L'altra settimana ne ho anche approfittato per andare a trovare un mio vecchio amico: l'ho trovato un po' stressato (so che mi legge quindi è probabile che lo prenda in giro!) ma ci siamo divertiti.
Siccome ha una grande conoscenza musicale, e gusti leggermente più raffinati dei miei, abbiamo passato molto tempo ad ascoltare brani su Youtube: ho così scoperto, fra le varie cose, che gli Amon Amarth non sono tedeschi (ero sicuro al 100%) ma svedesi!
Ci sono rimasto molto male...
Poi abbiamo parlato anche della situazione europea: nonostante egli sia l'unico ad aver letto la mia epitome non sono sicuro che ne sia stato minimamente influenzato...
Anche lui pensa che l'Europa attuale non vada bene così com'è ma ritiene un errore uscirne come ha fatto l'UK: anzi vedeva in tale scelta un egoismo nazionalistico che, secondo lui, non dovrebbe più trovare spazio in Europa. Io invece ritenevo (e ritengo) che la BREXIT sia stata una decisione giusta perché non vedo possibilità di cambiamento in questa Europa “delle banche” e, quindi, meglio salvare il salvabile e uscirne magari contribuendo a creare una nuova Europa quando questa sarà crollata sotto il peso della sua ingiustizia.
Sfortunatamente non un bravo oratore: 1. non sono abituato a farlo; 2. sono lento a pensare; 3. non cerco semplicemente di “avere la meglio” in una discussione ma piuttosto di spiegare le mie idee e di soppesare i pro e i contro di quelle altrui: considero quindi molto attentamente le opinioni degli altri ma questo toglie reattività alla mia dialettica...
Come detto il mio amico era anche piuttosto stressato e non mi sembrava di mente aperta e pronto ad ascoltare com'è di solito: anche questo mi ha tolto voglia di discutere per evitare di irritarlo più di quanto non fosse.
Però ho continuato a pensare all'argomento che più mi aveva intrigato: è meglio (più giusto e corretto) cercare di cambiare le cose rimanendo all'interno, come diceva lui, o eventualmente, magari quando i tempi saranno più maturi, dall'esterno come suggerivo io?
Istintivamente il mio approccio mi sembrava più corretto ma apprezzavo anche la “lealtà” e la fiducia nelle “istituzioni europee” nel voler cambiare le cose dall'interno come diceva lui (perché poi, argomentava, dall'esterno si hanno molte meno possibilità d'intervento che dall'interno).
Alla fine, con vari giorni di ritardo, mi è venuto in mente un esempio/metafora che ha spazzato via ogni mio dubbio. Supponiamo che la nostra casa prenda fuoco: cercheremo di spegnere le fiamme dall'interno, più efficiente, oppure dall'esterno, più sicuro?
Io, se mi rendessi conto che con il mio piccolo estintore ho poche possibilità di spegnere il fuoco, sicuramente cercherei di mettermi in salvo...
Analogamente l'Europa è l'edificio in fiamme: si può fare gli eroi e provare a cambiarla dall'interno, ma con la certezza di rimanere bruciati nel tentativo, oppure uscirne, vederla bruciare salvando però la pelle, ed eventualmente provare poi a ricostruirla migliore...
Altro argomento di discussione sono state poi le armi da fuoco. Mi ricordavo che lui era molto sensibile all'argomento e quindi l'ho introdotto con molta prudenza.
Egli è completamente contrario alla nuova proposta di legge che permetterebbe (il condizionale è d'obbligo visto che ci si capisce il giusto) di sparare a chi entra in casa di notte: secondo lui questo porterà a più vittime perché i ladri agiranno armati e pronti a sparare al minimo segno di pericolo mentre le vittime, mezze addormentate, non saranno in grado di reagire efficacemente.
Io, più prosaicamente, non mi esprimevo sulla legge (non conoscendone i dettagli) ma trovavo ridicola la distinzione fra “giorno” e “notte”.
Però ho voluto comunque segnalargli un'argomentazione a favore della diffusione delle armi fra la popolazione che avevo trovato molto interessante. Credo di averla letta in “The American democracy” di Tocqueville ma non ne sono sicuro: l'idea è che lo stato centrale ha la tendenza a divenire sempre più forte e questo, nel corso dei secoli, a scapito prima delle comunità locali e, più recentemente, delle famiglie. Il potere dello stato è forse meno arbitrario ma molto più pervasivo che nell'antichità, col risultato di ridurre il singolo cittadino alla quasi totale impotenza (*1).
Ora un singolo cittadino armato non è un problema per lo Stato: ma se a essere armata è un'intera comunità ecco che anche lo Stato non può permettersi di ignorare completamente il volere di tale gruppo di individui nelle proprie decisioni.
A questa idea il mio amico si è tappato le orecchie: “non si può partire dall'idea che le istituzioni vadano contro gli interessi dei cittadini” (ok, lui ha espresso questo concetto in maniera tale che mi sembrava più logico quando lo ha detto!). Qualcosa tipo che non si può costruire una società partendo dall'idea che le sue istituzioni possano non funzionare come dovrebbero...
Notando la sua agitazione ho subito lasciato perdere l'argomento eppure, come ho scritto nella mia epitome, la fallibilità delle istituzioni deriva direttamente dai limiti dell'uomo. È ingenuo pensare che, anche al di là degli errori di un singolo, le istituzioni siano di per sé perfette.
Al contrario Tocqueville apprezza della costituzione americana proprio la propensione a bilanciare i vari poteri fra loro in maniera tale che se uno di questi “impazzisse” gli altri avrebbero gli strumenti per contrastarlo. Un meccanismo di questo tipo è quello di dare un grande potere a un grande numero di persone ma con una limitata possibilità di applicarlo: per saperne di più rimando a I giudici USA...
Ovviamente le armi sono pericolose e, se queste sono massicciamente diffuse fra la popolazione, se ne abuserà spesso con conseguenti morti e feriti. Eppure credo che la democrazia americana, col suo grande rispetto per il singolo individuo, debba molto in questo senso anche alle armi.
La libertà individuale di armarsi vale le vittime che provoca? Secondo me sì perché è anche una garanzia democratica.
A sera il mio amico, verso le 22:30 quando stavo salutandolo per tornarmene a casa, se ne è uscito con uno stranissimo dilemma che però evidenzia benissimo una peculiarità del suo carattere: egli si appassiona ad argomenti estremamente particolari che studia poi in grande profondità. Qualche esempio a casaccio: la tecnologia dei FLAC (ha collaborato con l'autore), ciclo dei robot di Asimov, Championship Manager 2001-2002 (collabora con gli attuali gestori della banca dati), le oscillazioni annuali della torre di Pisa (ha una teoria che spiega perfettamente alcuni presunti “misteri” che sfuggono agli studiosi!), etc...
Ebbene adesso ha un nuovo interesse: la forma/struttura delle porte/reti nel calcio. Mi ha spiegato in pochi minuti, con la sua usuale precisione, tutta un'evoluzione di forme e strutture a cui non avevo mai fatto caso. Egli si lamentava che non ci fosse un'adeguata teoria che spiegasse una peculiare e inspiegabile stranezza: mentre prima esistevano molti tipi di porte/reti adesso ce n'è solo uno (con l'eccezione di quelle a “coda di rondine” ma perché sono “trasportabili”).
A me dispiaceva dirgli che l'argomento non mi sembrava poi così affascinante e così gli ho detto la prima teoria che mi è passata per la testa: io - «Forse la FIFA ha diramato una nuova direttiva per rendere omogenee tutte le porte/reti nei maggiori campionati di calcio...» e lui - «È possibile: ma non esiste alcuna documentazione al riguardo!!»
Ho avuto la sensazione che avrebbe gradito parlarne ancora a lungo ma sono scappato via...
Conclusione: l'ho scritto che egli è l'unico lettore a me noto della mia epitome, vero?
Nota (*1): teoria oltretutto completamente compatibile con le tendenze globali che ho descritto nella mia epitome. Il potere egemone che diviene sempre più potente togliendo forza a quelli più deboli, etc...
alla prima stazione
1 ora fa
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