si traduce in maggiore controllo politico, etc...
venerdì 8 maggio 2020
Aggiornamento matematico
Oggi dovrò studiare matematica!
Ieri, dopo un paio di ore, sono stato ricontattato dal mio amico matematico russo che, senza l’handicap della confusione provocata dalle mie teorie e intuizioni, ha in poco tempo risolto il problema e mi ha ricontattato qualche ore dopo per spiegarmi il tutto.
Premetto che avrei potuto fare una bellissima figura, almeno qui su questo mio ghiribizzo, se ieri me la fossi sentita di concludere con la mia teoria. A forza di parlare di calcolo della probabilità stavano infatti riemergendo vecchi ricordi e in particolare volevo accennare alle probabilità di somme di variabili aleatorie di Bernoulli che secondo me potevano avere una relazione con il mio problema: poi non l’ho fatto perché, pensandoci meglio, mi sono ricordato che queste variabili avrebbero dovuto avere tutte le stesse probabilità mentre invece qui erano tutte diverse…
Ebbene quello che ricordavo vagamente io era un caso specifico che semplifica notevolmente le formule ma esiste il caso generale…
La soluzione generale, mi ha spiegato Oleg, è qui: Poisson binomial distribution…
Io l’avevo un po’ messo fuori strada con il mio tentativo di valutare la media della differenza fra i valori attesi (che io chiamavo delta) e quelli ottenuti mentre in realtà il problema è molto più semplice se si cerca di calcolare la probabilità del numero di colpi andati a segno (*1).
La cosa buffa è come mi ha fatto per spiegarmi il suo punto di vista: invece di spiegarmelo a parole ha fatto ricorso al seguente esempio matematico:
«N trials
p_i – probabilities
r_i – outcomes
Mean, or expected value of hits = sum(p_i)
Number of hits = sum(r_i)
Suppose we have a set of N = 4 probabilities: p_1, p_2, p_3 and p_4.
Suppose we have a set of corresponding outcomes r_i: 1, 1, 0, 1 (3 hits total)
1) Consider the probability of that particular sequence occuring:P(1101) = p1 * p2 * (1 - p3) * p4It is very low, since you are multiplying proper fractions.
2) Consider the probability of getting exactly 3 hits: P(hits = 3) = P(1110) + P(1101) + P(1011) + P(0111) == p1*p2*p3*(1-p4) + p1*p2*(1-p3)*p4 + p1*(1-p2)*p3*p4 + (1-p1)*p2*p3*p4
3) Consider the probability of getting at least 3 hits:P(hits >= 3) = P(hits = 3) + P(hits = 4) = P(hits = 3) + p1*p2*p3*p4
This is a simple example to help you wrap your head around the problem.»
Curiosamente anch’io ho capito subito cosa intendesse con questo esempio: come ho scritto sopra lui mi suggerisce di calcolare la probabilità del numero di colpi andati a segno piuttosto che la distanza dei singoli colpi dal relativo risultato atteso ma, come ho spiegato nella nota (*1), alla fine dovrebbe essere la stessa cosa...
Gli ho fatto presente un dubbio che mi era venuto sul momento, ovvero se fosse corretto valutare la “fortuna complessiva” di questi due insieme di risultati come se fosse la stessa, ovvero:
1)
60% → 0
55% → 0
20% → 1
2)
60% → 1
55% → 0
20% → 0
Il suo metodo infatti non fa distinzione su quali colpi siano andati a segno ma solo sul loro numero totale: nel mio esempio in entrambi i casi la funzione di distribuzione restituisce lo stesso valore ma in un caso si è fatto centro col tiro “più difficile” nel secondo con quello “più facile”. È giusto considerare uguali i due valori di “fortuna”?
Probabilmente sì.
Adesso dovrei avere tutti gli elementi per scrivermi un programmino che prendendo in ingresso una serie di coppie (probabilità, risultato) mi restituisca una percentuale indicativa della “fortuna” avuta. Aggiungo che, per la precisione, non userei direttamente la funzione di distribuzione, ovvero la funzione che mi dà la probabilità di un certo risultato, per esempio P(numero colpi a segno=5), ma quella cumulativa che mi dà P(numeri colpi a segno <=5) col risultato di ottenere 0 se tutti hanno mancato o 100 se tutti sono andati a segno...
Conclusione: la notizia positiva è che Oleg si diverte molto a aiutarmi ed è impaziente di affrontare il prossimo problema che gli ho anticipato di avere: il limite della successione che non mi riesce più risolvere (*2)!
Nota (*1): che poi alla fine è la stessa cosa: se si prende il “mio” delta, lo si moltiplica per N e gli si aggiunge i valori attesi ecco che si ottengono i colpi andati a segno…
Nota (*2): nel tentativo di trovare il collegamento a dove ne avevo scritto ho scoperto di non averlo fatto! Beh, in pratica aggeggiando con i numeri primi avevo tirato fuori una successione che esprime la loro densità per un determinato P_n ennesimo numero primo. Facendo il limite per n tendente a infinito di tale successione dovrei trovare la densità generale dei numeri primi.
Per i limiti delle successioni il mio professore di analisi (il bravissimo Luciano Modica!) ci aveva insegnato 3 o 4 metodi pratici piuttosto facili che però adesso, dopo circa trent’anni, non ricordo più. Invece mi ero già imbattuto nella stessa formula ai tempi dell’università e, mi pare, che avessi calcolato tale limite senza troppi problemi...
Ieri, dopo un paio di ore, sono stato ricontattato dal mio amico matematico russo che, senza l’handicap della confusione provocata dalle mie teorie e intuizioni, ha in poco tempo risolto il problema e mi ha ricontattato qualche ore dopo per spiegarmi il tutto.
Premetto che avrei potuto fare una bellissima figura, almeno qui su questo mio ghiribizzo, se ieri me la fossi sentita di concludere con la mia teoria. A forza di parlare di calcolo della probabilità stavano infatti riemergendo vecchi ricordi e in particolare volevo accennare alle probabilità di somme di variabili aleatorie di Bernoulli che secondo me potevano avere una relazione con il mio problema: poi non l’ho fatto perché, pensandoci meglio, mi sono ricordato che queste variabili avrebbero dovuto avere tutte le stesse probabilità mentre invece qui erano tutte diverse…
Ebbene quello che ricordavo vagamente io era un caso specifico che semplifica notevolmente le formule ma esiste il caso generale…
La soluzione generale, mi ha spiegato Oleg, è qui: Poisson binomial distribution…
Io l’avevo un po’ messo fuori strada con il mio tentativo di valutare la media della differenza fra i valori attesi (che io chiamavo delta) e quelli ottenuti mentre in realtà il problema è molto più semplice se si cerca di calcolare la probabilità del numero di colpi andati a segno (*1).
La cosa buffa è come mi ha fatto per spiegarmi il suo punto di vista: invece di spiegarmelo a parole ha fatto ricorso al seguente esempio matematico:
«N trials
p_i – probabilities
r_i – outcomes
Mean, or expected value of hits = sum(p_i)
Number of hits = sum(r_i)
Suppose we have a set of N = 4 probabilities: p_1, p_2, p_3 and p_4.
Suppose we have a set of corresponding outcomes r_i: 1, 1, 0, 1 (3 hits total)
1) Consider the probability of that particular sequence occuring:P(1101) = p1 * p2 * (1 - p3) * p4It is very low, since you are multiplying proper fractions.
2) Consider the probability of getting exactly 3 hits: P(hits = 3) = P(1110) + P(1101) + P(1011) + P(0111) == p1*p2*p3*(1-p4) + p1*p2*(1-p3)*p4 + p1*(1-p2)*p3*p4 + (1-p1)*p2*p3*p4
3) Consider the probability of getting at least 3 hits:P(hits >= 3) = P(hits = 3) + P(hits = 4) = P(hits = 3) + p1*p2*p3*p4
This is a simple example to help you wrap your head around the problem.»
Curiosamente anch’io ho capito subito cosa intendesse con questo esempio: come ho scritto sopra lui mi suggerisce di calcolare la probabilità del numero di colpi andati a segno piuttosto che la distanza dei singoli colpi dal relativo risultato atteso ma, come ho spiegato nella nota (*1), alla fine dovrebbe essere la stessa cosa...
Gli ho fatto presente un dubbio che mi era venuto sul momento, ovvero se fosse corretto valutare la “fortuna complessiva” di questi due insieme di risultati come se fosse la stessa, ovvero:
1)
60% → 0
55% → 0
20% → 1
2)
60% → 1
55% → 0
20% → 0
Il suo metodo infatti non fa distinzione su quali colpi siano andati a segno ma solo sul loro numero totale: nel mio esempio in entrambi i casi la funzione di distribuzione restituisce lo stesso valore ma in un caso si è fatto centro col tiro “più difficile” nel secondo con quello “più facile”. È giusto considerare uguali i due valori di “fortuna”?
Probabilmente sì.
Adesso dovrei avere tutti gli elementi per scrivermi un programmino che prendendo in ingresso una serie di coppie (probabilità, risultato) mi restituisca una percentuale indicativa della “fortuna” avuta. Aggiungo che, per la precisione, non userei direttamente la funzione di distribuzione, ovvero la funzione che mi dà la probabilità di un certo risultato, per esempio P(numero colpi a segno=5), ma quella cumulativa che mi dà P(numeri colpi a segno <=5) col risultato di ottenere 0 se tutti hanno mancato o 100 se tutti sono andati a segno...
Conclusione: la notizia positiva è che Oleg si diverte molto a aiutarmi ed è impaziente di affrontare il prossimo problema che gli ho anticipato di avere: il limite della successione che non mi riesce più risolvere (*2)!
Nota (*1): che poi alla fine è la stessa cosa: se si prende il “mio” delta, lo si moltiplica per N e gli si aggiunge i valori attesi ecco che si ottengono i colpi andati a segno…
Nota (*2): nel tentativo di trovare il collegamento a dove ne avevo scritto ho scoperto di non averlo fatto! Beh, in pratica aggeggiando con i numeri primi avevo tirato fuori una successione che esprime la loro densità per un determinato P_n ennesimo numero primo. Facendo il limite per n tendente a infinito di tale successione dovrei trovare la densità generale dei numeri primi.
Per i limiti delle successioni il mio professore di analisi (il bravissimo Luciano Modica!) ci aveva insegnato 3 o 4 metodi pratici piuttosto facili che però adesso, dopo circa trent’anni, non ricordo più. Invece mi ero già imbattuto nella stessa formula ai tempi dell’università e, mi pare, che avessi calcolato tale limite senza troppi problemi...
giovedì 7 maggio 2020
Calcolo della fortuna
Giocando a molti giochi strategici spesso mi trovo in situazioni dove ho una certa probabilità di colpire un avversario: il risultato può essere un centro oppure un errore.
Cioè se la probabilità di colpire è 85% significa che su 100 tentativi colpirò il bersaglio 85 volte e 15 volte lo mancherò.
Ovviamente nonostante la mia immensa abilità strategica (!) ho sempre la sensazione di essere bersagliato dalla sfortuna e, per questo, a volte mi annoto le varie probabilità di successo e il risultato ottenuto.
Mi ritrovo quindi con sequenze di cifre di questo tipo:
65% → 1 (centrato)
40% → 1 (centrato)
30% → 0 (mancato)
57% → 0 (mancato)
60% → 0 (mancato)
81% → 1 (centrato)
…
…
A fine partita poi sommo insieme le percentuali e i risultati effettivi ottenuti, ne calcolo la differenza delta e ne faccio la media.
Se Sommatoria(R_i-E_i)/N con i=1, N è maggiore di zero allora sono stato fortunato, se è negativa sono stato sfortunato.
Ma questa approssimazione non mi basta più!
Il numero che ottengo infatti non dice molto si per sé, per esempio:
Se ottengo un delta=.15 con N=12 sono stato più o meno fortunato di quando ottenni delta=.08 con N=45?
Perché è chiaro che più tentativi faccio e più il delta tenderà a zero: quindi, a parità di delta, si ha più fortuna quando il relativo N è maggiore.
Un’idea per risolvere questo problema è associare a ogni delta la probabilità di ottenerlo in base al relativo N.
Se nell’esempio precedente so che la probabilità di un delta>=.15 per N=12 è del 45% mentre la probabilità di ottenere un delta>=.08 per N=45 è del 22% allora è chiaro che nel secondo caso sarei stato molto più fortunato che nel primo!
A occhio si tratta di un semplicissimo problema di statistica e, avendo dato all’università un esame chiamato CPS (Calcolo Probabilità e Statistica), non dovrebbe essere un problema per me, giusto?
Sbagliato! All’università al corso di CPS facemmo solo il calcolo delle probabilità e quindi io di statistica non so niente: qualche anno fa provai a seguire un corso in rete ma poi mi persi e lasciai perdere…
Allora ho pensato di contattare le mie conoscenze esperte di matematica (*1) ma considerato il recente fallimento con la mia semplice domanda sul limite di una sequenza (ne ho scritto qui? Non ricordo…) ho avuto la sensazione che sarebbe stata una perdita di tempo…
Così ho deciso di disturbare il mio amico matematico russo conosciuto su Steam: lui non solo è laureato in matematica ma ci lavora anche, credo all’università, e in generale questo genere di problemini gli piacciono. L’unico problema è che gli devo scrivere in inglese e la cosa mi fa abbastanza fatica: però pensavo che per lui fosse un problema banale e che mi avrebbe dato in pochi secondi la formula da usare o magari un collegamento a una pagina con una soluzione già pronta a questa mia domanda…
Allora siamo stati in chat dalle 15:56 alle 17:27 e abbiamo fatto solo qualche minimo progresso!
Nonostante il mio inglese scadente, oltretutto scrivendo di fretta sono particolarmente sgrammaticato e incomprensibile, è riuscito a comprendere subito la questione ma, con mia sorpresa, ha iniziato a pensarci piuttosto intensamente.
Mi sono copiato la nostra conversazione su un processore di testi perché, almeno io l’ho trovata divertentissima (magari gli chiederò se posso pubblicarne dei frammenti).
Difficile spiegare perché: da una parte mi piace conversare con qualcuno che ci capisce di matematica e che riesce a seguirmi senza difficoltà, dall’altra gradisco constatare che anch’io, diciamo, sono portato alla materia.
Per esempio dopo un po’ ho pensato che forse un altro parametro da tenere presente era anche la funzione di distribuzione del singolo colpo che, in questo caso, era uniforme: nonostante il mio inglese, esempi numerici poco comprensibili e l’uso di termini non appropriati mi ha subito capito dandomi ragione (anche se adesso non sono sicuro che sia rilevante).
A un certo punto è riuscito a impostare il problema scrivendomi: «delta is our random variable we need to construct a cumulative distribution function for this random variable the value of this function at a given point (your calculated delta) will yield your "luck" value»
Le funzioni cumulative, studiate ormai circa trentanni fa, sono improvvisamente riapparse nella mia memoria e, più o meno, sono riuscito a seguire il suo ragionamento: ma sul più bello, quando dal caso singolo si sarebbe dovuti passare al caso con N variabili mi ha scritto che sul momento non riusciva a ricordare come fare!
La cosa più divertente è che ha aggiunto che appena un paio di anni fa insegnava probabilità e statistica: ovviamente la cosa mi ha fatto molto ridere…
Per farla breve siamo andati avanti a lungo così: con lui che portava avanti il grosso della teoria matematica e io che davo qualche contributo intuitivo.
Poi si è dovuto assentare ma mi ha promesso che tornerà sul problema: vedremo…
Conclusione: mi è tornata una gran voglia di studiare statistica! E continuo ad avere la sensazione che il mio problema sia semplicissimo: qualcosa che magari si possa risolvere sfruttando la varianza, non so...
Nota (*1): e i miei numerosi amici ingegneri? A dire il vero non li prendo neppure in considerazione: ho ormai capito che hanno una conoscenza della matematica abbastanza vaga, sperduta in un nebbia grigia di tanti “non ricordo esattamente: è passato tanto tempo”...
Cioè se la probabilità di colpire è 85% significa che su 100 tentativi colpirò il bersaglio 85 volte e 15 volte lo mancherò.
Ovviamente nonostante la mia immensa abilità strategica (!) ho sempre la sensazione di essere bersagliato dalla sfortuna e, per questo, a volte mi annoto le varie probabilità di successo e il risultato ottenuto.
Mi ritrovo quindi con sequenze di cifre di questo tipo:
65% → 1 (centrato)
40% → 1 (centrato)
30% → 0 (mancato)
57% → 0 (mancato)
60% → 0 (mancato)
81% → 1 (centrato)
…
…
A fine partita poi sommo insieme le percentuali e i risultati effettivi ottenuti, ne calcolo la differenza delta e ne faccio la media.
Se Sommatoria(R_i-E_i)/N con i=1, N è maggiore di zero allora sono stato fortunato, se è negativa sono stato sfortunato.
Ma questa approssimazione non mi basta più!
Il numero che ottengo infatti non dice molto si per sé, per esempio:
Se ottengo un delta=.15 con N=12 sono stato più o meno fortunato di quando ottenni delta=.08 con N=45?
Perché è chiaro che più tentativi faccio e più il delta tenderà a zero: quindi, a parità di delta, si ha più fortuna quando il relativo N è maggiore.
Un’idea per risolvere questo problema è associare a ogni delta la probabilità di ottenerlo in base al relativo N.
Se nell’esempio precedente so che la probabilità di un delta>=.15 per N=12 è del 45% mentre la probabilità di ottenere un delta>=.08 per N=45 è del 22% allora è chiaro che nel secondo caso sarei stato molto più fortunato che nel primo!
A occhio si tratta di un semplicissimo problema di statistica e, avendo dato all’università un esame chiamato CPS (Calcolo Probabilità e Statistica), non dovrebbe essere un problema per me, giusto?
Sbagliato! All’università al corso di CPS facemmo solo il calcolo delle probabilità e quindi io di statistica non so niente: qualche anno fa provai a seguire un corso in rete ma poi mi persi e lasciai perdere…
Allora ho pensato di contattare le mie conoscenze esperte di matematica (*1) ma considerato il recente fallimento con la mia semplice domanda sul limite di una sequenza (ne ho scritto qui? Non ricordo…) ho avuto la sensazione che sarebbe stata una perdita di tempo…
Così ho deciso di disturbare il mio amico matematico russo conosciuto su Steam: lui non solo è laureato in matematica ma ci lavora anche, credo all’università, e in generale questo genere di problemini gli piacciono. L’unico problema è che gli devo scrivere in inglese e la cosa mi fa abbastanza fatica: però pensavo che per lui fosse un problema banale e che mi avrebbe dato in pochi secondi la formula da usare o magari un collegamento a una pagina con una soluzione già pronta a questa mia domanda…
Allora siamo stati in chat dalle 15:56 alle 17:27 e abbiamo fatto solo qualche minimo progresso!
Nonostante il mio inglese scadente, oltretutto scrivendo di fretta sono particolarmente sgrammaticato e incomprensibile, è riuscito a comprendere subito la questione ma, con mia sorpresa, ha iniziato a pensarci piuttosto intensamente.
Mi sono copiato la nostra conversazione su un processore di testi perché, almeno io l’ho trovata divertentissima (magari gli chiederò se posso pubblicarne dei frammenti).
Difficile spiegare perché: da una parte mi piace conversare con qualcuno che ci capisce di matematica e che riesce a seguirmi senza difficoltà, dall’altra gradisco constatare che anch’io, diciamo, sono portato alla materia.
Per esempio dopo un po’ ho pensato che forse un altro parametro da tenere presente era anche la funzione di distribuzione del singolo colpo che, in questo caso, era uniforme: nonostante il mio inglese, esempi numerici poco comprensibili e l’uso di termini non appropriati mi ha subito capito dandomi ragione (anche se adesso non sono sicuro che sia rilevante).
A un certo punto è riuscito a impostare il problema scrivendomi: «delta is our random variable we need to construct a cumulative distribution function for this random variable the value of this function at a given point (your calculated delta) will yield your "luck" value»
Le funzioni cumulative, studiate ormai circa trentanni fa, sono improvvisamente riapparse nella mia memoria e, più o meno, sono riuscito a seguire il suo ragionamento: ma sul più bello, quando dal caso singolo si sarebbe dovuti passare al caso con N variabili mi ha scritto che sul momento non riusciva a ricordare come fare!
La cosa più divertente è che ha aggiunto che appena un paio di anni fa insegnava probabilità e statistica: ovviamente la cosa mi ha fatto molto ridere…
Per farla breve siamo andati avanti a lungo così: con lui che portava avanti il grosso della teoria matematica e io che davo qualche contributo intuitivo.
Poi si è dovuto assentare ma mi ha promesso che tornerà sul problema: vedremo…
Conclusione: mi è tornata una gran voglia di studiare statistica! E continuo ad avere la sensazione che il mio problema sia semplicissimo: qualcosa che magari si possa risolvere sfruttando la varianza, non so...
Nota (*1): e i miei numerosi amici ingegneri? A dire il vero non li prendo neppure in considerazione: ho ormai capito che hanno una conoscenza della matematica abbastanza vaga, sperduta in un nebbia grigia di tanti “non ricordo esattamente: è passato tanto tempo”...
mercoledì 6 maggio 2020
Triste insegnamento bridgistico
Lunedì sono andato a trovare mio padre: per carattere né io né lui siamo per abbracci o altre effusioni affettive che, infatti, non ci sono state.
Nel pomeriggio aveva fissato di giocare a bridge con degli amici: io ero curioso di vedere come funzionava il sistema in linea e sono rimasto un po’ a guardare.
Devo premettere che mio padre è stato un giocatore di bridge molto forte e anche adesso, a 82 anni, è un ottimo giocatore.
Io invece non ho mai neppure provato a imparare tale gioco: le carte mi ispirano un’innata antipatia e non mi attirano. Però, avendo passato una vita a sentir parlare di tale gioco, un’idea abbastanza precisa me la sono fatta.
In particolare la partita, giocata da quattro persone a coppie, è diviso in due fasi: la prima è quella di licitazione. Usando un linguaggio in codice, valore e seme di una carta, i giocatori cercano di comunicare al compagno le caratteristiche della propria mano. Ci sono due vincoli: le varie licite devono andare a crescere, non posso cioè usare come codice una carta di valore più basso di quella precedentemente dichiarata (volendo si può “passare”) e, dopo tre “passo” consecutivi, l’ultimo giocatore che ha parlato deve giocare proprio il codice, ovvero realizzare il numero di prese nel seme indicato. Inizialmente non c’è quindi una relazione fra quanto dichiarato e quanto si ha effettivamente in mano ma progressivamente, almeno nell’ultima dichiarazione utile, sì. I vari codici usati sono detti “sistemi” e, ovviamente, ne esistono moltissimi: curiosamente questi sistemi non sono segreti e un giocatore può sempre chiedere all’avversario il significato di ciò che ha dichiarato. (Suppongo sia un sistema per limitare gli imbrogli: ovvero comunicazioni fatte con smorfie, starnuti e simili!)
Nella seconda parte del gioco il giocatore che ha vinto la licita dovrà cercare di fare il numero di prese specificate nel contratto per un determinato seme (il valore e seme dell’ultimo codice usato) mentre la coppia avversaria cercherà di impedirglielo. Questa parte del gioco per i giocatori esperti è piuttosto meccanica e infatti il babbo la gioca senza esitazioni.
Nella mano che ho visto giocare il babbo aveva molte picche fra cui asso e re (era quindi forte a picche). C’è stato un paio di giri di dichiarazioni e mio padre si è trovato nella situazione di dover decidere cosa fare: giocare lui a picche oppure passare. La compagna di mio padre, che sa giocare a bridge, diceva che doveva passare; mio padre però, dopo averci pensato qualche secondo, ha deciso di giocare per le picche. L’avversario, che pensava che non riuscisse a fare le prese indicate, ha poi raddoppiato la posta: i punti fatti o persi sarebbero stati moltiplicati per due.
Alla fine mio padre NON è riuscito a fare le prese del contratto e quindi, invece di guadagnare punti, ne ha persi 300.
Sul momento ho pensato: “evidentemente il babbo qui ha sbagliato”, poi essendomi già annoiato abbastanza sono uscito per tornarmene a casa.
Durante il tragitto ci ho ripensato e sono arrivato a un’interessante conclusione: il bridge non è come gli scacchi un gioca a informazione completa: questo implica che la correttezza di una mossa (di una dichiarazione) non la si può giudicare dal risultato finale della partita ma va valutata statisticamente.
È possibilissimo che, con le stesse carte in mano e con le stesse dichiarazioni da parte degli altri giocatori, il babbo avrebbe vinto 8 volte su 10. In tal caso il suo gioco, indipendentemente dal risultato finale di quella singola partita, sarebbe stato corretto.
Curiosamente poi, ripensandoci, mi sono ricordato che il babbo non era amareggiato per aver fatto un errore ma, forse, provava solo un superficiale disappunto perché le cose non erano andate come sperato: dico superficiale perché mi sembrava già nella forma mentale di affrontare la mano successiva senza condizionamenti emotivi come, immagino, sia normale per i bravi giocatori.
Ripensandoci mi pare che la fase di licitazione del bridge sia affine a un classico problema informatico: quello di minimizzare l’entropia nell’informazione. Almeno questo è quello che mi sembra di ricordare dal corso di Teoria dell’Informazione e della Trasmissione (TIT per gli amici!).
Ovvero il sistema di gioco ideale dovrebbe massimizzare l’informazione trasmessa da ciascun codice pesata per la probabilità che si verifichi una certa classe di mani. Poi, chiaro, le regole specifiche del bridge complicano il tutto però, se ne sapessi di più del gioco, mi divertirei a ragionarci sopra…
Conclusione: comunque il succo di questo pezzo, il suo insegnamento generale cioè, è che alcune situazioni non si possono giudicare col senno di poi (ma, al limite, con la statistica dove e quando sia possibile farlo). E in effetti si tratta della maggioranza: l’influenza del caso è sempre predominante nella vita. Anche giocando al meglio le cose possono andare male.
Non so: forse è per questo che le carte, con la loro casualità, non mi piacciono e ho preferito un gioco, come gli scacchi, dove l'elemento della fortuna è assente...
Nel pomeriggio aveva fissato di giocare a bridge con degli amici: io ero curioso di vedere come funzionava il sistema in linea e sono rimasto un po’ a guardare.
Devo premettere che mio padre è stato un giocatore di bridge molto forte e anche adesso, a 82 anni, è un ottimo giocatore.
Io invece non ho mai neppure provato a imparare tale gioco: le carte mi ispirano un’innata antipatia e non mi attirano. Però, avendo passato una vita a sentir parlare di tale gioco, un’idea abbastanza precisa me la sono fatta.
In particolare la partita, giocata da quattro persone a coppie, è diviso in due fasi: la prima è quella di licitazione. Usando un linguaggio in codice, valore e seme di una carta, i giocatori cercano di comunicare al compagno le caratteristiche della propria mano. Ci sono due vincoli: le varie licite devono andare a crescere, non posso cioè usare come codice una carta di valore più basso di quella precedentemente dichiarata (volendo si può “passare”) e, dopo tre “passo” consecutivi, l’ultimo giocatore che ha parlato deve giocare proprio il codice, ovvero realizzare il numero di prese nel seme indicato. Inizialmente non c’è quindi una relazione fra quanto dichiarato e quanto si ha effettivamente in mano ma progressivamente, almeno nell’ultima dichiarazione utile, sì. I vari codici usati sono detti “sistemi” e, ovviamente, ne esistono moltissimi: curiosamente questi sistemi non sono segreti e un giocatore può sempre chiedere all’avversario il significato di ciò che ha dichiarato. (Suppongo sia un sistema per limitare gli imbrogli: ovvero comunicazioni fatte con smorfie, starnuti e simili!)
Nella seconda parte del gioco il giocatore che ha vinto la licita dovrà cercare di fare il numero di prese specificate nel contratto per un determinato seme (il valore e seme dell’ultimo codice usato) mentre la coppia avversaria cercherà di impedirglielo. Questa parte del gioco per i giocatori esperti è piuttosto meccanica e infatti il babbo la gioca senza esitazioni.
Nella mano che ho visto giocare il babbo aveva molte picche fra cui asso e re (era quindi forte a picche). C’è stato un paio di giri di dichiarazioni e mio padre si è trovato nella situazione di dover decidere cosa fare: giocare lui a picche oppure passare. La compagna di mio padre, che sa giocare a bridge, diceva che doveva passare; mio padre però, dopo averci pensato qualche secondo, ha deciso di giocare per le picche. L’avversario, che pensava che non riuscisse a fare le prese indicate, ha poi raddoppiato la posta: i punti fatti o persi sarebbero stati moltiplicati per due.
Alla fine mio padre NON è riuscito a fare le prese del contratto e quindi, invece di guadagnare punti, ne ha persi 300.
Sul momento ho pensato: “evidentemente il babbo qui ha sbagliato”, poi essendomi già annoiato abbastanza sono uscito per tornarmene a casa.
Durante il tragitto ci ho ripensato e sono arrivato a un’interessante conclusione: il bridge non è come gli scacchi un gioca a informazione completa: questo implica che la correttezza di una mossa (di una dichiarazione) non la si può giudicare dal risultato finale della partita ma va valutata statisticamente.
È possibilissimo che, con le stesse carte in mano e con le stesse dichiarazioni da parte degli altri giocatori, il babbo avrebbe vinto 8 volte su 10. In tal caso il suo gioco, indipendentemente dal risultato finale di quella singola partita, sarebbe stato corretto.
Curiosamente poi, ripensandoci, mi sono ricordato che il babbo non era amareggiato per aver fatto un errore ma, forse, provava solo un superficiale disappunto perché le cose non erano andate come sperato: dico superficiale perché mi sembrava già nella forma mentale di affrontare la mano successiva senza condizionamenti emotivi come, immagino, sia normale per i bravi giocatori.
Ripensandoci mi pare che la fase di licitazione del bridge sia affine a un classico problema informatico: quello di minimizzare l’entropia nell’informazione. Almeno questo è quello che mi sembra di ricordare dal corso di Teoria dell’Informazione e della Trasmissione (TIT per gli amici!).
Ovvero il sistema di gioco ideale dovrebbe massimizzare l’informazione trasmessa da ciascun codice pesata per la probabilità che si verifichi una certa classe di mani. Poi, chiaro, le regole specifiche del bridge complicano il tutto però, se ne sapessi di più del gioco, mi divertirei a ragionarci sopra…
Conclusione: comunque il succo di questo pezzo, il suo insegnamento generale cioè, è che alcune situazioni non si possono giudicare col senno di poi (ma, al limite, con la statistica dove e quando sia possibile farlo). E in effetti si tratta della maggioranza: l’influenza del caso è sempre predominante nella vita. Anche giocando al meglio le cose possono andare male.
Non so: forse è per questo che le carte, con la loro casualità, non mi piacciono e ho preferito un gioco, come gli scacchi, dove l'elemento della fortuna è assente...
Iscriviti a:
Post (Atom)