Oggi sono pigro. In verità sono sempre pigro ma oggi lo sono particolarmente: mi succede sempre dopo aver pubblicato una nuova versione dell’Epitome. Sarà il rilassamento…
Quindi, dovendo stabilire cosa fare, avevo deciso di optare per ciò di cui avevo meno voglia: la mia teoria è che quello che mi è più faticoso mi fa anche meglio…
Avevo quindi deciso di andare avanti col mio progettino in Python per realizzare mappe: il problema è che sono rimasto indietro col pezzo in cui dovrei seguirne i progressi: programmare in sé non sarebbe il problema ma mi fa fatica creare le GIF animate e convertire il codice in un formato HTML leggibile…
Stabilito questo invece farò tutt'altro: un bel pezzo a ruota libera è quello di cui ho bisogno!
Vabbè: ora tuona e allora, visto che qui nel bosco un fulmine su 10 casca sulla linea telefonica, stacco tutto…
…
…
Riattaccato tutto, niente fulmini…
Nel frattempo, a calcolatore spento, ho finalmente iniziato a leggere “Il disagio della civiltà” di Freud: per adesso continua a parlare di religione però…
Situazione libri:
- Disagio della civiltà e altri saggi: sono a circa ¾. Freud è piacevole da leggere. Ci conto molto su quest’ultimo saggio…
- Le confessioni di Sant’Agostino a ¼ forse un po’ meno. Se non ci fossero le continue lodi a Dio sarebbe molto piacevole. Ha il vantaggio di avere capitoli molto corti.
- Il tramonto dell’euro di Bagnai. Sono ai 2/3 forse un po’ di più. Lo tengo in bagno (non in onore del suo autore!) e quindi, nel periodo in cui ho letto Lila dice, non sono andato avanti… Il libro è FONDAMENTALE per capire la situazione economica (e non solo) dell’Italia però, come col suo sito Goofynomics, mi mette di cattivo umore leggerlo.
- Tutti i racconti di Lovecraft: 1897-1922: sono a metà. Mi è venuta in mente l’idea di cercare fra i suoi scritti un’epigrafe per il mio capitolo sui pericoli…
- Momentaneamente sospesi: Vite parallele di Plutarco e i Racconti di Cechov…
In verità avrei tantissime altre cose da leggere: è che dedico pochissimo tempo alla lettura...
Leggendo Lovecraft mi è venuta voglia di scrivere un racconto imitandone (vagamente!) lo stile. Avevo avuto anche una buona idea ma poi mi sono reso conto che il racconto sarebbe stato interessante ma non avrebbe fatto paura!
Così ho iniziato a chiedermi come si suscita la paura: in effetti non è facile! Ho pensato allora alle pellicole che mi hanno impaurito: Shining, The Blair witch project, The ring, Alien e sicuramente molti altri che adesso non ricordo…
Però i registi sono avvantaggiati: lo spettatore non può scappare durante la proiezione, non ha tempo per riflettere, viene trascinato dalle immagini e non può rimuginare su eventuali incongruenze…
Invece leggendo un libro si può scegliere come e quando andare avanti, la progressione degli eventi, dovendo procedere con lo scorrere delle parole, non può essere immediata come l’immagine di un film... e se c’è qualcosa di poco chiaro il lettore ha tutto il tempo per rifletterci…
In una pellicola la paura può nascere dalla sorpresa, dal maniaco che appare all’improvviso da dietro una porta; in un libro questo non può succedere la paura deve essere di tipo diverso, più profondo, che lascia un disagio difficile da scacciare…
In Lovecraft la paura è di un caratteristico sapore esistenziale: l’uomo non è niente nell’universo, è una pulce che le divinità astrali ignorano. Un orrore profondamente ateo.
Non ricordo dove l’ho letto ma ricordo qualcosa del tipo “il vero ateismo non è non credere in Dio ma nel considerare l’uomo insignificante a Dio”…
Aspetta vediamo se ritrovo il passaggio preciso (credo di averlo letto in Freud)…
…
…
Trovato!
«Chi non procede oltre [al senso di piccolezza e impotenza di fronte all’universo] , chi umilmente si rassegna alla parte insignificante dell’uomo nel vasto mondo, costui è davvero irreligioso nel più vero significato della parola.» (*1)
Insomma: sul senso più o meno c’ero ma la frase è tutta diversa!
In molte pellicole si ha paura quando si teme possa accadere qualcosa di “brutto” a un personaggio che ci sta a cuore: anzi spesso è proprio il personaggio che, contro ogni buon senso, si va a mettere in una condizione di pericolo!
Per i motivi sopraddetti ciò non è facilmente replicabile in un libro: il ritmo della lettura è troppo lento: anche quando il protagonista fugge precipitosamente, l’incesso del lettore non si affretta…
Nel racconto che vorrei scrivere mi piacerebbe riuscire a evocare, se non paura, almeno una certa angoscia. In più mi piacerebbe aggiungervi un retrogusto più profondo, di insignificanza umana che è caratteristica di Lovecraft il quale, dopo tutto, voglio cercare di imitare…
Mentre scrivevo mi sono venute in mente anche delle buone idee per cercare di creare l’effetto sperato: vedremo!
Conclusione: mi ero appuntato anche un altro spunto su cui pensavo di scrivere: si tratta del tempo e della sua natura… Idee vaghe, intuizioni strampalate ma che mi hanno colpito…
Però ho già scritto abbastanza e non voglio divagare visto che alla fine oggi, nonostante la partenza difficoltosa, mi è venuto un pezzo abbastanza coerente!
Magari potrei inserire queste mie idee nel raccontino? Uhm…
Nota (*1): tratto dal saggio “L’avvenire di un’illusione” di Freud, trad. Sandro Candreva e E. A. Panaitescu in “Il disagio della civiltà e altri saggi” di Freud, (E) Bollati Boringhieri, 2019.
venerdì 30 agosto 2019
giovedì 29 agosto 2019
Freud al volo
Un pezzo al volo perché devo uscire: ho in cantiere un articolo di politica ma lo devo terminare e comunque so che più aspetto e maggiori informazioni avrò…
Allora ne approfitto per segnalare un paio di passaggi che ho trovato divertenti nel saggio di Freud che sto leggendo adesso (“L’avvenire di un’illusione”).
Il primo è un breve accenno alla “debilità mentale fisiologica”. All’epoca (1927) ancora si dibatteva sull’intelligenza delle donne. Vi era una teoria secondo la quale il piccolo cervellino femminile fosse costituzionalmente inferiore, cioè meno capace, di quello maschile.
Freud onestamente ricorda che tale teoria è dibattuta e non certa e poi osserva che questa “atrofia” nello sviluppo dell’intelligenza potrebbe essere dovuta alla diversa educazione riservata alle bambine che non permetteva loro di sviluppare a pieno il loro potenziale intellettivo.
Mi pare, come al solito, un’intuizione notevole di Freud.
Oltretutto la sua osservazione mi fa tornare in mente numerosi articoli che parlano degli influssi psicologici nell’educazione. In particolare contano moltissimo le aspettative del singolo e della società: uffa, ho ricercato l’articolo che avevo in mente ma non l’ho ritrovato…
Il senso però è che basta pochissimo per influenzare il rendimento di un esame: se ci si aspettava che le ragazzine non riuscissero in un esame e soprattutto se queste lo pensavano allora il loro risultato sarebbe stato nettamente inferiore; fortunatamente vale anche il contrario: se ci si convince che si può fare bene allora è più probabile riuscirci…
Del resto “La mente dell’uomo può fare un paradiso dell’Inferno e un inferno del Paradiso” (citazione sbracata di Milton)…
Altro passaggio divertente è dove Freud ironizza sul proibizionismo (dal 1920 al 1933) americano: spiega che non si può sostituire degli sfoghi alle pulsioni umane col “timore di Dio” e prevede, senza incertezze, che l’esperimento sarebbe destinato a fallire.
Ah! il buffo sta nel fatto che attribuisce il proibizionismo all’influenza del “dominio femminile”. L’implicazione è divertente…
Infine un passaggio che mi ha fatto piacere. Il saggio di Freud è “contro” la religione nel senso che per l’autore è un fenomeno ormai superato e che anzi impedisce lo sviluppo intellettivo nei ragazzi; anzi spiega che la religione per la società è l’analogo di una nevrosi per un singolo individuo!
Alla fine del capitolo 9 conclude che se l’uomo non sprecasse tempo nella religione allora ne avrebbe di più a disposizione per cercare di migliorare effettivamente la società.
Questa semplice considerazione mi ha ricordato uno dei motivi della mia antipatia per i “Promessi sposi” del Manzoni: scrivevo (v. anche W il divorzio) di ritenere diseducativo tutto il concetto della Divina Provvidenza perché spinge l’uomo ad accettare le ingiustizie invece che cercare di superarle. Insomma un’idea parallela a quella di Freud…
Mi fermo qui perché devo scappare!
Conclusione: sono a poco più di metà della raccolta di saggi di Freud “Il disagio della civiltà e altri saggi”. Come previsto i passaggi interessanti sono molti anche nei saggi che mi interessano poco, ma ho grande fiducia per “Il disagio della civiltà” vero e proprio che dovrei iniziare a breve: speriamo!
Allora ne approfitto per segnalare un paio di passaggi che ho trovato divertenti nel saggio di Freud che sto leggendo adesso (“L’avvenire di un’illusione”).
Il primo è un breve accenno alla “debilità mentale fisiologica”. All’epoca (1927) ancora si dibatteva sull’intelligenza delle donne. Vi era una teoria secondo la quale il piccolo cervellino femminile fosse costituzionalmente inferiore, cioè meno capace, di quello maschile.
Freud onestamente ricorda che tale teoria è dibattuta e non certa e poi osserva che questa “atrofia” nello sviluppo dell’intelligenza potrebbe essere dovuta alla diversa educazione riservata alle bambine che non permetteva loro di sviluppare a pieno il loro potenziale intellettivo.
Mi pare, come al solito, un’intuizione notevole di Freud.
Oltretutto la sua osservazione mi fa tornare in mente numerosi articoli che parlano degli influssi psicologici nell’educazione. In particolare contano moltissimo le aspettative del singolo e della società: uffa, ho ricercato l’articolo che avevo in mente ma non l’ho ritrovato…
Il senso però è che basta pochissimo per influenzare il rendimento di un esame: se ci si aspettava che le ragazzine non riuscissero in un esame e soprattutto se queste lo pensavano allora il loro risultato sarebbe stato nettamente inferiore; fortunatamente vale anche il contrario: se ci si convince che si può fare bene allora è più probabile riuscirci…
Del resto “La mente dell’uomo può fare un paradiso dell’Inferno e un inferno del Paradiso” (citazione sbracata di Milton)…
Altro passaggio divertente è dove Freud ironizza sul proibizionismo (dal 1920 al 1933) americano: spiega che non si può sostituire degli sfoghi alle pulsioni umane col “timore di Dio” e prevede, senza incertezze, che l’esperimento sarebbe destinato a fallire.
Ah! il buffo sta nel fatto che attribuisce il proibizionismo all’influenza del “dominio femminile”. L’implicazione è divertente…
Infine un passaggio che mi ha fatto piacere. Il saggio di Freud è “contro” la religione nel senso che per l’autore è un fenomeno ormai superato e che anzi impedisce lo sviluppo intellettivo nei ragazzi; anzi spiega che la religione per la società è l’analogo di una nevrosi per un singolo individuo!
Alla fine del capitolo 9 conclude che se l’uomo non sprecasse tempo nella religione allora ne avrebbe di più a disposizione per cercare di migliorare effettivamente la società.
Questa semplice considerazione mi ha ricordato uno dei motivi della mia antipatia per i “Promessi sposi” del Manzoni: scrivevo (v. anche W il divorzio) di ritenere diseducativo tutto il concetto della Divina Provvidenza perché spinge l’uomo ad accettare le ingiustizie invece che cercare di superarle. Insomma un’idea parallela a quella di Freud…
Mi fermo qui perché devo scappare!
Conclusione: sono a poco più di metà della raccolta di saggi di Freud “Il disagio della civiltà e altri saggi”. Come previsto i passaggi interessanti sono molti anche nei saggi che mi interessano poco, ma ho grande fiducia per “Il disagio della civiltà” vero e proprio che dovrei iniziare a breve: speriamo!
mercoledì 28 agosto 2019
La piccola Westernheim
In questi giorni non ho scritto di politica per due motivi: sto aspettando il risultato del primo giro di incontri fra PD e M5S ma, soprattutto, sono stato impegnato nella stesura della nuova versione 1.3.2 dell’Epitome!
A (molta) sorpresa l’ho già terminata e battezzata, per motivi di cui (credo) scriverò in un pezzo a parte, “Westernheim”.
In effetti le modifiche sono state meno del solito: le poche note che avevo aggiunto durante e dopo la stesura della recente 1.3.1. Come spiegato ho in programma di aggiungere un nuovo capitolo ma, anche per rompere la monotonia della sequenza versione maggiore poi versione minore e così via da capo, ho preferito rimandare questa modifica più impegnativa.
Alla fine comunque ho aggiunto un nuovo sottocapitolo intitolato “La prima globalizzazione” (il nuovo sottocapitolo 11.3). Per la verità c’è anche un nuovo sottocapitolo 1.4 ma questo è sostanzialmente derivato dalla divisione del materiale dell’1.3: sì, c’è qualcosa di nuovo ovviamente, ma il grosso proviene dal sottocapitolo 1.3.
In definitiva la versione 1.3.2 è cresciuta di appena 4 pagine (257) rispetto alla 1.3.1 mentre le note sono arrivate a quota 989 contro le precedenti 967.
Ricordo che un mio amico sosteneva che abusassi un po’ troppo delle note: può darsi che sia così ma in effetti si adattano molto bene al mio modo di pensare. Da una parte cerco di essere conciso ma contemporaneamente rimango consapevole dei numerosi fattori che influenzano un’argomentazione. Questi fattori li inserisco nelle note: in questa maniera l’essenziale rimane tale ma nella nota ci sono comunque quegli elementi che giudico utili alla piena comprensione di quanto ho scritto.
In effetti mi piacerebbe poter aggiungere note all’interno delle note (questo mi aiuterebbe a riportare ancor più facilmente il mio pensiero, tendenzialmente molto ramificato, su carta!) ma (s)fortunatamente LibreOffice non me lo permette!
Ho poi modificato sensibilmente i sottocapitoli 1.4, 9.5 e 12.1, ho aggiornato il Glossario che mi era rimasto indietro di varie voci e ho introdotto l’utilissimo acronimo CdRI che (ovviamente!) sta per Condizioni di Rappresentatività Imperfetta. Probabilmente l’Epitome, solo grazie a questo acronimo, si è accorciata di una pagina!
Infine ho riguardato, riletto e corretto i capitoli 1, 2 e 3. Mi rimangano da rivedere il 4, 6, 8, 10, 11, 16, 17 e 18. In effetti sono stato un po’ pigro: avrei potuto riguardare almeno un altro capitolo…
Sfortunatamente non ho aggiunto nessuna epigrafe: ne ho trovata qualcuna potenzialmente interessante nei saggi di Freud ma la mia “procedura” riguardo le epigrafi è quella di terminare prima il libro che sto leggendo, inserirle in un apposito archivio, confrontarle con quelle già esistenti ed, eventualmente, aggiungerle all’Epitome in sostituzione di quelle già presenti.
Credo che “presto” (un anno?) avrò abbastanza Epigrafi da poterne aggiungere una ad ogni sottocapitolo: mi piacerebbe molto in effetti. Il problema è che per alcuni capitoli (tipo quello sulla religione) ne avrei anche troppe mentre per altri ancora non ho trovato di che sostituire gli aforismi tratti dalla raccolta...
Proprio oggi, mentre terminavo di rileggere il 3° capitolo, ho avuto un’idea molto interessante sulle caratteristiche di una società all’interno di una società e su ciò che questo comporta. Sicuramente ne scriverò nella prossima versione ma forse vedrò di chiarirmi preventivamente le idee scrivendoci un pezzo… uhm… vedremo!
Conclusione: il bello di aver scritto questa nuova versione in pochi giorni è che non mi sento stanco: prevedo quindi di iniziare la 1.4.0, quella col nuovo capitolo, probabilmente già a settembre. Ovviamente però, come al solito, nulla è certo!
A (molta) sorpresa l’ho già terminata e battezzata, per motivi di cui (credo) scriverò in un pezzo a parte, “Westernheim”.
In effetti le modifiche sono state meno del solito: le poche note che avevo aggiunto durante e dopo la stesura della recente 1.3.1. Come spiegato ho in programma di aggiungere un nuovo capitolo ma, anche per rompere la monotonia della sequenza versione maggiore poi versione minore e così via da capo, ho preferito rimandare questa modifica più impegnativa.
Alla fine comunque ho aggiunto un nuovo sottocapitolo intitolato “La prima globalizzazione” (il nuovo sottocapitolo 11.3). Per la verità c’è anche un nuovo sottocapitolo 1.4 ma questo è sostanzialmente derivato dalla divisione del materiale dell’1.3: sì, c’è qualcosa di nuovo ovviamente, ma il grosso proviene dal sottocapitolo 1.3.
In definitiva la versione 1.3.2 è cresciuta di appena 4 pagine (257) rispetto alla 1.3.1 mentre le note sono arrivate a quota 989 contro le precedenti 967.
Ricordo che un mio amico sosteneva che abusassi un po’ troppo delle note: può darsi che sia così ma in effetti si adattano molto bene al mio modo di pensare. Da una parte cerco di essere conciso ma contemporaneamente rimango consapevole dei numerosi fattori che influenzano un’argomentazione. Questi fattori li inserisco nelle note: in questa maniera l’essenziale rimane tale ma nella nota ci sono comunque quegli elementi che giudico utili alla piena comprensione di quanto ho scritto.
In effetti mi piacerebbe poter aggiungere note all’interno delle note (questo mi aiuterebbe a riportare ancor più facilmente il mio pensiero, tendenzialmente molto ramificato, su carta!) ma (s)fortunatamente LibreOffice non me lo permette!
Ho poi modificato sensibilmente i sottocapitoli 1.4, 9.5 e 12.1, ho aggiornato il Glossario che mi era rimasto indietro di varie voci e ho introdotto l’utilissimo acronimo CdRI che (ovviamente!) sta per Condizioni di Rappresentatività Imperfetta. Probabilmente l’Epitome, solo grazie a questo acronimo, si è accorciata di una pagina!
Infine ho riguardato, riletto e corretto i capitoli 1, 2 e 3. Mi rimangano da rivedere il 4, 6, 8, 10, 11, 16, 17 e 18. In effetti sono stato un po’ pigro: avrei potuto riguardare almeno un altro capitolo…
Sfortunatamente non ho aggiunto nessuna epigrafe: ne ho trovata qualcuna potenzialmente interessante nei saggi di Freud ma la mia “procedura” riguardo le epigrafi è quella di terminare prima il libro che sto leggendo, inserirle in un apposito archivio, confrontarle con quelle già esistenti ed, eventualmente, aggiungerle all’Epitome in sostituzione di quelle già presenti.
Credo che “presto” (un anno?) avrò abbastanza Epigrafi da poterne aggiungere una ad ogni sottocapitolo: mi piacerebbe molto in effetti. Il problema è che per alcuni capitoli (tipo quello sulla religione) ne avrei anche troppe mentre per altri ancora non ho trovato di che sostituire gli aforismi tratti dalla raccolta...
Proprio oggi, mentre terminavo di rileggere il 3° capitolo, ho avuto un’idea molto interessante sulle caratteristiche di una società all’interno di una società e su ciò che questo comporta. Sicuramente ne scriverò nella prossima versione ma forse vedrò di chiarirmi preventivamente le idee scrivendoci un pezzo… uhm… vedremo!
Conclusione: il bello di aver scritto questa nuova versione in pochi giorni è che non mi sento stanco: prevedo quindi di iniziare la 1.4.0, quella col nuovo capitolo, probabilmente già a settembre. Ovviamente però, come al solito, nulla è certo!
sabato 24 agosto 2019
Si riparte!
Stamani, dalle 5:00, ha iniziato a piovere: di solito questo significa che da me si entra nell’autunno, nel senso che picchi di calura non ci sono più e che la sera fa parecchio fresco!
Comunque, come anticipato nel corto Raffrescamento, ne approfitto per incominciare una nuova versione dell’Epitome.
Sono tentato di rimandare ulteriormente il nuovo capitolo e di limitarmi a modifiche minori: oltre alla mia pigrizia il motivo è che voglio un po’ interrompere l’usuale schema di versione maggiore, seguita da versione minore e così via. Questa volta sarebbe infatti versione maggiore (1.3.0), versione minore (1.3.1) e di nuovo versione minore (1.3.2)…
Comunque vedremo: non ho particolari ragioni per farlo quindi, se poi avrò voglia di scrivere, è possibilissimo che cambi idea!
Secondo Bagnai - 27/8/2019
Bagnai ricostruisce i motivi della crisi di governo e le prospettive future: QED (Fuoriserie)
Ottima analisi anche se, ovviamente, di parte: non c’è accenno (per scelta) alla differenza fra Lega/Salvini e Lega/Giorgetti e, analogamente, il M5S è considerato (per non conoscenza) un tutt'uno schiacciato sul M5S/Grillo-Casaleggio. Inoltre non c'è accenno al "partito del presidente" anche se questo viene dato per scontato.
Dà ormai per scontato un governo M5S-PD a guida Conte ma non crede che avrà vita lunga anche se non esclude possa arrivare a fine legislatura...
Percentuali - 28/8/2019
Da un cinguettio del profilo ufficiale del Partito Democratico del 27/9/2018:
«Portare il deficit al 2.4% del PIL non è la rivoluzione del popolo contro i mercati, ma è una manovra che va contro gli interessi di questo Paese» (Marattin)
Oggi, da Repubblica: «Si prepara la manovra in deficit, giallo-rossi pronti ad arrivare al 3%».
La UE aspetta di vedere se il governo PD-M5S nascerà davvero prima di dare la propria approvazione…
Chi ha il cervello lo può usare per chiedersi il perché di questo cambiamento di rotta...
Invecchiamento - 3/9/2019
Da quando ho fatto l’errore di usare gli occhiali da lettura per più giorni consecutivi la vista mi è calata nettamente e, adesso, non posso più farne praticamente a meno…
Inoltre, sempre da qualche tempo, quando sono molto molto stanco e magari sto leggendo o guardando la tivvù, le palpebre tendono a chiudersi da sole: c’è da dire che non cerco di combattere questo fenomeno ma semplicemente me ne vado a letto quindi non so quanto sia difficile/possibile opporvisi.
Però è buffo: avevo sentito dire la frase “mi si chiudono gli occhi dal sonno” ma non l’avevo mai sperimentato sulla mia pelle/palpebre…
Poca insonnia - 3/9/2019
Di solito scrivo della mia insonnia solo quando non dormo dando così l’impressione che sia molto grave.
In realtà, dopo averne sofferto per una ventina d’anni, adesso l’ho praticamente superata. Il trucco? Vado a letto quando sono proprio stanco: in genere fra le 1:00 e le 3:00 e mi alzo fra le 7:00 e le 9:00. Ho calcolato che mediamente dormo sulle 5 ore e mezzo con circa 3 ore di sonno continuo.
Soprattutto mi addormento rapidamente e, anche se mi sveglio frequentemente nel sonno, mi riaddormento subito…
Vedi anche Napoleone e il dentista per un giusto approccio psicologico all’insonnia...
Comunque, come anticipato nel corto Raffrescamento, ne approfitto per incominciare una nuova versione dell’Epitome.
Sono tentato di rimandare ulteriormente il nuovo capitolo e di limitarmi a modifiche minori: oltre alla mia pigrizia il motivo è che voglio un po’ interrompere l’usuale schema di versione maggiore, seguita da versione minore e così via. Questa volta sarebbe infatti versione maggiore (1.3.0), versione minore (1.3.1) e di nuovo versione minore (1.3.2)…
Comunque vedremo: non ho particolari ragioni per farlo quindi, se poi avrò voglia di scrivere, è possibilissimo che cambi idea!
Secondo Bagnai - 27/8/2019
Bagnai ricostruisce i motivi della crisi di governo e le prospettive future: QED (Fuoriserie)
Ottima analisi anche se, ovviamente, di parte: non c’è accenno (per scelta) alla differenza fra Lega/Salvini e Lega/Giorgetti e, analogamente, il M5S è considerato (per non conoscenza) un tutt'uno schiacciato sul M5S/Grillo-Casaleggio. Inoltre non c'è accenno al "partito del presidente" anche se questo viene dato per scontato.
Dà ormai per scontato un governo M5S-PD a guida Conte ma non crede che avrà vita lunga anche se non esclude possa arrivare a fine legislatura...
Percentuali - 28/8/2019
Da un cinguettio del profilo ufficiale del Partito Democratico del 27/9/2018:
«Portare il deficit al 2.4% del PIL non è la rivoluzione del popolo contro i mercati, ma è una manovra che va contro gli interessi di questo Paese» (Marattin)
Oggi, da Repubblica: «Si prepara la manovra in deficit, giallo-rossi pronti ad arrivare al 3%».
La UE aspetta di vedere se il governo PD-M5S nascerà davvero prima di dare la propria approvazione…
Chi ha il cervello lo può usare per chiedersi il perché di questo cambiamento di rotta...
Invecchiamento - 3/9/2019
Da quando ho fatto l’errore di usare gli occhiali da lettura per più giorni consecutivi la vista mi è calata nettamente e, adesso, non posso più farne praticamente a meno…
Inoltre, sempre da qualche tempo, quando sono molto molto stanco e magari sto leggendo o guardando la tivvù, le palpebre tendono a chiudersi da sole: c’è da dire che non cerco di combattere questo fenomeno ma semplicemente me ne vado a letto quindi non so quanto sia difficile/possibile opporvisi.
Però è buffo: avevo sentito dire la frase “mi si chiudono gli occhi dal sonno” ma non l’avevo mai sperimentato sulla mia pelle/palpebre…
Poca insonnia - 3/9/2019
Di solito scrivo della mia insonnia solo quando non dormo dando così l’impressione che sia molto grave.
In realtà, dopo averne sofferto per una ventina d’anni, adesso l’ho praticamente superata. Il trucco? Vado a letto quando sono proprio stanco: in genere fra le 1:00 e le 3:00 e mi alzo fra le 7:00 e le 9:00. Ho calcolato che mediamente dormo sulle 5 ore e mezzo con circa 3 ore di sonno continuo.
Soprattutto mi addormento rapidamente e, anche se mi sveglio frequentemente nel sonno, mi riaddormento subito…
Vedi anche Napoleone e il dentista per un giusto approccio psicologico all’insonnia...
venerdì 23 agosto 2019
Previsioni corrette
Allora un breve aggiornamento della situazione politica dal MIO punto di vista: i “fatti” nuovi su cui mi baso sono i contatti fra M5S e PD per la formazione di un governo giallo-rosso.
In realtà non c’è molto da dire: il PD ha presentato 5 punti e il M5S ha risposto con 10. Alcuni punti del PD sono piuttosto chiari, ricordo ad esempio l’abolizione del decreto sicurezza, quelli del M5S sono estremamente vaghi. Ho cercato di recuperare quelli del PD per rinfrescarmi le idee ma non li ho trovati subito e, dopo pochi tentativi, ho lasciato perdere…
In realtà infatti credo che M5S e PD siano consapevoli che un loro governo insieme, nel medio lungo termine, farebbe perdere consenso a entrambi (soprattutto se la Lega facesse una buona opposizione evidenziando passo passo le varie scelte incongruenti che inevitabilmente verrebbero fatte). Quindi, al di là di questi “punti”, ciò che si vuole probabilmente ottenere è solo perdere tempo ricercando un accordo improbabile, immagino un mesetto, per arrivare a poter far dire al Mattarella “Non c’è più tempo per le elezioni: è necessario un governicchio di scopo/tecnico o come lo volete chiamare”.
Idealmente questo governicchio istituzionale dovrebbe essere votato anche da Forza Italia in maniera che possa palliarsi da governo sostenuto da “tutte” le forze politiche italiane e non solo da PD e M5S.
Ed ecco che ora si capisce (*1) il perché dell’occhiolino fatto da Salvini a Forza Italia qualche giorno fa: in pratica Salvini ha fatto capire che adesso sarebbe pronto ad allearsi con loro alle elezioni anticipate ma, certo, se dovessero compromettersi sostenendo qualsiasi governicchio, verrebbero scaricati al 100%.
Non so: bisognerebbe sapere come stanno andando gli abboccamenti che di sicuro avvengono in queste ore fra le varie forze politiche. Probabilmente sta venendo verificata la disponibilità di Forza Italia, o di almeno parte di essa, a sostenere un governicchio del presidente.
Alla fine l’accordo del PD e M5S potrebbe essere l’unica possibilità per evitare le elezioni: in tal caso però Di Maio potrebbe trovare facilmente una scusa per rompere col M5S (mia vecchia teoria per adesso non confermata, ma neppure smentita, da nessuna prova)…
E le elezioni, in realtà, sarebbero forse un male accettabile da Zingaretti che avrebbe la possibilità di ridimensionare sensibilmente la truppa di parlamentari fedeli a Renzi (infatti è il segretario del PD che decide le candidature) invece di dover aspettare altri 4 anni.
Da parte sua è plausibile che il M5S, immerso nella propria autoreferenzialità, sia sincero quando dice di non temere le elezioni: lo vedo dai miei amici/conoscenti attivisti che credono alla propria stessa propaganda anche se i “mi piace” che raccolgono sono sempre i loro…
Insomma il ritorno al voto non sarebbe la prima scelta né del PD né del M5S ma forse, per motivi diversi, potrebbe essere un male tollerabile per entrambi.
Se poi dovesse prevalere la paura del voto ecco che allora un governo giallo-rosso diverrebbe forse realmente possibile: ma, in tal caso, farei fatica a immaginare che possa avere avere una lunga vita...
Come conclusione aggiorno le mie percentuali date appena lo scorso lunedì…
Queste le “vecchie” percentuali:
- governicchio “solido” → 67,5%
- rimpasto di governo → 17.5%
- governicchio “fragile” → 12.5%
- voto in autunno → 2.5%
I nuovi elementi da considerare sono:
1. I colloqui fra M5S e PD (novità di queste ore)
2. Gli interessi per il ritorno al voto di M5S e PD (non considerati nelle precedenti valutazioni).
- governicchio “solido” → 67,5% + 5% (1) – 8% (2)
- rimpasto di governo → 17.5% - 7% (1)
- governicchio “fragile” → 12.5% + 3% (1) – 2% (2)
- voto in autunno → 2.5% - 1% (1) + 10% (2)
Ovvero:
- governicchio “solido” → 64,5%
- rimpasto di governo → 10.5%
- governicchio “fragile” → 13.5%
- voto in autunno → 11.5%
Ancora quindi l’ipotesi di governicchio “solido” resta, soprattutto per la paura delle elezione delle parti interessate, la possibilità decisamente più probabile.
Lo spazio per una ricucitura fra Lega e M5S pare diminuire ma resta sempre un opzione plausibile sebbene improbabile. (In verità credo che i nuovi ammiccamenti della Lega al M5S siano solo di disturbo nelle trattative fra M5S e PD).
Più o meno costante (e bassa) la probabilità del governicchio “fragile” che, lo ricordo, lo intendo come sostenuto da un M5S spaccato, con Di Maio e altri parlamentari al secondo mandato che si mettono “in proprio”.
Invece cresce sensibilmente, pur rimanendo improbabile, la possibilità di un ritorno immediato alle urne.
Come mai tutta questa variabilità nelle mie percentuali?
Beh, in parte si tratta di correzioni delle mie previsioni iniziali dovute a elementi che non avevo considerato (quindi a dei miei veri e propri errori di valutazione); altre variazioni, più piccole, sono invece dovute alle nuove notizie e scelte che vengono effettuate dalle varie forze politiche.
Poi ovviamente pesa moltissimo la mancanza di dati affidabili: noi persone comuni siamo forse a conoscenza di un 20% dei reali rapporti fra i diversi politici: è come prevedere il risultato di una partita di calcio conoscendo solo 5-6 giocatori che scendono in campo...
Se ne avrò voglia proverò a ricostruire quelle che avrebbero dovuto essere le mie previsioni iniziali se avessi considerato immediatamente tutti gli elementi a mia disposizione…
Anzi lo faccio subito…
Previsioni iniziali:
- rimpasto di governo → 40%
- governicchio “solido” → 30%
- governicchio fragile → 25%
- voto in autunno → 5%
Considerando che Salvini ritenesse un qualsiasi governicchio un male inevitabile, con la Lega momentaneamente all’opposizione, le percentuali cambiano decisamente:
- rimpasto di governo → 40% - 15% = 25%
- governicchio “solido” → 30% + 30% = 60%
- governicchio fragile → 25% - 15% = 10%
- voto in autunno → 5% = 5%
Considerando la correzione odierna numero 2:
- rimpasto di governo → 25% = 25%
- governicchio “solido” → 60% - 8% = 52%
- governicchio fragile → 10% - 2% = 8%
- voto in autunno → 5% + 10% = 15%
Se fossi stato un osservatore più attento e preciso della situazione politica le mie percentuali iniziali avrebbero dovuto quindi essere:
- rimpasto di governo → 25%
- governicchio “solido” → 52%
- governicchio fragile → 8%
- voto in autunno → 15%
Questo senza considerare l’elemento Lega/Giorgetti che ho scoperto solo a crisi in corso e che quindi non avrei potuto considerare…
Comunque, già cosi, la differenza con le mie ultime previsioni sarebbe molto più ridotta: ci sarebbe una variazione massima di circa il 15% per l’ipotesi rimpasto di governo.
Conclusione (vera): si sta parzialmente verificando, almeno nelle premesse teoriche, con circa un anno di ritardo, quanto prevedetti in Previsione per l’autunno (agosto 2018). All’epoca ritenevo infatti impossibile che il governo Conte potesse riuscire a fare la finanziaria di rottura col passato così disperatamente necessaria all’Italia: questo a causa di Tria e alla natura solo apparentemente populista del M5S ma, in realtà, sistemica.
Ma, come al solito, Salvini aveva però visto più lontano di me: avallò una finanziaria di attesa che però gli ha dato il tempo necessario per guadagnare un enorme consenso. Avesse rotto subito il governo (come ingenuamente avrei fatto io) si sarebbe ritrovato nella situazione attuale ma con una Lega data al 20-25% invece che al 38%...
Nota (*1): in realtà io l’avevo già intuito! Era un corteggiamento prevedibile e inevitabile per convincere i parlamentari di Forza Italia a fare quanto desiderato da Salvini: ne ho già scritto in passato e non sto a ripetermi...
In realtà non c’è molto da dire: il PD ha presentato 5 punti e il M5S ha risposto con 10. Alcuni punti del PD sono piuttosto chiari, ricordo ad esempio l’abolizione del decreto sicurezza, quelli del M5S sono estremamente vaghi. Ho cercato di recuperare quelli del PD per rinfrescarmi le idee ma non li ho trovati subito e, dopo pochi tentativi, ho lasciato perdere…
In realtà infatti credo che M5S e PD siano consapevoli che un loro governo insieme, nel medio lungo termine, farebbe perdere consenso a entrambi (soprattutto se la Lega facesse una buona opposizione evidenziando passo passo le varie scelte incongruenti che inevitabilmente verrebbero fatte). Quindi, al di là di questi “punti”, ciò che si vuole probabilmente ottenere è solo perdere tempo ricercando un accordo improbabile, immagino un mesetto, per arrivare a poter far dire al Mattarella “Non c’è più tempo per le elezioni: è necessario un governicchio di scopo/tecnico o come lo volete chiamare”.
Idealmente questo governicchio istituzionale dovrebbe essere votato anche da Forza Italia in maniera che possa palliarsi da governo sostenuto da “tutte” le forze politiche italiane e non solo da PD e M5S.
Ed ecco che ora si capisce (*1) il perché dell’occhiolino fatto da Salvini a Forza Italia qualche giorno fa: in pratica Salvini ha fatto capire che adesso sarebbe pronto ad allearsi con loro alle elezioni anticipate ma, certo, se dovessero compromettersi sostenendo qualsiasi governicchio, verrebbero scaricati al 100%.
Non so: bisognerebbe sapere come stanno andando gli abboccamenti che di sicuro avvengono in queste ore fra le varie forze politiche. Probabilmente sta venendo verificata la disponibilità di Forza Italia, o di almeno parte di essa, a sostenere un governicchio del presidente.
Alla fine l’accordo del PD e M5S potrebbe essere l’unica possibilità per evitare le elezioni: in tal caso però Di Maio potrebbe trovare facilmente una scusa per rompere col M5S (mia vecchia teoria per adesso non confermata, ma neppure smentita, da nessuna prova)…
E le elezioni, in realtà, sarebbero forse un male accettabile da Zingaretti che avrebbe la possibilità di ridimensionare sensibilmente la truppa di parlamentari fedeli a Renzi (infatti è il segretario del PD che decide le candidature) invece di dover aspettare altri 4 anni.
Da parte sua è plausibile che il M5S, immerso nella propria autoreferenzialità, sia sincero quando dice di non temere le elezioni: lo vedo dai miei amici/conoscenti attivisti che credono alla propria stessa propaganda anche se i “mi piace” che raccolgono sono sempre i loro…
Insomma il ritorno al voto non sarebbe la prima scelta né del PD né del M5S ma forse, per motivi diversi, potrebbe essere un male tollerabile per entrambi.
Se poi dovesse prevalere la paura del voto ecco che allora un governo giallo-rosso diverrebbe forse realmente possibile: ma, in tal caso, farei fatica a immaginare che possa avere avere una lunga vita...
Come conclusione aggiorno le mie percentuali date appena lo scorso lunedì…
Queste le “vecchie” percentuali:
- governicchio “solido” → 67,5%
- rimpasto di governo → 17.5%
- governicchio “fragile” → 12.5%
- voto in autunno → 2.5%
I nuovi elementi da considerare sono:
1. I colloqui fra M5S e PD (novità di queste ore)
2. Gli interessi per il ritorno al voto di M5S e PD (non considerati nelle precedenti valutazioni).
- governicchio “solido” → 67,5% + 5% (1) – 8% (2)
- rimpasto di governo → 17.5% - 7% (1)
- governicchio “fragile” → 12.5% + 3% (1) – 2% (2)
- voto in autunno → 2.5% - 1% (1) + 10% (2)
Ovvero:
- governicchio “solido” → 64,5%
- rimpasto di governo → 10.5%
- governicchio “fragile” → 13.5%
- voto in autunno → 11.5%
Ancora quindi l’ipotesi di governicchio “solido” resta, soprattutto per la paura delle elezione delle parti interessate, la possibilità decisamente più probabile.
Lo spazio per una ricucitura fra Lega e M5S pare diminuire ma resta sempre un opzione plausibile sebbene improbabile. (In verità credo che i nuovi ammiccamenti della Lega al M5S siano solo di disturbo nelle trattative fra M5S e PD).
Più o meno costante (e bassa) la probabilità del governicchio “fragile” che, lo ricordo, lo intendo come sostenuto da un M5S spaccato, con Di Maio e altri parlamentari al secondo mandato che si mettono “in proprio”.
Invece cresce sensibilmente, pur rimanendo improbabile, la possibilità di un ritorno immediato alle urne.
Come mai tutta questa variabilità nelle mie percentuali?
Beh, in parte si tratta di correzioni delle mie previsioni iniziali dovute a elementi che non avevo considerato (quindi a dei miei veri e propri errori di valutazione); altre variazioni, più piccole, sono invece dovute alle nuove notizie e scelte che vengono effettuate dalle varie forze politiche.
Poi ovviamente pesa moltissimo la mancanza di dati affidabili: noi persone comuni siamo forse a conoscenza di un 20% dei reali rapporti fra i diversi politici: è come prevedere il risultato di una partita di calcio conoscendo solo 5-6 giocatori che scendono in campo...
Se ne avrò voglia proverò a ricostruire quelle che avrebbero dovuto essere le mie previsioni iniziali se avessi considerato immediatamente tutti gli elementi a mia disposizione…
Anzi lo faccio subito…
Previsioni iniziali:
- rimpasto di governo → 40%
- governicchio “solido” → 30%
- governicchio fragile → 25%
- voto in autunno → 5%
Considerando che Salvini ritenesse un qualsiasi governicchio un male inevitabile, con la Lega momentaneamente all’opposizione, le percentuali cambiano decisamente:
- rimpasto di governo → 40% - 15% = 25%
- governicchio “solido” → 30% + 30% = 60%
- governicchio fragile → 25% - 15% = 10%
- voto in autunno → 5% = 5%
Considerando la correzione odierna numero 2:
- rimpasto di governo → 25% = 25%
- governicchio “solido” → 60% - 8% = 52%
- governicchio fragile → 10% - 2% = 8%
- voto in autunno → 5% + 10% = 15%
Se fossi stato un osservatore più attento e preciso della situazione politica le mie percentuali iniziali avrebbero dovuto quindi essere:
- rimpasto di governo → 25%
- governicchio “solido” → 52%
- governicchio fragile → 8%
- voto in autunno → 15%
Questo senza considerare l’elemento Lega/Giorgetti che ho scoperto solo a crisi in corso e che quindi non avrei potuto considerare…
Comunque, già cosi, la differenza con le mie ultime previsioni sarebbe molto più ridotta: ci sarebbe una variazione massima di circa il 15% per l’ipotesi rimpasto di governo.
Conclusione (vera): si sta parzialmente verificando, almeno nelle premesse teoriche, con circa un anno di ritardo, quanto prevedetti in Previsione per l’autunno (agosto 2018). All’epoca ritenevo infatti impossibile che il governo Conte potesse riuscire a fare la finanziaria di rottura col passato così disperatamente necessaria all’Italia: questo a causa di Tria e alla natura solo apparentemente populista del M5S ma, in realtà, sistemica.
Ma, come al solito, Salvini aveva però visto più lontano di me: avallò una finanziaria di attesa che però gli ha dato il tempo necessario per guadagnare un enorme consenso. Avesse rotto subito il governo (come ingenuamente avrei fatto io) si sarebbe ritrovato nella situazione attuale ma con una Lega data al 20-25% invece che al 38%...
Nota (*1): in realtà io l’avevo già intuito! Era un corteggiamento prevedibile e inevitabile per convincere i parlamentari di Forza Italia a fare quanto desiderato da Salvini: ne ho già scritto in passato e non sto a ripetermi...
mercoledì 21 agosto 2019
KGB dice
Ho finito di leggere Lila dice di Chimo, (E.) Mondadori, 1997, trad. di Fabio Gambaro.
Sono perplesso: lessi la traduzione in inglese una ventina d’anni fa, tutta d’un fiato, e mi piacque molto di più. Non riesco a stabilire se sia colpa della mia memoria o della traduzione in italiano.
Della prima lettura ricordo il linguaggio e le costruzioni spesso elementari unite alle belle immagini. In questa versione italiana lo stile piano l’ho percepito molto meno e poi, ogni tanto, vi ho trovato dei singoli vocaboli che mi stonavano.
In teoria (verificherò su Wikipedia se c’è qualche notizia in più) Chimo, l’autore, è un giovane immigrato magrebino di seconda generazione che vive in una periferia disagiata di Parigi: differentemente dai suoi coetanei ha una sensibilità spiccata che però nasconde per mescolarsi con i suoi amici. Solo una professoressa anni prima e Lila poi si accorgono del suo lato profondo e riflessivo che lui matura lentamento raccontando la propria vita su dei quaderni.
Chiaro che non sia facile da tradurre: ed è evidente che il dialetto di un sobborgo di Parigi non ha un equivalente in nessun dialetto italiano. Per questo alcune parole gergali secondo me avrebbero dovuto essere tradotte in un italiano quotidiano e non dialettale (*1)…
Nota (*1): almeno credo che facciano parte di un qualche dialetto italiano: io non le conoscevo...
Cambio sponda - 21/8/2019
Inevitabilmente, avendo visto da bambino al cinema nel 1977 “Guerre stellari”, ho sempre considerato con sufficienza “Star Trek” anche se guardavo tutte le puntate che passavano in tivvù negli anni ‘80. Anche le tre pellicole realizzate per il cinema della serie Star Trek, per quanto ben realizzate, non potevano competere col fascino di “Guerre stellari”.
Poi però George Lucas ha cagato il “prequel” e anche le più recenti pellicole, benché migliorate, sono lontane dal fascino della trilogia originaria.
In questi giorni, a occhio nel giro di una settimana, mi sono invece guardato ben 4 stagioni della serie “Star Trek: Enterprise” che è di antefatto alla serie originale: veramente piacevole. Ho apprezzato moltissimo l’attenzione e il rispetto per la serie originale (andato completamente perso nei vari “Star Wars”)…
E ora me ne inizio a guardare un’altra!
Conclusione: “Star Wars” è stato tradito dal suo stesso autore, “Star Trek”no.
Di Battista sul PD - 22/8/2019
“...il loro obiettivo è che noi un giorno diventiamo come loro...”
Obiettivo in via di raggiungimento?
Raffrescamento - 23/8/2019
Appena farà un po’ più fresco inizierò la nuova versione dell’Epitome. Oggi tanti tuoni e nuvole minacciose ma niente acqua...
Male e pere - 23/8/2019
Da piccino Sant’Agostino era una peste: un giorno, insieme a dei suoi amici, rubò delle pere da un albero, non per mangiarle ma solo per amore del male!! Poi sull’episodio scrisse vari capitoli nelle sue Confessioni…
Però, tolti i continui ringraziamenti a Dio, è un’interessante autobiografia: cerco di immaginarmi la persona: sicuramente estremamente brillante ma non sono sicuro che mi sarebbe piaciuto né, probabilmente, io a lui…
Percepisco qualcosa di profondamente incompatibile: forse lui era troppo estroverso quanto io lo sono introverso? E comunque io mai e poi mai avrei rubato delle pere indipendentemente da quello che avrebbero fatto i miei compagni di giochi!
Analisi umoristica
Qualche anno fa tentai di fare una mia personale ricerca sull’umorismo ma l’esperimento naufragò quasi subito perché troppo lungo e impegnativo rispetto al mio vago interesse.
Ricordo che il mio primo passo avrebbe dovuto essere l’individuazione dei diversi tipi di umorismo; categorizzare i diversi tipi di battuta e, da questa base, cercare di ricavare regole e criteri. Come detto non ho però poi portato avanti questa esperienza.
Recentemente mi sono divertito a scrivere un programma che genera nomi casuali di attrici e attori porno in Python (v. Porno nomi e John Jones). Su FB avevo chiesto ad amici e conoscenti se qualcuno fosse stato interessato a sapere a cosa corrispondeva il proprio nome ma il “successo” è stato modesto.
Forse avrei pensato di essere strano io ad apprezzare il programmino ma, invece, anche una mia cugina ha trovato l’idea molto divertente e, di sua volontà, mi ha perfino mandato diversi nomi (con in più il segno zodiacale) affinché le fornissi i loro porno nomi d'arte equivalenti.
Nel frattempo un’amica, in uno scambio epistolare, mi ha scritto che in realtà non capiva cosa ci trovassi di così divertente in questi nomi: al massimo pensava fosse buffo che io avessi perso tempo a scrivere il programma stesso a causa della sua sostanziale inutilità.
Da cosa nasce cosa: io le spiegavo che per me si tratta di una forma di sensibilità umoristica, in questo caso molto primitiva e istintiva e per questo difficilmente spiegabile, ma la mia amica non ne era convinta…
Così ho chiesto il parere di mia cugina: rifacendosi a un tale Malvaldi mi ha spiegato che il fatto divertente ha tre caratteristiche che lo definiscono. L’umorismo si basa sull’assurdo: si segue una “storia”, ci si aspetta un finale ma, infine, si viene sorpresi. La storia poi deve interessarci e coinvolgerci, magari deve basarsi su temi scottanti o dibattuti o magari tabù: l’attenzione al tema ci carica come una molla, si accumula tensione ma poi la sorpresa ci fa improvvisamente rilassare e questo provoca il vero e proprio divertimento, la risata.
Secondo mia cugina il programma PornoNomi.py ha in nuce tutti questi elementi: l’idea di un algoritmo che crea un soprannome personalizzato è intrigante, l’argomento che sfiora tematiche sessuali è stuzzicante e il risultato è sorprendente perché i nomi generati non sono banali ma hanno un tocco di delicatezza che, appunto, sorprende piacevolmente.
Io sono ancora un po’ perplesso: forse il giochino dei nomi ha in effetti in sé tutti gli elementi caratteristici della situazione umoristica ma non sono sicuro che non si tratti di una piccola forzatura, il vederci qualcosa che in realtà non vi è…
Sto cercando di dissezionare cosa personalmente vi trovi di buffo: non è facile perché, come detto, è qualcosa di molto istintivo.
…
(penso)
…
Sto iniziando a credere che in questo caso il mio umorismo funzioni al contrario: parto dal nome e, se questo è abbastanza evocativo, mi immagino la persona reale, magari in un poster con l’adeguato abbigliamento salace suggerito dal nome, e mi fa sorridere il contrasto con il carattere delle persona reale.
Insomma in questo caso il divertente è qualcosa che segue a posteriori, non racchiuso nel nome in sé, ma che scaturisce dall’immaginazione personale.
Forse l’elemento chiave è proprio questo: per trovare divertente i nomi generati occorre una spiccata fantasia. La “costruzione” del divertimento non parte dall’attesa del nome ma segue alla sua generazione: all’utente non è indicato il divertente ma deve invece immaginarselo da solo; il nome non è l’ultimo ma il primo elemento del percorso che genera il divertimento.
O almeno questo è quello che, mi sembra, capiti a me. Magari proverò a reinterpellare mia cugina per sapere se trova plausibile questa mia ipotesi…
Diciamo che come teoria ha il pregio di spiegare come mai così poche persone abbiano trovato divertente il mio programma: occorre un particolare umorismo, dotato di una specie di immaginazione propria, che probabilmente pochi hanno.
Conclusione: magari provo a coinvolgere un mio cugino che ha uno spiccatissimo senso dell’umorismo: una di quelle persone che qualunque cosa tu gli dica sono in grado di risponderti con una battuta e che, contemporaneamente, riescono a essere profonde...
Ricordo che il mio primo passo avrebbe dovuto essere l’individuazione dei diversi tipi di umorismo; categorizzare i diversi tipi di battuta e, da questa base, cercare di ricavare regole e criteri. Come detto non ho però poi portato avanti questa esperienza.
Recentemente mi sono divertito a scrivere un programma che genera nomi casuali di attrici e attori porno in Python (v. Porno nomi e John Jones). Su FB avevo chiesto ad amici e conoscenti se qualcuno fosse stato interessato a sapere a cosa corrispondeva il proprio nome ma il “successo” è stato modesto.
Forse avrei pensato di essere strano io ad apprezzare il programmino ma, invece, anche una mia cugina ha trovato l’idea molto divertente e, di sua volontà, mi ha perfino mandato diversi nomi (con in più il segno zodiacale) affinché le fornissi i loro porno nomi d'arte equivalenti.
Nel frattempo un’amica, in uno scambio epistolare, mi ha scritto che in realtà non capiva cosa ci trovassi di così divertente in questi nomi: al massimo pensava fosse buffo che io avessi perso tempo a scrivere il programma stesso a causa della sua sostanziale inutilità.
Da cosa nasce cosa: io le spiegavo che per me si tratta di una forma di sensibilità umoristica, in questo caso molto primitiva e istintiva e per questo difficilmente spiegabile, ma la mia amica non ne era convinta…
Così ho chiesto il parere di mia cugina: rifacendosi a un tale Malvaldi mi ha spiegato che il fatto divertente ha tre caratteristiche che lo definiscono. L’umorismo si basa sull’assurdo: si segue una “storia”, ci si aspetta un finale ma, infine, si viene sorpresi. La storia poi deve interessarci e coinvolgerci, magari deve basarsi su temi scottanti o dibattuti o magari tabù: l’attenzione al tema ci carica come una molla, si accumula tensione ma poi la sorpresa ci fa improvvisamente rilassare e questo provoca il vero e proprio divertimento, la risata.
Secondo mia cugina il programma PornoNomi.py ha in nuce tutti questi elementi: l’idea di un algoritmo che crea un soprannome personalizzato è intrigante, l’argomento che sfiora tematiche sessuali è stuzzicante e il risultato è sorprendente perché i nomi generati non sono banali ma hanno un tocco di delicatezza che, appunto, sorprende piacevolmente.
Io sono ancora un po’ perplesso: forse il giochino dei nomi ha in effetti in sé tutti gli elementi caratteristici della situazione umoristica ma non sono sicuro che non si tratti di una piccola forzatura, il vederci qualcosa che in realtà non vi è…
Sto cercando di dissezionare cosa personalmente vi trovi di buffo: non è facile perché, come detto, è qualcosa di molto istintivo.
…
(penso)
…
Sto iniziando a credere che in questo caso il mio umorismo funzioni al contrario: parto dal nome e, se questo è abbastanza evocativo, mi immagino la persona reale, magari in un poster con l’adeguato abbigliamento salace suggerito dal nome, e mi fa sorridere il contrasto con il carattere delle persona reale.
Insomma in questo caso il divertente è qualcosa che segue a posteriori, non racchiuso nel nome in sé, ma che scaturisce dall’immaginazione personale.
Forse l’elemento chiave è proprio questo: per trovare divertente i nomi generati occorre una spiccata fantasia. La “costruzione” del divertimento non parte dall’attesa del nome ma segue alla sua generazione: all’utente non è indicato il divertente ma deve invece immaginarselo da solo; il nome non è l’ultimo ma il primo elemento del percorso che genera il divertimento.
O almeno questo è quello che, mi sembra, capiti a me. Magari proverò a reinterpellare mia cugina per sapere se trova plausibile questa mia ipotesi…
Diciamo che come teoria ha il pregio di spiegare come mai così poche persone abbiano trovato divertente il mio programma: occorre un particolare umorismo, dotato di una specie di immaginazione propria, che probabilmente pochi hanno.
Conclusione: magari provo a coinvolgere un mio cugino che ha uno spiccatissimo senso dell’umorismo: una di quelle persone che qualunque cosa tu gli dica sono in grado di risponderti con una battuta e che, contemporaneamente, riescono a essere profonde...
martedì 20 agosto 2019
Appunti di calcio estivo
Oggi potrei scrivere dei progressi col Python e col progettino della Mappa: niente di notevole, sono stato fuori qualche giorno e ci ho rimesso le mani solo ieri… Però mi fa fatica creare le GIF animate e quindi rimando ad altra occasione…
Ah! già! Avevo lasciato il pezzo ammezzato per continuarlo via via a pezzettini: vabbè se dopo ho voglia vedo di aggiungere qualcosa…
Invece oggi volevo scrivere un pezzo facile e chiacchierare un po’ di calcio: ho paura infatti che se aspetto la chiusura del mercato avrei troppo da scrivere tutto insieme…
Prima una precisazione: in Non ho voglia di tagliare l’erba avevo cercato di realizzare un progetto molto ambizioso: analizzare frase per frase tutte le mie previsioni per valutarne la correttezza.
Poi però mi ero stufato e avevo un po’ troncato il tutto all’ultima mia previsione ufficiale, quella dopo la quinta giornata mi sembra. In questa maniera non si è potuto apprezzare il netto miglioramento delle mie previsioni con più informazioni a disposizione ed è forse mancata la morale generale, non solo calcistica, che si doveva ricavare da tutto questo esercizio.
Ovvero: le previsioni possono essere accurate al massimo quanto i dati di partenza su cui ci si basa per farle. Per questo, ad esempio, le mie previsioni sull’ultimo mondiale furono particolarmente sballate: è inutile cercare di valutare la forza di una squadra basandosi su risultati di qualche anno prima o sul fatto di conoscere un paio di giocatori che vi giocano: è un esercizio che equivale a poco più che tirare a indovinare.
Nelle mie previsioni sul campionato avevo sbagliato essenzialmente quelle basate non su dati concreti ma solo su vaghe sensazioni.
Questo è il punto extra calcistico: per poter fare valutazioni sensate bisogna conoscere ciò di cui si parla…
L’altra riflessione riguarda poi gli allenatori: mi chiedevo quanto un allenatore potesse incidere in positivo, quanto potesse cioè “aggiungere di suo”. Io credo poco: direi che un buon allenatore può far rendere la squadra un 10% in più, un ottimo allenatore con la squadra “giusta” per le proprie idee calcistiche magari può sfiorare il 20%, non so…
Invece per far rendere meno di quanto potrebbe una squadra basta poco: far giocare un giocatore nel ruolo sbagliato, tenerne uno forte e pronto in panchina, etc… Di conseguenza un allenatore può frenare molto di più la propria squadra di quanto potrebbe invece spingerla: direi che un cattivo allenatore può toglierli facilmente un 30% e, in certe circostanze, anche di più, magari fino al 50%…
E ora qualche valutazione sparsa sulle varie squadre:
Inter: ma Conte dove lo fa giocare Barella?? Barella è fortissimo a centrocampo ma nell’amichevole che ho visto giocava all’ala destra, al posto di Politano che infatti faceva la punta centrale. Lassù Barella toccava pochissimi palloni e dei traversoni inguardabili… Vabbè, magari adesso con Lukaku Conte normalizzerà i ruoli…
Fiorentina: ne avrei tante da dire… Vediamo cosa mi viene in mente: 1. Boateng non sembra in grado di fare la punta da solo; dubbi sul suo stato fisico ma ha molta personalità che potrebbe essere utile a una squadra giovane. 2. Chiesa è un bravissimo professionista e sarebbe corretto venderlo, ovviamente per il giusto prezzo (ho la sensazione che la Juventus volesse fare un’offerta relativamente molto bassa forte dell’accordo col giocatore). 3. Che Vlahovic fosse un buon giocatore o almeno sicuramente meglio che Simeone l’ho scritto per tutta la passata stagione…
4. Molto bene Sottil e Montiel ma anche altri giovani di cui non ricordo il nome. Soprattutto Sottil mi è piaciuto molto, Montiel probabilmente ha più talento ma è anche più discontinuo. 5. Incrocio le dita sperando nella partenza di Biraghi, peccato solo che Hancko (che a me era parso fortissimo nei pochi minuti in cui l’avevo visto giocare) sia già stato dato via. 6. Di Badelj non sentivo proprio la mancanza… 7. Per favore non prendiamo calciatori in pensione come Ribery (anche se dicono che è in formissima io non mi fido e sicuramente non ci rischierei tutti i soldi necessari all’ingaggio) né Balotelli… a no! Balotelli ha già firmato col Brescia quindi questa l’abbiamo scampata (che magari nel Brescia potrebbe anche trovare motivazioni che a Firenze gli sarebbero sicuramente mancate). 8. Montella è il peggiore allenatore della serie A fra quelli che conosco: direi, per quanto scritto sopra, che la Fiorentina parte con uno svantaggio del 30%. Credo che l’idea di Commisso nel tenerlo fosse quella di costruire una squadra da metà classifica senza particolari ambizioni e che quindi Montella non avrebbe potuto comunque fare troppi danni e, anzi, sarebbe stato il parafulmine per la stagione. Però secondo me questa Fiorentina, con Montella, rischia la B!
Juventus: secondo me l’incognita sarà di nuovo Ronaldo. Nella passata stagione Ronaldo ha dimostrato di non essere più un fuoriclasse ma comunque di rimanere un forte giocatore, forse il più forte della Serie A. Quest’anno mi aspetto un ulteriore calo: se va bene sarà leggero, se va male sarà forte. Se il calo fosse considerevole potrebbe mettere la Juventus in grande difficoltà e in forte imbarazzo Sarri che avrebbe problemi (immagino) a non farlo giocare.
Di partite giocate ho visto solo una mezza amichevole fra cui un 10 minuti di Rabiot: mi è sembrato goffo e lento. Troppo presto per dire se sia un bidone ma di sicuro non mi è piaciuto…
Sono comunque curioso di vedere se Sarri riuscirà a trasferire il suo spirito alla squadra: credo di sì ma non sono sicuro che sarà pronta subito.
Milan: ma il “fair play” finanziario?? Possibile che dopo anni in cui sta sforando ripetutamente il bilancio, invece di punirlo seriamente bloccandone ad esempio il mercato per 1 o 2 anni e imponendogli una multa significativa gli venga dato solo un buffetto amichevole? Al Milan non importa niente dell’Europa League: non per niente lo scorso anno si fece buttare fuori da una squadra lussemburghese!
Non è che ce l’ho con il Milan e i suoi tifosi, anzi! Però non mi pare giusto nei confronti di tutte le altre squadre che rispettano i vari vincoli, giusti o sbagliati che siano…
Vabbè, ho già scritto abbastanza: mi rifarò vivo alla fine del mercato o dopo la prima di campionato, vedremo…
Conclusione: a presto!
Ah! già! Avevo lasciato il pezzo ammezzato per continuarlo via via a pezzettini: vabbè se dopo ho voglia vedo di aggiungere qualcosa…
Invece oggi volevo scrivere un pezzo facile e chiacchierare un po’ di calcio: ho paura infatti che se aspetto la chiusura del mercato avrei troppo da scrivere tutto insieme…
Prima una precisazione: in Non ho voglia di tagliare l’erba avevo cercato di realizzare un progetto molto ambizioso: analizzare frase per frase tutte le mie previsioni per valutarne la correttezza.
Poi però mi ero stufato e avevo un po’ troncato il tutto all’ultima mia previsione ufficiale, quella dopo la quinta giornata mi sembra. In questa maniera non si è potuto apprezzare il netto miglioramento delle mie previsioni con più informazioni a disposizione ed è forse mancata la morale generale, non solo calcistica, che si doveva ricavare da tutto questo esercizio.
Ovvero: le previsioni possono essere accurate al massimo quanto i dati di partenza su cui ci si basa per farle. Per questo, ad esempio, le mie previsioni sull’ultimo mondiale furono particolarmente sballate: è inutile cercare di valutare la forza di una squadra basandosi su risultati di qualche anno prima o sul fatto di conoscere un paio di giocatori che vi giocano: è un esercizio che equivale a poco più che tirare a indovinare.
Nelle mie previsioni sul campionato avevo sbagliato essenzialmente quelle basate non su dati concreti ma solo su vaghe sensazioni.
Questo è il punto extra calcistico: per poter fare valutazioni sensate bisogna conoscere ciò di cui si parla…
L’altra riflessione riguarda poi gli allenatori: mi chiedevo quanto un allenatore potesse incidere in positivo, quanto potesse cioè “aggiungere di suo”. Io credo poco: direi che un buon allenatore può far rendere la squadra un 10% in più, un ottimo allenatore con la squadra “giusta” per le proprie idee calcistiche magari può sfiorare il 20%, non so…
Invece per far rendere meno di quanto potrebbe una squadra basta poco: far giocare un giocatore nel ruolo sbagliato, tenerne uno forte e pronto in panchina, etc… Di conseguenza un allenatore può frenare molto di più la propria squadra di quanto potrebbe invece spingerla: direi che un cattivo allenatore può toglierli facilmente un 30% e, in certe circostanze, anche di più, magari fino al 50%…
E ora qualche valutazione sparsa sulle varie squadre:
Inter: ma Conte dove lo fa giocare Barella?? Barella è fortissimo a centrocampo ma nell’amichevole che ho visto giocava all’ala destra, al posto di Politano che infatti faceva la punta centrale. Lassù Barella toccava pochissimi palloni e dei traversoni inguardabili… Vabbè, magari adesso con Lukaku Conte normalizzerà i ruoli…
Fiorentina: ne avrei tante da dire… Vediamo cosa mi viene in mente: 1. Boateng non sembra in grado di fare la punta da solo; dubbi sul suo stato fisico ma ha molta personalità che potrebbe essere utile a una squadra giovane. 2. Chiesa è un bravissimo professionista e sarebbe corretto venderlo, ovviamente per il giusto prezzo (ho la sensazione che la Juventus volesse fare un’offerta relativamente molto bassa forte dell’accordo col giocatore). 3. Che Vlahovic fosse un buon giocatore o almeno sicuramente meglio che Simeone l’ho scritto per tutta la passata stagione…
4. Molto bene Sottil e Montiel ma anche altri giovani di cui non ricordo il nome. Soprattutto Sottil mi è piaciuto molto, Montiel probabilmente ha più talento ma è anche più discontinuo. 5. Incrocio le dita sperando nella partenza di Biraghi, peccato solo che Hancko (che a me era parso fortissimo nei pochi minuti in cui l’avevo visto giocare) sia già stato dato via. 6. Di Badelj non sentivo proprio la mancanza… 7. Per favore non prendiamo calciatori in pensione come Ribery (anche se dicono che è in formissima io non mi fido e sicuramente non ci rischierei tutti i soldi necessari all’ingaggio) né Balotelli… a no! Balotelli ha già firmato col Brescia quindi questa l’abbiamo scampata (che magari nel Brescia potrebbe anche trovare motivazioni che a Firenze gli sarebbero sicuramente mancate). 8. Montella è il peggiore allenatore della serie A fra quelli che conosco: direi, per quanto scritto sopra, che la Fiorentina parte con uno svantaggio del 30%. Credo che l’idea di Commisso nel tenerlo fosse quella di costruire una squadra da metà classifica senza particolari ambizioni e che quindi Montella non avrebbe potuto comunque fare troppi danni e, anzi, sarebbe stato il parafulmine per la stagione. Però secondo me questa Fiorentina, con Montella, rischia la B!
Juventus: secondo me l’incognita sarà di nuovo Ronaldo. Nella passata stagione Ronaldo ha dimostrato di non essere più un fuoriclasse ma comunque di rimanere un forte giocatore, forse il più forte della Serie A. Quest’anno mi aspetto un ulteriore calo: se va bene sarà leggero, se va male sarà forte. Se il calo fosse considerevole potrebbe mettere la Juventus in grande difficoltà e in forte imbarazzo Sarri che avrebbe problemi (immagino) a non farlo giocare.
Di partite giocate ho visto solo una mezza amichevole fra cui un 10 minuti di Rabiot: mi è sembrato goffo e lento. Troppo presto per dire se sia un bidone ma di sicuro non mi è piaciuto…
Sono comunque curioso di vedere se Sarri riuscirà a trasferire il suo spirito alla squadra: credo di sì ma non sono sicuro che sarà pronta subito.
Milan: ma il “fair play” finanziario?? Possibile che dopo anni in cui sta sforando ripetutamente il bilancio, invece di punirlo seriamente bloccandone ad esempio il mercato per 1 o 2 anni e imponendogli una multa significativa gli venga dato solo un buffetto amichevole? Al Milan non importa niente dell’Europa League: non per niente lo scorso anno si fece buttare fuori da una squadra lussemburghese!
Non è che ce l’ho con il Milan e i suoi tifosi, anzi! Però non mi pare giusto nei confronti di tutte le altre squadre che rispettano i vari vincoli, giusti o sbagliati che siano…
Vabbè, ho già scritto abbastanza: mi rifarò vivo alla fine del mercato o dopo la prima di campionato, vedremo…
Conclusione: a presto!
lunedì 19 agosto 2019
Lunedì di crisi
Oggi è lunedì e nei giorni scorsi sono stato bravo e non ho scritto di politica (v. Crisi di coppia e successivi): direi quindi che un breve aggiornamento ci possa stare…
In realtà il punto è che c’è poco da dire! Come ho già spiegato le dichiarazioni dei vari XXXX (*1) politici rappresentano un quarto o meno di quanto si dicono fra loro: sono solo chiacchiere per far parlare di sé i giornali ed è impossibile sapere quale affermazione sia affidabile o no.
Cercare di seguire le varie esternazioni equivale a entrare in un labirinto di disinformazione nel quale è impossibile districarsi.
Però, fra tutte queste chiacchiere, ho scoperto anche qualcosa di concreto nei giorni scorsi: l’anima sistemica all’interno della Lega impersonata da Giorgetti. Difficile capire che peso possa aver avuto nella scelta di Salvini di rompere col governo: io non credo molta. Non vedo alcun interesse in Giorgetti a opporsi a Salvini su questioni elettorali: sono sulla stessa barca. Lasciare la Lega per mettersi in proprio o sotto “l’ala” del PD o altri sarebbe una scelta troppo miope…
Però mi pare giusto che, come dato concreto di cui in precedenza ero oblioso, questo debba comunque, seppure minimamente, impattare sulle mie percentuali. Giorgetti, essendo sulla stessa “barca” di Salvini, non dovrebbe ricercare soluzioni contrarie all’interesse della Lega ma, istintivamente, ritengo che cattiva politica porti a cattive scelte.
Per questo ho deciso di dare un peso “negativo” (nel senso di contrario agli interessi della Lega) al “fatto” Giorgetti pari al 5% distribuito sulle diverse opzioni che, quindi, diventano:
- governicchio “solido” → 37,5%
- rimpasto di governo → 32.5%
- governicchio “fragile” → 27.5%
- voto in autunno → 2.5%
Questo porta in testa alle mie previsioni l’ipotesi “governicchio solido” che equivale a tutte le varie ipotesi di governi più o meno “istituzionali” compresi eventuali alleanze dirette PD-M5S.
Ma non è finita qui...
Il mio continuo ignorare le dichiarazioni ufficiali mi potrebbe aver portato a non considerarne una effettivamente significativa: non so se Salvini abbia detto niente al riguardo ma sicuramente l’hanno fatto Borghi e Bagnai: il vero motivo per cui la Lega ha lasciato il governo era l’impossibilità di proseguire seriamente sulla strada delle indispensabili riforme economiche a causa dell’opposizione del ministro Tria schierato preventivamente contro di esse in modalità “pro Bruxelles”.
Tanto per ricordare ciò che ho scritto in passato (v. La tetrarchia) Tria, insieme a Conte, appartiene alla fazione del Mattarella, quindi turboeuropeista sulla pelle degli italiani.
Questa affermazione ha valore perché in effetti è particolarmente credibile e realistica.
Già all’indomani della formazione del governo avevo previsto che Tria (v. Previsione per l’autunno) avrebbe causato problemi opponendosi alle politiche economiche mal viste da Bruxelles (perché a favore dell’Italia e degli italiani). Avevo sbagliato i tempi, la finanziaria del 2018 è stata attendista e solo adesso nel 2019 i nodi stanno venendo al pettine e sarebbe necessario decidere se fare il bene dell’Italia o seguire le imposizioni folli di Bruxelles.
In altre parole questo significa che Salvini potrebbe aver considerato l’ipotesi del “governicchio solido” il male minore forse inevitabile. Dal suo punto di vista la crisi ci sarebbe comunque stata nel tardo autunno e così se ne è tirato fuori preventivamente dando la possibilità agli italiani di tornare al voto: se il Mattarella, previdibilmente, le eviterà con un nuovo governicchio di un qualche tipo allora i vari partiti che lo sosterranno dovranno assumersene la responsabilità. Nel breve termine la Lega perderà il consenso che viene dall’esercizio diretto del potere ma, nel medio lungo termine, si rafforzerà ancora di più. Peccato che l’Italia al rimorchio delle decisioni di Bruxelles subirà ancora anni di malgoverno: l’unica speranza è una opposizione ben fatta da parte della Lega che affretti se possibile (difficile!) le elezioni.
Una strada rischiosa ma probabilmente l’unica percorribile…
Questo ricambia le mie percentuali: non a causa di “fatti nuovi” ma semplicemente perché avevo sbagliato io non valutando un fattore fondamentale.
- governicchio “solido” → 67,5%
- rimpasto di governo → 17.5%
- governicchio “fragile” → 12.5%
- voto in autunno → 2.5%
Insomma adesso vedo l’ipotesi “governicchio solido” decisamente come la soluzione più probabile della crisi. Salvini avrebbe scelto questo rischio solo perché inevitabile: al massimo l’avrebbe potuto rimandare di qualche mese…
Poi ci sarebbe l’incognita Di Maio e la sua ipotetica uscita dal M5S (della quale solo io, al momento, mi azzardo a ipotizzare). Più che dati a favore della mia ipotesi non ne ho trovati di contrari: Di Maio avrebbe idealmente bisogno o di un governo PD-M5S (e infatti se ne è dichiarato contrario) oppure, se non ha (come probabile) i numeri per evitare un governicchio del presidente, dovrà aspettare la finanziaria che, se segue le indicazioni di Bruxelles, avrà numerosi aspetti inaccettabili.
Insomma si tratta di una soluzione che ritengo sempre possibile anche se non probabile.
Conclusione: in questa brutta situazione (perché senza nuove elezioni saranno l’Italia e gli italiani a pagarne le conseguenze) c’è solo un aspetto positivo: se Salvini preferisce tornare all’opposizione piuttosto che rimanere al potere barcamenandosi in una maggioranza prona agli interessi di Bruxelles allora significa che la Lega/Salvini (perché da adesso dovrò parlare anche di Lega/Giorgetti) è veramente un populismo reale e non apparente! Oppure potrebbe aver semplicemente sbagliato i suoi calcoli politici...
Nota (*1): come sapete “leader” non lo voglio usare e “duce” suona “vagamente” fascista…
Avrei trovato una possibile terza alternativa “archegete” ma non è proprio una parolina “facile” e immediata!
In realtà il punto è che c’è poco da dire! Come ho già spiegato le dichiarazioni dei vari XXXX (*1) politici rappresentano un quarto o meno di quanto si dicono fra loro: sono solo chiacchiere per far parlare di sé i giornali ed è impossibile sapere quale affermazione sia affidabile o no.
Cercare di seguire le varie esternazioni equivale a entrare in un labirinto di disinformazione nel quale è impossibile districarsi.
Però, fra tutte queste chiacchiere, ho scoperto anche qualcosa di concreto nei giorni scorsi: l’anima sistemica all’interno della Lega impersonata da Giorgetti. Difficile capire che peso possa aver avuto nella scelta di Salvini di rompere col governo: io non credo molta. Non vedo alcun interesse in Giorgetti a opporsi a Salvini su questioni elettorali: sono sulla stessa barca. Lasciare la Lega per mettersi in proprio o sotto “l’ala” del PD o altri sarebbe una scelta troppo miope…
Però mi pare giusto che, come dato concreto di cui in precedenza ero oblioso, questo debba comunque, seppure minimamente, impattare sulle mie percentuali. Giorgetti, essendo sulla stessa “barca” di Salvini, non dovrebbe ricercare soluzioni contrarie all’interesse della Lega ma, istintivamente, ritengo che cattiva politica porti a cattive scelte.
Per questo ho deciso di dare un peso “negativo” (nel senso di contrario agli interessi della Lega) al “fatto” Giorgetti pari al 5% distribuito sulle diverse opzioni che, quindi, diventano:
- governicchio “solido” → 37,5%
- rimpasto di governo → 32.5%
- governicchio “fragile” → 27.5%
- voto in autunno → 2.5%
Questo porta in testa alle mie previsioni l’ipotesi “governicchio solido” che equivale a tutte le varie ipotesi di governi più o meno “istituzionali” compresi eventuali alleanze dirette PD-M5S.
Ma non è finita qui...
Il mio continuo ignorare le dichiarazioni ufficiali mi potrebbe aver portato a non considerarne una effettivamente significativa: non so se Salvini abbia detto niente al riguardo ma sicuramente l’hanno fatto Borghi e Bagnai: il vero motivo per cui la Lega ha lasciato il governo era l’impossibilità di proseguire seriamente sulla strada delle indispensabili riforme economiche a causa dell’opposizione del ministro Tria schierato preventivamente contro di esse in modalità “pro Bruxelles”.
Tanto per ricordare ciò che ho scritto in passato (v. La tetrarchia) Tria, insieme a Conte, appartiene alla fazione del Mattarella, quindi turboeuropeista sulla pelle degli italiani.
Questa affermazione ha valore perché in effetti è particolarmente credibile e realistica.
Già all’indomani della formazione del governo avevo previsto che Tria (v. Previsione per l’autunno) avrebbe causato problemi opponendosi alle politiche economiche mal viste da Bruxelles (perché a favore dell’Italia e degli italiani). Avevo sbagliato i tempi, la finanziaria del 2018 è stata attendista e solo adesso nel 2019 i nodi stanno venendo al pettine e sarebbe necessario decidere se fare il bene dell’Italia o seguire le imposizioni folli di Bruxelles.
In altre parole questo significa che Salvini potrebbe aver considerato l’ipotesi del “governicchio solido” il male minore forse inevitabile. Dal suo punto di vista la crisi ci sarebbe comunque stata nel tardo autunno e così se ne è tirato fuori preventivamente dando la possibilità agli italiani di tornare al voto: se il Mattarella, previdibilmente, le eviterà con un nuovo governicchio di un qualche tipo allora i vari partiti che lo sosterranno dovranno assumersene la responsabilità. Nel breve termine la Lega perderà il consenso che viene dall’esercizio diretto del potere ma, nel medio lungo termine, si rafforzerà ancora di più. Peccato che l’Italia al rimorchio delle decisioni di Bruxelles subirà ancora anni di malgoverno: l’unica speranza è una opposizione ben fatta da parte della Lega che affretti se possibile (difficile!) le elezioni.
Una strada rischiosa ma probabilmente l’unica percorribile…
Questo ricambia le mie percentuali: non a causa di “fatti nuovi” ma semplicemente perché avevo sbagliato io non valutando un fattore fondamentale.
- governicchio “solido” → 67,5%
- rimpasto di governo → 17.5%
- governicchio “fragile” → 12.5%
- voto in autunno → 2.5%
Insomma adesso vedo l’ipotesi “governicchio solido” decisamente come la soluzione più probabile della crisi. Salvini avrebbe scelto questo rischio solo perché inevitabile: al massimo l’avrebbe potuto rimandare di qualche mese…
Poi ci sarebbe l’incognita Di Maio e la sua ipotetica uscita dal M5S (della quale solo io, al momento, mi azzardo a ipotizzare). Più che dati a favore della mia ipotesi non ne ho trovati di contrari: Di Maio avrebbe idealmente bisogno o di un governo PD-M5S (e infatti se ne è dichiarato contrario) oppure, se non ha (come probabile) i numeri per evitare un governicchio del presidente, dovrà aspettare la finanziaria che, se segue le indicazioni di Bruxelles, avrà numerosi aspetti inaccettabili.
Insomma si tratta di una soluzione che ritengo sempre possibile anche se non probabile.
Conclusione: in questa brutta situazione (perché senza nuove elezioni saranno l’Italia e gli italiani a pagarne le conseguenze) c’è solo un aspetto positivo: se Salvini preferisce tornare all’opposizione piuttosto che rimanere al potere barcamenandosi in una maggioranza prona agli interessi di Bruxelles allora significa che la Lega/Salvini (perché da adesso dovrò parlare anche di Lega/Giorgetti) è veramente un populismo reale e non apparente! Oppure potrebbe aver semplicemente sbagliato i suoi calcoli politici...
Nota (*1): come sapete “leader” non lo voglio usare e “duce” suona “vagamente” fascista…
Avrei trovato una possibile terza alternativa “archegete” ma non è proprio una parolina “facile” e immediata!
domenica 18 agosto 2019
Il succo degli ebrei
Pezzo leggerino oggi…
Nei giorni scorsi sono stato a casa di mio padre a fargli compagnia perché era solo e, non avendo di meglio, ne ho approfittato per raccontargli ciò che stavo imparando dal saggio di Freud che sto leggendo.
A sentire il nome di Freud mio padre ha fatto un’osservazione che mediamente gli sento dire ogni 5/10 anni. Mi ha detto qualcosa del tipo: “Certo che Freud… o Einstein… questi grandi scienziati sono tutti ebrei: gran popolo gli ebrei! Hanno evidentemente qualcosa in più degli altri...”
E, tanto per non fraintenderci, lo dice con sincera ammirazione, senza invidia né in maniera sprezzante (*1): è una riflessione che gli viene spesso naturale, magari per associazione di idee quando pensa a un personaggio famoso: ad esempio sicuramente mi aveva fatto lo stesso discorso dopo aver visto un film di Woody Allen!
La prima volta che ho sentito questa osservazione facevo probabilmente le elementari, poi l’avrò riascoltata all’epoca delle medie, poi delle superiori etc…
Le mie reazioni sono cambiate poco nel corso degli anni: probabilmente la prima volta, da bambino, devo averla assimilata come una grande verità, condividendo lo stupore e l’ammirazione di mio padre; dalle superiori in poi mi sono stabilizzato su una reazione più neutra: per associazione di idee mi vengono in mente gli esami per misurare l’IQ dove i ragazzini ebrei primeggiano, poi mi ricordo che all’inizio del XX secolo erano invece nelle ultime posizioni, poi penso a eventuali caratteristiche genetiche osservando però che gli ebrei russi assomigliano ai russi mentre gli ebrei etiopi sembrano etiopi: insomma nel corso dei secoli gli incroci con la popolazione locale dovrebbero aver fortemente annacquato l’eventuale quid ebraico. Mi chiedo anche se questa sua considerazione la si possa considerare una specie di razzismo alla rovescia. Una volta ricordo che mio padre raccontò questa teoria a un suo amico ebreo, una persona molto in gamba dalla risposta sempre pronta (lo stesso che mi fornì il 2° e 3° racconto di 4 aneddoti e 1 domanda): mio padre, oblioso alle più sottili reazioni altrui, sicuramente non se ne accorse ma a me non sfuggì la perplessità, o forse l’imbarazzo, sollevata e che l’amico non replicò come suo solito preferendo invece lasciare cadere l’argomento…
Comunque tutte queste mie riflessioni le faccio insieme, tutte contemporaneamente, sono i miei “dati” su cui valuto, automaticamente senza rifletterci, le parole di mio padre: una specie di rapida “somma” fra pro e contro. Il risultato è un pigro “uhm...” mentale che equivale a un inconclusivo “può essere ma non ne sono troppo convinto”. Niente che valga la pena di replicare.
Ieri invece, questa usuale osservazione di mio padre, mi ha suggerito un’interessante variazione alla mia solita reazione di sostanziale indifferenza.
Gli ho suggerito: “Ma non potrebbe essere che ciò che contribuisce a produrre queste grandi personalità sia il loro stile di vita? Gli ebrei vivono in una società/cultura all’interno di un’altra più grande. È come se fossero cittadini di due mondi contemporaneamente. È possibile che questo doversi rapportare continuamente a due realtà diverse li porti ad avere una mente più aperta, più distaccata e oggettiva, meno prona a cadere negli errori comuni alla maggioranza della popolazione? Una forma mentale di questo tipo, abituata a confrontarsi e magari aggirare i dogmi altrui, sicuramente sarebbe una buona base su cui costruire uno scienziato...”
Poi ho ricordato a mio padre la “mia” opinione genetica (vedi sopra) che sembra suggerire una spiegazione culturale e, stavolta, è stato lui a fare “uhm”!
Questo mi ricorda una “curiosità famigliare”: la teoria di una mia cugina secondo cui la nostra bisnonna, Giulia Del Seta (vedi finali di Coraggio e paura), fosse ebrea. In realtà le informazioni a supporto di questa sua ipotesi sono molto poche: il cognome, il lavoro che faceva, vaghe storie di famiglia (fuga dalla Francia, con tanto di vecchi gioielli) e, forse, delle ricerca inconclusive presso la diocesi.
Però se Giulia Del Seta fosse stata effettivamente ebrea, essendo la madre della madre di mia madre, farebbe di me un vero ebreo! Se non sbaglio infatti sono tradizionalmente considerati ebrei i nati da discendenza materna ebraica…
Questo spiegherebbe la mia grande intelligenza e senso dell’umorismo, chiaramente genetici, mentre dimostrerebbe che l’attenzione al denaro è invece una dote culturale!
Ovviamente sto scherzando: la frase sopra, con l’origine genetica di intelligenza e umorismo, contraddirebbe la precedente ipotesi che ho proposto a mio padre…
Questa baia mi ha però portato a un’interessante riflessione che potrebbe indirettamente confermare la mia ipotesi iniziale.
Chiudo 4 aneddoti e 1 domanda con un mio “aneddoto”, anzi una riflessione che feci da ragazzino:
«Infine il quarto aneddoto in realtà non è tale: Si tratta invece di una riflessione che feci da ragazzino ma che ha comunque condizionato molte scelte della mia vita.
…
…
Non ricordo esattamente quanti anni avevo ma so che andavo alle medie. Nel giro di un mese mi capitò di ascoltare tre o quattro interviste a giovani di successo. Non ricordo chi fossero ma immaginatevi attrici o cantanti: persone insomma legate al mondo dello spettacolo.
Tutti ricordavano gli inizi difficili ma esortavano i giovani ad avere fiducia nel futuro perché, dicevano, prima o poi la grande occasione capita a tutti e bisogna saperla prendere.
Io ci meditai sopra un bel po' e poi rimasi sfiduciato, pessimista e depresso.»
Mi ero infatti reso conto che le valutazioni di questi “giovani di successo” erano in realtà dei ragionamenti a posteriori, in cui la causa (l’eventuale talento) e l’effetto (il successo) venivano confusi insieme ("poiché ho successo devo aver avuto talento"), ma che in realtà erano solo la riprova che bisognava avere molta fortuna (la “famosa” opportunità che “capita sempre”) per poter avere successo e che questa conta molto di più delle eventuali capacità.
Questa consapevolezza, peraltro ottenuta in giovane età, mi ha sempre condizionato togliendomi fiducia e speranza e ha seriamente compromesso la mia capacità di dare e di impegnarmi al massimo.
Ecco, mi chiedo, se fossi nato ebreo è possibile che la cultura famigliare/religiosa/sociale mi avrebbe spinto a fare di più? Non so: non essendo ebreo né avendo letto niente sull’argomento non ne ho idea eppure mi pare un’ipotesi plausibile: forse anch’io, pur senza vincere premi Nobel, avrei potuto realizzare di più se fossi stato opportunamente motivato a farlo…
Conclusione: il pezzo mi è un po’ sfuggito di mano: volevo scrivere solo un aneddoto curioso e divertente ma poi ne sono venuti fuori degli aspetti più profondi e interessanti...
Nota (*1): dicendo cioè una cosa ma intendendo o alludendo all’opposto.
Nei giorni scorsi sono stato a casa di mio padre a fargli compagnia perché era solo e, non avendo di meglio, ne ho approfittato per raccontargli ciò che stavo imparando dal saggio di Freud che sto leggendo.
A sentire il nome di Freud mio padre ha fatto un’osservazione che mediamente gli sento dire ogni 5/10 anni. Mi ha detto qualcosa del tipo: “Certo che Freud… o Einstein… questi grandi scienziati sono tutti ebrei: gran popolo gli ebrei! Hanno evidentemente qualcosa in più degli altri...”
E, tanto per non fraintenderci, lo dice con sincera ammirazione, senza invidia né in maniera sprezzante (*1): è una riflessione che gli viene spesso naturale, magari per associazione di idee quando pensa a un personaggio famoso: ad esempio sicuramente mi aveva fatto lo stesso discorso dopo aver visto un film di Woody Allen!
La prima volta che ho sentito questa osservazione facevo probabilmente le elementari, poi l’avrò riascoltata all’epoca delle medie, poi delle superiori etc…
Le mie reazioni sono cambiate poco nel corso degli anni: probabilmente la prima volta, da bambino, devo averla assimilata come una grande verità, condividendo lo stupore e l’ammirazione di mio padre; dalle superiori in poi mi sono stabilizzato su una reazione più neutra: per associazione di idee mi vengono in mente gli esami per misurare l’IQ dove i ragazzini ebrei primeggiano, poi mi ricordo che all’inizio del XX secolo erano invece nelle ultime posizioni, poi penso a eventuali caratteristiche genetiche osservando però che gli ebrei russi assomigliano ai russi mentre gli ebrei etiopi sembrano etiopi: insomma nel corso dei secoli gli incroci con la popolazione locale dovrebbero aver fortemente annacquato l’eventuale quid ebraico. Mi chiedo anche se questa sua considerazione la si possa considerare una specie di razzismo alla rovescia. Una volta ricordo che mio padre raccontò questa teoria a un suo amico ebreo, una persona molto in gamba dalla risposta sempre pronta (lo stesso che mi fornì il 2° e 3° racconto di 4 aneddoti e 1 domanda): mio padre, oblioso alle più sottili reazioni altrui, sicuramente non se ne accorse ma a me non sfuggì la perplessità, o forse l’imbarazzo, sollevata e che l’amico non replicò come suo solito preferendo invece lasciare cadere l’argomento…
Comunque tutte queste mie riflessioni le faccio insieme, tutte contemporaneamente, sono i miei “dati” su cui valuto, automaticamente senza rifletterci, le parole di mio padre: una specie di rapida “somma” fra pro e contro. Il risultato è un pigro “uhm...” mentale che equivale a un inconclusivo “può essere ma non ne sono troppo convinto”. Niente che valga la pena di replicare.
Ieri invece, questa usuale osservazione di mio padre, mi ha suggerito un’interessante variazione alla mia solita reazione di sostanziale indifferenza.
Gli ho suggerito: “Ma non potrebbe essere che ciò che contribuisce a produrre queste grandi personalità sia il loro stile di vita? Gli ebrei vivono in una società/cultura all’interno di un’altra più grande. È come se fossero cittadini di due mondi contemporaneamente. È possibile che questo doversi rapportare continuamente a due realtà diverse li porti ad avere una mente più aperta, più distaccata e oggettiva, meno prona a cadere negli errori comuni alla maggioranza della popolazione? Una forma mentale di questo tipo, abituata a confrontarsi e magari aggirare i dogmi altrui, sicuramente sarebbe una buona base su cui costruire uno scienziato...”
Poi ho ricordato a mio padre la “mia” opinione genetica (vedi sopra) che sembra suggerire una spiegazione culturale e, stavolta, è stato lui a fare “uhm”!
Questo mi ricorda una “curiosità famigliare”: la teoria di una mia cugina secondo cui la nostra bisnonna, Giulia Del Seta (vedi finali di Coraggio e paura), fosse ebrea. In realtà le informazioni a supporto di questa sua ipotesi sono molto poche: il cognome, il lavoro che faceva, vaghe storie di famiglia (fuga dalla Francia, con tanto di vecchi gioielli) e, forse, delle ricerca inconclusive presso la diocesi.
Però se Giulia Del Seta fosse stata effettivamente ebrea, essendo la madre della madre di mia madre, farebbe di me un vero ebreo! Se non sbaglio infatti sono tradizionalmente considerati ebrei i nati da discendenza materna ebraica…
Questo spiegherebbe la mia grande intelligenza e senso dell’umorismo, chiaramente genetici, mentre dimostrerebbe che l’attenzione al denaro è invece una dote culturale!
Ovviamente sto scherzando: la frase sopra, con l’origine genetica di intelligenza e umorismo, contraddirebbe la precedente ipotesi che ho proposto a mio padre…
Questa baia mi ha però portato a un’interessante riflessione che potrebbe indirettamente confermare la mia ipotesi iniziale.
Chiudo 4 aneddoti e 1 domanda con un mio “aneddoto”, anzi una riflessione che feci da ragazzino:
«Infine il quarto aneddoto in realtà non è tale: Si tratta invece di una riflessione che feci da ragazzino ma che ha comunque condizionato molte scelte della mia vita.
…
…
Non ricordo esattamente quanti anni avevo ma so che andavo alle medie. Nel giro di un mese mi capitò di ascoltare tre o quattro interviste a giovani di successo. Non ricordo chi fossero ma immaginatevi attrici o cantanti: persone insomma legate al mondo dello spettacolo.
Tutti ricordavano gli inizi difficili ma esortavano i giovani ad avere fiducia nel futuro perché, dicevano, prima o poi la grande occasione capita a tutti e bisogna saperla prendere.
Io ci meditai sopra un bel po' e poi rimasi sfiduciato, pessimista e depresso.»
Mi ero infatti reso conto che le valutazioni di questi “giovani di successo” erano in realtà dei ragionamenti a posteriori, in cui la causa (l’eventuale talento) e l’effetto (il successo) venivano confusi insieme ("poiché ho successo devo aver avuto talento"), ma che in realtà erano solo la riprova che bisognava avere molta fortuna (la “famosa” opportunità che “capita sempre”) per poter avere successo e che questa conta molto di più delle eventuali capacità.
Questa consapevolezza, peraltro ottenuta in giovane età, mi ha sempre condizionato togliendomi fiducia e speranza e ha seriamente compromesso la mia capacità di dare e di impegnarmi al massimo.
Ecco, mi chiedo, se fossi nato ebreo è possibile che la cultura famigliare/religiosa/sociale mi avrebbe spinto a fare di più? Non so: non essendo ebreo né avendo letto niente sull’argomento non ne ho idea eppure mi pare un’ipotesi plausibile: forse anch’io, pur senza vincere premi Nobel, avrei potuto realizzare di più se fossi stato opportunamente motivato a farlo…
Conclusione: il pezzo mi è un po’ sfuggito di mano: volevo scrivere solo un aneddoto curioso e divertente ma poi ne sono venuti fuori degli aspetti più profondi e interessanti...
Nota (*1): dicendo cioè una cosa ma intendendo o alludendo all’opposto.
venerdì 16 agosto 2019
Vena d’oro
[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.3.1 "Bolognese").
Due giorni fa ho scritto il pezzo pubblicato ieri (Demonizzazione globale) ma, subito dopo averlo fatto, ho anche iniziato a riflettere su una questione strettamente collegata.
Scrivevo che la demonizzazione dell’avversario non conviene a nessuno ed elencavo quattro diverse ragione per argomentare la mia affermazione. Successivamente spiegavo che per i media è più facile demonizzare un avversario piuttosto che dimostrarne errate le proposte politiche.
Ma nonostante queste osservazioni mi sembrassero valide mi ero reso conto che ancora qualcosa non quadrava del tutto: com’è possibile che l’uomo creda così facilmente a delle accuse prive di qualsiasi fatto a loro sostegno?
Questo mi sembrava un comportamento totalmente illogico ma, ovviamente, ero consapevole che ci dovesse essere una spiegazione. Ieri ci ho pensato a lungo (relativamente!) ma non ero riuscito a giungere a nessuna teoria che mi sembrasse soddisfacente: cosa abbastanza anomala perché in genere mi bastano pochi secondi per elaborarne una!
Finalmente stamani ho avuto delle intuizioni.
La prima, piuttosto banale, è che l’uomo non è obiettivo verso le affermazioni che confermano i suoi pregiudizi: prende facilmente per buone tutte le notizie che sostengono ciò che già crede.
Eppure questa spiegazione non risolve completamente il mio dilemma: ho la sensazione che a volte l’uomo creda ad accuse, sebbene prive di prove, anche senza aver prima dei pregiudizi di sorta.
Sono allora arrivato alla conclusione che l’uomo voglia, desideri, avere un avversario che rappresenti il male: opporsi a esso equivale infatti a essere dei guerrieri del bene e, quindi, a giustificare moralmente la propria vita. Dopotutto è il male che definisce il bene: e se noi non siamo seguaci del male allora, automaticamente, lo siamo del bene.
La personificazione del male diviene un parafulmine a cui diviene facile attribuire tutte le colpe, tutte le ingiustizie della vita. Come se fosse una valvola di sfogo per le tensioni della società causate dalle sue ingiustizie intrinseche.
E poi l’uomo non ama l’incertezza: è più facile convincersi che una personalità sia completamente buona o cattiva anche se, a livello cosciente, siamo tutti consapevoli che un individuo non è mai completamente bianco o nero ma è di un grigio cangiante: a volte farà bene e a volte farà male.
È quindi più facile convincersi che un politico faccia tutto male piuttosto che valutare oggettivamente ogni suo singolo provvedimento e distinguere così fra quelli giusti e quelli sbagliati.
Insomma, riassumendo, ho avuto la netta sensazione che l’uomo abbia la necessità filosofica di un avversario da odiare per sentirsi e illudersi di essere buono. Questo lo porta a credere con crescente fanatismo (perché poi ogni accusa o insulto, per quanto privi di fondamenta, divengono la conferma dei precedenti) alla demonizzazione di una personalità politica.
Questo stamani. Poi, poco prima dell’ora di pranzo, sono andato avanti nella lettura del saggio “L’avvenire di un’illusione” di Freud: e, al secondo capitolo, ho trovato un filone d’oro!
Ora non voglio entrare nei dettagli (ho già scritto abbastanza) ma mi limito a riassumerne in poche parole la teoria in maniera da fornire un minimo di contesto alla conclusione dell’autore.
Freud spiega che la società con i suoi divieti provoca frustrazione nel singolo individuo in quanto viene costretto a reprimere parte dei suoi impulsi. Contemporaneamente la società non è neppure giusta nella divisione della sua ricchezza ([E] 4.5): un numero limitato di individui sono privilegiati e ne godono pienamente tutti i vantaggi (i parapoteri, [E] 4.2) che da questa derivano mentre la maggior parte della popolazione (la democratastenia, [E] 4.4) riceve solo le briciole.
La società ha poi regole (protomiti, [E] 2.3) e strutture ([E] 3.1) che ne garantiscono la stabilità e i privilegi di pochi: ma com’è possibile che gli sfruttati tollerino la propria condizione?
Secondo Freud molti dei divieti della società vengono interiorizzati dal singolo divenendo parte del suo “super io” (*1). In pratica alcuni divieti divengono ideali del super io che, come tali, l’uomo si sforza quindi volontariamente di rispettare. Viceversa alcuni divieti non sono interiorizzati e la società può farli rispettare solo grazie alla propria forza: questo porta al crimine.
In definitiva rimarrebbe comunque un gruppo significativo di persone che è ostile alla società (che Freud chiama “civiltà”).
Ma eccoci al passaggio che oggi mi ha così impressionato:
“Il soddisfacimento narcisistico [la soddisfazione per un successo conseguito dalla propria società] derivante da un ideale civile è anche vivo in quelle forze che, entro l’ambito civile, si contrappongono efficacemente all’ostilità alla civiltà. Possono prendervi parte non soltanto le classi privilegiate, che godono i benefici di tale società, ma anche gli oppressi, in quanto l’autorizzazione a disprezzare coloro che ne rimangono esclusi li risarcisce del danno subito all’interno del loro ambito proprio. Uno è un misero plebeo, tormentato dai debiti e dal servizio militare, ma in compenso è Romano,partecipe al compito di dominare altre nazioni e di prescrivere loro le leggi.” (*2).
In altre parole l’ordine sociale non è mantenuto solamente dalle classi privilegiate (che hanno tutto l’interesse a difendere i propri privilegi) ma anche da una parte di quelle sfruttate che però si riconoscono nei successi raggiunti dalla propria società e, proprio per questo, si sentono superiori a “coloro che ne rimangono esclusi”.
È proprio in questo passaggio che io vedo una analogia con la mia teoria della “demonizzazione”: nel disprezzare/odiare gli altri si ricava soddisfazione a dispetto della propria effettiva condizione.
Per Freud questo disprezzo è rivolto all’esterno della società ma, in effetti, niente vieta che in mancanza di bersagli stranieri, esso possa essere diretto verso una sua parte interna, l’avversario politico appunto. Certo questo, come spiegato in Demonizzazione globale crea numerosi problemi nel medio lungo termine ma, almeno nel breve, è un fenomeno comprensibile.
Poi, tutto sommato, questo confrontarsi e paragonarsi con gli altri ricorda molto anche la mia legge delle diseguaglianze ([E] 7.2)…
Conclusione: ancora dovrò ragionarci a lungo ma credo che alla fine integrerò anche questa particolare sfumatura (e spero molte altre che incontrerò in seguito!) nella mia teoria.
Nota (*1): che io ho inteso come un’idealizzazione di come si vorrebbe essere o ci si immagina di essere e a cui, comunque, si cerca di tendere.
Nota (*2): tratto da “Il disagio della società e altri saggi” di Freud, (E.) Bollati Boringhieri, 2012; in particolare dal saggio “L’avvenire di un’illusione” (1927) tradotto da Sandro Candreva e E. A. Panaitescu.
Due giorni fa ho scritto il pezzo pubblicato ieri (Demonizzazione globale) ma, subito dopo averlo fatto, ho anche iniziato a riflettere su una questione strettamente collegata.
Scrivevo che la demonizzazione dell’avversario non conviene a nessuno ed elencavo quattro diverse ragione per argomentare la mia affermazione. Successivamente spiegavo che per i media è più facile demonizzare un avversario piuttosto che dimostrarne errate le proposte politiche.
Ma nonostante queste osservazioni mi sembrassero valide mi ero reso conto che ancora qualcosa non quadrava del tutto: com’è possibile che l’uomo creda così facilmente a delle accuse prive di qualsiasi fatto a loro sostegno?
Questo mi sembrava un comportamento totalmente illogico ma, ovviamente, ero consapevole che ci dovesse essere una spiegazione. Ieri ci ho pensato a lungo (relativamente!) ma non ero riuscito a giungere a nessuna teoria che mi sembrasse soddisfacente: cosa abbastanza anomala perché in genere mi bastano pochi secondi per elaborarne una!
Finalmente stamani ho avuto delle intuizioni.
La prima, piuttosto banale, è che l’uomo non è obiettivo verso le affermazioni che confermano i suoi pregiudizi: prende facilmente per buone tutte le notizie che sostengono ciò che già crede.
Eppure questa spiegazione non risolve completamente il mio dilemma: ho la sensazione che a volte l’uomo creda ad accuse, sebbene prive di prove, anche senza aver prima dei pregiudizi di sorta.
Sono allora arrivato alla conclusione che l’uomo voglia, desideri, avere un avversario che rappresenti il male: opporsi a esso equivale infatti a essere dei guerrieri del bene e, quindi, a giustificare moralmente la propria vita. Dopotutto è il male che definisce il bene: e se noi non siamo seguaci del male allora, automaticamente, lo siamo del bene.
La personificazione del male diviene un parafulmine a cui diviene facile attribuire tutte le colpe, tutte le ingiustizie della vita. Come se fosse una valvola di sfogo per le tensioni della società causate dalle sue ingiustizie intrinseche.
E poi l’uomo non ama l’incertezza: è più facile convincersi che una personalità sia completamente buona o cattiva anche se, a livello cosciente, siamo tutti consapevoli che un individuo non è mai completamente bianco o nero ma è di un grigio cangiante: a volte farà bene e a volte farà male.
È quindi più facile convincersi che un politico faccia tutto male piuttosto che valutare oggettivamente ogni suo singolo provvedimento e distinguere così fra quelli giusti e quelli sbagliati.
Insomma, riassumendo, ho avuto la netta sensazione che l’uomo abbia la necessità filosofica di un avversario da odiare per sentirsi e illudersi di essere buono. Questo lo porta a credere con crescente fanatismo (perché poi ogni accusa o insulto, per quanto privi di fondamenta, divengono la conferma dei precedenti) alla demonizzazione di una personalità politica.
Questo stamani. Poi, poco prima dell’ora di pranzo, sono andato avanti nella lettura del saggio “L’avvenire di un’illusione” di Freud: e, al secondo capitolo, ho trovato un filone d’oro!
Ora non voglio entrare nei dettagli (ho già scritto abbastanza) ma mi limito a riassumerne in poche parole la teoria in maniera da fornire un minimo di contesto alla conclusione dell’autore.
Freud spiega che la società con i suoi divieti provoca frustrazione nel singolo individuo in quanto viene costretto a reprimere parte dei suoi impulsi. Contemporaneamente la società non è neppure giusta nella divisione della sua ricchezza ([E] 4.5): un numero limitato di individui sono privilegiati e ne godono pienamente tutti i vantaggi (i parapoteri, [E] 4.2) che da questa derivano mentre la maggior parte della popolazione (la democratastenia, [E] 4.4) riceve solo le briciole.
La società ha poi regole (protomiti, [E] 2.3) e strutture ([E] 3.1) che ne garantiscono la stabilità e i privilegi di pochi: ma com’è possibile che gli sfruttati tollerino la propria condizione?
Secondo Freud molti dei divieti della società vengono interiorizzati dal singolo divenendo parte del suo “super io” (*1). In pratica alcuni divieti divengono ideali del super io che, come tali, l’uomo si sforza quindi volontariamente di rispettare. Viceversa alcuni divieti non sono interiorizzati e la società può farli rispettare solo grazie alla propria forza: questo porta al crimine.
In definitiva rimarrebbe comunque un gruppo significativo di persone che è ostile alla società (che Freud chiama “civiltà”).
Ma eccoci al passaggio che oggi mi ha così impressionato:
“Il soddisfacimento narcisistico [la soddisfazione per un successo conseguito dalla propria società] derivante da un ideale civile è anche vivo in quelle forze che, entro l’ambito civile, si contrappongono efficacemente all’ostilità alla civiltà. Possono prendervi parte non soltanto le classi privilegiate, che godono i benefici di tale società, ma anche gli oppressi, in quanto l’autorizzazione a disprezzare coloro che ne rimangono esclusi li risarcisce del danno subito all’interno del loro ambito proprio. Uno è un misero plebeo, tormentato dai debiti e dal servizio militare, ma in compenso è Romano,partecipe al compito di dominare altre nazioni e di prescrivere loro le leggi.” (*2).
In altre parole l’ordine sociale non è mantenuto solamente dalle classi privilegiate (che hanno tutto l’interesse a difendere i propri privilegi) ma anche da una parte di quelle sfruttate che però si riconoscono nei successi raggiunti dalla propria società e, proprio per questo, si sentono superiori a “coloro che ne rimangono esclusi”.
È proprio in questo passaggio che io vedo una analogia con la mia teoria della “demonizzazione”: nel disprezzare/odiare gli altri si ricava soddisfazione a dispetto della propria effettiva condizione.
Per Freud questo disprezzo è rivolto all’esterno della società ma, in effetti, niente vieta che in mancanza di bersagli stranieri, esso possa essere diretto verso una sua parte interna, l’avversario politico appunto. Certo questo, come spiegato in Demonizzazione globale crea numerosi problemi nel medio lungo termine ma, almeno nel breve, è un fenomeno comprensibile.
Poi, tutto sommato, questo confrontarsi e paragonarsi con gli altri ricorda molto anche la mia legge delle diseguaglianze ([E] 7.2)…
Conclusione: ancora dovrò ragionarci a lungo ma credo che alla fine integrerò anche questa particolare sfumatura (e spero molte altre che incontrerò in seguito!) nella mia teoria.
Nota (*1): che io ho inteso come un’idealizzazione di come si vorrebbe essere o ci si immagina di essere e a cui, comunque, si cerca di tendere.
Nota (*2): tratto da “Il disagio della società e altri saggi” di Freud, (E.) Bollati Boringhieri, 2012; in particolare dal saggio “L’avvenire di un’illusione” (1927) tradotto da Sandro Candreva e E. A. Panaitescu.
giovedì 15 agosto 2019
Demonizzazione globale
[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.3.1 "Bolognese").
Avendo stabilito di non scrivere pezzi sulla cronaca politica mi sono un po’ sfogato sulle reti sociali dibattendo e commentando meme di amici/conoscenti di vari orientamenti politici: beh ovviamente confrontandomi solo con quelli con cui è possibile farlo…
Comunque alla fine ho tirato fuori due concetti molto interessanti e non limitati alla situazione attuale (anzi!).
Il primo riguarda la globalizzazione: in realtà forse ho già accennato il concetto nell’ultima versione dell’Epitome (la 1.3.1) ma potrei confondermi con il pezzo su Pasolini: comunque sicuramente dovrò estenderlo e approfondirlo.
Si tratta della comprensione che prima della globalizzazione economica ce n’è stata un’altra: una globalizzazione culturale che, a partire dal secondo dopoguerra, ha diffuso la “cultura” americana in tutti i paesi occidentali. Con “cultura” intendo come al solito tutta una serie di protomiti condivisi dalla maggioranza della popolazione (epomiti): alcuni di questi erano sicuramente degli equimiti, ovvero dei protomiti specializzati nel mantenimento della stabilità sociale e, quindi, orientati a giustificare le ingiustizie della società americana. In altre parole un’ideologia liberista che tende a mettere al centro di tutti i valori il denaro e non l’uomo che, anzi, è degradato a consumatore.
Questa prima globalizzazione, accentuasi dalla fine degli anni ‘80 con la caduta dell’URSS (e quindi della sua alternativa ideologica, credibile o no), è stata il terreno fertile su cui ha potuto facilmente allignare la globalizzazione economica accettata immediatamente come giusta, utile e inevitabile proprio grazie alla precedente che le aveva preparato la strada.
Anche il secondo concetto non è nuovissimo: alcuni suoi aspetti fondamentali li avevo già intuiti da molti anni. La demonizzazione dell’avversario politico. Vedi ad esempio il vecchio Senza parole del 2011.
Più recenti sono invece le ben quattro distinzioni su cosa comporti la demonizzazione dell’avversario.
La prima e più ovvia è che si abbassa il livello del dibattito politico che, spesso, si riduce a uno scambio di insulti: ma come spiegato nell’Epitome la democrazia, in TEORIA, funzionerebbe valutando oggettivamente il lavoro svolto dai politici e premiandoli o no di conseguenza col proprio voto. Niente a che vedere quindi con chi è insultato meno o di più…
Un secondo difetto è che l’insulto, a differenza della critica costruttiva, non aiuta la parte colpita a migliorarsi e a fare meglio: e questo va ovviamente a discapito di tutta la popolazione. Al contrario, ad esempio, una proposta ben motivata e giusta costringerebbe la parte avversa, se non a farla propria, almeno a copiarla in parte o comunque a migliorare la propria soluzione.
Ma vi è anche un terzo difetto: anche chi demonizza la parte avversa ne viene danneggiato. Questo perché se l’avversario diviene il male allora qualsiasi altra cosa diviene il bene o, comunque, sarà meno peggio. In un partito politico questo equivale a perdere la propria ideologia e i propri principi fondanti: gli elettori infatti non li votano più per le loro idee ma per sconfiggere il “male” incarnato dall’altro.
La conseguenza è che se il “demonizzatore” va al potere poi potrà proporre qualsiasi legge che verrà accettato comunque dal proprio elettorato perché l’altro, il demonio incarnato, “avrebbe fatto sicuramente peggio”: una tentazione troppo forte di cui la politica subito abusa.
La quarta conseguenza nefasta, e forse la più pericoloso perché meno evidente delle altre, è che alla fine il “demonizzatore” finisce per convincersi della propria superiorità morale che invece è spesso totalmente illusoria. Ancora più grave è che si convince di questa presunta superiorità anche il suo elettorato che, quindi, finisce per disprezzare, in quanto conseguentemente abietti, i sostenitori della forza demonizzata: questo ovviamente non aiuta il dialogo democratico e, anzi, rischia di comprometterlo del tutto.
Questo l’abbiamo visto in Italia con la sinistra e la demonizzazione di Berlusconi.
Quando Berlusconi è stato al potere (ma anche all’opposizione) il dibattito si è più concentrato sulle sue abitudini sessuali piuttosto che sulle decisioni politiche (punto 1). La mancanza di una opposizione costruttiva, capace cioè di suggerire proposte alternative credibili, non ha costretto Berlusconi a cercare costantemente di migliorare la propria proposta (punto 2).
Ma soprattutto la sinistra, limitandosi a fare una politica imperniata solo sull’essere contro il demone Berlusconi, ha perso la propria identità finendo per diventare una brutta copia della destra (punto 3). La sinistra, e in particolare il PD, perduti i propri principi, si ritrova solo con un’illusoria superiorità morale, sbandierata da tronfi intellettuali organici, ma a cui la maggioranza della popolazione non crede più perché troppo frequentemente smentita dai fatti.
Alla fine la demonizzazione dell’avversario ha svuotato il PD di contenuti, principi e idee.
Ma perché si demonizza l’avversario?
Lo si fa perché per i media (e non solo!) è più facile attaccare un’etichetta di bene o male a un politico piuttosto che analizzarne in profondità la proposta politica, specialmente se tecnica, confrontandola magari con altre per evidenziandone pregi e difetti. Contemporaneamente è più facile dare una valutazione morale superficiale piuttosto che analizzare in profondità i limiti di un'idea. Oltretutto è impossibile fare una comparazione oggettiva e contemporaneamente dimostrare superiore un’alternativa che invece non lo sia realmente: questo è un grosso problema per i media tradizionali che, normalmente, non sono imparziali ma allineati con i propri parapoteri di riferimento.
In definitiva è, ad esempio, molto più facile dire che Salvini è un “mostro” che affoga i bambini dei barconi piuttosto che analizzare nel dettaglio la proposta economica dei mini-BOT confrontandola magari con altre alternative.
La demonizzazione è quindi lo strumento preferito della cattiva informazione.
Non so: suppongo che nel breve termine questo metodo possa pagare ma, come mostrato nel precedente esempio “sinistra contro Berlusconi”, nel medio lungo termine è una scelta che danneggia tutti: il demonizzato, i demonizzatori e la popolazione tutta.
Conclusione: concetti utili che migreranno nell’Epitome...
Avendo stabilito di non scrivere pezzi sulla cronaca politica mi sono un po’ sfogato sulle reti sociali dibattendo e commentando meme di amici/conoscenti di vari orientamenti politici: beh ovviamente confrontandomi solo con quelli con cui è possibile farlo…
Comunque alla fine ho tirato fuori due concetti molto interessanti e non limitati alla situazione attuale (anzi!).
Il primo riguarda la globalizzazione: in realtà forse ho già accennato il concetto nell’ultima versione dell’Epitome (la 1.3.1) ma potrei confondermi con il pezzo su Pasolini: comunque sicuramente dovrò estenderlo e approfondirlo.
Si tratta della comprensione che prima della globalizzazione economica ce n’è stata un’altra: una globalizzazione culturale che, a partire dal secondo dopoguerra, ha diffuso la “cultura” americana in tutti i paesi occidentali. Con “cultura” intendo come al solito tutta una serie di protomiti condivisi dalla maggioranza della popolazione (epomiti): alcuni di questi erano sicuramente degli equimiti, ovvero dei protomiti specializzati nel mantenimento della stabilità sociale e, quindi, orientati a giustificare le ingiustizie della società americana. In altre parole un’ideologia liberista che tende a mettere al centro di tutti i valori il denaro e non l’uomo che, anzi, è degradato a consumatore.
Questa prima globalizzazione, accentuasi dalla fine degli anni ‘80 con la caduta dell’URSS (e quindi della sua alternativa ideologica, credibile o no), è stata il terreno fertile su cui ha potuto facilmente allignare la globalizzazione economica accettata immediatamente come giusta, utile e inevitabile proprio grazie alla precedente che le aveva preparato la strada.
Anche il secondo concetto non è nuovissimo: alcuni suoi aspetti fondamentali li avevo già intuiti da molti anni. La demonizzazione dell’avversario politico. Vedi ad esempio il vecchio Senza parole del 2011.
Più recenti sono invece le ben quattro distinzioni su cosa comporti la demonizzazione dell’avversario.
La prima e più ovvia è che si abbassa il livello del dibattito politico che, spesso, si riduce a uno scambio di insulti: ma come spiegato nell’Epitome la democrazia, in TEORIA, funzionerebbe valutando oggettivamente il lavoro svolto dai politici e premiandoli o no di conseguenza col proprio voto. Niente a che vedere quindi con chi è insultato meno o di più…
Un secondo difetto è che l’insulto, a differenza della critica costruttiva, non aiuta la parte colpita a migliorarsi e a fare meglio: e questo va ovviamente a discapito di tutta la popolazione. Al contrario, ad esempio, una proposta ben motivata e giusta costringerebbe la parte avversa, se non a farla propria, almeno a copiarla in parte o comunque a migliorare la propria soluzione.
Ma vi è anche un terzo difetto: anche chi demonizza la parte avversa ne viene danneggiato. Questo perché se l’avversario diviene il male allora qualsiasi altra cosa diviene il bene o, comunque, sarà meno peggio. In un partito politico questo equivale a perdere la propria ideologia e i propri principi fondanti: gli elettori infatti non li votano più per le loro idee ma per sconfiggere il “male” incarnato dall’altro.
La conseguenza è che se il “demonizzatore” va al potere poi potrà proporre qualsiasi legge che verrà accettato comunque dal proprio elettorato perché l’altro, il demonio incarnato, “avrebbe fatto sicuramente peggio”: una tentazione troppo forte di cui la politica subito abusa.
La quarta conseguenza nefasta, e forse la più pericoloso perché meno evidente delle altre, è che alla fine il “demonizzatore” finisce per convincersi della propria superiorità morale che invece è spesso totalmente illusoria. Ancora più grave è che si convince di questa presunta superiorità anche il suo elettorato che, quindi, finisce per disprezzare, in quanto conseguentemente abietti, i sostenitori della forza demonizzata: questo ovviamente non aiuta il dialogo democratico e, anzi, rischia di comprometterlo del tutto.
Questo l’abbiamo visto in Italia con la sinistra e la demonizzazione di Berlusconi.
Quando Berlusconi è stato al potere (ma anche all’opposizione) il dibattito si è più concentrato sulle sue abitudini sessuali piuttosto che sulle decisioni politiche (punto 1). La mancanza di una opposizione costruttiva, capace cioè di suggerire proposte alternative credibili, non ha costretto Berlusconi a cercare costantemente di migliorare la propria proposta (punto 2).
Ma soprattutto la sinistra, limitandosi a fare una politica imperniata solo sull’essere contro il demone Berlusconi, ha perso la propria identità finendo per diventare una brutta copia della destra (punto 3). La sinistra, e in particolare il PD, perduti i propri principi, si ritrova solo con un’illusoria superiorità morale, sbandierata da tronfi intellettuali organici, ma a cui la maggioranza della popolazione non crede più perché troppo frequentemente smentita dai fatti.
Alla fine la demonizzazione dell’avversario ha svuotato il PD di contenuti, principi e idee.
Ma perché si demonizza l’avversario?
Lo si fa perché per i media (e non solo!) è più facile attaccare un’etichetta di bene o male a un politico piuttosto che analizzarne in profondità la proposta politica, specialmente se tecnica, confrontandola magari con altre per evidenziandone pregi e difetti. Contemporaneamente è più facile dare una valutazione morale superficiale piuttosto che analizzare in profondità i limiti di un'idea. Oltretutto è impossibile fare una comparazione oggettiva e contemporaneamente dimostrare superiore un’alternativa che invece non lo sia realmente: questo è un grosso problema per i media tradizionali che, normalmente, non sono imparziali ma allineati con i propri parapoteri di riferimento.
In definitiva è, ad esempio, molto più facile dire che Salvini è un “mostro” che affoga i bambini dei barconi piuttosto che analizzare nel dettaglio la proposta economica dei mini-BOT confrontandola magari con altre alternative.
La demonizzazione è quindi lo strumento preferito della cattiva informazione.
Non so: suppongo che nel breve termine questo metodo possa pagare ma, come mostrato nel precedente esempio “sinistra contro Berlusconi”, nel medio lungo termine è una scelta che danneggia tutti: il demonizzato, i demonizzatori e la popolazione tutta.
Conclusione: concetti utili che migreranno nell’Epitome...
mercoledì 14 agosto 2019
Mappa e altro
In questi giorni, complice il caldo, sono rimasto praticamente fermo nelle mie letture e non ho programmato quanto pensavo in Python.
Però qualche progresso lo sto comunque facendo e, per questo, ho pensato di scrivere un pezzo diverso dal solito. Idealmente avrei voluto commentare il mio programma che genera mappe (v. Mappine) una volta terminato ma, dato che i tempi vanno per le lunghe, ho deciso di iniziare a commentarlo via via che ci sono novità: ecco, la particolarità sarà questa: invece di scrivere molti pezzi che si richiamano l’un l’altro terrò aggiornato solo questo. Certo gli aggiornamenti avranno molta meno visibilità ma sarà più comodo per il lettore interessato poter leggere tutto insieme in un unico collegamento.
Per questo motivo non scriverò nemmeno una conclusione o dei commenti finali e lascerò il tutto in sospeso in maniera da poter fare le mie aggiunte senza soluzione di continuità.
Dove eravamo:
Nel mio precedente aggiornamento (v. Mappine) spiegavo che avevo scritto un programmino molto semplice con l’idea di generare mappe di città, poi però mi ero “spostato in campagna” e fantasticavo di realizzare una specie di simulazione che facesse evolvere il piccolo mondo che andavo creando. L’ultimo codice che avevo scritto serviva per visualizzare graficamente, e non mediante l’interfaccia a caratteri, la mappa realizzata…
Come mai questo mio procedere ondivago? Perché lo scopo del progetto non è realizzare qualcosa di specifico ma, più semplicemente, impratichirmi per bene col Python per poterlo poi usare senza imbarazzo con le reti neurali: non mi importa quindi tanto di realizzare qualcosa di specifico quanto di programmare il più possibile, magari usando tecniche e librerie diverse…
E infatti la “direzione” del mio progetto è ulteriormente cambiata…
Avevo appena aggiunto dei boschetti casuali ma poi il fiume ha iniziato a irritarmi: il vederlo serpentare casualmente a metà circa della mappa non mi piaceva e ho iniziato a pensare che avrebbe invece dovuto tenere conto dei rilievi (che al momento non erano presenti).
Allora ho pensato di implementare in Python un vecchio programma per disegnare mappe casuali che avevo scritto negli anni ‘90 dopo aver sfogliato un libro sui frattali. Adesso credo sia un algoritmo piuttosto comune ma all’epoca non avevo visto niente di simile (anche se, suppongo, il libro sui frattali dovette avermi dato, almeno inconsciamente, l’ispirazione).
L’idea era semplice: determinare casualmente l’altezza dei 4 vertici di un quadrato e calcolare poi la media, con una variazione casuale, dei 4 punti a metà dei lati e poi del punto al centro del quadrato. Riapplicare la stessa procedura per i nuovi 4 quadrati di cui si è generato i vertici.
Insomma un programma ricorsivo che ha la condizione di uscita quando i vertici passati come parametri sono adiacenti.
Ecco qui il codice:
La funzione “generaAltezza” è chiamata direttamente alla creazione della Mappa nella funzione __init__, effettua alcune inizializzazioni, fra cui il calcolo casuale dell’altezza dei 4 vertici della mappa quadrata e poi chiama la funzione ricorsiva vera e propria: la “genAlt”.
Degni di nota gli “strani calcoli” (l. 2-4) matematici iniziali: il problema è che la mia mappa originaria è un rettangolo mentre il mio algoritmo funziona bene con mappe quadrate e di lato pari a 2^n + 1 unità (cioè 5, 9, 17, 33 etc). Invece di complicarmi la vita cercando di adattare il mio algoritmo a rettangoli generici lo applico invece a un quadrato di lato 2^n + 1 e poi vi “ritaglio” la mia mappa rettangolare. I calcoli servono per trovare il quadrato di lato minimo capace di contenere la mappa voluta…
Alla linea 6 poi uso una matrice di numpy (np) che ho più volte menzionato nei pezzi sulle reti neurali: si tratta di una libreria matematica usatissima e incredibilmente potente. Sfortunatamente, essendo evidentemente scritta da matematici, ci litigo un po’ ma comunque ho già imparato moltissimo…
La linea 12 chiama una funzione per un’idea a cui sto lavorando adesso (ne parlerò in seguito) mentre la 13 effettua il “ritaglio” della mappa rettangolare da quella quadrata….
Invece la “genAlt” verifica la condizione di uscita (l. 17-19), calcola i pesi (l. 22-26) per bilanciare casualità con media, calcola i punti a metà dei lati del quadrato e quello centrale (l. 28-41) se non sono già stati calcolati e infine richiama se stessa 4 volte per ciascuno dei nuovi quadrati definiti (l. 42-45).
Il risultato di questo algoritmo però non mi soddisfa più come 30 anni fa!
Si ottiene infatti, soprattutto per mappe grandi, un aspetto di poggi e buche che ha un aspetto così casuale da apparire innaturale..
Ecco un esempio:
Allora ho pensato di “naturalizzare” la mappa applicandovi ripetutamente una specie di “pioggia”: scelgo casualmente un punto della mappa che non sia di acqua (altezza maggiore di 2) e calcolo un percorso che mi porti al “mare”: durante di esso della terra può essere portata via (diminuendo l’altezza) lungo il percorso e portata altrove (aumentando l’altezza).
Questa è il risultato della prima versione del nuovo algoritmo che applica la funzione “pioggia” 3000 volte.
Come si vede, il mio algoritmo iniziale tendeva un po’ troppo a “sollevare” il terreno. Ah! e le montagne si "consumano" poco: dipende da un parametro che devo decidermi ad aggiustare.
Così vi ho fatto una piccola modifica per risolvere il primo problema:
Rimangono delle fastidiose “pozze” qua e là ma l’effetto complessivo è già migliore.
Ci sono però dei particolari che non mi piacciono: io speravo si formassero delle specie di valli che che arrivassero al “mare” invece non riconosco niente di tutto questo; e poi tutta l’acqua tende a essere riempita di terra e anche ciò non mi va bene.
Il primo problema credo dipenda dai vari livelli di altezza che sono troppo ravvicinati: in tutto si varia da 0 a 9 (perché usavo la grafica a caratteri per visualizzare il risultato) ed è così tutto troppo “discreto”, i cambiamenti sono troppo bruschi. Potrei correggere il problema (se è veramente questo) ampliando i livelli di altezza da 0 a 100: probabilmente ci proverò…
Il secondo problema è che il mio algoritmo non prevede che l’acqua disperda la terra nell’oceano (che nella mappa non c’è) e quindi, tende a riempirsi. Ho pensato quindi di alternare all’algoritmo “pioggia” un algoritmo che, partendo dalle estremità “acquatiche” della mappa, mi vada a “mangiare” un pezzettino di terra. Ed è su questo che sto lavorando. Sono fiducioso che la mappa vada ad assumere un aspetto molto più naturale...
Però qualche progresso lo sto comunque facendo e, per questo, ho pensato di scrivere un pezzo diverso dal solito. Idealmente avrei voluto commentare il mio programma che genera mappe (v. Mappine) una volta terminato ma, dato che i tempi vanno per le lunghe, ho deciso di iniziare a commentarlo via via che ci sono novità: ecco, la particolarità sarà questa: invece di scrivere molti pezzi che si richiamano l’un l’altro terrò aggiornato solo questo. Certo gli aggiornamenti avranno molta meno visibilità ma sarà più comodo per il lettore interessato poter leggere tutto insieme in un unico collegamento.
Per questo motivo non scriverò nemmeno una conclusione o dei commenti finali e lascerò il tutto in sospeso in maniera da poter fare le mie aggiunte senza soluzione di continuità.
Dove eravamo:
Nel mio precedente aggiornamento (v. Mappine) spiegavo che avevo scritto un programmino molto semplice con l’idea di generare mappe di città, poi però mi ero “spostato in campagna” e fantasticavo di realizzare una specie di simulazione che facesse evolvere il piccolo mondo che andavo creando. L’ultimo codice che avevo scritto serviva per visualizzare graficamente, e non mediante l’interfaccia a caratteri, la mappa realizzata…
Come mai questo mio procedere ondivago? Perché lo scopo del progetto non è realizzare qualcosa di specifico ma, più semplicemente, impratichirmi per bene col Python per poterlo poi usare senza imbarazzo con le reti neurali: non mi importa quindi tanto di realizzare qualcosa di specifico quanto di programmare il più possibile, magari usando tecniche e librerie diverse…
E infatti la “direzione” del mio progetto è ulteriormente cambiata…
Avevo appena aggiunto dei boschetti casuali ma poi il fiume ha iniziato a irritarmi: il vederlo serpentare casualmente a metà circa della mappa non mi piaceva e ho iniziato a pensare che avrebbe invece dovuto tenere conto dei rilievi (che al momento non erano presenti).
Allora ho pensato di implementare in Python un vecchio programma per disegnare mappe casuali che avevo scritto negli anni ‘90 dopo aver sfogliato un libro sui frattali. Adesso credo sia un algoritmo piuttosto comune ma all’epoca non avevo visto niente di simile (anche se, suppongo, il libro sui frattali dovette avermi dato, almeno inconsciamente, l’ispirazione).
L’idea era semplice: determinare casualmente l’altezza dei 4 vertici di un quadrato e calcolare poi la media, con una variazione casuale, dei 4 punti a metà dei lati e poi del punto al centro del quadrato. Riapplicare la stessa procedura per i nuovi 4 quadrati di cui si è generato i vertici.
Insomma un programma ricorsivo che ha la condizione di uscita quando i vertici passati come parametri sono adiacenti.
Ecco qui il codice:
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 | def generaAltezza(self): mv=max(self.dimX,self.dimY) mv=int(math.log2(mv))+1 mv=int(math.pow(2,mv))+1 #print("Debug:",mv) self.alt=np.zeros((mv,mv))-1 self.alt[0,0]=altezza() self.alt[mv-1,0]=altezza() self.alt[0,mv-1]=altezza() self.alt[mv-1,mv-1]=altezza() self.genAlt(0,0,mv-1,mv-1,self.alt) self.trovaMare() self.aggMatrice() def genAlt(self,inX,inY,fiX,fiY,mat): #print("Debug:", inX, inY, fiX, fiY) if fiY-inY<=1: #print("\tEsco") return medX=int((inX+fiX)/2) medY=int((inY+fiY)/2) if fiX-inX<6: #prima era 10 p1=1 else: p1=2/(fiX-inX) p2=1-p1 #Nord if mat[medX,inY]==-1: mat[medX,inY]=int(p2*altezza()+p1*(mat[inX,inY]+mat[fiX,inY])/2) #Est if mat[fiX,medY]==-1: mat[fiX,medY]=int(p2*altezza()+p1*(mat[fiX,inY]+mat[fiX,fiY])/2) #Sud if mat[medX,fiY]==-1: mat[medX,fiY]=int(p2*altezza()+p1*(mat[inX,fiY]+mat[fiX,fiY])/2) #Ovest if mat[inX,medY]==-1: mat[inX,medY]=int(p2*altezza()+p1*(mat[inX,inY]+mat[inX,fiY])/2) #Centro if mat[medX,medY]==-1: mat[medX,medY]=int(p2*altezza()+p1*(mat[medX,inY]+mat[fiX,medY]+mat[medX,fiY]+mat[inX,medY])/4) self.genAlt(inX,inY,medX,medY,mat) self.genAlt(medX,inY,fiX,medY,mat) self.genAlt(inX,medY,medX,fiY,mat) self.genAlt(medX,medY,fiX,fiY,mat) |
La funzione “generaAltezza” è chiamata direttamente alla creazione della Mappa nella funzione __init__, effettua alcune inizializzazioni, fra cui il calcolo casuale dell’altezza dei 4 vertici della mappa quadrata e poi chiama la funzione ricorsiva vera e propria: la “genAlt”.
Degni di nota gli “strani calcoli” (l. 2-4) matematici iniziali: il problema è che la mia mappa originaria è un rettangolo mentre il mio algoritmo funziona bene con mappe quadrate e di lato pari a 2^n + 1 unità (cioè 5, 9, 17, 33 etc). Invece di complicarmi la vita cercando di adattare il mio algoritmo a rettangoli generici lo applico invece a un quadrato di lato 2^n + 1 e poi vi “ritaglio” la mia mappa rettangolare. I calcoli servono per trovare il quadrato di lato minimo capace di contenere la mappa voluta…
Alla linea 6 poi uso una matrice di numpy (np) che ho più volte menzionato nei pezzi sulle reti neurali: si tratta di una libreria matematica usatissima e incredibilmente potente. Sfortunatamente, essendo evidentemente scritta da matematici, ci litigo un po’ ma comunque ho già imparato moltissimo…
La linea 12 chiama una funzione per un’idea a cui sto lavorando adesso (ne parlerò in seguito) mentre la 13 effettua il “ritaglio” della mappa rettangolare da quella quadrata….
Invece la “genAlt” verifica la condizione di uscita (l. 17-19), calcola i pesi (l. 22-26) per bilanciare casualità con media, calcola i punti a metà dei lati del quadrato e quello centrale (l. 28-41) se non sono già stati calcolati e infine richiama se stessa 4 volte per ciascuno dei nuovi quadrati definiti (l. 42-45).
Il risultato di questo algoritmo però non mi soddisfa più come 30 anni fa!
Si ottiene infatti, soprattutto per mappe grandi, un aspetto di poggi e buche che ha un aspetto così casuale da apparire innaturale..
Ecco un esempio:
Allora ho pensato di “naturalizzare” la mappa applicandovi ripetutamente una specie di “pioggia”: scelgo casualmente un punto della mappa che non sia di acqua (altezza maggiore di 2) e calcolo un percorso che mi porti al “mare”: durante di esso della terra può essere portata via (diminuendo l’altezza) lungo il percorso e portata altrove (aumentando l’altezza).
Questa è il risultato della prima versione del nuovo algoritmo che applica la funzione “pioggia” 3000 volte.
Come si vede, il mio algoritmo iniziale tendeva un po’ troppo a “sollevare” il terreno. Ah! e le montagne si "consumano" poco: dipende da un parametro che devo decidermi ad aggiustare.
Così vi ho fatto una piccola modifica per risolvere il primo problema:
Rimangono delle fastidiose “pozze” qua e là ma l’effetto complessivo è già migliore.
Ci sono però dei particolari che non mi piacciono: io speravo si formassero delle specie di valli che che arrivassero al “mare” invece non riconosco niente di tutto questo; e poi tutta l’acqua tende a essere riempita di terra e anche ciò non mi va bene.
Il primo problema credo dipenda dai vari livelli di altezza che sono troppo ravvicinati: in tutto si varia da 0 a 9 (perché usavo la grafica a caratteri per visualizzare il risultato) ed è così tutto troppo “discreto”, i cambiamenti sono troppo bruschi. Potrei correggere il problema (se è veramente questo) ampliando i livelli di altezza da 0 a 100: probabilmente ci proverò…
Il secondo problema è che il mio algoritmo non prevede che l’acqua disperda la terra nell’oceano (che nella mappa non c’è) e quindi, tende a riempirsi. Ho pensato quindi di alternare all’algoritmo “pioggia” un algoritmo che, partendo dalle estremità “acquatiche” della mappa, mi vada a “mangiare” un pezzettino di terra. Ed è su questo che sto lavorando. Sono fiducioso che la mappa vada ad assumere un aspetto molto più naturale...
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