[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.5.1 "Fase 2").
Quattro anni fa (v. L’uomo color arancione) cercai per qualche mese di seguire l’attività politica di Trump per poter rispondere alla domanda che mi ero posto sull’Epitome e sul ghiribizzo: Trump rappresenta un populismo reale o apparente? Per provenienza sociale Trump avrebbe dovuto essere dalla parte dei parapoteri ma, come singolo individuo, non potevo darlo per scontato.
Il problema era trovare informazioni corrette ed equilibrate sul suo operato: sulla nostra stampa rimbalzavano infatti le notizie dei media americani che, lo sappiamo, erano tutti schierati contro di lui: a me non interessava della retorica spiccia su quanto fosse “cattivo” e “impreparato” ma solo i fatti. Allora provai a seguire il sito ufficiale della Casa Bianca: ma anche questo, mi resi conto, era (comprensibilmente) fuorviante in senso opposto: ovvero troppo a favore dell’operato di Trump.
Insomma per informarmi correttamente avrei dovuto fare uno sforzo non indifferente incrociando l’informazione pro e contro Trump per cercare di identificare i fatti che mi interessavano e che volevo giudicare per stabilire il suo tipo di populismo.
Alla fine la mia sensazione fu che Trump fosse in “buona fede” ovvero che rappresentasse un populismo reale ma che, non avendo letto la mia Epitome (!), non sapesse esattamente quale fosse il problema degli USA (e di tutto il mondo occidentale) e agisse quindi, in accordo con la mia teoria ([E] 13.6), dando un colpo al cerchio (ovvero ai parapoteri) e uno alla botte (la democratastenia).
Per questo approfittai dell’occasione per cessare di seguire con attenzione Trump: decisi che sarebbe stato più semplice valutare il suo operato al termine del mandato e, soprattutto, osservare l’andamento di dati economici difficilmente contestabili: tipo l’andamento dell’occupazione, l’andamento della distribuzione della ricchezza (anche se questo ha una notevole inerzia) etc…
E così cercherò di fare anche se so già che sarà MOLTO difficile trovare i dati utili non inquinati da passioni politiche…
Comunque stamani sono tornato a riflettere su Trump a causa di questo articolo: Trump ha firmato ordine su social media: 'Twitter fa attivismo politico' su Ansa.it
Sfortunatamente l’articolo (suppongo basato su qualche agenzia americana) riesce nella difficile impresa di non spiegare cosa prevede l’iniziativa di Trump. Impossibile giudicarla dalla sola frase (cito a memoria) “i social non avranno più l’immunità per i contenuti pubblicati”.
Tutta la questione è nata a causa della censura da parte di Twitter di alcuni cinguettii del presidente americano. O, se non censura, questi sono stati segnalati come “errati” ovvero come “informazione false”. Semplicemente un’altra forma di censura: e non posso non pensare alla vera e propria follia di YouTube che pochi giorni fa ha censurato perfino MedCram rimuovendone dei video giudicati “falsi” o chissà che altro...
A mio avviso Trump avrebbe dovuto prendere l'occasione per difendere la libertà d’espressione di tutti gli utenti vietando ogni forma di censura. Non è chiaro invece (grazie alla pochezza dell’articolo dell’Ansa che non ha neppure provato a dare qualche dettaglio in più) quale sia la relazione contro la censura dell’iniziativa di Trump: anzi, sembrerebbe andare nella direzione opposta! Proprio perché le reti sociali diventerebbero responsabili dei contenuti degli utenti ecco che allora sarebbero incoraggiate ad AUMENTARE la censura per proteggersi da eventuali rischi legali.
E, individuata l'aporia, vado quindi a cercare su altre fonti cosa è veramente successo…
La ricerca è stata breve: Trump signs executive order to narrow protections for social media platforms di David Smith su TheGuardian.com (*1)
Questo è un articolo: spiega i fatti, i punti di vista di Trump e Twitter e vi aggiunge delle considerazioni intelligenti. La considerazione “intelligente” in questo caso sarebbe una parafrasi di quanto avevo già scritto io, ovvero che l’iniziativa di Trump potrebbe portare a un aumento della censura e non alla sua diminuzione.
In realtà, per come la vedo io, è semplicemente l’inizio di una battaglia politica. Il punto di partenza di Trump è (mia sintesi) “Voi reti sociali siete tutelate e protette legalmente perché siete piattaforme neutre dove tutti possono esprimere quello che pensano: se però censurate ecco che allora non siete più neutre e, dunque, non avete più diritto alle sopraddette tutele”. Messa così la sua iniziativa ha senso. Questa mossa di Trump mi sembra però solo una minaccia alle reti sociali in ottica preelettorale: fra qualche mese inizierà il lungo processo elettorale americano e il presidente USA non vuole essere ostacolato anche dalle reti sociali visto che ha già i media tutti contro. In pratica quindi Trump dice a Twitter: non mi ostacolare o io farò altrettanto (a Wall Street i vari giganti del settore hanno già perso terreno). Al che Twitter cercherà di capire quanto supporto ha da i democratici, valuterà quali sono i rischi e pericoli e alla fine, suppongo, troverà un accordo sottobanco col presidente.
In altre parole la mossa di Trump contro Twitter non mi sembra andare in direzione della tutela della libertà d’espressione di tutti (cosa che sarebbe stata ottima rafforzando la democratastenia) ma solo della propria (decisamente meno utile sebbene comprensibile).
Era ovvio che questa mia brevissima indagine non avrebbe comunque, in nessun caso, risolto il dilemma di quale sia il tipo di populismo di Trump ma speravo comunque di ottenere un indizio più preciso.
Alla fine quello che emerge è soprattutto l’inadeguatezza dell’informazione italiana: leggendo l’articolo dell’Ansa non si capisce niente di quanto accaduto, le azioni di Trump appaiono semplicemente prive di senso e Twitter la povera vittima innocente. Basta leggere un articolo del giornale inglese per capire invece come stanno le cose.
Che poi anche valutando a occhio la lunghezza dei due articoli si ha che quello dell’Ansa è lungo una schermata mentre quello di TheGuardian tre. Qualità e quantità sono due dimensioni distinte che anzi, spesso, non vanno d’accordo: in questo caso però il maggiore approfondimento di TheGuardian aumenta la comprensione della vicenda…
Conclusione: se avessi letto prima TheGuardian invece di Ansa mi sarei risparmiato la stesura di un pezzo sostanzialmente inutile!
Nota (*1): in realtà la mia scelta di leggere l’articolo di TheGuardian non è stata casuale. Ricordavo dall’epoca di Snowden e Assange che quella mi era sembrata la fonte d’informazione più equilibrata e oggettiva. Ho scoperto leggendo l’appello alla fine dell’articolo che l’indipendenza è la loro linea editoriale: tutti i media strombazzano la propria oggettività ma pochissimi vi riescono. The Guardian mi pare uno di questi...
alla prima stazione
1 ora fa
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