Siccome non mi sento ancora bene, dopo la full immersion in “A dance with dragons” (vedi Danza con i draghi), invece di tornare al pesante “Ramo d'Oro” o all'impegnativo seppur piacevolissimo “Storia della stregoneria”, ho deciso di iniziare a leggere “Il conte di Montecristo” di Dumas, Ed. Newton Compton, 2010 (vedi anche il corto Basso costo).
Al momento, dopo aver letto un centinaio di pagine, ho già qualche perplessità ma oggi mi limito a un paio di osservazioni.
Nel capitolo VI viene citato il motto latino “Cedant arma togae” del quale, stranamente (*1), non solo conoscevo il significato ma ricordavo anche l'autore (Cicerone). L'avevo infatti già letto qualche giorno prima in “5000 Proverbi e motti latini” (vedi il corto Book overflow error). In questo libro infatti i detti latini sono riuniti per argomenti ordinati alfabeticamente e, il motto in questione, è il primo alla voce “Armi”...
Nel capitolo VIII l'innocente Dantès viene condotto in carcere: durante il tragitto si rammarica di non essere fuggito all'estero, in Italia, anche perché ne parla benissimo la lingua. Per la precisione è scritto: “parlava l'italiano come un toscano”.
Questa frase mi ha colpito: oggi, in Italia, non diremmo mai una cosa del genere ma il “conte di Montecristo” fu scritto nel 1846, nel pieno del risorgimento. Evidentemente all'epoca in Europa, fra gli intellettuali, si dibatteva non solo su quello che avrebbe dovuto essere l'Italia ma anche su quale dialetto avrebbe dovuto basarsi la lingua italiana.
Già il Manzoni, più o meno nello stesso periodo, si era posto il problema dell'italiano da usare per la stesura definitiva dei “Promessi sposi” e aveva optato per lo “stage” a Firenze (vedi la celebre, almeno in Toscana (!), “risciacquatura in Arno”)...
Insomma questa breve menzione mi pare la riprova che la disquisizione su quale lingua dovesse essere l'italiano fosse all'ordine del giorno non solo in Italia ma anche in Europa.
Nota (*1): In genere non sto attento all'autore: probabilmente in questo caso mi era rimasto impresso perché non capivo il significato del motto! (Letteralmente significa: “cedano le armi alle toghe” cioè “ceda la forza alla giustizia”...)
mercoledì 18 aprile 2012
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Purtroppo molte sage tendono ad avere un parabola discendente. Ho appena finito la saga di Hunger Games e la traiettoria è orrendamente a scendere. Il primo libro è bello, il secondo è carino, il terzo... lasciamo perdere :-).
RispondiEliminaInizierò a leggere Game of Thrones la settimana prossima. Negli USA è appena iniziata la seconda stagione della serie TV, la stai seguendo?
Ciao Michele,
RispondiEliminaÈ vero... in effetti le saghe che vanno in "crescendo" sono l'eccezione. Al riguardo però ti voglio segnalare la saga della Terra dai Molti Colori di Julian May: probabilmente la serie di libri che più ho amato.
In Italia sono esauriti da tempo ma in Inghilterra dovresti trovarli senza problemi. I libri sono 4: The multi-colored land; The golden torc; The unborn king; The adversary (bo, forse gli spelling non sono proprio questi perché sono andato a memoria...)
Di Hunger Games io ho letto solo il primo: a questo punto mi guarderò bene da leggere gli altri!
No, il serial non l'ho visto ma me ne ha parlato molto bene un amico e, da quel che ho capito, segue moltissimo la trama del libro (cosa per fe fondamentale: quando un film non segue il romanzo su cui si basa il 99% delle volte mi delude)...
Dimenticavo!
RispondiEliminaSu questa quadrilogia ho scritto il seguente post:
http://parole-sante.blogspot.it/2010/07/la-terra-dai-molti-colori.html